25/10/11

La drammatica realtà lavorativa delle ditte appaltatrici Trenitalia

A tutti gli organi di stampa e informazione
della Regione Marche


COMUNICATO STAMPA:
Fabriano - La situazione della ditte appaltatrici che operano nelle stazioni ferroviarie è sempre più insostenibile per i lavoratori che da alcuni mesi non ricevono i propri salari. Questo fatto gravissimo rappresenta un ignobile atto contro i diritti fondamentali di questa categoria di lavoratori, spesso ignorata.

Il Partito Comunista dei Lavoratori, nell’esprimere la più fraterna solidarietà a tutti i lavoratori delle ditte appaltatrici, denuncia il meccanismo di speculazione adottato da Trenitalia contro questo comparto. Tutto risale a dieci anni fa circa, quando l’ennesimo Governo Berlusconi, con il silenzio complice del centrosinistra, decise di tagliare i costi alle società appaltatrici, adibite alle pulizie delle stazioni ferroviarie e di tutti i vagoni dei treni.

Il risultato di tale sciagurata scelta, è stato quello di permettere alle ditte appaltatrici presenti nelle stazioni ferroviare di riversare sui propri dipendenti il contenimento dei costi, con salari non erogati ed un lungo tunnel di precarietà, attraverso le esternalizzazioni con i cosiddetti subappalti.

La realtà attuale per i lavoratori di queste ditte è insostenibile, sia per l’eliminazione dei diritti contrattuali che salvaguardavano i propri salari e le loro attività, sia per il tentativo subdolo attuato dalle ex Ferrovie dello Stato, di scatenare guerra tra poveri, contrapponendo i ferrovieri agli operai delle società di pulizia e manutenzione, con la complicità di una parte del Sindacato Confederale.



Con preghiera di massima diffusione


Partito Comunista dei Lavoratori
Coordinamento Provinciale di Ancona

Volantino per lo sciopero della FIOM

Cliccando sull'immagine qui sotto ed ingrandendo potrete leggere il Volantino distribuito dal PCL durante la manifestazione FIOM del 21 ottobre 2011.



21/10/11

La Quadrilatero non rappresenta nessun volano per l’economia marchigiana

La situazione in cui versano i lavoratori della ”Quadrilatera S.p.a” è sempre più drammatica: solo grazie al loro coraggio e alla loro capacità di lottare hanno infatti conseguito l’obbiettivo di sbloccare i propri salari, non erogati più da mesi.

Il Partito Comunista dei Lavoratori, l’unica forza politica che si è sempre espressa con durezza contro lo spreco milionario di danaro pubblico per la costruzione della Quadrilatero, ritiene doveroso esprimere agli operai del cantiere la propria fraterna solidarietà. Tuttavia, sappiamo che la riattivazione dei salari non erogati è solo un successo parziale: non può cancellare la mancanza di chiarezza sui finanziamenti ottenuti dalla Grande Opera Quadrilatero (tanto esaltata da centrodestra e centrosinistra), i tre incidenti mortali che hanno coinvolto tre operai, i danni ambientali e paesaggistici provocati dalla Quadrilatero. Il tutto senza una concreta e duratura fonte di sviluppo economico e la creazione di posti di lavoro stabili sul territorio

Con preghiera di massima diffusione

Partito Comunista dei Lavoratori
Sezione di Ancona - Nucleo Montano

17/10/11

Contro il teppismo, ma mai con la repressione

SULLA MANIFESTAZIONE DEL 15 OTTOBRE: UN'IMPOSTAZIONE POLITICA RINUNCIATARIA APRE IL VARCO A PRATICHE IMPOLITICHE E NICHILISTE

La manifestazione nazionale del 15 Ottobre a Roma ha visto una grande partecipazione di massa, una vasta presenza di giovani, un diffuso senso comune “anticapitalista”. Ma la sua dinamica è stata distorta da un impostazione politica sbagliata del coordinamento che ha promosso ed organizzato il corteo: un'impostazione che rinunciando ad indirizzare il movimento sul terreno del confronto politico col potere, ha finito con l'amplificare lo spazio di pratiche, impolitiche e nichiliste, avulse da una logica di massa.

LA RESPONSABILITA' DI UN'IMPOSTAZIONE POLITICA RINUNCIATARIA

Quando proponevamo una manifestazione indirizzata verso i palazzi del potere, rivendicavamo non solo il diritto a una pratica diffusa a livello internazionale, ed in particolare europeo; non solo un'iniziativa politica corrispondente alla particolare gravità della situazione italiana, alla natura particolarmente reazionaria del suo governo, alle responsabilità bipartisan nel sostegno alle banche da parte delle “opposizioni” parlamentari; ma anche perciò stesso un'iniziativa di massa capace di segnare politicamente il terreno centrale dello scontro, di unificare e tradurre su quel terreno la domanda diffusa di un corteo “radicale” e non convenzionale, di emarginare per questa via iniziative “fai da te” del tutto estranee allo sviluppo reale del movimento.

Avevamo avvisato i naviganti: ”.. Proprio il rifiuto pregiudiziale a rivendicare il diritto a marciare verso i palazzi del potere, a preparare organizzativamente e unitariamente la gestione di piazza di questa rivendicazione, rischia questo sì di spianare la strada a iniziative minoritarie .., slegate da una logica di massa, a tutto danno dell'impatto politico del 15 Ottobre” (PCL, 25/9/2011)

Purtroppo, siamo stati facili profeti. La scelta maggioritaria di una manifestazione rituale, nel nome del “realismo” e della scelta “pacifica”, ha ignorato la realtà e non ha garantito “la pace”. Ha semplicemente lasciato campo libero a chi ha cercato come terreno di scontro non la contrapposizione politica al potere, non lo sviluppo della radicalità del movimento e della sua coscienza politica, ma l'esercizio pratiche isolate e nichiliste, a danno del movimento di massa.

CONTRO LO STATO E LA SUA REPRESSIONE

Sia chiaro: la nostra critica del vandalismo muove non dalla logica delle questure, ma dall'interesse della rivoluzione. L'avversario fondamentale dei lavoratori, dei giovani, delle loro lotte, non sono i cosiddetti black block, ma il capitalismo e il suo stato.

Non siamo pacifisti, e in ogni caso manteniamo la misura della realtà. La violenza consumata contro auto in sosta o contro le vetrine di negozi - per quanto del tutto inutile e demenziale- resta infinitamente minore della violenza consumata quotidianamente nello sfruttamento di milioni di uomini e di donne, nella segregazione dei migranti, o nelle missioni di guerra. Per questo non parteciperemo mai ai cori sdegnati “contro la violenza” di un ministro degli interni secessionista e xenofobo, o di un centrosinistra amico dei banchieri strozzini, o di un Nichi Vendola che sino a ieri “votava” i bombardamenti in Afghanistan. Noi stiamo dall'altra parte della barricata. In uno scontro tra apparato dello stato e migliaia di giovani di diversa estrazione (ben altro che i cosiddetti gruppi black block), come quello avvenuto a S. Giovanni, noi stiamo incondizionatamente dalla parte dei giovani e della loro resistenza, indipendentemente dalle cause d'innesco dello scontro. Come facemmo il 14 dicembre di un anno fa, contro ogni scandalismo perbenista. Ed oggi respingiamo la campagna repressiva del governo, sostenuta dal Pd e da Di Pietro, contro la cosiddetta area antagonista: indipendentemente dalla distanza politica grande che ci separa dalle posizioni di quest'area, non solo rifiutiamo ogni solidarietà con lo stato delle banche, delle bombe, dei blindati, ma difenderemo ogni compagno/a che sia vittima della sua repressione. Contro ogni posizione di disimpegno o addirittura di neutralità presente nella sinistra e nel movimento stesso.

CONTRO IL VANDALISMO, MA DAL VERSANTE DELLA RIVOLUZIONE. 14 DICEMBRE E 15 OTTOBRE

Ma tutto ciò non significa affatto ignorare le differenze e farci trascinare dalla suggestione mitologica dello scontro fine a sé stesso. Scontri di piazza apparentemente simili per intensità possono assumere infatti significati diversi (e prestarsi a diverse percezioni di massa), a seconda della loro dinamica.

Il 14 dicembre di un anno fa, nelle ore successive al salvataggio parlamentare di Berlusconi, una massa di giovani compagni si diresse spontaneamente verso Montecitorio, scontrandosi con la violenza poliziesca, ed esercitando il proprio diritto all'autodifesa. Quello scontro si sviluppò sul terreno politico della contrapposizione al potere, brandì una rivendicazione democratica comprensibile e popolare (la cacciata del governo e la condanna di un Parlamento corrotto), si circondò perciò stesso di una significativa solidarietà, nonostante la campagna di criminalizzazione .

Il 15 Ottobre, invece, la dinamica degli scontri è stata innescata dalla distruzione metodica di oggetti casuali (automobili, bar, supermarket) ai lati del corteo da parte di limitati settori organizzati. Lo scontro si è dunque prodotto su un terreno estraneo a qualsivoglia prospettiva politica, allo sviluppo del movimento, alla crescita della sua coscienza. Di più: lo scopo di chi lo ha cercato era esattamente quello di boicottare la manifestazione di massa del movimento. Il fatto che poi migliaia di giovani coinvolti alla fine negli scontri abbiano giustamente resistito ai caroselli criminali della celere, non può occultare questo dato.

Questa logica primitiva e distruttiva, coltivata da alcune aree dei centri sociali, dell'anarchismo, di curve ultras, non è affatto una logica “più rivoluzionaria” come in qualche caso cerca di presentarsi. E' l'esatto opposto. E' la ricerca di uno sfogatoio emozionale cieco, in assenza di ogni progetto di rivoluzione reale, e contro la prospettiva di rivoluzione. Il danno che produce infatti non si limita ai benefici contingenti per la propaganda governativa o di centrosinistra, e per il loro cantico ipocrita sulla “condanna della violenza”. Il danno maggiore è l'effetto dissuasivo e distorcente che il vandalismo produce nell'immaginario diffuso delle classi subalterne circa il senso stesso della radicalità di lotta e della rivoluzione: un effetto tanto più negativo nel momento in cui si allarga una diffusa sensibilità anticapitalista- potenzialmente rivoluzionaria- nella giovane generazione.

RIVOLTA DI MASSA E PROGRAMMA ANTICAPITALISTA

Grande dunque è la responsabilità di chi ha favorito questo scenario. Perché lo spazio fornito a queste pratiche è stato ed è direttamente proporzionale all'opportunismo delle direzioni maggioritarie del movimento. La rinuncia ad un assunzione di responsabilità in un momento straordinario di scontro politico e sociale; l'adattamento alla routine di manifestazioni rituali- alla ricerca di un puro spazio mediatico o di qualche pacca sulla spalla degli ambienti benpensanti del centrosinistra e della loro stampa “democratica”- hanno aperto il varco all'avventurismo. Questa è la lezione del 15 Ottobre.

Ora non si tratta di aprire la caccia “militare” ai “black block” all'interno del movimento, alla ricerca di qualche capo espiatorio. Si tratta di andare alla radice delle responsabilità politiche di fondo di quanto accaduto. Di discutere seriamente l'organizzazione della piazza. E soprattutto di rilanciare una prospettiva di rivolta sociale e di classe, su base di massa e su un programma anticapitalista: che resta la condizione decisiva per aprire una pagina nuova, e una nuova prospettiva politica.

Roma, 17 ottobre 2011

Partito Comunista dei Lavoratori
Comitato esecutivo

16/10/11

Manifestazione del 15 ottobre 2011

Di seguito, cliccando sull'immagine ed ingrandendo, potrete leggere il volantino distribuito alla manifestazione dal Partito Comunista dei Lavoratori, tra i promotori della manifestazione e membro del Comitato 1 ottobre.

13/10/11

Appello elettorale del PCL alla sinistra fabrianese

per una vera alternativa a centrodestra e centrosinistra

PREMESSA

In questi anni di profonda crisi del distretto industriale fabrianese la nostra -un tempo florida- città si è trasformata in una valle di lacrime. Migliaia di operai che hanno sacrificato l’intera esistenza lavorando in fabbrica per poche lire, sono da anni costretti ad un’inerzia forzata, appesi al filo della cassa integrazione: pochi soldi e zero prospettive. Centinaia di famiglie, colpite dai licenziamenti nell’indotto, sono rimaste senza l’unico reddito disponibile. I servizi sociali e gli enti pubblici, finora senza problemi di budget e non dovendo affrontare particolari emergenze in passato, sono totalmente impreparati ad aiutare i “nuovi poveri”. L’emergenza abitativa, fino a poco fa impensabile, è oggi un’amara realtà. Tutta l’economia del territorio, fino ad oggi congelata e quindi impreparata a reagire, è in ginocchio.
In parole povere fin quando è andata bene, le potenti “signorie locali” si sono arricchite tenendoci buoni con le loro briciole; ora che la crisi imperversa l’intero peso economico della recessione grava sulle spalle dei lavoratori e delle loro famiglie.

LE RESPONSABILITÀ DEL DISASTRO

La crisi ha colpito a Fabriano più che altrove non per un caso, ma per le scelte
scellerate degli industriali e degli amministratori locali. Tutto ciò per due principali motivi:
1) Scelte industriali -conservatrici e monosettoriali- più che discutibili, che hanno però permesso alla grande borghesia locale, senza una lira d’investimento, di accumulare ricchezze ingenti
2) Graduale delocalizzazione degli stabilimenti nei paesi in via di sviluppo, in alcuni casi finanziata addirittura con fondi pubblici
3) Clientelismo politico, con uomini politici ed amministratori disinteressati ad uno sviluppo sociale “armonico” del territorio, ma totalmente asserviti agli interessi dei padroni di Fabriano.

I LAVORATORI SOTTO SCACCO

In questo quadro ai lavoratori, veri artefici dell’ormai tramontata epoca d’oro, viene dato un crudo ben servito, riversando sulle loro spalle tutti i costi della crisi e cercando di svendere quello che di utile ancora rimane a fantomatici gruppi cinesi o iraniani. Si cerca di ingannare (col solo scopo di guadagnare tempo rispetto allo scoppio di un malcontento generale) con promesse quantomeno inverosimili e di tenere buoni eventuali dissidenti con minacce di emarginazione lavorativa e speranze di prolungamento degli ammortizzatori sociali. Aiuti che gli operai dell’indotto industriale hanno ricevuto in minima parte, così da rendersi disponibili ad arrangiarsi trovando lavori a nero; che a sua volta danneggiano i piccoli artigiani. Una vera guerra tra poveri.

LE RESPONSABILITÀ POLITICHE E SINDACALI

Tutto ciò con la complicità di buona parte della sinistra politica e sindacale fabrianese che, nonostante una storia gloriosa, vive un presente misero, di totale subordinazione ed asservimento ai potentati economici locali. Il sindacato (in special modo la CGIL/FIOM, unico grande sindacato “di classe” presente nel nostro territorio; CISL E UIL hanno abdicato da tempo), ha ormai rinunciato al proprio ruolo di rappresentanza e di lotta incondizionata in favore dei lavoratori, adottando linee ben più concertative e collaborazioniste di quelle adottate dalla stessa organizzazione a livello nazionale o in altre realtà italiane. Ad essa sembra essere stato assegnato il compito di “raffreddare gli animi”; missione portata a termine egregiamente attraverso espedienti classici: promesse poi rivelatesi fasulle; notizie di false speranze tirate fuori ad arte per sedare ogni piccolo fervore; alleanze elettorali spregiudicate con squallidi personaggi della burocrazia partitica locale; bieco clientelismo sulla gestione di fondi, cooperative o posti di lavoro.

LA SINISTRA FABRIANESE

Dopo circa quattro anni di profonda crisi economica a Fabriano non è cambiato nulla. Il conflitto sociale non è esploso ed il sentimento più diffuso è la sfiducia e la rassegnazione. I lavoratori sono stati lasciati soli, senza un riferimento politico autorevole a cui far capo. Rifondazione, Comunisti Italiani e ultimamente anche SEL, organizzazioni piuttosto rappresentative fino al recente passato in tutte le Marche, nonostante i numerosi incarichi istituzionali ricoperti, sono ormai totalmente immobili e scomparsi da qualsiasi fronte di lotta. Alcune di queste forze sono addirittura allo sbaraglio. Gli unici conflitti a cui danno vita sono quelli interni ai loro stessi partiti per spartirsi le sempre più esigue poltrone rimaste, e i soli movimenti che conoscono sono quelli dei loro dirigenti che volano con disinvoltura da un partito all’altro in cerca di più sicuri lidi. E’ il prezzo da pagare per aver abdicato al proprio ruolo di rappresentanza di classe in favore della resa, senza condizioni, al bipolarismo ed al centrosinistra.
A qualche mese dalle prossime elezioni comunali, cominciano le solite “manovre”clientelari, che vedono protagonisti sempre gli stessi politicanti che provano, con accordi e compromessi sotto banco, a riciclarsi nell’ennesima giunta “merloniana” di centro sinistra.

I MOVIMENTI DI BASE

Nella città non tutto tace però. Infatti, a coprire lo spaventoso vuoto politico della sinistra (insostenibile per una città operaia e contadina, soprattutto in un periodo di crisi tale), sono numerosi i tentativi di “autorganizzazione” di giovani ed operai. Per i primi il centro sociale Fabbri rappresenta sicuramente l’esperimento più interessante e più riuscito, importante spazio autogestito che da sfogo alla voglia di contro-cultura dei ragazzi fabrianesi, immersi in un contesto intellettualmente davvero degradante. Per i secondi non possiamo non citare il gruppo “effetti collaterali” che racchiudeva gli operai ed i lavoratori più “incazzati” della città, provenienti da varie organizzazioni politiche e sindacali e che si sono coordinati dando vita ad importanti mobilitazioni. Inoltre ci sono altre entità attive nel territorio come l’Arci e l’Anpi, che si sono spesso dimostrati, con le proprie iniziative e le proprie sedi dei baluardi della cultura e della difesa della storia nella nostra città. E non si può neppure dimenticare dell’importante iniziativa “spontanea” di un gruppo di operai che ha occupato, contro tutto e tutti, gli uffici della Merloni, portando il caso alle cronache nazionali.
Non è un caso che il PCL, con i suoi militanti e simpatizzanti, partecipaattivamente a tutte le attività di questi gruppi, rappresentando a volte una voce fuori dal coro, ma dando sempre il proprio costruttivo contributo.
Purtroppo un grosso limite accomuna queste entità: tutti i gruppi, per un motivo o per l’altro, si sono battuti contro il “pensiero unico” fabrianese, rendendosi protagonisti di scontri, anche duri, con il Sindaco o altri esponenti politici di centrodestra e centrosinistra. Le battaglie per il diritto al lavoro, portate avanti dagli Effetti Collaterali; la difesa a tutti costi del diritto all’abitare della famiglie disagiate da parte del Fabbri; l’antifascismo militante dell’Anpi che rifiuta ogni revisionismo; sono solo alcune delle battaglie che il “movimento” fabrianese sta portando avanti negli ultimi anni. Ma questi gruppi non sono mai andati oltre. Non hanno mai messo appunto un reale progetto politico a lungo termine che fosse alternativo ai due poli che si contendono il governo della città ma che in realtà sono due facce della stessa medaglia. Pur avendo evidente l’inclinazione tutta filo padronale dell’amministrazione comunale e dei partiti di centrosinistra, alcuni importanti animatori dei movimenti succitati hanno deciso, nel nome del “compromesso ad ogni costo” e della “poltrona facile”, di sacrificare alcune delle proprie istanze per sostenere una futura coalizione di centro sinistra che sostenga un altro “maggiordomo merloniano”, insomma un nuovo Sorci.

IL PCL NON CI STA

I comunisti lavoratori di Fabriano non ci stanno. Sono convinti che, tanto più in una situazione così tragica, dove i diritti dei lavoratori e delle loro famiglie sono continuamente sotto l’attacco della grande borghesia locale e dei suoi tirapiedi che vorrebbe farci pagare per intero il prezzo della “loro” crisi, c’è bisogno di un’opposizione vera. Bisogna rilanciare il progetto di un governo, anche locale, fatto dai lavoratori per i lavoratori, che abbia come riferimento politico solo ed esclusivamente i bisogni degli operai, degli impiegati, dei disoccupati, degli immigrati, degli studenti. Un soggetto che rompa gli schemi degli “inciuci” tra destra e sinistra e si ponga come alternativa all’una ed all’altra, con un programma innovativo, di rottura ed anticapitalista.

L’ATTIVITÀ DEL PCL

Il Partito Comunista dei Lavoratori si muove in questo scenario tra mille difficoltà, dovute da una parte ai limiti organizzativi della sua piccola compagine, dall’altra dalle innumerevoli vertenze da seguire e l’isolamento dalle altre forze di “sinistra”. La sua azione però non è stata affatto marginale: il PCL, al contrario delle cosiddette “sinistre radicali”, ha continuato ostinatamente e coerentemente:
1) A denunciare le nefandezze compiute dalla classe politica locale in combutta con il padronato.
2) A tenere vivo e alto il dibattito politico altrimenti appiattito sull’”intoccabilità” della casta fabrianese e la necessità di trovare un nuovo “padrone” anche a costo di svendite e licenziamenti
3) Ad indicare, talvolta con parziale successo –come il caso dell’occupazione degli uffici Merloni insegna-, ai lavoratori ormai spaesati e senza riferimenti, la tattica di lotta più avanzata da seguire per difendere i propri diritti
4) A portare avanti le uniche proposte credibili e concrete per la soluzione di alcune emergenze sociali (la Nazionalizzazione senza indennizzo, la confisca della terza casa sfitta, la riqualificazione del territorio etc.).

L’APPELLO

Abbiamo deciso di prenderci questa responsabilità, consapevoli delle difficoltà che incontreremo, ma in continuità con l’attività di questi anni: promuovere, per le prossime elezioni comunali, un progetto elettorale di sinistra, indipendente dai due schieramenti presenti, che possa compiere un reale ruolo di opposizione e denuncia fuori e dentro il consiglio comunale, sempre apertamente schierato con gli interessi dei lavoratori e delle loro famiglie.
Perciò lanciamo un appello:
-a tutti i singoli cittadini, indignati dalla taciturna complicità di centrodestra e centrosinistra, nell’attacco senza precedenti ai diritti dei lavoratori
-a tutte le realtà associative che si schierano senza ambiguità dalla parte dei lavoratori marchigiani e contro l’attacco ai loro diritti
a partecipare fin da subito ad un tavolo di discussione per la formazione delle liste elettorali e la compilazione del programma in vista delle comunali del 2012.
Aderire a questo appello è un dovere politico e morale di ogni onesto cittadino fabrianese e nello stesso tempo un chiaro spartiacque: le sinistre che decideranno di dare il loro appoggio ad una nuova giunta sul modello Sorci, si renderanno responsabili di aver scelto di stare con chi licenzia o fa licenziare, non con chi difende i posti di lavoro.

Partito Comunista dei Lavoratori
Sezione di Ancona - Nucleo Montano

07/10/11

Cerreto D'ESI: a proposito dell'Associazione VIVI CERRETO

Per l’ennesima volta "VIVI CERRETO" rivela la sua natura borghese e governista che con la vita sociale e culturale del nostro piccolo paese non ha proprio niente a che fare. La teoria della suddetta associazione culturale di diventare la prima del nostro paese, ormai fa acqua da tutte le parti, ed è chiaro a tutti lo scopo dei capi fondatori e dei suoi cortigiani: affermarsi in tutte le manovre politiche che riguardano la nostra piccola comunità. La cartina tornasole infatti la ritroviamo in maniera palese ed inconfutabile nella passata Festa dell’Uva, nella quale tutte le associazioni hanno preso parte con un notevole successo, dove però Vivi Cerreto è rimasta estranea, latitante (come da qualche anno a questa parte) facendo cadere quel finto castello di carta che doveva portare il risveglio culturale del nostro piccolo centro. Al posto di partecipare attivamente alla festa, i capi si sono ritrovati la domenica pomeriggio, nei giorni di festa, in piazza per promuovere una patetica raccolta di firme per cercare di aprire una sorta di credito cooperativo, che tranquillamente si può definire banca, con il contributo dei nostri cittadini.
Vorrei far notare che una sorta di pseudo banca c'entra ben poco con una associazione culturale che si è definita non a scopo di lucro e che si era candidata in maniera ipocrita alla guida della nostra giunta comunale e all’amministrazione del nostro comune. Probabilmente il gioco è talmente riuscito che ormai e’ caduta ogni forma di copertura di maschera che contraddistingue i fondatori di questo piccolo comitato di affari che non si sono preoccupati di sbattere in faccia la loro reale natura a tutti noi e ai loro elettori. Ormai non ci sono più parole per descrivere questa oscenità e questa falsità, l’unica cosa concreta rimane nel fatto che prima o poi la ragione prevale sull’immoralità, sulla menzogna e sulle false intenzioni. Da qui in poi credo che sia giusto che VIVI CERRETO faccia il suo percorso pragmatico, faccendiere, clientelare in consiglio comunale,che tuteli gli interessi di pochi(vedi svincoli della pedemontana)a discapito della collettività ,a tutela dei potentati locali e dei loro registi,ma che poi dovrà confrontarsi con tutta la nostra comunità e prendere atto del giudizio negativo e del cattivo esempio dato ai giovani che vogliono avvicinarsi alla politica o semplicemente ad una associazione di qualsiasi fine. Credo che sia opportuno che il maggiore esponente del gruppo dia delle spiegazioni concrete e convincenti con i fatti e non con le false promesse che ci hanno riempito la campagna elettorale con la scusa del bene comune rimessa immediatamente nel cassetto e nel dimenticatoio.

Mauro Goldoni
Partito Comunista Lavoratori
Sezione di Ancona - nucleo di Ancona  

Il licenziamento di Quaglietti è un vergognoso attacco a tutti gli operai Manuli

A tutti gli organi di stampa e informazione
della Regione Marche

COMUNICATO STAMPA:

Ascoli Piceno – Il grave episodio che ha visto licenziare dalla spregiudicata direzione della Manuli con un volgare pretesto l’operaio e sindacalista dell’USB Andrea Quaglietti va stigmatizzato da tutti i sindacati e le forze politiche.

Quaglietti, agguerrito sindacalista ed amico del Pcl, ha sempre sostenuto senza risparmiarsi le lotte dei suoi colleghi della Manuli e di molte altre realtà del suo territorio, denunciando le speculazioni del padronato perpetrate ai danni dei lavoratori e il complice immobilismo di partiti e sindacati anche di sinistra. La sua attività è stata preziosa per tutti gli operai dell’ascolano, che ora devono sostenerlo in ogni modo contro il vile attacco che colpisce i diritti sindacali di tutti.

Il Partito Comunista dei Lavoratori esprime la più sentita solidarietà a Quaglietti ed all’USB e parteciperà attivamente a qualsiasi mobilitazione in difesa del suo immediato reintegro. Inoltre continueremo la nostra lotta al fianco dei lavoratori per la difesa di un reale diritto alla sindacalizzazione e la promozione di una vera democrazia sindacale.

Con preghiera di massima diffusione

Partito Comunista dei Lavoratori
Coordinamento Regionale Marche




05/10/11

Noi il debito non lo paghiamo - intervento di Ferrando

Intervento di Marco Ferrando (portavoce nazionale del Partito Comunista dei Lavoratori) alla grande assemblea del 1° ottobre a Roma dal titolo "noi il debito non lo paghiamo"

03/10/11

Solidarietà ai lavoratori Indesit di Melano-Marischio

A tutti gli organi di stampa e informazione
della Regione Marche
COMUNICATO STAMPA:


La negazione dei più elementari diritti sindacali compiuta dalla direzione dell’Indesit, che ha impedito lo svolgimento di una democratica assemblea dei lavoratori nello stabilimento di Melano-Marischio, rappresenta un odioso attacco ai diritti dei lavoratori.

Il Partito Comunista dei Lavoratori vuole denunciare l’accaduto per evidenziare il vero volto di “certi imprenditori buoni”, ritenuti tali perché legati al presunto centro-sinistra.

In realtà gli stessi, con il supporto dei propri rappresentanti politici di centro-sinistra, associato al silenzio-complice del centro-destra, hanno recentemente “buttato fuori” dalla propria azienda 40 lavoratori interinali.

Tutto questo avviene dopo che la stessa Indesit aveva ha realizzato grandi progetti di delocalizzazione nell’est-europeo che, uniti alla mancanza di un ricambio generazionale del management, fanno presagire un futuro negativo per tutti i lavoratori dell’azienda.


Con preghiera di massima diffusione


Partito Comunista dei Lavoratori
Coordinamento Provinciale Ancona