12/02/10

La svolta rivelatrice di Di Pietro


La svolta di Salerno di Di Pietro è un atto rivelatore della vera natura dell’IDV. E serve a sgomberare il campo da un grottesco equivoco a sinistra. Per una certa fase, la politica del PD e la deriva autodistruttiva delle sinistre, hanno permesso a Di Pietro di presentarsi non solo come “la vera opposizione” a Berlusconi, ma come la rappresentanza ritrovata del mondo del lavoro delle sue domande sociali. Questa immagine non ha mai corrisposto minimamente alla realtà, che era ed è di ben altro segno. Sul piano europeo, la IDV appartiene da sempre al gruppo liberale, spesso alleato del Partito Popolare di Berlusconi: non a caso, nel Parlamento della U.E., la IDV ha votato la proposta di allungamento dell’orario di lavoro a 65 ore, la legge Bolkestain di precarizzazione estrema del lavoro, la normativa di privatizzazione dei servizi pubblici. In Italia, in veste di ministro per due legislature di centrosinistra, Di Pietro ha varato e votato senza battere ciglio decine di leggi sociali antioperaie ( legge Treu e legge 30, detassazione dei profitti, tagli alle spese sociali..), ha appoggiato le scelte di guerra e l’aumento delle spese militari, ha coperto la mattanza poliziesca del G8 a Genova, ha gestito in prima persona colate di cemento e grandi opere, a vantaggio dei costruttori e a scapito dell’ambiente. Più recentemente, in veste di “oppositore”, Di Pietro ha votato a favore del federalismo fiscale di Berlusconi e Bossi contro le popolazioni del Sud (scavalcando a destra persino il PD, astenuto), e ha “aperto” all’annunciata riforma fiscale di Berlusconi sulle due aliquote Irpef ( a vantaggio dei ricchi), poi sospesa. C’è da chiedersi: come ha potuto questa IDV apparire a significativi settori di massa come propria rappresentanza “radicale”? Il punto è che nessun partito della sinistra- con la sola nostra eccezione- ha avuto il coraggio di dire la verità sulla IDV. Né avrebbe potuto, essendo stata l’intera sinistra di governo corresponsabile delle stesse politiche varate e votate da Di Pietro , sia sul piano nazionale, sia nelle amministrazioni locali ( precarizzazioni, guerre, privatizzazioni). Di più: proprio il PRC di Ferrero ha cercato nell’ultimo anno di far leva su una sorta di “asse” con Di Pietro, per riaprirsi contrattualmente un varco di rientro nel centrosinistra. Il risultato è che Di Pietro ha potuto pascolare, indisturbato e persino riverito, nel popolo della sinistra, alimentando illusioni ed equivoci. Ora la “bolla” Di Pietro è scoppiata. Il blocco con Bersani in tutte le regioni, l’accettazione dello sceriffo De Luca, l’annuncio che “di opposizione si muore” riportano il Dipietrismo alla sua realtà: quella di un populismo borghese, familistico e trasformista, la cui unica prospettiva è la riconquista di qualche ministero in un futuro governo “democratico” dei poteri forti nel dopo Berlusconi. Ma non possono essere le sinistre ministeriali e assessorili- sedute fianco a fianco alla IDV, e a braccetto col PD nelle coalizioni regionali di tutta Italia- a denunciare questa realtà. Può essere solo una sinistra che non ha tradito e non tradisce: dentro una battaglia di massa anticapitalista che miri a cacciare Berlusconi dal versante dei lavoratori, non dal versante di Confindustria, Bersani, Casini.
MARCO FERRANDO

Nessun commento: