17/04/09

Grandi opere: piccole idee


"Lo abbiamo detto più volte: in tempi di crisi economica il prezzo lo pagano i poveri e l’ambiente: è stato sempre così, almeno a considerare la situazione italiana. In un momento in cui bisognerebbe pensare alle piccole opere diffuse, alla difesa del territorio contro i rischi naturali, all’economia legata all’ecologia, ecco che il governo italiano tira fuori l’asso nella manica: 18 mld di euro per grandissime opere ed un nuovo condono edilizio seppure opportunamente mascherato. L’opera simbolo è il ponte sullo stretto di Messina che sarà il ponte a campata unica più lungo al mondo (oltre 3500 m) e, nello stesso tempo, il collegamento di cui c’è meno bisogno nel nostro disastrato paese. Per quello che ne sappiamo dovrebbero essere i privati a pagare l’intero costo (arrivato ad oltre 6 mld), ma come potrà mai essere remunerata, in tempi ragionevoli, quando gli stessi progettisti ne prevedevano una qualche redditività solo con un pil in crescita almeno del 3% annuo (oggi siamo a –2,5%) ? E a che servirà un superponte come quello quando la rete stradale e ferroviaria siciliana e calabrese sono ferme all’anteguerra? Il ponte piace in ragione inversa alla vicinanza allo stretto: nessun messinese o reggino ne può essere contento, non solo per via dell’impatto paesaggistico, ma anche perché – qualora se ne volesse servire – dovrebbe prendere l’auto (che non prenderebbe altrimenti), farsi mezz’ora di strada, attraversare il ponte e poi fare ancora mezz’ora per rientrare nell’altra città: sono 12.000 i pendolari dello stretto cui il ponte non servirà granché. Se quei soldi fossero pubblici sarebbe ancora peggio, perchè quella è la zona del nostro prossimo terremoto disastroso e ha solo il 25% di abitazioni antisismiche: a che servirà un ponte così lungo? Il ponte reggerà al 7,1 Richter, ma sismi molto meno violenti raderanno comunque al suolo le città dello stretto e sarebbe una cosa imperdonabile lasciare così le cose in caso di finanziamento pubblico. Si metterebbero in moto frane e scivolamento profondo che potrebbero interessare i piloni stessi del ponte, però nessuno studio su questo aspetto è stato ancora commissionato. Progettazione carente, scarsa utilità, distrazione di fondi, rischio idrogeologico, il tutto per un’opera mai tentata al mondo. Il tutto quando un siciliano esce dalla sua isola, in media, una volta ogni dieci anni, e quando gli aerei low-cost e le navi hanno già preso il posto di treni ed auto. Sul ponte si ipotizza un traffico veicolare che, se davvero fosse realizzato, trasformerebbe un’area straordinaria in un incubo di metallo. Non siamo più nel dopoguerra e le infrastrutture dovrebbero assecondare lo sviluppo, non guidarlo, a meno che non si tratti, in realtà, di grandi opere, ma di megalomania senza fine"

Da un articolo di Mario Tozzi

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