24/04/09

IL 25 APRILE NON È LA FESTA DI TUTTI

(MA DI CHI HA LOTTATO E LOTTA PER LA LIBERAZIONE DEL NOSTRO PAESE)


Oggi celebriamo la ricorrenza di una grande lotta di popolo, la lotta dei partigiani che non solo hanno combattuto l'oppressione fascista ma hanno anche voluto costruire un paese migliore e più giusto. L’attuale governo è composto da forze politiche che sono molto distanti dai valori partigiani.

L’anno scorso Berlusconi ha invitato gli italiani ad andare al mare il 25 aprile. Il suo vice Gianfranco Fini deve la sua carriera politica ad un partito, il Movimento Sociale Italiano, che si definiva erede del fascismo. Alcuni esponenti della nuova maggioranza parlamentare, come Ciarrapico o Alessandra Mussolini, ancora oggi si richiamano apertamente al fascismo. Il Popolo della libertà è alleato della Lega che, incapace di proporre una soluzione ai problemi reali delle persone, istiga al razzismo, all'intolleranza e all'odio per il diverso cercando di provocare una penosa guerra tra poveri. Inoltre l’intero esecutivo ostenta politiche che in alcuni casi ricordano quelle del ventennio.

Dall'altra parte il Partito Democratico non si richiama più ai valori dell'antifascismo, tanto che omette di contemplare la Resistenza tra i propri principi fondativi e, anzi, propone proprio alla destra di cambiare la Costituzione e di contrattare le libertà democratiche (in questi giorni anche attraverso la voce del Presidente della Repubblica).

I dirigenti della Sinistra cosiddetta “alternativa”, oggi esclusi dal parlamento, con la complicità delle burocrazie sindacali confederali, non sono stati capaci di rappresentare quei valori per cui i partigiani hanno lottato. Hanno sostenuto il governo Prodi che ha tradito le speranze di milioni di elettori di sinistra, hanno avallato misure antipopolari che hanno duramente colpito i lavoratori, i giovani e le donne. Hanno sostenuto direttamente ed indirettamente le guerre imperialiste in cui è coinvolto il nostro paese.

Plaudere ipocritamente alla partecipazione di Berlusconi e di altri esponenti della maggioranza alle celebrazioni del 25 aprile è un gesto ipocrita di rimozione della storia recente del nostro paese e l’ennesima apertura del centrosinistra a Berlusconi. Quella di oggi non è certo l'Italia che volevano i partigiani. Questo paese, dove i lavoratori si stanno impoverendo e non hanno diritto ad un salario ed a condizioni di lavoro dignitose, dove i giovani precari non hanno futuro, dove serpeggia il razzismo e le donne sono colpite nella loro libertà, non è il paese per cui hanno combattuto quelle donne e quegli uomini di cui oggi celebriamo la memoria.

Non basta ricordare la Resistenza, bisogna renderla attuale. Per questo è indispensabile ricostruire la sinistra nel nostro paese, una sinistra coerente che non tradisce il proprio popolo. Una sinistra di classe, un partito comunista, cosruito a partire dalla definizione di un programma antifascista ed anticapitalista e non dalla rivendicazione identitaria del partito o dei suoi simboli.

I militanti del Partito Comunista dei Lavoratori e di tutto il movimento antifascista parteciperanno alle manifestazioni ed alle varie celebrazioni del 25 aprile che si terranno in tutta Italia, ma come i neo fascisti al governo si arrogano il diritto di presenziare a tali iniziative, noi ci riserveremo quello di contestarli e rispedirli a casa, perché nessuno, a scopi meramente elettorali e propagandistici, infanghi con la sua presenza una manifestazione che ha seri contenuti politici ed ideologici, da questi signori continuamente calpestati.

Non è la loro festa, ma la nostra e di chiunque lotti ed abbia lottato per la libertà dei lavoratori di tutto il mondo. Edulcolorarla riducendola alla stregua di una data istituzionale e bipartisan è una pericolosa operazione revisionista. Riprendiamoci il 25 aprile.

Partito Comunista dei Lavoratori

Coordinamento Regione Marche


pclancona@alice.it - www.marcherosse.blogspot.com


Ora tocca a Noi!

Dopo venti anni di vessazioni, di riforme e controriforme, sacrifici fisici e mentali, dopo ogni tipo di truffa, inganni e, dopo aver innestato nelle teste dei lavoratori la paura di parlare e di esprimere il proprio pensiero, la paura di sbagliare, la paura di farsi vedere, di farsi rispettare e perfino vergognarsi, di dire: “ io faccio l’operaio”.
Quanto tempo ci vorrà ancora prima che l’italiano si dia una bella svegliata e cominci a riappropriarsi del linguaggio a lui più consono? Quante Mafie nascoste dovranno ancora passare davanti ai nostri occhi e restare qui ancora inermi a guardare? Vogliamo sacrificare ancora un’altra generazione?
Non è il mondo che i nostri padri usciti dalla guerra e dalla miseria sognavano, ma loro hanno combattuto giorno dopo giorno conquistando dei diritti che altrimenti non gli sarebbero mai stati concessi. Non bisogna mai abbassare la guardia, altrimenti oltre che alimentare sempre di più l’alta Borghesia, ci ritroveremo tra non molto a dovergli lavare anche i calzini sporchi. Noi cosa stiamo facendo ora se non dare una mano ai grandi poteri e alle grandi lobby che per mantenere il loro status sono disposti a chiederci ancora venti anni di sacrifici senza un briciolo di ritegno, ed ancora saremo disposti a sacrificare i nostri figli per ottenere una società sempre più propensa ad un lusso ed un consumismo che si sposta sempre più nelle caste più alte?
Ricordate che fino a poco tempo fa in molte fabbriche italiane il lavoratore era super sfruttato e senza diritti, come avviene tutt’oggi in molti casi, in speciale modo in quelle piccole fabbriche che contano meno di 15 dipendenti. L’indifferenza è un male assoluto che ci divora ed è un’ottima arma per le nuove “caste” del nuovo millennio. Dall’abbattimento del muro di Berlino abbiamo lasciato che una politica di sfrenato Liberismo e Capitalismo senza regole si abbattesse su di noi regalando in un batter d’occhio ancora una volta a Capitalisti e Banchieri tutti gli sforzi socialisti conquistati con decenni di grandi sacrifici. In questi ultimi anni sono state legalizzate ogni sorta di speculazione, il pensiero capitalista è semplice e facile da scoprire perché va contro natura.
Il primo punto in assoluto per essere un buon capitalista è: “ di rispettare la legge cercando di fregarla il più possibile”. Il capitalista pensa che se una legge vieti di fare un certo tipo di attività ma non è espressa in maniera assoluta, allora diventa come un lasciapassare in cui ci si può buttare a capofitto…e lo fa, in baffo a qualsiasi pensiero morale, costituzionale e ambientale.
E’ ora di dire “basta” a tutto questo scempio. Basta a coloro che si mettono parole sante in bocca, predicano bene e poi li vediamo giornalmente a legiferare contro le fasce più deboli della società, corrompere i testi dei processi, rubare e non farsi giudicare, baciare la mano al Pontefice, andare a messa la domenica e ai bordelli il lunedì. Basta arraffare i soldi dei contribuenti e impossessarsi d’infiniti privilegi. Basta con i discorsi vuoti, “ipocriti” che sanno bene imporre agli altri regole che sono i primi a non rispettare. Non si può legiferare in casa propria e aspettare il consenso del Vaticano. La giustizia, l’onestà e la coerenza stanno per sparire dal nostro vocabolario e dal nostro modo di essere… e per evitare che in Italia, dentro il carcere ci vadano solo i poveracci e chi ruba un pezzo di formaggio al supermercato, dobbiamo anche fare in modo che la giustizia debba riguardare tutti indistintamente e non tutti tranne qualcuno.
“La sovranità appartiene al popolo e la legge è uguale par tutti”.
Quello che è in gioco oggi non è questo o quel politico, questo o quel governo, questo o quel modello di convivenza tra i popoli. Quello che oggi è in gioco è la sopravvivenza del genere umano: o il capitalismo viene distrutto o questo finirà per distruggere il pianeta con tutti i suoi abitanti.
La borghesia opporrà ogni tipo di ostacolo: manovre ideologiche, campagne di calunnia e diffamazione, trappole politiche e pura e dura repressione.
Tuttavia questa è l’unica via che il proletariato può percorrere. Le lotte operaie vanno sviluppate…come c’è stato il movimento in Grecia, le manifestazione nei paesi baltici, Francia, Germania, Spagna. Anche l’animo italiano è ora che esca dall’indifferenza e cominci a far sentire la sua voce con chiarezza, denunciando i crimini del capitalismo e difendendo l’unica via possibile: la lotta indipendente del proletariato, la sua unità e solidarietà internazionale al di là delle divisioni in razze e nazioni, nella prospettiva di una rivoluzione mondiale che metta fine al capitalismo in tutti i paesi.
Per i lavoratori è vitale estendere la lotta in tutti i luoghi di lavoro e fabbriche. Generalizzare la lotta il più possibile, cercare di organizzare incontri di massa e manifestazioni per incrementare il numero dei lavoratori. Dobbiamo cercare di formare al più presto un grande Partito Comunista dei Lavoratori cercando di non lasciare soli i militanti più combattivi affinché non siano isolati dai poteri dominanti e da tutte le associazioni filo-padronali.
“ Se ne vadano tutti, governino i lavoratori”.
Omaggio a un grande capo indiano riferendosi all’uomo bianco:
“E’ strano, ma vogliono arare la terra, e sono malati di avidità. Hanno fatto molte leggi,e queste leggi i ricchi possono infrangerle, ma i poveri no…Insudiciano nostra madre, la terra, con la loro spazzatura”. (Toro Seduto)

Youri Venturelli

21/04/09

DDL Orsi sulla caccia: chi propone lo sfruttamento degli esseri umani non può pensare al bene della natura


Pubblichiamo di seguito un nostro articolo, scritto circa due mesi fa e mai uscito perché giunse la notizia di un ritiro del DDL Orsi.
Oggi, alla luce delle nuove proposte del governo sull’abolizione dei limiti del periodo di attività venatoria, il contenuto generale dell’articolo torna utile e lo riproponiamo sia per far comprendere quanto nefasta sia la politica del governo sulla questione caccia (ed in generale su tutti i problemi ambientali), sia per mettere in guardia e rimanere sul chi va là per quanto concerne le future proposte del governo in merito su cui dobbiamo vigilare e a cui dobbiamo essere pronti a dare risposte immediate.
E’ da una di queste storture, e non da convenienze puramente economiche o politiche, che nasce stavolta l’ennesimo attacco all’ambiente ed alle sue risorse: il vergognoso Disegno Di Legge che prende il nome del suo primo firmatario il senatore Orsi.
DDL che se dovesse passare come da prima stesura infliggerebbe un duro colpo alla sicurezza, all’aspetto, alla salute delle nostre aree naturali, rurali, montane.
Gli unici che infatti potrebbero guadagnare qualcosa dal Disegno Orsi sono, oltre alle lobby delle armi ed alla vera e propria industria della caccia, i 700.000 cacciatori sparsi sul territorio nazionale (di cui molti si stanno già dichiarando contrari) o lo stesso Senatore del PDL Franco Orsi, che spera, con questo regalo, di ingraziarsi le associazioni dei cacciatori ed incrementare i suoi (sciagurati) elettori.
Il disegno di legge “ammazzatutto”, come è ormai tristemente noto, ed al quale pare (a detta dello stesso Orsi) che alcuni esponenti del PD e dell’Italia dei Valori, guardino con simpatia, è una serie di deroghe assurde al buon senso, a tutti gli studi scientifici, alle norme europee ed internazionali per la difesa della fauna.
La novità che più sconcerta i non addetti ai lavori è la possibilità di abbassare l’età minima per la licenza di caccia, e quindi per il porto d’armi, a sedici anni. Con evidente contraddizione rispetto a tutti i discorsi sulla sicurezza che lor signori (strumentalmente) propagandano davanti alle masse.
Altra incredibile novità è l’abolizione del concetto di specie “particolarmente protette” come il lupo, l’orso marsicano (di cui sopravvivono meno di 40 esemplari al mondo), l’aquila reale, il gatto selvatico etc. Si prospetta inoltre la possibilità di cacciare in deroga tutte le specie, comprese quelle in pericolo di estinzione, anche nelle aree attualmente interdette alla caccia come i Parchi ed altre zone protette. Aree che dovranno rigorosamente mantenersi al disotto del 30% del territorio di ogni regione. Infatti, invece di favorire le regioni virtuose che fanno uno sforzo maggiore per proteggere più territorio possibile, verranno punite quelle che sforano il tetto massimo.
E poi ancora la caccia consentita nei momenti e nei luoghi in cui gli animali risultano più vulnerabili: di notte, con la neve, lungo i valichi montani.
Più subdole, ma non per questo meno pericolose, sono le norme previste per l’esercizio della tassidermia (completamente liberalizzata, il che favorirà un pericoloso ed incontrollabile mercato d’imbalsamatori e collezionisti) o la deregolamentazione nell’uso e la detenzione di richiami vivi.
Nonostante le polemiche e le proteste di associazioni ambientaliste (prima su tutti l’ENPA, che infatti il DDL eliminerebbe dal tavolo tecnico) ed addirittura di alcune tra le più rappresentative associazioni di cacciatori (come l’Arcicaccia), il governo sembra andare spedito come un treno, senza guardare in faccia nessuno. Ci sono state anzi numerose querele da parte dei sostenitori della legge ai danni di chi, come noi, sfidando il generale silenzio massmediatico, ha cercato con i propri mezzi di informare e avvertire i cittadini sui rischi e le nefandezze di tale disegno di legge (le querele non si aggrappano a reali smentite, ma prendono di mira inevitabili semplificazioni usate per far comprendere ai più una materia così complessa e sintetizzare i contenuti di un DDL così articolato).
Ancora una volta gli interessi di pochi soverchiano quelli di tutti. E tra questi tutti ci sono gli stessi cacciatori che, consapevoli di dover diventare uno dei più importanti soggetti di gestione integrata del territorio, hanno una fondata paura che leggi del genere, se approvate, possano invece schierare l’opinione pubblica contro la caccia tout court, contrapponendoli definitivamente, oltre che ad animalisti ed ambientalisti, anche agli altri abitanti e fruitori delle zone rurali e montane.
Titto Leone
Che il capitalismo basi gran parte del suo “successo” economico sullo sfruttamento delle risorse naturali è cosa ben nota. Come evidente risulta anche che tutti gli scambi economici più rilevanti o i processi di produzione moderni hanno oggi un feedback negativo immediato e lampante sull’ambiente ed i suoi ecosistemi. Quello che invece a volte sottovalutiamo è il fattore soggettivo: ovvero tutte le degenerazioni etiche e culturali che derivano dalla lente aberrante con cui l’attuale regime economico deforma lo sguardo degli uomini sul mondo.

17/04/09

Grandi opere: piccole idee


"Lo abbiamo detto più volte: in tempi di crisi economica il prezzo lo pagano i poveri e l’ambiente: è stato sempre così, almeno a considerare la situazione italiana. In un momento in cui bisognerebbe pensare alle piccole opere diffuse, alla difesa del territorio contro i rischi naturali, all’economia legata all’ecologia, ecco che il governo italiano tira fuori l’asso nella manica: 18 mld di euro per grandissime opere ed un nuovo condono edilizio seppure opportunamente mascherato. L’opera simbolo è il ponte sullo stretto di Messina che sarà il ponte a campata unica più lungo al mondo (oltre 3500 m) e, nello stesso tempo, il collegamento di cui c’è meno bisogno nel nostro disastrato paese. Per quello che ne sappiamo dovrebbero essere i privati a pagare l’intero costo (arrivato ad oltre 6 mld), ma come potrà mai essere remunerata, in tempi ragionevoli, quando gli stessi progettisti ne prevedevano una qualche redditività solo con un pil in crescita almeno del 3% annuo (oggi siamo a –2,5%) ? E a che servirà un superponte come quello quando la rete stradale e ferroviaria siciliana e calabrese sono ferme all’anteguerra? Il ponte piace in ragione inversa alla vicinanza allo stretto: nessun messinese o reggino ne può essere contento, non solo per via dell’impatto paesaggistico, ma anche perché – qualora se ne volesse servire – dovrebbe prendere l’auto (che non prenderebbe altrimenti), farsi mezz’ora di strada, attraversare il ponte e poi fare ancora mezz’ora per rientrare nell’altra città: sono 12.000 i pendolari dello stretto cui il ponte non servirà granché. Se quei soldi fossero pubblici sarebbe ancora peggio, perchè quella è la zona del nostro prossimo terremoto disastroso e ha solo il 25% di abitazioni antisismiche: a che servirà un ponte così lungo? Il ponte reggerà al 7,1 Richter, ma sismi molto meno violenti raderanno comunque al suolo le città dello stretto e sarebbe una cosa imperdonabile lasciare così le cose in caso di finanziamento pubblico. Si metterebbero in moto frane e scivolamento profondo che potrebbero interessare i piloni stessi del ponte, però nessuno studio su questo aspetto è stato ancora commissionato. Progettazione carente, scarsa utilità, distrazione di fondi, rischio idrogeologico, il tutto per un’opera mai tentata al mondo. Il tutto quando un siciliano esce dalla sua isola, in media, una volta ogni dieci anni, e quando gli aerei low-cost e le navi hanno già preso il posto di treni ed auto. Sul ponte si ipotizza un traffico veicolare che, se davvero fosse realizzato, trasformerebbe un’area straordinaria in un incubo di metallo. Non siamo più nel dopoguerra e le infrastrutture dovrebbero assecondare lo sviluppo, non guidarlo, a meno che non si tratti, in realtà, di grandi opere, ma di megalomania senza fine"

Da un articolo di Mario Tozzi

15/04/09

La Rai censura Vauro


La vignetta presentata da Vauro a margine della puntata del 9/04/2009 di Anno Zero su Rai2, non ha nulla di offensivo per le vittime del terremoto. Offensiva semmai è la censura praticata dalla Rai (spinta dal governo col tacito assenso del Centrosinistra), nei confronti di chi, attraverso polemiche a volte rabbiose altre ironiche, vuole che drammi del genere non si ripetano più e che si faccia tutto il possibile perchè la morte di trecento innocenti non sia totalmente vana ma serva a cambiare le cose.

La vignetta è una semplice critica al governo: il piano casa - soprattutto nella sua prima formulazione - è uno scempio e se fosse stato reso operativo prima del terremoto la tragedia sarebbe stata ben più grave. Dire questo è offensivo? No, è solo scomodo per chi ci governa e per chi ci ha governato.

Il Partito Comunista dei Lavoratori, già vittima numerose volte di censura mediatica, dice No a qualsiasi tipo di imbavagliamento dell'informazione e della satira ed esprime piena solidarietà a Vauro ed a Santoro (pur avendo quest'ultimo applicato una sorta di censura egli stesso nei confronti del PCL, che fu l'unico partito a non essere invitato alla sua trasmissione durante le ultime elezioni politiche).

Titto Leone

Contratto metalmeccanici: silenzio assordante

Domani, 16 aprile 2009, davanti all’indifferenza generale, in primis dei diretti interessati “i lavoratori”, verranno apposte le firme definitive alla riforma del modello contrattuale. Bonanni (Cisl), Angeletti (Uil) e Polverini (Ugl), sceglieranno di andare avanti senza la Fiom e firmeranno davanti al leader degli industriali Emma Marcegaglia. I politici e i giornalisti (quelli servi del potere, cioè la maggioranza), non si degnano neanche di rendere noto attraverso i mezzi d’informazione tale notizia.
Voglio ricordare che la Cgil aveva promosso un referendum su questo accordo, e che gli stessi lavoratori hanno bocciato l’accordo con ben il 96% di NO
Nonostante gli inviti della Cgil all’unità dei sindacati: Cisl-Uil-Ugl, sceglieranno di andare avanti da soli perché, come sintetizza Angeletti, “ci dispiace per la Cgil, ma non possiamo fermare il mondo se loro non sono d’accordo”.
VERGOGNA! Di nuovo ci risiamo. Ipocrisia borghese. Si ritorna sempre all’eterno tentativo di spacciare per interesse generale l’interesse particolare della borghesia.
Il Partito Comunista dei Lavoratori non si stancherà mai di dire che: “se il capitalismo ha bisogno dei lavoratori da sfruttare, i lavoratori non hanno bisogno del capitalismo”. Perché continuare a considerare naturale che un padrone possa licenziare gli operai e impossibile che gli operai possano licenziare i padroni?

Venturelli Youri

14/04/09

Fabriano: sostegno all’occupazione della ex-casa cantoniera



Edifici e strutture pubbliche abbandonate a causa di mancanza di fondi o speculazioni, questa è una realtà che appartiene anche a Fabriano; per questo il Partito Comunista dei Lavoratori da pieno sostegno ai ragazzi/e del Collettivo Autonomo Fabrianese per l’occupazione della ex-casa cantoniera (l'occupazione in seguito alla trattativa col comune si è poi trasferita nell'ex sede della CRI di Marischio), una costruzione abbandonata che può trasformarsi in un luogo di emancipazione e di centro culturale permanente dove grazie all’autorganizzazione i giovani possano imparare a gestirsi e sentirsi vivi in una città (e tutto il comprensorio) oramai abbandonato solamente a sporadiche feste e concerti organizzati nel massimo del vuoto intellettuale che sta caratterizzando questo nostro inizio secolo. Un appello al sindaco e alle forze dell’ordine che rispettino il principio di autodeterminazione dell’essere, specialmente in questo caso, perché ovvio che l’occupazione segue il fine di recuperare, migliorare e utilizzare una struttura abbandonata pagata con i soldi dei contribuenti.

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

Coordinamento Provinciale di Ancona

08/04/09

Ed ora fuori le responsabilità

IL DRAMMA



Il Partito Comunista dei Lavoratori delle Marche esprime la propria vicinanza alle popolazioni abruzzesi vittima del terribile sisma di questi giorni. Partecipazione particolarmente sincera poiché il dolore e la paura che vivono oggi gli abitanti dell’Abruzzo ha colpito, fortunatamente in maniera più lieve, anche la nostra regione solamente qualche anno fa.
In realtà, anche se di durata maggiore e più superficiale, il terremoto dell’Aquila, di magnitudo 5,8 della scala Richter, è stato di medesima intensità di quello che nel 1997 colpì Marche ed Umbria, ma ha provocato danni ben più ingenti, soprattutto per quanto riguarda il bilancio delle vittime.


CHIEDONO RESPONSABILITÀ MA NON SE LE PRENDONO
Il Governo e “l’opposizione” ci chiedono ora “responsabilità”, “unità nazionale”, “niente polemiche”. Il nostro impegno, come quello di tutti i cittadini, sarà massimo, ma è nostro dovere, perché queste tragedie non avvengano più, battere il ferro finché è caldo ed additare immediatamente le responsabilità di quanto accaduto.
Che questo sisma e con queste caratteristiche si potesse prevedere è poco probabile. Ma che un terremoto di forte intensità prima o poi avrebbe colpito quest’area, una delle più a rischio sismico d’Europa, era certo. Tanto più che nei giorni scorsi c’erano state numerose ed evidenti avvisaglie. Quello che sconcerta è perciò la totale impreparazione ad un evento del genere. Il Governo, la Regione, la Provincia, i Comuni, la Comunità Montana, la Protezione Civile che, secondo quanto previsto dalla Legge 225/92, hanno l’obbligo di stilare <>, ed attuare <>, in diciassette anni non hanno fatto pressoché nulla rendendosi colpevoli da una parte dell’ignoranza della popolazione in merito alle procedure di evacuazione e messa in sicurezza della cittadinanza e dall’altra del ritardo nei soccorsi generato da una totale impreparazione delle procedure di gestione della crisi e dalla mancanza di mezzi.


BERTOLASO E LA PROTEZIONE CIVILE
Il Governo e “l’opposizione” sono altresì responsabili della discutibile nomina, assolutamente bipartisan, a direttore della Protezione Civile di Bertolaso, che riveste tale ruolo in maniera pressoché ininterrotta da ben 12 anni (direttore a vita!), nonostante le numerose ombre sul suo operato: - riveste, sebbene in contraddizione con un ruolo che dovrebbe essere evidentemente super partes, un incarico diretto (da sottosegretario) nell’attuale governo ed è apertamente schierato con l’attuale PDL; - inoltre alcuni dei suoi più grandi fallimenti sono noti a tutti, il più eclatante è il risultato della sua gestione (è stato commissario rifiuti in Campania per 10 anni) della questione rifiuti a Napoli, l’altro quello della gestione dell’emergenza (è stato commissario delegato per l'emergenza incendi boschivi nel 2007) proprio nell’annus horribilis degli incendi; - per finire risulta indagato nel filone d’inchiesta più complesso sul disastro rifiuti a Napoli, con l'accusa di concorso in truffa per lo smaltimento dei rifiuti.


LE SOLITE SPECULAZIONI
Per finire come non notare che molti dei danni alle persone ed alle cose si sarebbero potuti evitare ricorrendo altresì ad una gestione più attenta del proprio patrimonio artistico e soprattutto a criteri antisismici di costruzione, ristrutturazione e conservazione più rigorosi di edifici pubblici e privati, che però avrebbero fatto a pugni con la speculazione edilizia che è sempre stata uno dei motori portanti dell’economia abruzzese. Non è giustificabile in alcun luogo, figuriamoci in una zona a rischio sismico così elevato, che i primi edifici a crollare siano stati l’ospedale e l’edificio della Prefettura (dove si riuniva anche la Protezione Civile). Ancora una volta il capitalismo ed i suoi burocrati di partito hanno preferito il mero guadagno alla nostra sicurezza (che pure tanto sciorinano).


LE MISURE IMMEDIATE PROPOSTE DAL PCL
Per questo chiederemo una commissione d’inchiesta seria e trasparente per accertare le responsabilità soggettive dei vari enti e dei relativi rappresentanti. Nell’immediato pretendiamo siano attuate tutte quelle misure possibili per arginare la crisi dopo-terremoto in particolare i disagi logistici, abitativi, lavorativi delle popolazioni delL’Aquila e provincia:
-requisizione immediata delle terze case sfitte in tutta la regione da concedere in comodato d’uso gratuito ai terremotati
-la garanzia di un salario minimo di 1000 euro per tutti i disoccupati, i cassaintegrati e coloro che perderanno il lavoro in seguito al disastro
-fondi sufficienti per far fronte alla crisi ora ed alla ricostruzione poi, (da attingere primariamente dagli sprechi, per esempio dai privilegi e gli stipendi dei politici o dal risparmio ottenuto con l’election day -400 milioni di euro-, dai fondi per l’inutile e dannoso ponte sullo stretto – 6 miliardi- ai sovvenzionamenti o sgravi destinati alla Chiesa - 9 miliardi - etc.)
-gestione di suddetti fondi trasparente e democratica, togliendola dalle mani degli sciacalli e coinvolgendo invece rappresentanti dei cittadini e dei lavoratori del territorio.
Detto questo ci impegniamo, per quanto in nostro potere, a controllare ed informare tutti sull’operato del Governo e della Protezione Civile nel prossimo futuro, continuando a chiederne a gran voce le dimissioni dei rispettivi vertici.


LE BATTAGLIE DA PORTARE AVANTI NEI PROSSIMI MESI
La situazione del rischio idrogeologico, alluvionale, sismico, d’incendi, non è per nulla positiva nel nostro paese. La conformazione orografica ed il posizionamento geografico dello stivale non aiuta ma non si può neppure accettare passivamente questo stato di crisi permanente.
Leggi (ma soprattutto controlli) che impongano modalità di fruizione e trasformazione più sicure e compatibili del nostro territorio sono assolutamente necessarie, vista anche la particolare “voracità” dei nostri speculatori e della nostra criminalità organizzata e la generale logica clientelare (quando non vera e propria corruzione) a cui sottostanno la maggior parte degli amministratori dei due principali schieramenti politici (e non solo) del nostro paese.
E’ altresì d’obbligo ritirare immediatamente qualsiasi ipotesi di condono edilizio, di “piano casa”, o qualsiasi altro tipo di devastazione del nostro patrimonio naturale, artistico e immobiliare. Perché appare evidente che, se il “piano” di Berlusconi fosse già stato applicato a L’Aquila le conseguenze sarebbero state ben più tragiche.
Inoltre pretenderemo, inserendo al punto nel programma elettorale di tutte le realtà amministrative in cui correremo, un piano di protezione civile serio (sia sul piano della prevenzione, sia della gestione della crisi) in ogni comune o provincia d’Italia.


Per ora, pur esprimendo gratitudine per il lavoro dei numerosi volontari intervenuti, invitiamo tutti a rimanere vigili ed a seguire le indicazioni del PCL Abruzzo o del PCL nazionale che meglio sapranno indirizzarci per non disperdere i nostri aiuti materiali.






Partito Comunista dei Lavoratori
Regione Marche

07/04/09

Una terra senza pace

Dopo i tanti sussulti e terremoti metaforici perchè riferiti agli scandali politici che hanno interessato la nostra regione nell'ultimo anno, stanotte alle 3 e 32 la nostra amata terra ha tremato davvero a causa di un sisma di forte intensità. Per tutti gli abruzzesi, ovunque residenti nella regione, è stato subito chiaro che si trattava di un evento catastrofico. Per i tanti compagni che ci chiamano da ogni parte d'Italia e che ringraziamo, diciamo che al momento non sono segnalati danni rilevanti a cose e persone nelle provincie di Pescara, Chieti e Teramo mentre, nella provincia dell'Aquila e soprattutto nel capoluogo e nelle sue vicinanze la situazione è drammatica. I nostri compagni aquilani, che con grande difficoltà siamo riusciti a contattare, ci raccontano una situazione tragica con centinaia di morti, migliaia di feriti, 50 mila sfollati e gran parte delle case e delle infrastrutture è seriamente danneggiata, quando non completamente crollate. Da settimane, continuava uno “sciame” sismico che aveva creato molta apprensione nella popolazione, ma evidentemente i ripetuti allarmi non sono serviti a tenere alta la guardia, visto che i soccorsi sono scattati con ritardo e anche adesso che ormai sono trascorse molte ore dall'evento sismico, la situazione resta caotica. Noi che siamo nati e viviamo in questa meravigliosa terra e ne conosciamo la storia, sappiamo che eventi del genere sono purtroppo frequenti dalle nostre parti. Già all'inizio del secolo scorso, la Marsica e Avezzano vennero rase al suolo da un terremoto che fece più di trentamila vittime e in ogni caso, eventi sismici si sono ripetuti con una certa continuità nel corso degli anni.
Per queste ragioni e in considerazioni delle severe norme antisismiche in materia di costruzioni, non riusciamo a comprendere come siano potuti crollare edifici strategici quali l'ospedale dell'Aquila (costruzione relativamente recente), lo studentato ma anche la stessa prefettura, oltre a decine di scuole, asili e altri edifici pubblici e privati. Ma il nostro stupore, dura lo spazio di un momento, perchè poi ci ricordiamo che fino a poche ore fa, questa era la regione designata come sito possibile di una centrale nucleare (pensate cosa sarebbe accaduto), ma anche una regione da perforare alla ricerca del petrolio o dove impiantare un termovalorizzatore o dove ancora, fare un nuovo traforo sotto il Gran Sasso. Lo sfruttamento intensivo delle risorse naturali e la totale incuria del territorio e del suo patrimonio edilizio ed artistico, è sempre stata una costane nella gestione delle classi dirigenti sia imprenditoriali che politiche. Per questo motivo, non ci sentiamo di aderire a nessun ipocrita clima di unità nazionale e anzi, con chiarezza diciamo, che noi non ci fidiamo per nulla dell'attuale giunta regionale, ancor meno del governo nazionale che saranno chiamati a gestire il difficile “dopo-terremoto”. Ancor più difficile, perchè la nostra regione come l'intero paese vive già gli effetti della drammatica crisi in corso e in particolare, la zona dell'aquilano, era interessata da una crisi occupazionale devastante. Ci sentiamo di chiedere a tutti i cittadini abruzzesi massima vigilanza a quanto avverrà nel prossimo futuro, per evitare di diventare una nuova Irpinia.
Nell'immediato, proponiamo l'adozione di misure immediate a sostegno della popolazione:
-L'immediata requisizione delle tante case sfitte soprattutto sulla costa e la loro assegnazione alle popolazioni terremotate,
-Il pagamento dell'intera retribuzione per quei lavoratori residenti nelle zone terremotate e che erano in regime di cassaintegrazione,
-La corresponsione di un salario minimo garantito per i disoccupati di almeno 1000 euro.
-Un piano di ricostruzione in tempi certi con lo stanziamento dei fondi necessari da parte del governo e che tali fondi siano gestiti non dai soliti sciacalli, ma da organismi territoriali trasparenti che vedano la partecipazione dei lavoratori e dei cittadini.
Per tutti i compagni che intendono concretamente dimostrare la loro solidarietà ai cittadini aquilani e abruzzesi, chiediamo di pazientare perchè nei prossimi giorni ci attiveremo per organizzare al meglio iniziative di solidarietà. Per il momento, vi ringraziamo per la vostra vicinanza e mettiamo a disposizione il sito per eventuali suggerimenti o aiuti di ogni tipo. Grazie
comunicato stampa del
Partito Comunista dei Lavoratori - coordinamento regionale ABRUZZO

04/04/09

La crisi la paghino i padroni e i banchieri

“Noi la crisi non la paghiamo!”: questo slogan ha infiammato e infiamma tuttora le lotte delle nuove generazioni di tutta Europa, dall’Italia alla Grecia. Una nuova generazione che si affaccia alla lotta di classe non sente più parlare dei miti fasulli e menzogneri sulla “fine del comunismo” o su un “nuovo ordine mondiale” che sarebbe sopraggiunto dopo la caduta del Muro di Berlino, ma prova in maniera reale sulla propria pelle il costo di una crisi catastrofica del capitalismo che porta tutti i governi capitalisti ad attaccare pesantemente i posti di lavoro, i salari, lo stato sociale, il diritto allo studio e in generale le condizioni di vita dei lavoratori e dei loro figli. E’ in questo contesto che si è svolta la lotta esemplare degli studenti italiani (insieme a genitori, insegnanti e lavoratori della scuola) contro i tagli criminali del governo Berlusconi sui fondi destinati alla scuola e all’università pubbliche, e contro il progetto di controriforma della ministra Gelmini.
PERCHE’ L’”ONDA” NON HA VINTO?
Tuttavia la sconfitta subita dal movimento con l’approvazione dei decreti e la fine delle mobilitazioni ci impongono una seria riflessione per capirne le cause e per non ripetere gli stessi errori nell’ipotesi di un rilancio del movimento. A questo scopo è utile confrontare l’”Onda” italiana con esperienze di lotta vittoriose, come il movimento anti-Cpe in Francia, che attraverso una lotta esemplare di studenti e lavoratori uniti è riuscito a sconfiggere l’odioso Contratto di Primo Impiego. In Italia invece, la mancanza di una prospettiva concreta della lotta e la mancanza di una vera prova di forza contro il governo (nella convinzione che una vittoria si potesse ottenere facendo più kilometri possibile nei cortei) hanno progressivamente sprecato le forze e portato gli studenti ad abbandonare gradualmente la lotta. La prova di forza contro i governi si fa soltanto con l’unità di lotta tra studenti e lavoratori, ciò che ha permesso in Francia di creare un movimento di massa che ha sconfitto il governo Chiraque, uno dei più reazionari , sul Cpe. Chi sostiene, come la Rete per l’Autoformazione (disobbedienti) che ha diretto in maniera autoritaria il movimento a Roma, che “la classica parola d’ordine dell’unità studenti-operai è oggi definitivamente superata” (www.uniriot.org) mistifica la realtà e non ha a cuore la vittoria del movimento ma soltanto interessi burocratici di controllo su di esso, come hanno dimostrato Francesco Raparelli e la relativa linea politica “post autonoma”.E’ quando scende in campo la classe operaia, cioè chi manda avanti la produzione, che i padroni e i loro governi cominciano ad avere paura ed è possibile perciò creare prove di forza vincenti. Nascondendo questa realtà i disobbedienti non hanno fatto altro che indebolire la lotta. E proprio questa burocrazia ha impedito una qualsiasi forma democratica di partecipazione degli studenti al movimento; per paura di perdere il controllo su di esso hanno rifiutato e combattuto con metodi autoritari la forma di organizzazione più democratica che possa esistere per una lotta e che ha animato le esperienze di movimento vittoriose operaie e studentesche: un coordinamento a vari livelli (da quello d’ateneo a quello nazionale) formato da delegati eletti dalle assemblee degli studenti e revocabili in qualsiasi momento dalle stesse. Questo principio è profondamente diverso da quello della delega borghese, fatto di deputati e senatori corrotti che non rispondono a nessuno del loro mandato. Il coordinamento per delegati è al contrario la forma di democrazia più diretta che avrebbe consentito, oltreché di centralizzare e coordinare meglio la lotta, di coinvolgere la massa degli studenti attivamente nel dibattito all’interno del movimento.
AUTORIFORMA O LOTTA IN DIFESA DELL’UNIVERSITA’ PUBBLICA?
Altro elemento centrale che ha rappresentato un punto debole è stato la proposta centrale appioppata dai disobbedienti al movimento della cosiddetta “autoriforma” incentrata sull’”autoformazione”: ma cosa c’è dietro queste parole? Il progetto dei disobbedienti (se ci credono veramente) è quello di costituire nel quadro di un’università scadente dei percorsi di didattica “autogestita” dagli studenti. Oltre a rappresentare una proposta vaga e deleteria, essa implica l’accettazione dell’autonomia universitaria, il primo male che ha partorito tutte le attuali controriforme, e non mette in dubbio il modello universitario attualmente propinato. La questione centrale che si deve affrontare è quella di una lotta per un’università pubblica, gratuita, di massa, di qualità e al servizio delle masse popolari e non dei privati. Soltanto questa piattaforma è in grado di difendere il diritto allo studio e di far diventare la mobilitazione degli studenti una lotta di massa e popolare, coinvolgendo gli altri settori oppressi della società.
PER IL RILANCIO DEL MOVIMENTO, PER L’UNITA’ DI LOTTA STUDENTI-LAVORATORI!
Allo stato attuale, dopo il riflusso, è oggettivamente difficile far ripartire immediatamente una mobilitazione delle dimensioni viste nei mesi scorsi: ma la crisi mondiale sta producendo e preparando in Europa e in tutto il mondo grandi esplosioni sociali contro le condizioni di vita imposte dal capitalismo. Quando i lavoratori e le nuove generazioni torneranno a mobilitarsi sarà necessaria però una svolta nella direzione: servirà una piattaforma di lotta all’altezza della situazione e al di fuori delle castronerie irreali propinate ad esempio dai disobbedienti. Questa è la piattaforma che come Coordinamento Studenti Rivoluzionari abbiamo proposto al movimento e riteniamo sia un punto di partenza indispensabile nel caso di un suo rilancio:
• LOTTA AD OLTRANZA IN DIFESA DELLA SCUOLA E DELL’UNIVERSITA’ PUBBLICH
• PER L’ABROGAZIONE DELL’AUTONOMIA UNIVERSITARIA E DI TUTTE LE CONTRIRIFORME DEGLI ANNI ‘90 A PARTIRE DALLA ZECCHINO-BERLINGUER
• ABOLIZIONE DEI FINANZIAMENTI PUBBLICI AI PRIVATI, MASSICCI INVESTIMENTI PER LA SCUOLA E L’UNIVERSITA’ PUBBLICHE
• PER UN’ISTRUZIONE PUBBLICA, GRATUITA, DI MASSA E DI QUALITA’ E AL SERVIZIO DELLE MASSE POPOLARI • UNITA’ DI LOTTA COL MONDO DEL LAVORO
• ORGANIZZARE LE LOTTE CON UN COORDINAMENTO PER DELEGATI ELETTI DALLE ASSEMBLEE E REVOCABILI IN QUALSIASI MOMENTO
• CACCIARE BERLUSCONI, PER UN’ALTERNATIVA ANTICAPITALISTA
Sulla base di questo programma proponiamo come CSR un fronte unico di lotta a tutte le organizzazioni che si riconoscono in esso. Paghi chi non ha mai pagato!
COORDINAMENTO STUDENTI RIVOLUZIONARI
csrstudenti@gmail.com

La crisi industriale nelle Marche ed a Fabriano: limiti e rivendicazioni del movimento operaio

LE ORIGINI DELLA CRISI
La dilagante crisi industriale delle Marche ed in particolare del loro “capoluogo industriale” Fabriano (patria degli elettrodomestici di mezzo mondo) è da ricercare nelle scelte dei grandi gruppi industriali presenti e delle amministrazioni locali da essi pilotate. L’attività del distretto industriale di Fabriano è stata improntata fin dal passato sulla grande produzione monosettoriale a bassa tecnologia. Fabriano come Torino, dunque, per alcuni aspetti; ma a Torino la grande produzione era solo prevalente, non esclusiva come nella città di Fabriano. Qui, in funzione di tale tipologia industriale, si è sviluppata l’intera città, sono stati indirizzati i servizi, sono state orientate le iniziative e gli interessi. Il modello civile-industriale Fabrianese e, più in generale marchigiano, ha fatto scuola tra la grande borghesia di mezza Europa: il congelamento forzato di altri tipi di economia, l’ostruzionismo nei confronti di nuova concorrenza, il rigido conservatorismo culturale, la pacificazione sociale più totale. Quest’ultimo aspetto, particolarmente nefasto per il movimento operaio, è stato ottenuto da una parte con la cooptazione ed il foraggiamento delle forze sindacali più moderate e filo padronali, dall’altra con l’infiltrazione nelle istituzioni e nei pricipali partiti di agenti della borghesia locale designati direttamente dai grandi gruppi industriali. Ne è un chiaro esempio il caso Merloni: la famiglia fabrianese, proprietaria di alcuni gruppi più grandi in Europa, ha infatti schierato nelle file del PD uno dei suoi manager, attualmente sindaco della città, e sua figlia, giunta fino in parlamento. Dall’altra parte uno dei fratelli Merloni fa parte dell’Udc e Casoli, presidente dell’Elica (il maggior produttore di cappe aspiranti al mondo), anch’esso senatore, ma con il PDL.
LE CONSEGUENZE DEL CONTROLLO SOCIALE
Queste scelte, così oculate e studiate da far pensare ad un’unica regia occulta, hanno narcotizzato il movimento operaio, facendogli perdere qualsiasi mordente. In questi tempi di drammatica crisi in cui le aziende già citate e quelle del loro indotto licenziano in massa sia nelle Marche che nel resto d’Italia (Torino, Gualdo Tadino, Reggio Emilia etc..), ci si aspetterebbero ben altre reazioni. Purtroppo gli operai e le loro famiglie, pur rimanendo di punto in bianco senza lavoro e senza prospettive per il futuro (per operai specializzati nelle catene di montaggio elettrodomestici o similari è difficile attualmente riciclarsi, soprattutto in un territorio dove la disoccupazione galoppa a velocità disarmante), pur dovendo spesso ricevere ancora stipendi arretrati mai corrisposti, pur beneficiando di ammortizzatori sociali ridotti nel tempo e nella cifra (a volte persino assenti), non danno reali segni di ribellione. Questa lunga “domenica delle salme” ha fatto si che nel momento del bisogno ci si trovasse sprovvisti di qualsiasi struttura organizzata di conflitto, di qualsivoglia formula associativa o sindacale di lotta. La reazione del movimento operaio si è purtroppo limitata a circoscritte manifestazioni, con in testa a volte presenti gli amministratori locali dei partiti borghesi o i burocrati di Cisl e Uil, segno evidente della mancata rottura con i riferimenti politici del passato che invece ci si sarebbe augurati. Ma quello che più lascia perplessi sono i pochissimi passi avanti compiuti nelle piattaforme di gran parte del movimento. Le rivendicazioni dei sindacati e dei partiti si limitano infatti a generiche richieste di finanziamenti pubblici alle aziende, edulcolorate critiche sulle scelte industriali dei capitani d’industria, poco fantasiosi piani di rilancio, lieve prolungamento dei periodi di corresponsione dei sussidi per i lavoratori ed i disoccupati.
COMPRENDERE A FONDO LA CRISI
La scelta di tale tipologia industriale ha forse “funzionato” per alcuni decenni: ha portato lavoro e benessere diffuso, ma ha anche creato le premesse per un futuro drammatico per i lavoratori del comprensorio. Ad aggravare le situazione c’è stato il tacito avallo (quando non il favoreggiamento), da parte della sinistra marchigiana (Prc e Pdci) delle delocalizzazioni della produzione nell’Est Europa, nel Sud America e così via, a favore dei grandi industriali. Infine la crisi mondiale della finanza e dei consumi, che ha inferto al territorio un colpo ancor più grave che altrove, ma solo perchè era già presente, seppur non così evidente, un cancro maligno nell’economia delle industrie marchigiane. Oggi il futuro dei lavoratori della zona è tutt’altro che roseo. La crisi, già drammaticamente evidente, è secondo noi addirittura sottovalutata e la situazione è destinata, nei prossimi mesi, a precipitare nel vortice di un cupo circolo vizioso. Già le numerose piccole aziende dell’indotto Merloni o Elica stanno dando segni di cedimento. Tutti i posti di lavoro precari sono già stati persi. Le migliaia di lavoratori in cassa integrazione rischiano di non essere reintegrati. Il commercio e l’edilizia vivono uno stallo senza precedenti. Le banche locali, una volta vere potenze finanziarie, sono sull’orlo del tracollo. Il disagio sociale e giovanile aumenta di pari passo con la disoccupazione e la mancanza di prospettive per il proprio futuro. La diminuzione ufficiale dell’occupazione sarà solo di un terzo di quella reale non verranno contabilizzati i posti di lavoro dell’emarginazione di sempre ( non verranno rinnovati i lavori con contratti temporanei ,verranno licenziati i lavoratori legati alle agenzie, verranno licenziati i dipendenti di aziende con meno di 15 occupati); questi esclusi non avranno ammortizzatori sociali e non avranno nemmeno la consolazione di far parte della statistica dei licenziati.
La prospettiva per i prossimi anni appare drammatica ma già dai prossimi mesi si comincerà a percepire il danno ed il disagio sociale.Siamo di fronte ad una vera crisi del Capitalismo. Una crisi profonda che non può essere curata con deboli ricette di matrice socialdemocratica sul rilancio dell’agriturismo, dei circuiti museali e dell’artigianato di bottega. Propositi utili ma assolutamente insufficienti (e comunque totalmente disattesi anche da chi li propone) di fronte allo sfacelo economico a cui siamo davanti. Dobbiamo invece approfittare dell’unica occasione positiva che ci offrono le grandi crisi economico-sociali capitaliste e che rappresenta anche l’unica via d’uscita. Il mettersi a nudo dei fragili meccanismi del mercato e della finanza ci permettono infatti di evidenziare i limiti del modo di produzione in cui viviamo e di innalzare il livello del conflitto sociale. Ci danno la grande opportunità di indicare al proletariato coinvolto le soluzioni alternative al pensiero unico. Di disegnare una strada d’uscita dalla crisi tramite rivendicazioni rivoluzionarie in senso anticapitalista.
PER UNA PIATTAFORMA DI CLASSE
Se la crisi è strutturale le soluzioni per uscirne devono essere strutturali. Se ad oggi non vi sono spiragli di luce, se non esistono proposte reali per superare la crisi ma solo per tamponarla, l’unica soluzione è pensare ad un nuovo modo di produrre, consumare, vendere, vivere. Il Capitalismo, che ci hanno inculcato in testa come assioma indiscutibile, come punto di partenza assoluto su cui appoggiare tutte le nostre teorie ed analisi economiche e sociali, ha evidenziato di non essere invincibile. Noi dobbiamo dimostrare che non è insuperabile. L’unica soluzione pragmatica, realistica, definitiva del problema affrontato è la nazionalizzazione, senza indennizzo e sotto controllo operaio, delle aziende che chiudono o che licenziano. Alcuni esperimenti portati avanti in altre parti del mondo o in altri momenti storici e semplici analisi oggettive dei fatti lo dimostrano: è possibile e produttivo, per l’emancipazione economica e sociale del proletariato, l’autogestione della produzione. Il movimento deve compiere una grande dimostrazione di maturità e fare proprio questo fondamentale punto fermo della propria attività politica. Capire che rappresenta uno dei modi più efficaci per inoculare il germe del comunismo nel ventre del capitalismo.
L’UTOPIA DELLA “RIFORMA” DEL CAPITALE
Per fare questo i lavoratori hanno bisogno di nuovi referenti politici: loro stessi. Attraverso tutti gli strumenti realmente democratici di autorganizzazione e partecipazione devono affrancarsi dalle attuali forze politiche e sindacali di riferimento, complici per troppo tempo, consciamente e non, del loro sfruttamento. Devono rompere con l’ideologia dominante e contribuire a creare un’unità sindacale nella lotta (come sta avvenendo coll’interessante esperimento del Patto di Base) ed una rappresentanza politica autonoma dei lavoratori, a partire dal territorio (come sta cercando di fare il PCL, anche Fabriano e dintorni). Attualmente le uniche proposte utopistiche e totalmente fuori della realtà ci sembrano invece proprio quelle portate avanti da quella parte della sinistra socilademocratica che si spaccia per “pratica” o “realista”. Che vuole da una parte ergersi a rappresentante del mondo del lavoro, dall’altra dialogare con il padrone e con le forze politiche più reazionarie del paese. Oggi gli spazi di manovra per finanziare le aziende private con i soldi dei contribuenti e nello stesso tempo garantire gli ammortizzatori sociali non ci sono più. Strizzare l’occhio ai potentati locali e dare il contentino ai sindacati non è più possibile. Fomentare la devastazione del territorio tramite le grandi opere per gratificare i grandi costruttori e creare posti di lavoro (precari) facendo quadrare i conti e mantenendo la pace sociale è sempre più difficile. Oggi le figure anacronistiche sono loro, i “vetero-capitalisti”.
Antonio Angeloni
Titto Leone