31/12/09

PCL: bilancio di fine anno

IL PCL CRESCE E SI ESTENDE (27 Dicembre 2009)

Negli ultimi mesi il nostro partito ha registrato nuove acquisizioni collettive e una nuova estensione della propria presenza . La nascita di due nuove sezioni provinciali rispettivamente ad Alessandria e a Trieste, col relativo ingresso del PCL, in forma organizzata, nella realtà regionale del Friuli. L’entrata di metà del direttivo del circolo del PRC di Monterotondo ( 50.000 ab. In provincia di Roma) seguito da buona parte degli iscritti. La confluenza, in forma individuale, di una piccola organizzazione nata dalla rottura con la setta burocratica del PDAC, l’Organizzazione Comunista Alternativa Proletaria ( su cui daremo a breve un’informativa specifica) presente essenzialmente in Veneto e in Sicilia, con quadri operai e sindacali rivoluzionari di indubbia capacità ed esperienza: ciò che significa la nascita della sezione provinciale del PCL a Messina, e un sensibile rafforzamento complessivo e diffuso del nostro partito in Veneto. A tutto questo si aggiungono nuove forme di interesse per il PCl in alcuni settori operai, a partire dall’Alfa di Arese, e un nuovo avvicinamento di giovani, in diverse situazioni locali.
Si tratta naturalmente di sviluppi limitati, e molto disomogenei, ma anche preziosi e significativi. Nel loro insieme dimostrano che il nostro piccolo partito- nonostante l’esiguità dei mezzi e l’attuale censura mediatica- dispone di uno spazio importante di crescita e di radicamento : direttamente proporzionale alla coerenza del suo programma anticapitalista e al duro lavoro controcorrente dei suoi militanti. La recentissima “svolta” della Federazione della sinistra in direzione del CLN con Bersani e Casini, e soprattutto la sua ulteriore compromissione negli accordi regionali di centrosinistra alla vigilia delle elezioni di marzo, potranno chiarire una volta di più le ragioni di fondo delle nostre scelte e del nostro progetto a un nuovo settore di militanti, iscritti ed elettori di quei partiti . Sta a tutto il nostro partito cercare di trasformare queste potenzialità in un salto in avanti della nostra costruzione, nell’interesse generale dei lavoratori e della loro avanguardia.
PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

26/12/09

22/12/09

Forze armate...privatizzate!


Da "L' Espresso" del 15/12/2009
di Gianluca Di Feo


Tutta la gestione della Difesa passa in mano a una società per azioni. Che spenderà oltre 3 miliardi l'anno agli ordini di La Russa. Così un ministero smette di essere pubblico Le forze armate italiane smettono di essere gestite dallo Stato e diventano una società per azioni. Uno scherzo? Un golpe? No: è una legge, che diventerà esecutiva nel giro di poche settimane. La rivoluzione è nascosta tra i cavilli della Finanziaria, che marcia veloce a colpi di fiducia soffocando qualunque dibattito parlamentare. Così, in un assordante silenzio, tutte le spese della Difesa diventeranno un affare privato, nelle mani di un consiglio d'amministrazione e di dirigenti scelti soltanto dal ministro in carica, senza controllo del Parlamento, senza trasparenza. La privatizzazione di un intero ministero passa inosservata mentre introduce un principio senza precedenti. Che pochi parlamentari dell'opposizione leggono chiaramente come la prova generale di un disegno molto più ampio: lo smantellamento dello Stato. "Ora si comincia dalla Difesa, poi si potranno applicare le stesse regole alla Sanità, all'Istruzione, alla Giustizia: non saranno più amministrazione pubblica, ma società d'affari"...

18/12/09

Comunicato Stampa contro i buttafuori di CGIL CISL e UIL



Fabriano, 17 dicembre 2009

COMUNICATO STAMPA:
Gravissima l’espulsione forzata degli operai dal palazzetto di Fabriano!

Il Partito Comunista dei Lavoratori esprime la propria indignazione per l’allontanamento coatto, con metodi fascisti, dal palazzetto dello sport di Fabriano, avvenuto oggi (17/12/2009 ndr) ai danni degli operai del gruppo “effetti collaterali” -gli stessi che si sono resi protagonisti, un mese fa, dell’eclatante occupazione degli uffici della Merloni-.


Infatti, quando gli operai, durante la conclusione della manifestazione congiunta di CGIL-CISL-UIL <> con le prestigiose presenze di Epifani e Bonanni, hanno preteso fosse letto un loro breve comunicato (che alleghiamo ndr), si è attivato il servizio d’ordine composto da delegati sindacali e dalle Forze dell’Ordine (allertate dagli stessi).


L’epurazione è avvenuta senza troppi complimenti anche da parte di membri della Fiom: sigla che aveva preso parte attiva all’occupazione e, seppur timidamente, appoggiato (ora possiamo affermarlo con certezza) opportunisticamente l’azione degli operai durante l’occupazione.


Anche oggi si è consumato l’ennesimo concistoro della burocrazia sindacale italiana e marchigiana che, alle spalle dei lavoratori, confabula per conservare i propri privilegi di casta attraverso “compromessi sempre più compromettenti” con il padronato. Invece di sciorinare continuamente la propria vicinanza agli operai, salvo poi attuare purghe improvvisate contro chiunque disturbi questa inquietante pace sindacale, i sindacati, ed in particolare la FIOM-CGIL, si assumano la responsabilità di un’azione conseguente contro il Governo Berlusconi e contro il tentativo di far pagare ai lavoratori ed alle proprie famiglie la crisi del capitalismo. Oppure decidano una volta per tutte, e lo rendano finalmente noto, chi sono i loro veri referenti politici: i lavoratori o i padroni, i banchieri, i politici neoliberisti?


Ribadiamo ancora una volta la necessità di:

X Uno sciopero generale prolungato fino alla caduta del Governo Berlusconi

X Un coordinamento di tutti i presidi, le occupazioni e gli altri movimenti spontanei di lotta che stanno nascendo rapidamente in tutto il paese, per un’azione unitaria e più incisiva


X La necessità della Nazionalizzazione, senza indennizzo e sotto controllo dei lavoratori, per tutte le aziende in crisi e la ripartizione, a parità di stipendio, del lavoro esistente tra tutti i lavoratori


Partito Comunista dei Lavoratori

Sezione di Ancona


15/12/09

Intervento del PCL al no B-day

Intervento di Franco Grisolia (membro della Direzione Nazionale del Partito Comunista dei Lavoratori) al no Berlusconi day del 5 dicembre 2009 a Roma.

14/12/09

Finanziaria light?!


È tutt’altro che light l’ultima finanziaria varata dal governo. Infatti il documento riporta 250 commi e un giro d’affari di quasi 8,9 miliardi di euro.

Tra questi 3 miliardi sequestrati dalle buonuscite dei lavoratori che già pagano la crisi di lor signori e che ora devono subire l’ennesimo furto in nome della salvaguardia dei grandi industriali e dei banchieri, dell’aumento del finanziamento per le missioni militari, per le scuole private e ancora più incredibile, per il ponte di Messina (470 milioni di euro). Altri 500 milioni per l’edilizia carceraria, per la creazione di nuove infrastrutture (quando in italia abbiamo già di belle e pronte e...abbandonate): il problema “dicono loro” e che non ci sono i soldi per il personale ma ci sono per continuare la speculazione edilizia. Tutto questo continuando a rubare nelle tasche di lavoratori e cittadini.


Mentre non si pensa alla classe lavoratrice però….dall’altra parte c’è chi pensa bene ad aumentarsi lo stipendio. Per il bene sociale quest’anno le pensioni degli ex parlamentari ci costeranno il 5,25% in più alla camera, ed il 4,52% al senato. Aumentano anche gli stipendi del personale che lavora a Montecitorio +1,49%, mentre i deputati promettono di diminuirsi le spese dell’1,27%....promettono. Al Senato costano di più gli ex dipendenti in pensione +5,77%, e il personale non dipendente +2,52%. Non esiste in nessun altro paese europeo un trattamento così vergognoso e sproporzionato tra classe dirigente e classe lavoratrice. Le spese del solo Senato dal 2001 al 2006 sono aumentate del 40%, figurarsi ora nel 2009, con la mafiocrazia al potere, quanto ulteriormente saranno salite. I nostri parlamentari oltre al saper aumentarsi lo stipendio con provvedimenti camuffati e sotterfugi poco evidenti, si danno da fare soprattutto per le loro tasche: stipendio complessivo 19.150 euro al mese, stipendio base 9.980 euro, portaborse 4.030 euro (generalmente parenti o familiari), rimborso spese affitto 2.900 euro, indennità di carica tra 335 e 6.455 euro, tutto “esentasse”. Più cellulare gratis, tessera del cinema gratis, tessera teatro gratis, francobolli gratis, viaggi aerei nazionali gratis, circolazione su autostrade gratis, piscine e palestre gratis, treni gratis, aereo di stato gratis, ambasciate gratis, cliniche gratis, assicurazioni-infortuni gratis, assicurazione decesso gratis, auto blu con autista gratis, ristorante gratis. La classe dirigente italiana ha diritto alla pensione dopo 35 mesi in parlamento, mentre obbligano i cittadini a 40 anni di contributi. La sola Camera dei Deputati costa al cittadino 2.215 euro al minuto! Questi dati corrispondono ad una realtà “agghiacciante”.


Chiamatela democrazia, regime borghese o Robin Hood al contrario: permane comunque il sistema nel cui si predilige, di fatto, continuare a rubare nelle tasche dei lavoratori foraggiando un capitalismo che non opera, tanto meno in tempi di crisi, aperture sul welfare, ma anzi incrementa e fomenta divisioni e guerra tra poveri.


A noi tutti il compito di sviluppare “rapporti di forza” favorevoli contro questo regime “avido e implacabile”.

A noi tutti il compito di essere radicali per quanto lo è questo”Governo parassitario”.

Legami con la “Mafia” e grandi “ladroni del nuovo millennio” non ne vogliamo più avere.


Come fare? Ecco le nostre proposte immediate:

-Al salvataggio delle banche a spese del contribuente, contrapponiamo il salvataggio dei contribuenti a spese delle banche

-Bloccare i licenziamenti e la distruzione dei posti di lavoro e le delocalizzazioni selvagge

-Riduzione dell’orario per tutti a 6 ore giornaliere

-Salario per i disoccupati

-Stessi diritti per i lavoratori immigrati

-Occupazione, autogetione e Nazionalizzazione delle aziende in crisi senza indennizzo e sotto controllo operaio

-Nessuna collaborazione di classe con i governi del capitale, manovrati e seguiti da banche e Confindustria

-Se vogliamo uscire da questa crisi senza più rappresentanti “capitalisti”, dobbiamo dare il potere ai lavoratori. Mettendo alla luce del giorno con l’apertura dei libri contabili sporchi, tutte le truffe, gli sperperi e i lavori inutili che noi manteniamo

-Non vogliamo uscire da questa crisi con un'altra guerra e con invii di truppe in tutto il mondo. Per l'Italia fuori dalla NATO

-No ad una Europa imperialista ma per gli Stati socialisti d’Europa.



Youri Venturelli

Partito Comunista dei Lavoratori

Sez.Ancona - nucleo montano.

12/12/09

Piazza Fontana quarant'anni dopo




Pubblichiamo di seguito un comunicato stampa della Federazione Anarchica Italiana, il cui militante Giuseppe Pinelli fu brutalmente assassinato, in seguito ad "indagini" (pilotate dagli stessi mandanti della strage di stato) alla bomba di Piazza Fontana.
Quarant'anni fa, il 12 dicembre del 1969, irrompeva a piazza Fontana il primo grande misfatto di quella strategia della tensione costituita da bombe, omicidi, depistaggi e provocazioni con cui gli apparati dello stato terrorizzarono il paese con l'obiettivo di stroncare le lotte e le rivendicazioni che in quegli anni attraversavano il corpo sociale. Servendosi della manovalanza nazifascista, lo stato italiano dichiarò guerra alla società per riaffermare un dominio che non poteva tollerare oltremodo le istanze di libertà ed emancipazione che caratterizzavano quegli anni. Questo quarantesimo anniversario viene a cadere in uno dei momenti peggiori della storia recente del paese. Negli ultimi vent'anni, i potentati politici ed economici hanno plasmato la società facendola arretrare a livelli inauditi. Il mondo del lavoro è stato ulteriormente umiliato e in gran parte distrutto dalla globalizzazione neoliberista, i diritti sono stati erosi costantemente, il carattere pubblico dei servizi essenziali (dall'istruzione, alla sanità, ai trasporti, ecc. ) è stato sacrificato sull'altare delle privatizzazioni, la repressione è diventata strumento qualificante per l'amministrazione del quotidiano, il razzismo è stato elevato a criterio normativo per la gestione dei flussi migratori e, più o meno implicitamente, anche a criterio morale nelle relazioni con chiunque sia fatto rientrare nella categoria di "straniero" o, peggio, di "clandestino". Il quarantennale di piazza Fontana trova un'Italia in ostaggio, sfiancata da una crisi economica (e, allo stesso tempo, sociale e culturale) prodotta da chi detiene il potere e le leve di comando: un'Italia mortificata da un autoritarismo con cui un'impresentabile classe dirigente è riuscita ad appestare perfino i rapporti sociali. Per ricordare l'eccidio di piazza Fontana è necessario smascherare il revisionismo storico con cui, proprio quest'anno, i vertici delle istituzioni hanno tentato un'ambigua – quanto impossibile – riconciliazione tra vittime e carnefici: il nostro pensiero va, insieme a tutte le altre vittime innocenti, al compagno Giuseppe Pinelli, ingiustamente incolpato della strage, ucciso innocente nei locali della questura di Milano, volato giù dalla finestra dell'ufficio del commissario Luigi Calabresi dopo un interrogatorio di tre giorni. Ma per ricordare piazza Fontana è necessario rendersi conto della stringente attualità di questo anniversario, in un momento in cui gli attacchi dello stato e del capitale nei confronti dei lavoratori, della gente comune, dei più deboli, sono sempre più violenti e spudorati. Con il suo tragico portato di dolore e ingiustizia, piazza Fontana resta l'emblema della criminalità di ogni potere e dimostra quanto possa essere spietato l'esercizio della cosiddetta ragion di stato. Oggi come allora, la risposta più efficace è quella di sempre: lottare e impegnarsi, con tenacia e coraggio, senza cedere alla rassegnazione, per costruire una società libera da ogni ingiustizia e da ogni potere. Il modo migliore per onorare le vittime ma, soprattutto, per riappropriarci del nostro futuro.

SCIPPO DEL TFR: BERLUSCONI UTILIZZA LE ARMI FORNITEGLI DAL GOVERNO PRODI - La CGIL promuova lo sciopero generale!




Il prelievo forzoso eseguito da Berlusconi sul TFR depositato nell’INPS non fa che usare cinicamente le clausole della “riforma” Prodi del 2007: sottoscritta da CGIL,CISL,UIL,UGL e votata da Ferrero e Diliberto. Due anni fa il centrosinistra e le burocrazie sindacali ebbero la faccia tosta di presentare la riforma del TFR come un vantaggio per i lavoratori, annunciando che i fondi pensione sarebbero cresciuti sul mercato finanziario e che il Tfr “inoptato” sarebbe stato in ogni caso “garantito” dall’Inps. E’ accaduto l’opposto. I fondi pensione sono stati colpiti dalla crisi, e il Tfr depositato all’inps è diventato il Bancomat del governo: esattamente come avevano denunciato e previsto coloro che si erano opposti ( Fiom e sinistra sindacale in CGIL, il sindacalismo di base, il PCL). Ora il governo più reazionario dal 1960 usa a proprio vantaggio, contro i lavoratori, l’eredità antioperaia del centrosinistra: sul Tfr come su tanti altri terreni. E’ una ragione in più perché la battaglia per cacciare Berlusconi si dia la prospettiva di un’alternativa vera. Non quella di un ritorno al centrosinistra confindustriale.


A fronte della crisi istituzionale apertasi, la CGIL deve assumersi la responsabilità di promuovere un vero sciopero generale, che ponga apertamente l’obiettivo delle dimissioni del governo : il governo degli evasori fiscali, della rapina sul TFR, del populismo reazionario, deve lasciare il campo.
Non si tratta di chiedere le dimissioni a Berlusconi, ma di creare i rapporti di forza per imporgliele. Uno sciopero generale promosso dalla CGIL, che colleghi le rivendicazioni sociali alla difesa dei diritti democratici, potrebbe unire il mondo del lavoro e il popolo del No B Day in una grande prova di forza capace di aprire dal basso la via di una vera alternativa.
Non bastano manifestazioni occasionali e scioperi rituali, in ordine sparso. E’ necessaria una mobilitazione unitaria, radicale, prolungata, che abbia finalmente l’ambizione di vincere.

MARCO FERRANDO - PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

09/12/09

Il PRG di Cerreto e le sue magagne


Osservando il nuovo Piano Regolatore di Cerreto D'Esi (AN) è facile comprendere come sia stato concepito nell'ottica di una storia recente, ma passata. Questo comporta che uno strumento di massima importanza, come il nuovo Prg, che definisce il futuro sviluppo di un paese, risulti vecchio e obsoleto nei confronti delle sfide che la globalizzazione e l’allarme ambientale ci obbligano ad affrontare, rischiando di rimanere rinchiusi in un passato che non potrà più ritornare.


Per quanto riguarda il nord del territorio comunale si rimane stupiti dal fatto che si continui a definire nuove zone industriali (in direzione Albacina, sia a destra che a sinistra della statale). Lo stesso vale per il sud del paese dove un’area immensa è destinata alla costruzione di altri capannoni.


Cosa si sarebbe dovuto fare?

Innanzitutto fermare l’espansione delle zone industriali con l’eventuale costruzione di nuovi fabbricati: questo per salvaguardare il territorio e renderlo disponibile per altre attività come agricoltura, pascoli o produzione di prodotti tipici del nostro territorio, oppure per inizitive volte alla riqualificazione ambientale. Così facendo, invece, avremo solo altre strutture abbandonate che, se perdura la crisi attuale, a breve si sommeranno ai molti capannoni che rimarrano vuoti ed inutilizzati, creando una disponibilità di gran lunga superiore alle reali necessità.


Un’altra critica da portare al nuovo Prg è quella alla cementificazione selvaggia: per accontentare un po' di gente, vi sono intere aeree di integrazione o completamento urbano dove non vi è preventivato nessuno spazio libero. Questo comporta case addossate l'una all'altra ed interi quartieri senza uno spazio verde dove poter ritrovarsi o far giocare i bambini. Dobbiamo poi considerare l'anacronismo di tale indirizzo di sviluppo: il mercato edilizio è fermo e fermo resterà, non vi è più la necessità di costruire centinaia di appartamenti quando ce ne sono molti di vuoti in giro. La formula corretta sarebbe stata semplicemente di edificare con criteri più moderni e con molti spazi verdi da attrezzare e curare tra un palazzo ed un altro. In poche parole vi è una mancata valorizzazione del sistema ambientale del territorio e si è omesso il collegamento con le realtà già esistenti, come il Parco Naturale della Gola della Rossa (che, anche se per poco, ma entra nel territorio di Cerreto d’Esi nella zona della Madonna dell’Acquarella). Anche la scarsa valorizzazione dell’asse fluviale rimane una grave mancanza delle precedenti amministrazioni, per non parlare del patrimonio rurale in degrado.


Infine vi è la Pedemontana, l’ultimo business da parte del potere locale: un pozzo di San Patrizio dove attingere soldi dello stato per una struttura inutile e costosa. Ma l'aqstuzia di maggioranza e minoranza comunale di presentarla come la salvezza del paese che devierà il traffico pesante dal centro urbano (tesi accettata anche da alcuni esponenti del circolo Legambiente locale) ha avuto la meglio sul buon senso. Concludo ricordando che invece di avvalersi di una nuova faraoinica struttura fatta da gallerie, ponti ed altre soluzioni costosissime, sarebbe bastato studiare una semplice circonvallazione ed il problema sarebbe risolto! Poi ci raccontano che non ci sono mai i soldi. Certo: i grandi imprenditori se li “pappano tutti” (ed alcune società private che costruiscono strade, ne sono la dimostrazione!)


Luca Torselletti

Partito Comunista dei Lavoratori

Nucleo Montano - Provincia di Ancona

03/12/09

Per chi è la crisi?


La drammatica crisi capitalistica che sta attanagliando l’economia mondiale, non è riuscita ancora a far capire alla popolazione che i costi dell’avidità, banchieristica, imprenditoriale e di tutti i poteri forti che ora cercano di trincerarsi dietro muri di intoccabilità e immunità, da tempo hanno già cominciato a far pagare a tutti i lavoratori il peso dei loro sbagli e della loro ipocrisia che purtroppo si estenderà anche alle generazioni future.

Nonostante siano enormi gli interventi pubblici messi in campo per sostenere ancora una volta questo sistema dato a intendere come modello ultimo e unico delle società sviluppate, viene negata ogni possibilità di messa in discussione in qualsiasi modo del capitalsismo, destinato invece ad inserirsi obbligatoriamente in crisi sempre più frequenti, lunghe nella risoluzione e pesanti e difficoltose per chi dovrà poi “PAGARE”.

I soldi che il Governo ha trovato per "risolvere" la crisi, non soltanto servono per riempire le tasche a coloro che al contrario dovrebbero ripagare i danni di tasca propria, ma senza neppure indugiare un attimo sulla possibilità di un alternativa di sistema, si continua a foraggiare le casse di un modello economico che ormai più volte ha dimostrato il suo fallimento. Il capitalismo in questo momento sostiene ancora gli aumenti e gli investimenti militari, la riduzione con tagli alle scuole e sanità pubbliche mentre si aumentano i finanziamenti a quelli private, miliardi di euro regalati al vaticano, altrettanti alle banche ed agli evasori fiscali etc…Facendo pagare il tutto ai lavoratori con licenziamenti di centinaia di migliaia di persone, con contratti nazionali distrutti.
Hanno come unico obiettivo, approfittare della crisi per abbattere il costo del lavoro e fare più possibile cassa, mentre dall’altra troviamo le età pensionabili che si innalzeranno e saranno effettivamente raggiungibili solo allo scadere della nostra esistenza. Il buon capitalista pretende che tu lavori finché c’è vita, fintanto che ti tieni in piedi. Così subentra la “tassa sulla speranza di vita”. Il fatto che gli italiani vivano più a lungo, verrà contraccambiato con una pensione più bassa. Con buona pace di chi annuncia che il sistema previdenziale non sarà toccato. Lo Stato, invece di pagare poniamo 1.000 euro al mese per 19 anni (era la speranza di vita dei maschi ultrasessantenni una quindicina di anni fa), darà 905 euro al mese per 21 anni (speranza di vita attuale). E non è finita qui, perché ogni ulteriore aumento della vita media in futuro farà scattare di tre anni in tre anni un taglio della pensione (già da gennaio 2010).

È ora di dire “BASTA”. È ora di dire: “SE NE VADANO TUTTI, GOVERNINO I LAVORATORI”.
Si sono arricchiti per anni con i frutti del nostro lavoro, ci hanno ricattato con delle leggi massacranti, ci hanno sfruttato con salari infimi e mutui ed affitti da capogiro, ci hanno messo in guerra gli uni contro gli altri con lo sfruttamento degli immigrati.
Dobbiamo riformare la nostra coscienza di lavoratori.
Il Partito Comunista dei Lavoratori afferma da tempo che solo un programma rivoluzionario di lotta per un governo dei lavoratori può ispirare coerentemente una politica di unità di classe. Sfidando all’unità d’azione nell’autonomia, tutte le sinistre politiche e sindacali.

Di seguito illustriamo, a scopo esemplificativo, alcuni dei guadagni annui che ricevono i top manager nelle aziende di proprietà pubblica:
Pierfrancesco Guarguaglini (amministratore delegato Finmeccanica), 5 milioni 560 mila euro;
Fulvio Conti (amministratore delegato Enel), 3 milioni 236 mila euro;
Paolo Scaroni (amministratore delegato Eni), 3 milioni 76 mila euro;
Massimo Sarmi (amministratore delegato Poste italiane), 1 milione 580 mila euro;
Roberto Poli (presidente Eni), 1 milione 131 mila euro;
Piero Gnudi (presidente Enel), 923,348 mila euro;
Mauro Moretti (amministratore delegato Ferrovie dello Stato), 750 mila euro;
Domenico Arcuri (amministratore delegato Sviluppo Italia), 542 mila euro;
Lamberto Gabrielli (amministratore delegato Poligrafico), 525 mila euro;
Maurizio Prato (presidente Fintecna), 520 mila euro;
Lucio Stanca (amministratore delegato Expo 2015), 480 mila euro;
Guido Pugliesi (amministratore delegato Enav), 475 mila euro;
Danilo Brogli (amministratore delegato Consip), 395 mila euro.

Se questi sono i guadagni dei manager pubblici, quelli dei manager delle banche e di tante aziende private che in questi tempi stanno tagliando posti di lavoro e che vogliono imporre salari sempre più bassi sono ancora maggiori.
Per loro la crisi non c’è mai stata né ci sarà!
Per non regredire ancora di più portando vantaggi solo a banchieri, Confindustria, borghesia e poteri forti, dobbiamo cominciare a distruggere i loro apparati privati e la classe lavoratrice deve schiacciare la burocrazia riguadagnando così terreno e aprire la via verso il socialismo.

DOBBIAMO ESSERE RADICALI, COME È RADICALE IL GOVERNO CONTRO I LAVORATORI.

Youri Venturelli
Partito Comunista dei Lavoratori
(nucleo montano-sez.Ancona)

02/12/09

Il 5 Dicembre tutti in piazza a Roma per la massima unità di azione: ma con una proposta politica autonoma!



Il PCL sarà presente alla manifestazione nazionale del 5 dicembre contro il governo Berlusconi, ma con un’autonoma proposta politica rivolta all’insieme delle sinistre politiche e sindacali. Saremo presenti per la ragione più semplice: sarà una manifestazione di larga parte del popolo della sinistra, segnata da domande sociali e democratiche di svolta, indirizzata contro il governo più reazionario che l’Italia abbia conosciuto dal 1960. Un governo per di più oggi impegnato in un affondo populista plebiscitario che evoca apertamente la rottura istituzionale. Ogni defilamento da una manifestazione democratica sarebbe dunque ingiustificato. Peraltro non ci appartiene la scuola di pensiero secondo cui si partecipa ad una manifestazione solo quando la si promuove : vi si partecipa quando c’è il tuo popolo, è segnata da domande progressive, è diretta contro il comune avversario. Ma con la stessa chiarezza diciamo che proprio il contesto politico che fa da sfondo all’iniziativa pone una volta di più l’esigenza di una svolta di fondo della sinistra italiana, che parta da un punto di verità e di realismo. L’esperienza ci dice che Berlusconi non sarà né battuto né indebolito da manifestazioni una tantum, per quanto importanti e partecipate. Può essere battuto solo da una grande mobilitazione operaia e popolare a carattere prolungato che sappia incidere sui concreti rapporti di forza sociali e politici, approfondire le contraddizioni del blocco sociale reazionario, produrre una massa critica d’urto capace di destabilizzare gli equilibri dominanti. In altri termini , solo una rivolta sociale può piegare e cacciare questo governo. Ma l’impegno per questa prospettiva, certo non facile, implica una condizione precisa: l’emancipazione delle sinistre da ogni cultura istituzionale e governativa; la loro totale autonomia politica dal PD, dall’IDV, da ogni partito borghese; la loro immersione in un lavoro pancia a terra per l’unificazione e radicalizzazione del movimento di massa. Purtroppo non è l’aria che si respira nella sinistra italiana. Non mi riferisco solo o principalmente all’appello di convocazione della manifestazione del PRC del 5 dicembre, dove trovo francamente paradossale che in poche righe si riesca a combinare la sacrosanta rivendicazione delle dimissioni del governo con la richiesta che esso “cambi la propria politica sociale ed istituzionale”( ?!). Mi riferisco alla linea generale delle sinistre ex ministeriali: dove continuano a riproporsi, come se nulla fosse accaduto, tutti i riflessi condizionati della vecchia politica fallita. Da un lato nessuna proposta reale d’azione sul terreno dell’unificazione del movimento di lotta, a partire dal fronte cruciale delle aziende in crisi: nessuna indicazione per l’occupazione delle fabbriche che licenziano, per un coordinamento nazionale delle aziende in lotta, per la creazione di una vera cassa nazionale di resistenza; nessuna proposta di vertenza generale, prolungata e unificante, del mondo del lavoro; neppure un’indicazione di opposizione ad Epifani nel Congresso della CGIL, dove anzi la stessa” federazione” della sinistra si dispone, clamorosamente, a coprire il segretario( grande elettore di Bersani). Dall’altro lato il rigoroso mantenimento dei propri assessorati, l’allargamento delle coalizioni locali di governo addirittura all’UDC ( come in Liguria), la singolare proposta di un governo annuale “di garanzia” con PD,IDV,UDC,“per fare la riforma elettorale”: con l’implicita disponibilità a inevitabili compromissioni “per un anno” sul terreno delle politiche confindustriali e di guerra. A meno di non pensare che al fianco di Casini si possano ritirare le truppe. O che la guerra in Afghanistan possa prendersi un anno sabbatico. La verità è che ,al di là dei dinieghi , continua a primeggiare, sotto traccia, il richiamo della foresta di un” nuovo” centrosinistra, da rinegoziare e contrattare. Ciò vale in forma più lineare per Sinistra e Libertà: che punta al negoziato diretto col nuovo segretario del PD, del tutto incurante delle sue solide relazioni con ambienti confindustriali e bancari. Ma vale anche, in forma più mediata e prudente, per il PRC: che prova a riaprirsi il varco attraverso una relazione privilegiata con Di Pietro, da spendere contrattualmente col PD. La verità è che il cuore dei gruppi dirigenti della sinistra continua a battere là: in direzione della nostalgia istituzionale, del richiamo assessorile, del fascino discreto della “politica che conta” e che ti riconosce “un ruolo”, fosse pure al fianco dei tuoi avversari contro le ragioni che dovresti difendere. Purtroppo non è solo la linea che per 15 anni ha distrutto la sinistra italiana, compromettendola in politiche antioperaie che hanno spianato la strada ( ogni volta) al ritorno di Berlusconi. E’ anche la politica che oggi priva la sinistra di un ruolo autonomo nell’opposizione al governo ; che la subordina alternativamente o all’opposizione liberale del Pd, o alla guida populista di Di Pietro, proprio nel momento in cui sia i Liberali che i Populisti si mostrano incapaci di scalfire, nonostante la crisi, il blocco sociale berlusconiano; che la subordina di fatto a quella trama d’alternanza a Berlusconi oggi sospinta da ambienti finanziari ed editoriali che PD e UDC si candidano a rappresentare, e i cui interessi e programmi sono esattamente opposti a quelli dei lavoratori; che in ogni caso le impedisce una svolta decisiva di radicalità sul terreno delle lotte: perché non puoi muoverti su una prospettiva di rivolta sociale, se la tua politica insegue Bersani, assessorati e futuri ministeri. Per questo porteremo in piazza il 5 dicembre un’altra proposta politica. Che parte proprio dalla necessità di lavorare all’innesco di un’ esplosione sociale di massa, quale unico possibile ariete di sfondamento e fattore di vera alternativa . Sono i lavoratori e i movimenti di lotta ad aver battuto per due volte Berlusconi, nel 94 e nel 2002, bloccando i suoi piani antioperai, e preparando le condizioni della sua caduta. Ma per due volte le potenzialità del movimento operaio sono state subordinate all’egemonia dei liberali , quindi al centrosinistra, quindi alle ragioni di Confindustria : con un drammatico effetto di demotivazione di massa e di rivincita reazionaria. C’è un solo modo possibile di trarre lezione da questa esperienza: rifiutare definitivamente ogni subordinazione al liberalismo; unificare e sviluppare sino in fondo tutte le potenzialità di mobilitazione della classe operaia attorno ad un proprio programma di lotta indipendente, contro ogni logica di concertazione ; candidare il movimento operaio a forza egemone della più ampia mobilitazione popolare contro Berlusconi , nella prospettiva di un’alternativa di società e di potere: che punti a cacciare assieme a Berlusconi le classi dirigenti del Paese. Perché le sinistre italiane non uniscono nell’azione le proprie forze attorno a questa prospettiva di lotta indipendente , invece di contendersi l’una contro l’altra le attenzioni di Bersani o di Di Pietro, di Burlando o di Loiero?