30/03/13

“Cimitero dei feti”: tra strumentalizzazioni ed eccessi

L’ultima inaugurazione di un “cimitero per bambini mai nati” risale a pochissime settimane fa, è avvenuta a Monopoli, in Puglia, ed è stata seguita, come al solito, da infinite polemiche. La legislazione in materia risale a trent’anni fa, ma solo da pochissimi anni, in seguito alla spinta dei movimenti antiabortisti (in particolare il Movimento per la Vita), comincia ad essere applicata, con grande gioia dei cattolici. Esistono anche associazioni slegate dalla Chiesa che hanno contribuito alla realizzazione di questi luoghi, come CiaoLapo, associazione di genitori che hanno subito un lutto perinatale. La sinistra, invece, si schiera compattamente contro. L’utilizzo strumentale di queste iniziative da parte delle organizzazioni cattoliche, che vorrebbero riconoscere ai feti pieni diritti e che quindi, come estrema conseguenza, vorrebbero che l’aborto volontario fosse considerato un omicidio, fa chiudere in trincea tutti coloro che difendono la 194, che vedono in queste iniziative un ulteriore attacco morale alle donne. L’esigenza di difendere questo sacrosanto diritto rischia però di accecare i suoi sostenitori. Pur nella consapevolezza della strumentalizzazione dei cattolici, bisognerebbe essere più cauti nell’approcciarsi a certi argomenti. La libertà di scelta, che giustamente rivendichiamo con forza, dovrebbe valere anche verso chi sente l’esigenza di seppellire un feto. Se ci soffermassimo un attimo a riflettere sull’argomento potremmo accorgerci che, dietro la vergognosa strumentalizzazione dei cattolici, c’è qualcos’altro, un dolore che merita di essere rispettato. Il lutto delle molte coppie che perdono un figlio prima della nascita non trova spazio in questa società, rimane inascoltato e crea disagio oltre che dolore. Le dichiarazioni di fuoco, i sit-in di protesta, non fanno altro che far sentire i protagonisti di queste dolorose vicende come “pedine” in giochi politici che avvengono sulla loro pelle. Il punto non dovrebbe essere la legittimità o meno di un embrione di essere considerato “persona”, ma la legittimità del dolore dei genitori. Una coppia che desidera un figlio lo ama e lo immagina sin dal momento in cui appare la lineetta sul test di gravidanza. Essere incinta significa entrare in una dimensione speciale, piena di progetti e aspettative, colma di amore, se quel sogno si interrompe il dolore è enorme. Non si tratta dunque di misurare il grado di sviluppo del feto, ma di accogliere il dolore di una madre e di un padre. Questo non dovrebbe confliggere in nessun modo con l’esperienza, diversa, di una gravidanza indesiderata, durante la quale non si prova alcuna gioia al pensiero che uno spermatozoo sia riuscito a conficcarsi in un proprio ovulo. Una donna che affronta l’interruzione volontaria di gravidanza senza rimorso non è certamente un mostro, sono situazioni personali che non possono essere giudicate. Così come il desiderio di seppellire il proprio bambino, morto durante la gravidanza, non dovrebbe sollevare un coro di proteste. Personalmente l’idea di seppellire un embrione risalente al primo trimestre di gravidanza mi lascia molto perplessa, in quell’epoca gestazionale non hanno nemmeno una forma definita, ma non alzerei gli scudi nemmeno su questo. Sono decisioni private sulle quali è giusto avere la massima libertà di scelta. Preferirei anche che si abbandonasse l’eccessivo culto del corpo dei morti, non seppellire un corpo non dovrebbe coincidere con l’impossibilità di vedersi riconosciuto il proprio dolore, ma sono mie opinioni che non imporrei certo per decreto ad altri. In generale mi piacerebbe che la cultura di sinistra e femminista rivelasse una maggiore sensibilità rispetto ai cattolici e alle destre, che fanno leva sul dolore nel tentativo di obbligare chiunque a conformarsi alla loro visione della vita. Piangere il proprio bambino nato morto merita rispetto e non dovrebbe risultare offensivo per le donne che decidono di abortire, questa grottesca contrapposizione tra “donne che piangono” e “donne senza rimorso” non fa che alimentare il gioco di chi ci vorrebbe suddivise tra buone e cattive. Alla base dei rapporti umani invece ci dovrebbe essere soltanto il rispetto, rispetto per il dolore e rispetto per le scelte altrui.
Enrica Franco
Partito Comunista dei Lavoratori
Sezione di Pesaro

29/03/13

La "donna Violata"…..due volte!




Sabato 23 marzo è stata inaugurata ad Ancona una statua emblema sulla violenza delle donne. Nonostante i buoni propositi da cui è partita l’idea, la statua ripropone gli stereotipi che affliggono il corpo e la figura femminile. Probabilmente non hanno comunicato all’artista che il motivo dell’opera era “violenza di genere” e non “calendario Pirelli” e non stupisce certamente alle donne sapere che questa espressione artistica sia stata creata da un uomo. A testimonianza di ciò si nota come la donna “Violata” sia stata appositamente resa con un profilo perfetto, diversamente dalle precedenti opere dell’autore, in particolare la “donna con borsa” da cui è stata tratta l’opera in questione, che presentava lo stesso identico modello ma con forme molto più imperfette ed “umane”, che ricordavano molto di più una donna reale,piuttosto della pin-up di Ancona.

Il corpo, rigorosamente alto e longilineo, con una siluette invidiabile ad una top model e i seni, chiaramente appena rifatti, suggerisce che la realizzazione finale dell’opera si sia discostata fortemente dall’iniziale idea per cui è stata commissariata.

Altro stereotipo da film americano è la borsetta da passeggio che la donna violata porta con se, che suggerisce una violenza avvenuta all’esterno, a seguito di un incontro accidentale con uno sconosciuto: sappiamo benissimo invece che la maggior parte degli stupri avviene proprio dentro le mura domestiche e per opera di uomini conosciuti dalla vittima o più spesso dai suoi stessi familiari.  È paradossale il fatto che una statua, che dovrebbe porsi come simbolo della violenza di genere, sia la riproduzione, in realtà, di un’immagine maschilista che con grande sforzo, da tempo, le donne tentano di combattere. La violenza di genere è una violenza perpetuata sulle donne proprio in quanto categoria storicamente, culturalmente e socialmente resa ostaggio dalla dominazione maschile nella società; una violenza che ricorre alla sottomissione sociale, economica, lavorativa della donna, che si nutre del  controllo sul corpo femminile e che propone un’immagine di donna vincente solo grazie al suo aspetto fisico e che deve avere come unico scopo il piacere dell’uomo. Non è il nudo della statua ad essere percepito come offesa, né viene dubitata la presunta artisticità della scultura: ad essere criticata è la scelta, profondamente legata a canoni sessisti, utilizzata per simboleggiare il sopruso di genere. È semplice finanziare una statua contro la violenza sulle donne, meno facile promuovere misure efficaci che creino concretamente supporti e contrastino l’esclusione e la subordinazione femminile. Secondo un’ultima ricerca sono 117 i centri antiviolenza in Italia, di cui 93 gestiti da Associazioni di donne e, di questi, solo 56 hanno case di ospitalità; a fronte di un 46 % di donne vittime di abusi e maltrattamenti.  La maggior parte delle Associazioni è autofinanziata (in minima parte) e  si sostiene con fondi comunali, regionali, europei che vengono continuamente interrotti o tagliati. Il sostegno alle donne, quindi, passa attraverso il privato sociale e non attraverso un’azione diretta dello Stato. Lo stesso Stato che erige statue alle donne per poi praticare drastici tagli alla spesa sociale e assistenziale, per privilegiare il finanziamento della banda del 5 %, delle spese militari,  per sostenere la chiesa cattolica che da secoli impone la sudditanza femminile e ostacola la piena autonomia decisionale e di autogestione  della donna, che mette continuamente in discussione la legge 194, ostacola la pillola abortiva e pratica un continuo controllo sul corpo e l’identità femminile. La violenza di genere è frutto di un’oppressione economica e culturale, che provoca una continua mercificazione e mortificazione del corpo femminile, voluta dal capitalismo per mantenere il  proprio assetto di potere e di controllo. La battaglia per i diritti e l’autodeterminazione delle donne, di conseguenza, passa unicamente attraverso la lotta di classe. Solo una prospettiva rivoluzionaria che porta al rovesciamento dell’attuale assetto politico può condurre ad una liberazione dalle forme di sfruttamento delle lavoratrici e, quindi, delle donne.

Marianna Leone
Partito Comunista dei Lavoratori
Sezione Ancona

27/03/13

CERRETO d’ESI:LA LOTTA DEI LAVORATORI E LAVORATRICI DELLA DESI SRL PAGA……



Questa mattina i dipendenti della Desi s.r.L. in maniera compatta e convinta,si sono messi fuori i cancelli ed hanno indetto 4 ore di sciopero per protestare contro il mancato pagamento della tredicesima e per i continui posticipi che si sono protratti in questi mesi. Il perdurato comportamento poco corretto dell’azienda nel tenere viva  la comunicabilità tra le parti, ha fatto sì che i lavoratori e le lavoratrici fermassero la produzione in tutti i reparti. Questa dimostrazione, se pur piccola, ma tempestiva e significativa, ha portato ad un accordo firmato dalle parti nel quale l’azienda si impegna a retribuire la somma dovuta in breve tempo, tenendo aperto però, da parte dei dipendenti, qualsiasi forma di mobilitazione ed iniziative future sindacali se questo non avvenisse. Finalmente oggi si è ridato il giusto ridimensionamento a l’unico concreto e reale strumento di lotta con il quale si possono tutelare i propri diritti e cioè lo sciopero per il quale nel passato migliaia di lavoratori e lavoratrici hanno dato la propria vita e la propria pelle. Il Partito Comunista dei Lavoratori attivo nel sindacato con i propri militanti all’interno dell’azienda e in tutte le realtà lavorative di ogni settore continuerà a lavorare per far crescere una coscienza di classe avanzata di lotta e di mobilitazione con lo scopo di far rispettare i diritti acquisiti, che lanci un messaggio di rottura contro il sistema capitalistico fautore dell’attuale crisi mondiale ed economica che ha portato il diritto al lavoro ad un optional che non spetta a tutti, che porti ad un salario garantito per tutti coloro che perdono il posto di lavoro,che porti alla nazionalizzazione delle aziende che delocalizzano e sfruttano all’estero sotto il controllo dei lavoratori e senza indennizzo ai grandi azionisti,che porti ad una repubblica ed a un governo dei lavoratori su scala nazionale ed internazionale come forma più ampia di democrazia moderna.


Mauro Goldoni

PCL Nucleo Montano


Sez. prov. Ancona

25/03/13

OGGETTO: LA POLEMICA TRA IL COMUNE DI FABRIANO E LE MILIANI E’ FUORVIANTE E PRETESTUOSA.


Nelle prime settimane di Marzo, nei principali quotidiani locali si è acuita una forte contrapposizione tra il comune di Fabriano e le Cartiere Miliani, questa è la valutazione del P.C.L. sez. di Ancona.
La rinnovata diatriba innescatasi tra alcuni esponenti politici del comune di Fabriano, tra i quali il Sindaco, sig. Sagramola e le Cartiere Miliani, ricerca probabilmente, il tentativo di occultare la drammatica crisi che investe tutto il distretto industriale fabrianese. Il P.C.L. sez. di Ancona, sostiene con forza che il cosiddetto “sito internet”, relativo alla città di Fabriano deve “tornare”doverosamente nella gestione del comune fabrianese, dopo una sua nuova acquisizione. L’auspicio associato alla più profonda preoccupazione, prosegue la nota del P.C.L. sez di Ancona, riguarda però il probabile tentativo di “certi signori”, volto a realizzare un attacco al patrimonio produttivo ed occupazionale dell’unica impresa industriale cittadina, scampata temporaneamente dalla crisi per merito esclusivo dei propri lavoratori. Non è la prima volta che “certi sostenitori di potentati locali”, ricercano l’abbattimento dell’unica impresa che rappresenta la vitale diversificazione produttiva, fondamentale per tutta la città di Fabriano.


Fabriano 24/03/2013                                                  Partito Comunista dei Lavoratori
                                                                                                Sez. di Ancona

22/03/13

CERRETO d’ ESI: BREVE NOTA SULLE ELEZIONI RSU ALLA DESI MOBILI



Poco più di un mese fa  sono stati rinnovati gli incarichi e i rappresentanti dei lavoratori con le elezioni della nuova RSU.Purtroppo non sono mancati spiacevoli episodi, che tengo a precisare,non hanno riguardano le tre rappresentanze dei lavoratori o le differenze in esse legittime,ma vi è stata una strumentalizzazione a dir poco vergognosa di concetti di proposte fatte da me e da altri lavoratori attivi nel sindacato, alcuni militanti del nostro partito.C’è stata addebitata la colpa(da chi probabilmente possiede difficoltà a capire e relazionarsi in un ragionamento) che, l’assunzione di un gruppo di lavoratori a tempo determinato sia saltata per interventi o proposte troppo difficili da sostenere e non attuabili per colpa di chi invece, fino all’ultimo ha cercato di far passare e far capire un messaggio diverso ed alternativo:cercare di conquistare e non arretrare sui diritti acquisiti in una fase così delicata  del mondo del lavoro e dell’arretramento costante che i lavoratori stanno subendo continuamente.Per quanto mi riguarda non si può trattare un obbiettivo lasciando sul piatto una conquista importante come ad esempio un  contratto integrativo interno che migliora, anche se di  poco,le condizioni delle buste paga dei lavoratori già falcidiate da continue tassazioni.Rimarco che un diritto acquisito deve essere utilizzato,in qualsiasi confronto aziendale, come punto di forza e ancoraggio,per cercare di ottenere nel rispetto delle parti,il miglior risultato possibile per la serenità e la quotidianità dei lavoratori e delle lavoratrici che vivono appieno la vita dell’azienda pari al datore di lavoro.  Tutto il resto poi è stato solo puro cinema, sceneggiate,canzonette,figuracce, di chi fino a ieri si richiamava ad uno dei massimi sistemi, come forma di sviluppo della società in tutte le sue sfaccettature.Questa è la mia personale posizione,questa è la risposta dovuta a nome del Partito Comunista dei Lavoratori che continuerà, in tutte le realtà lavorative nel pubblico e nel privato,a lavorare ed a impegnarsi per cercare di far passare messaggi e rivendicazioni di lotta di conquista e non di arretramento.



Mauro Goldoni

PCL Nucleo Montano

Sez. prov. Ancona

20/03/13

IL PAPA DI VIDELA

 
“I soldati adempiono al loro dovere primario di amare Dio e la Patria” ( 1976): così la Chiesa argentina di Pio Laghi e Bergoglio- allora guida dei gesuiti argentini e oggi Papa- salutava il golpe militare del generale Videla e dell'ammiraglio Massera . Preparandosi a collaborare col regime e la sua politica assassina sino al 1983. Non a caso giovedì scorso, 44 ex ufficiali delle forze armate si sono presentati davanti al giudice di Buenos Aires con la coccarda vaticana “in omaggio a Papa Francesco”. Il Papa ..“non ricorda”, i militari sì. Come ricordano che Bergoglio fu membro in gioventù della “Guardia de Hierro”, gruppo peronista di estrema destra.

Ma qui da noi la memoria della verità è stata prontamente ripulita. A vantaggio di una esaltazione retorica del nuovo Papa che oggi unisce in un unico coro tutti gli ambienti dominanti, cattolici e laici. Nel silenzio assordante di ciò che rimane della sinistra italiana.

E' comprensibile.

Le gerarchie ecclesiastiche cercano nel nuovo Papa, e nella sua recita “francescana”, un rilancio d'immagine popolare dell'istituzione Chiesa, colpita da una crisi interna senza precedenti e attraversata da una feroce guerra per bande. Il fatto che Bertone , Sodano, e le loro truppe, abbiano votato in Conclave per Bergoglio silurando il candidato di Comunione e Liberazione (Scola)- già prescelto dalla CEI- misura la frattura verticale dell'apparato clericale italiano e la crisi profonda della Segreteria di Stato vaticana. Oggi costretta in qualche modo ad arretrare e a riparare dietro una sorta di “arbitrato” straniero. In attesa del prossimo scontro per il controllo dello IOR e delle enormi proprietà immobiliari.

La borghesia laica cosiddetta “progressista” ( Scalfari e compagnia), orfana dell'agognato centrosinistra e politicamente allo sbando, sembra aggrapparsi al nuovo Papa come all'unica ancora “istituzionale” disponibile, nella valle di lacrime della politica borghese e della crisi della Seconda Repubblica. Le sue lodi allo stile pauperistico di Papa Francesco alludono alla campagna ideologica sul taglio dei “costi della politica”: che vorrebbe far digerire meglio ai lavoratori la nuova valanga di sacrifici in arrivo( Tares, Iva, blocco dei contratti pubblici..) grazie al “buon esempio” di parlamentari borghesi un po' più “presentabili”. Persino il “francescanesimo” del Papa diventa un'arma impropria della lotta di classe.

Il cerchio si chiude. La recita populista del nuovo Papa si salda con la recita populista della borghesia italiana. L'adulazione ipocrita della popolazione povera è, come sempre, il bastone retorico del suo inganno: in abito laico come in abito talare. Al servizio di un regime capitalista che ha in realtà una sola ed unica fede: quella nel profitto. L'unico Dio pagano venerato da industriali, banchieri e..Vaticano.
 
PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

17/03/13

: Porto Sant’Elpidio, appello per il servizio pubblico postale.


A nome e per conto dell’OS Cobas Poste  riteniamo doveroso metterVi a conoscenza  del progetto che Poste Italiane S.p.A., sta attuando  anche per il nostro Comune, dopo la riorganizzazione del marzo 2011, con la quale, in seguito alla soppressione del servizio il sabato, le zone furono ridotte da 15 a 13, a distanza di poco più di un anno ha ridotto ulteriormente le zone di recapito ed il personale su di esse applicato portandole a 12.
Questa strategia aziendale, che Poste italiane sta attuando su tutto il territorio nazionale, prevede inoltre, la chiusura di molti uffici postali.
Tali azioni stanno recando grave pregiudizio al diritto ad un servizio pubblico di qualità per tutti i suoi cittadini.
 Come lavoratori/utenti impegnati sul territorio,  saremo ben felici di offrire e ricevere un servizio migliore, anche grazie alle nuove strumentazioni che permetteranno per esempio, il pagamento dei bollettini di c/c a domicilio ma, con l’attuazione di questo nuovo progetto, possiamo affermare anticipatamente, che non ci sarà la possibilità di garantire un servizio puntuale ed efficiente ai cittadini.
Da molto tempo Poste è entrata nella logica privatistica, nonostante sia ancora al 100% di proprietà pubblica, ed ogni strategia viene fatta in funzione del raggiungimento del massimo profitto,  non tenendo in alcun conto le esigenze dei cittadini.
Tutta questa attenzione verso gli utili, purtroppo, non va a beneficio della collettività, ma  di un numero sontuoso di dirigenti che in virtù di un accordo del 2008 tra Poste e Federmanager vede il proprio stipendio legato esclusivamente agli utili ottenuti, mentre per  i lavoratori, senza alcun riconoscimento economico, si parla solo di tagli e aumenti di carichi di lavoro che rendono impossibile un servizio di qualità
I riscontri di ciò che affermiamo li abbiamo avuti sul territorio, infatti, è da molto tempo che l'azienda, contravvenendo alla normativa vigente, non provvede alla sostituzione dei portalettere assenti neanche in caso di ferie programmate, (estive o invernali), la qual cosa, oltre alla garanzia della puntualità del servizio, offrirebbe possibilità di lavoro, a tempo determinato,  a qualche giovane disoccupato.
Nonostante la propria evidente responsabilità, l’azienda ignora sistematicamente le giuste lamentele dell'utenza.
Rivolgiamo questo appello per invitarVi a prendere una posizione netta e decisa contro la strategia di Poste italiane S.p.A. per tutelare il servizio, e riportare il cittadino al centro delle strategie aziendali. Sarebbe inoltre opportuna, anche considerando le dimensioni del Comune,  l'apertura di un nuovo ufficio postale.
Vi chiediamo, pertanto, di denunciare personalmente, al vostro sindaco o al prefetto, il disagio di un servizio sempre più scadente, e/o sostenere la nostra battaglia firmando la petizione nei banchetti che allestiremo in Pzza Garibaldi i seguenti giorni
23 e 24 marzo    6 e 7 aprile dalle ore 10 alle ore 14

La civiltà e la qualità della vita di un comune sono direttamente legati ai servizi che offre.


Porto Sant’Elpidio,                                                           il responsabile incaricato
                                                                                        Cobas poste Sciarra Francesco