27/01/12

Dal PCL di Pesaro solidarietà ai No Tav arrestati

COMUNICATO STAMPA:

Il Partito Comunista dei Lavoratori, esprime solidarieta’ nei confronti dei 26 arrestati del movimento NO TAV. Sono anni che i cittadini della Val di Susa, si battono contro ogni tipo di Governo, locale e nazionale, a prescindere dal colore politico, per difendere il loro territorio, su cui i poteri forti della finanza e della politica vogliono speculare. In Val Di Susa come in altri luoghi del nostro paese si vogliono mettere al centro gli interessi del profitto e del capitale a scapito dei cittadini, dei lavoratori e dell’ambiente. Abbiamo sempre sostenuto la lotta contro un progetto che reputiamo obsoleto e che non portera’ nessun vantaggio agli abitanti della Valle, del Piemonte ed in generale per il nostro Paese. Il progetto dell’alta velocita’, anzi, portera’ solo danni e sacrifici sotto l’aspetto sociale, economico ed ambientale. Per questo esprimiamo solidarieta’ all’intero movimento, rivendichiamo che i soldi che devono essere spesi per questo progetto vengano, invece, investiti per lavoro, sanita’, istruzione e servizi per i cittadini. No all’inutilita’ di opere faraoniche ma investimenti per le classi meno abbienti.
Con preghiera di massima diffusione

Partito Comunista dei Lavoratori
Coordinamento Provinciale Pesaro

25/01/12

Immigrati: rivolta sul blog di Grillo, 'Razzista fatti da parte'

Articolo del 24/01/2012 tratto dal sito dell'agenzia di stampa AGI

Polemiche sul blog di Beppe Grillo dopo le parole del comico genovese secondo cui concedere "la cittadinanza a chi nasce in Italia, anche se i genitori non ne dispongono, e' senza senso". Alcuni utenti hanno 'postato' sulla pagina del blog le loro critiche e i loro dissensi, definendo 'razzista' e 'fascista' la posizione di Grillo. E diversi rappresentanti sul territorio del Movimento 5 stelle hanno preso le distanze dalle dichiarazioni del loro leader, chiedendogli in qualche caso anche di fare "un passo indietro".
"Quindi, Beppe, per te e' giusto che un bimbo nato in Italia da genitori extracomunitari, che frequenti la scuola e magari arrivi a finire il liceo, dopo i 18 anni sia costretto a vivere con dei permessi di soggiorno, pena l'espulsione verso il paese di provenienza dei genitori?", chiede Marco, che si dice "disgustato" dalle parole del comico. "La cittadinanza senza criteri seri e' la fine della democrazia, nulla ha a che fare con i diritti degli immigrati", difende invece andrea da Milano. Elogi anche da Flavia Ventura, secondo cui, "con tutti i cavoli di problemi che abbiamo dobbiamo pensare pure alla cittadinanza degli extracomunitari?. Ci siamo prima noi".
"Bravissimo. Borghezio non saprebbe fare di meglio", attacca l'utente Alessandro Cavalotti. "Mi ha veramente sorpreso la sua prima frase - scrive Ilaria - e' vero che in fondo in fondo siete tutti uguali. Povera Italia, poveri noi". Sul tema interviene anche Andrea Sarubbi, deputato del Pd e promotore della legge sulla cittadinanza: "caro Grillo - scrive sarubbi - sullo ius soli si possono avere opinioni diverse, ma le argomentazioni con cui liquidi il problema della cittadinanza ai figli degli immigrati non sono degne di una risposta a 5 stelle". Per Franco Barilozzi, che scrive da Lussemburgo, "la cittadinanza a tutti coloro che sono nati in Italia e' un semplice atto di civilta'". "Ecco una volta di piu' chi sono questi retajoli! Difendere ilproprio pianerottolo: ecco che cosa volete! Razzisti!, aggiunge Giovanni G. da Bologna E se qualcuno chiede ironicamente a Grillo se "per caso sei depresso", c'e' chi gli chiede di fare un passo indietro: "Grillo basta, con queste tue farneticazioni poche chiare screditi tutto il movimento e i ragazzi che ci stanno mettendo anima corpo e salute. E' ora di farsi da parte", 'posta' Francesco T da Torino. "Il M5S Biella e' favorevole all'estensione dei diritti di cittadinanza a tutti i bambini nati in Italia e di partecipazione democratica dei residenti da almeno 5 anni ma senza cittadinanza al voto amministrativo - precisa un altro post - aggiungo che la maggior parte dei gruppi 5 stelle locali che stanno discutendo l'argomento sono dello stesso avviso. Datevi un'occhiata a meetup e forum in giro per la rete. Parere favorevole anche in consiglio regionale a nome del M5S dell'Emilia Romagna". Infine il Movimento 5 Stelle di Torino fa sapere che votera' un ordine del giorno per l'adesione della Citta' alla campagna sulla cittadinanza: "Dopo ampia consultazione in rete, - si legge in un post - abbiamo deciso di votare favorevolmente perche' cosi' vuole la stragrande maggioranza dei nostri simpatizzanti ed elettori che si sono espressi". (AGI) .

Faber: i lavoratori restino uniti


COMUNICATO STAMPA:
Il presente misero dei nostri territori va contrastato opponendosi ai lauti profitti  di pochi ottenuti contro l’interesse di tutti. La Faber è una multinazionale che ha bilanci in attivo ma, con la scusa della crisi, delocalizza speculando sulle condizioni lavorative ed i bassi stipendi nei paesi in via di sviluppo. Tutto ciò per la continua ricerca di maggiori profitti economici, alla faccia di qualsiasi giustizia sociale.

In questo contesto è del tutto pleonastico l’operato di alcuni sindacati che continuano a mobilitare i lavoratori solo per rivendicare gli ammortizzatori sociali che già spettano loro di diritto. E del tutto inaccettabile è l’aver permesso ai faccendieri della Faber di mettere gli operai di Sassoferrato contro quelli di Fossato di Vico in uno squallido “mors tua, vita mea”.

“I sindacati dovrebbero schierarsi sempre e comunque dalla parte dei lavoratori, i sindaci e le Istituzioni dovrebbero prendersi l’onere di respingere questo attacco padronale e garantire un futuro per i propri cittadini”, lo sostiene Youri Venturelli (del Partito Comunista dei Lavoratori ed anch’egli operaio in cassa integrazione), e precisa: “Non solo per la tutela dei lavoratori della Faber, ma per la salvaguardia del territorio e della stragrande maggioranza dei suoi abitanti, che siano essi operai, artigiani, piccoli commercianti, agricoltori etc.”

Per questo il Partito Comunista dei Lavoratori chiede:

·         Occupazione della fabbrica ad oltranza volta a bloccare la delocalizzazione ed impedire la svendita dei capannoni e dei macchinari.

·         Espropriazione, per fini di interesse generale (come da art.42 e 43 della Costituzione), e nazionalizzazione della Faber senza indennizzo e sotto controllo operaio.

·         Non subire alcun ricatto: unificare tutte le vertenze dei nostri territori riappropriandoci del lavoro e della dignità.

·         Uno sciopero generale di tutte le categorie del territorio in favore degli operai della Faber ed in solidarietà alla loro causa.

Per fare ciò tutti i lavoratori della Faber, quale sia il loro stabilimento di provenienza, debbono restare uniti e lottare fino alla vittoria della vertenza, senza farsi abbagliare dagli “specchietti per le allodole” che la multinazionale, d’accordo con politici locali e sindacati padronali, metterà sul cammino della protesta.

Con preghiera di massima diffusione


Partito Comunista dei Lavoratori
Coordinamento Provinciale Ancona

24/01/12

Adesione del PCL allo sciopero del 27 gennaio

Il Partito Comunista dei Lavoratori sostiene ed aderisce allo sciopero nazionale convocato, contro la politica del governo Monti, per il prossimo venerdì 27 gennaio dall' Unione Sindacale di Base (USB), SLAI-Cobas, SI-Cobas e da altre sigle.
Invita tutti i suoi iscritti e simpatizzanti ad aderire allo sciopero, indipendentemente dall'organizzazione sindacale cui sono iscritti ed a partecipare alla manifestazione nazionale che si svolgerà a Roma, la mattina di questa giornata di lotta.
IL PCL vede lo sciopero del 27 come un tassello della più generale lotta da svillupare, con il più ampio fronte sociale e politico, per respingere la misure antioperaie ed antipopolari del governo delle banche e di confindustria, attraverso uina mobilitazione generale della classe operaia e dei suoi alleati sociali, fino alla caduta del governo, nella prospettiva di una alternativa dei lavoratori, basata su un programma anticapitalistico di uscita dalla crisi.

Comitato Esecutivo
Partito Comunista dei Lavoratori

23/01/12

DECRETO LIBERALIZZAZIONI: UNA TRUFFA PER I LAVORATORI E LA POVERA GENTE



UN VANTAGGIO PER BANCHE, INDUSTRIALI, COSTRUTTORI, ASSICURAZIONI, PETROLIERI 

Il governo vara le “liberalizzazioni” e tutta la stampa borghese confeziona uno spot propagandistico trionfale: “tutelati i consumatori”,”provvedimenti per la crescita”, “ colpite le corporazioni ”.. Il tentativo è quello di vendere all'opinione pubblica, ed in particolare al lavoro dipendente, l'immagine di un governo che compensa i sacrifici imposti sulle pensioni, sulle prima casa, sull'IRPEF, con un colpo ai privilegi dei “ricchi”.

La verità non è “diversa”: è opposta.
Le misure del governo colpiscono duramente solo i settori popolari della piccola proprietà e dei servizi ( tassisti, edicolanti, gestori non proprietari delle pompe di benzina). A tutto vantaggio di banche, assicurazioni, industriali, costruttori, petrolieri: che ingrassano ulteriormente le proprie posizioni sociali e di potere.
Basta leggere il decreto.

UN DECRETO PER LE BANCHE

Le banche escono rafforzate. Incassano l'obbligo di apertura dei conti correnti “base” di milioni di pensionati poveri ( già varato dal decreto salva Italia) senza alcuna gratuità del servizio: il governo prevede unicamente un possibile “tetto” alle commissioni. Risultato? Un guadagno netto per i banchieri sulla pelle di tanta povera gente. Non solo. Le banche ottengono assieme alle imprese il libero ingresso dei capitali privati nel “finanziamento, realizzazione,gestione” delle infrastrutture ( project financing). Cosa significa? Che avranno la possibilità di partecipare agli utili di gestione per rifarsi, con gli interessi, delle spese di finanziamento. Come? Per esempio spingendo per elevare i prezzi del servizio ( altro che protezione dei consumatori!).
Ancora. Le banche possono entrare nel nuovo business dei servizi pubblici locali e delle ferrovie. I servizi pubblici locali dovranno essere messi a gara a partire dai 200000 euro di contratto ( non più 900000). Chi possiede oggi i capitali adeguati per mangiarsi la torta? Le banche innanzitutto che si rifaranno sui prezzi. Le ferrovie a loro volta diventano libero mercato non solo sull'alta velocità, ma sugli stessi treni pendolari che dovranno essere messi a gara: è facile immaginare che essendo meno “appetibili” per i profitti saranno comprati a prezzi stracciati, e quindi richiederanno costi del lavoro altrettanto stracciati. Soluzione: consentire ai privati acquirenti di calpestare il contratto nazionale ferrovieri. Domanda: chi sono i primi soggetti titolati ad entrare nel nuovo mercato? I capitalisti e i banchieri. Che con Banca Intesa partecipano già a pieno titolo all'impresa di Montezemolo e Della Valle in fatto di treni di lusso. Chi è il ministro che ha varato il decreto? L'ex amministratore delegato di Banca Intesa. I conti tornano.
Nel frattempo le banche continueranno a gestire il binomio ricattatorio mutuo/polizza ( il “dovere” di esibire altre possibili polizze è ridicolo). Mentre i lavoratori bancari si ritrovano un contratto che allunga l'orario di lavoro, abbatte i salari dei nuovi assunti, accresce i poteri delle banche nella gestione dei rapporti di lavoro. Ecco la “liberalizzazione”: la massima libertà ..dei banchieri contro lavoratori e clienti.

PETROLIERI: LA LIBERALIZZAZIONE DELLA TRIVELLA

I petrolieri plaudono al decreto. Hanno ragione. La propaganda li annunciava come vittime designate dell'operazione. Ne escono rafforzati. La vendita annunciata delle azioni detenute nella rete di trasporto del gas( Snam) era già stata proposta dalla stessa Eni e può essere un buon affare per la compagnia ( v. intervista di Scaroni al Corriere del 22/1). Per il resto, tutto come prima, e meglio di prima per i petrolieri. I petrolieri ottengono la libertà di trivellare nelle stesse “aree protette” ( articolo 17 del decreto). E sapete la ragione? Il fatto che le famose agenzie di rating nel valutare la solvibilità di un paese verso le banche, e quindi le sue potenzialità di sviluppo economico, misurano il suo grado di autosufficienza in tema di idrocarburi. Più alto è il numero delle trivelle ( e lo scempio di ambiente e salute), più i banchieri apprezzano! Il resto del decreto in tema di benzinai, si pone sullo stesso solco. Solo i proprietari degli impianti di distribuzione del carburante potranno scegliere la compagnia da cui servirsi. Ma sono 500 su 25000. Per gli altri 24500 le cose peggiorano: i petrolieri potranno fissare le condizioni contrattuali che vogliono con ogni singolo benzinaio, senza nessuna tutela, nessuna contrattazione collettiva. Ecco la “liberalizzazione”: la massima “libertà”.. dei petrolieri. Contro i gestori non proprietari, più servi di prima delle compagnie, e contro i consumatori: che continueranno a pagare un costo enorme per un litro di benzina.

MENO TASSE AI COSTRUTTORI

I costruttori non sono da meno. Il decreto riduce la tassa dell' IMU sui cosiddetti immobili di “magazzino”, cioè sugli immobili invenduti. Siccome i tempi delle compravendite di case sono più lunghi in tempi di crisi, si tratta di un bel regalo. Cui si aggiunge la parallela riduzione dell'IVA, e l'abolizione della tassa prevista dal 1949 che imponeva ai costruttori di accantonare il 2/% di un opera pubblica per il suo abbellimento ( opere d'arte, giardini, e simili). La qualità della vita può attendere, assieme all'estetica di un quartiere. Sommando a tutto questo il libero ingresso nella partita del project financing, in particolare nella costruzione delle nuove carceri, si tratta di un bottino rilevante. In compenso continueranno a crepare senza cura migliaia di lavoratori supersfruttati che affollano i cantieri edili, privi di tutela e di riconoscibilità. La “liberalizzazione” riguarda la libertà.. dei loro padroni, non la loro.

LE ASSICURAZIONI.. RASSICURATE

Le Assicurazioni partecipano all'affare. Ed è buffo. Per anni si è blaterato sulla necessità di porre un freno all'arroganza delle assicurazioni, al caro auto, all'”onnipotenza” del settore. Persino la stampa borghese liberale ha chiacchierato spesso al riguardo. Risultato? Il decreto rassicura.. le Assicurazioni. Dà ad esse la possibilità di riparare direttamente il guasto legato all'incidente con proprie officine convenzionate. Chi non si fidasse dell'assicurazione, chi temesse una riparazione al ribasso per qualità dei pezzi ( ed è indubbio che un officina legata alla assicurazione lavorerebbe al massimo ribasso), ha la possibilità di chiedere il contante: ma alla condizione di rinunciare al 30% di ciò che gli è dovuto. In altri termini: per difendere l' assicurazione dal rischio frode da parte del cliente, si espone il cliente alla probabile frode dell'assicurazione. Quanto al vantaggio per i consumatori,solo un cretino può pensare che tutto questo comporti un abbassamento delle tariffe delle assicurazioni. Lo stesso vale per la trovata dell'esibizione da parte dell'agente assicurativo di tre diverse polizze di altre compagnie. Siccome l'agente è dipendente della propria compagnia ( “monomandatario”) è del tutto evidente che non farà propaganda per la concorrenza, a meno di non voler perdere il posto. Persino Sole 24 Ore, grande sponsorizzatore delle liberalizzazioni, non ce l'ha fatta a vendere quest'ultima patacca(v. Sole 24 Ore 21/1). Si conferma dunque la regola generale: l'unica libertà che si tutela è quella del capitale.

LA “GIUSTIZIA” DEGLI INDUSTRIALI

Gli industriali sono, assieme ai banchieri, i sostenitori più entusiasti del decreto. Lo credo. Alla vigilia dell'annunciato incasso sulla maggiore libertà di licenziamento, assaporano le delizie delle liberalizzazioni. Dopo aver ottenuto dal governo la riduzione dell'IRAP ( a danno della sanità pubblica), la riduzione dell'IRES per gli investimenti di capitalizzazione, 6 miliardi di incentivi ACE, 20 miliardi per il fondo di garanzia dei crediti alle PMI, Confindustria ottiene oggi altre regalie. Innanzitutto l'apertura del mercato delle infrastrutture e dei servizi pubblici locali. E poi l'incasso annunciato di 60/80 miliardi di rimborsi da parte delle pubbliche amministrazioni: 5 miliardi sono subito stanziati come acconto, gli altri si pensa di darli, eventualmente ( e su richiesta delle imprese), attraverso BOT e BTP. Le imprese venderebbero a loro volta questi titoli, capitalizzando il ricavato. Lo stesso ministro Passera che ha bastonato lavoratori e pensionati per ragioni di “debito pubblico”, oggi dichiara che il mastodontico rimborso pubblico agli industriali non insidierà il debito italiano. E' la riprova che il debito è solo questione di classe e non di numeri. Ma c'è dell'altro. Confindustria ottiene la sua “riforma della Giustizia”: una magistratura speciale e rapida chiamata a dirimere in tempi record le controversie societarie. I comuni cittadini che attendono da anni, e forse invano, la soddisfazione delle proprie ragioni nelle aule di giustizia, non solo dovranno ancora aspettare, ma dovranno mettersi in coda agli industriali, cui lo Stato borghese da la precedenza. Gli industriali sono più uguali degli altri. Per loro si trovano a tambur battente quelle risorse, strutture, uomini, che non si trovano per la “Giustizia” ordinaria. Perchè? Perchè- si osserva- i “mercati” finanziari giudicano le opportunità di investimento in un paese anche in base ai tempi di risoluzione delle controversie giudiziarie in cui le imprese possono incappare. Insomma: è il mercato che fa il tribunale. Non poteva esserci illustrazione simbolica più semplice della natura di classe della “Giustizia” in regime capitalista.

IL MONDO DEL LAVORO PRENDA LA TESTA DELLA DISPERAZIONE SOCIALE

E' necessario denunciare e contrastare questa truffa.
Tutti i partiti borghesi la sostengono, a partire dal PD.
Di Pietro apre nuovamente al governo ( dopo il voto di fiducia iniziale) dichiarando che.. ha finalmente copiato il suo programma.
Le sinistre balbettano. Con Vendola unicamente interessato ( assieme a Di Pietro) a non farsi scaricare dal PD. E la burocrazia CGIL unicamente interessata a non essere scaricata da Confindustria. E' penoso e irresponsabile.

Il Partito Comunista dei Lavoratori (PCL)- sin dall'inizio all'opposizione del governo e del PD che lo sostiene- pone tanto più oggi la necessità di una mobilitazione generale del mondo del lavoro contro il governo degli industriali e dei banchieri. Non è possibile continuare a subire passivamente l'onda d'urto della politica dominante e della sua propaganda. E non è possibile limitare la protesta a qualche ora di sciopero o a qualche manifestazione ordinaria. La crisi sociale va precipitando, e si annunciano due anni di nuova recessione. La distruzione del contratto nazionale di lavoro è in atto, e non solo tra i metalmeccanici. La FIOM viene sbattuta fuori dalle fabbriche, come non accadeva dagli anni 30. Vasti settori di piccola borghesia impoverita e allo sbando, subiscono i colpi congiunti della crisi capitalista e del governo del capitale: e accumulano un senso di disperazione. Se a tutto questo non corrisponderà una opposizione di massa, unitaria , radicale, continuativa, da parte del mondo del lavoro, capace di unificare attorno a sè la disperazione sociale delle più grandi masse popolari, questa disperazione cercherà prima o poi nuovi riferimenti e canali contro i lavoratori italiani. Questo è il rischio.

E' dunque l'ora della svolta. Il PCL si batterà in questa direzione, con tutte le proprie forze, e in ogni sede.

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

19/01/12

Faber: il lavoro è un diritto, lo sfruttamento no!

Di seguito il volantino che verrà distribuito questa sera (19/01/12 ndr) al presidio dei lavoratori Faber

La lotta degli operai Fincantieri serva da esempio a tutti i lavoratori marchigiani

A tutti gli organi di stampa e informazione
della Regione Marche
COMUNICATO STAMPA:
La guerra sarà ancora lunga, ma la battaglia alla Fincantieri di Ancona è stata vinta dagli operai al grido di “unità di tutti i lavoratori” nelle lotte comuni.
Un grande lavoro dei delegati di fabbrica Fiom che sono riusciti a tenere uniti i lavoratori e lottare affinché nessuno fosse licenziato “nemmeno uno”. La rivendicazione della “divisione del lavoro fra tutti” e di “o tutti o nessuno” ha portato oggi, dopo mesi di fermo, alla riapertura dei cancelli, alla ripresa immediata dell’attività ed all’arrivo delle prime lamiere all’arsenale. L’azienda ha affidato al cantiere di Ancona la costruzione di due navi mini-cruise Silver Sea. Solo sessanta lavoratori verranno accompagnati alla pensione tramite “mobilità volontaria”, con uno stipendio netto che sarà comunque intorno ai 1400€ mensili.
Dove hanno fallito le tante promesse non mantenute di politici di vari schieramenti e dei massimi rappresentanti del clero (per far smobilitare la protesta si era scomodato persino il Papa) sono riusciti i lavoratori: la loro forza e determinazione è stata in grado di piegare i vertici dell’azienda e strappare risultati.
Il Partito Comunista dei Lavoratori si augura che questa vicenda sproni i tanti lavoratori marchigiani che rischiano il posto ha ricercare l’unificazione delle vertenze delle diverse aziende: tramite un reale coordinamento formato dai rappresentanti delle diverse realtà e la creazione di una cassa di resistenza.
Quando i padroni attaccano bisogna dire basta alla concertazione al ribasso o alla negoziazione delle perdite e respingere qualsiasi tentativo di metterci gli uni contro gli altri.
Tutto il resto sono solo parole che non rispecchiano in alcun modo la realtà!

Con preghiera di massima diffusione

Partito Comunista dei Lavoratori
Coordinamento Provinciale Ancona

17/01/12

A FIANCO DEI TASSISTI CONTRO MONTI, DA COMUNISTI

Il governo del capitale finanziario che colpisce lavoro e pensioni per pagare le banche e gli industriali cerca il diversivo simbolico di una crociata contro i tassisti, presentati come il male dell'Italia o come l'equivalente dei notai. E' un inganno ridicolo. La verità è che non si vogliono difendere i “consumatori”, ma allargare il mercato e le occasioni di profitto per nuovi gruppi industriali e speculativi: a danno di chi lavora e della sua “liquidazione”, e con nuove forme di sfruttamento.

Si vuole davvero difendere i consumatori, allargare il servizio, contrastare l'evasione? Benissimo. Non lo si fa scatenando la guerra per la sopravvivenza e allargando la miseria, come sempre hanno fatto centrosinistra e centrodestra. Lo si fa con la trasformazione radicale del servizio Taxi: lo Stato acquisti le licenze dei tassisti, li assuma come regolari lavoratori dipendenti di un servizio pubblico dignitoso ,investa nell'allargamento del servizio, finalmente qualificato e sotto controllo sociale. Lavoro, stipendi, e diritti dei tassisti saranno garantiti, il “consumatore” sarà tutelato, l'evasione sarà cancellata. Ma si può chiedere questo al governo degli industriali e delle banche? A un governo che ( a proposito di consumatori) sta tagliando treni pendolari e trasporti cittadini, per foraggiare TAV, banchieri, e imprese amiche del ministro Passera? Si può chiedere questo ai partiti borghesi che sostengono il governo, a loro volta (tutti) sul libro paga di industrie e banche?

Solo un governo dei lavoratori può realizzare misure di svolta a difesa del lavoro, contro ogni guerra fra poveri. Solo una sinistra anticapitalista che difende tutti i lavoratori, può oggi difendere i tassisti.

Con queste posizioni il PCL partecipa alle manifestazioni dei tassisti contro il governo. Contro ogni svendita sindacale dei lavoratori del settore.

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

14/01/12

Pesaro: il PCL contro il secondo casello autostradale


COMUNICATO STAMPA:

In data recente una delegazione del Partito Comunista dei Lavoratori pesarese si è incontrata con il Comitato No Casello e con rappresentanti dell'associazione ambientalista Respira Pesaro per discutere del piano di realizzazione di un secondo casello autostradale per la città in località Santa Veneranda. A seguito dell'illustrazione dettagliata del progetto, il Partito Comunista dei Lavoratori ha espresso la più ferma contrarietà alla realizzazione di tale opera, ritenendolo uno spreco colossale di denaro (ben trentasei milioni di euro) a fronte di una quantomai dubbia utilità funzionale (sarebbe un raro caso - se non unico - di casello con ingresso unidirezionale!) e di un clamoroso impatto ambientale, giacchè una consistente area boschiva, sita in località Santa Veneranda, dovrebbe essere completamente abbattuta per fare spazio alle rampe d'accesso.
Nell'esprimere pieno ed incondizionato sostegno alla vertenza portata avanti dal Comitato No Casello e da Respira Pesaro, il Partito Comunista dei Lavoratori ha anche offerto la propria disponibilità a collaborare nella partecipazione a prossime iniziative di mobilitazione che verranno poste pubblicamente in atto per mettere in luce lo scempio che con tale progetto ci si appresta a varare, tanto dal punto di vista ambientale quanto da quello politico, viste le palesi manifestazioni di incoerenza di quei partiti che, dopo aver condotto una campagna elettorale all'insegna della parola d'ordine "no al secondo casello", paiono ora ben disposti a rimangiarsi la promessa, visti gli assunti incarichi di maggioranza amministrativa.

Con preghiera di massima diffusione

Partito Comunista dei Lavoratori
Coordinamento Provinciale Pesaro

12/01/12

Cerreto D'Esi: Stessa testa…….Stessa pancia…….

Si è appena chiuso un anno disastroso e probabilmente se ne è aperto un altro ancora peggiore per il futuro della nostra piccola comunità.La crisi industriale che circoscrive il nostro territorio di fatto è irreversibile  a tal punto da spingere, chi per anni ha taciuto  e spalleggiato i fautori del collasso  costretti a non poter far finta di niente,ad alzare timidamente la voce per segnalare che forse qualcosa non andava.La notizia dei circa cinquecento posti di lavoro persi dai nostri concittadini nel nostro distretto tra tutte le aziende in crisi, segna ancora più che mai il fallimento di un modello che doveva portare sviluppo e benessere e che invece segnerà in maniera indelebile il futuro di molte famiglie che fanno fatica ad arrivare alla fine del mese;mi riferisco all’etichetta merloniana fautrice del nostro destino collettivo del passato e del prossimo futuro. In mezzo a tutto ciò vi è l’incompetenza della nostra giunta comunale che mai si sarebbe immaginata di dover dare risposte concrete ai nostri cittadini sul tema lavoro,e nello stesso tempo a giustificare e ringraziare con vile servilismo chi ci ha sfruttato e poi condannato ad un futuro incerto e sempre più nebuloso. Da maggioranza ed opposizione è impensabile ricevere risposte su come superare questo stato di cose perché con la loro complicità politica e  culturale si sono resi corresponsabili del disastro attuale che le categorie più disagiate ora si ritrovano a dover pagare.Partendo dalla maggioranza e dal partito cuscinetto del potentato che loro rappresentano, ci sarebbe tanto e poco da dire,l’unica cosa palese è il perdurare del conflitto di interesse che lega potere politico ed economico,basti pensare chi è il maggiore esponente del PD a livello locale  che siede nei salotti buoni della politica e nelle istituzioni che contano.Qualcuno dei nostri consiglieri di maggioranza ancora ringrazia la sacra famiglia per tutto quello che ha concesso al nostro territorio dimenticandosi però affrettatamente delle macerie che ci stanno lasciando.Una voce si è alzata dicendo che bisognava giustamente non ringraziare più questi signori  per il loro comportamento etico ed immorale con chi per anni con il duro lavoro ha fatto arricchire il potentato che risiede  a Fabriano,medesima voce che poi frana nel contesto in cui si è alzata perché anche essa è sostenitrice delle maggioranza merloniana alla guida del nostro paese.Dalla parte dell’opposizione taglierei di netto la questione  Vivi Cerreto perché è ormai palese la sua vera natura affarista di espressione politica fatta passare per una associazione culturale  a servizio dei cittadini e della vita del paese. Da Sviluppo Solidarietà Progresso guidata dall’imprenditore che sembra aver risollevato la situazione della Ardo vi è la totale rottura delle posizioni politiche più elementari (centro sinistra-centro destra) a favore dei profitti.E’ lampante che questi personaggi non potranno mai fare opposizione a politiche nelle quali si riconoscono perfettamente e ne fanno strumento attivo per la propria vita quotidiana.I settecento lavoratori richiamati per far ripartire l’azienda dopo anni di cassa integrazione forzata in ozio deprimente ed avvilente,ora si ritrovano a pagare uno scotto pesante in termini economici e di dignità:come sembra è stato fatto firmare un accordo con l’occhiolino  dei sindacati padronali sempre più a servizio della borghesia imprenditoriale,dove i lavoratori rinunciano a  diritti acquisiti come scatti anzianità,livelli,super minimi,contratto integrativo, a salario minimo, a tutela di un azienda salvata, si fa per dire, dalle banche che difendono il patrimonio personale di chi ha rilevato l’azienda e il patrimonio reale del fautore di  questo teatrino:il burattinaio e le marionette…………queste sono le forze politiche che guidano la nostra giunta comunale  che rincorrono in maniera ostinata un modello di sviluppo socio economico che porta il nome di sistema capitalistico.Vi è bisogno ora più che mai di un inversione culturale di sinistra antagonista radicale che si opponga con forza  con lo scontro al più becero del sistema conservatrice liberale:vi è bisogno di una vera opposizione dei lavoratori che porti al ribaltamento della monarchia capitalista,che rivendichi la nazionalizzazione delle aziende che licenziano, dopo aver  delocalizzato,sotto il controllo dei lavoratori,alla nazionalizzazione delle banche che speculano i risparmi dei lavoratori nei profitti dei grandi gruppi economici.E’ necessaria  la visione comunista della società che al primo gradino della sua scala metta l’uguaglianza economica sociale dell’individuo e la tutela della propria libertà.Questi sono obbiettivi prioritari per la costruzione del partito rivoluzionario cioè il Partito Comunista dei Lavoratori.
                                                                                                          Mauro Goldoni Pcl
Sez. prov.ANCONA
Nucleo Montano     

11/01/12

Grillo difende gli evasori!


Questo eclettico (anzi schizofrenico) comico, non avendo riferimenti politici, ideologici, morali chiari e non essendo vincolato alla difesa degli interessi dei lavoratori, se ne esce ogni giorno con una nuova.
Dopo le inspiegabili aperture al governo Monti, ora difende persino gli evasori di Cortina che poverini, dice lui, non possono neppure più andare in settimana bianca con l'amante. Fortunatamente i suoi stessi "adepti" si stanno rendendo conto del populismo destrorso di Grillo e sul suo stesso sito lo stroncano (gurdate i commenti al post su Cortina!).
Di seguito due interessanti approfondimenti.

GRILLO SI SCOPRE A FIANCO DEGLI EVASORI

Beppe Grillo ha sentito il bisogno di dichiarare di fatto la propria solidarietà agli evasori di Cortina. “ D'ora in poi dovremo andare in vacanza a Cortina col commercialista, al posto dell'amante..” protesta Beppe sul proprio Blog. Sollevando per la prima volta una sacrosanta rivolta di tanta parte dei suoi lettori e fans.

Ciò che sta emergendo è il vero volto del Grillo pensiero. Quello di un ricco borghese che di fronte alla crisi sociale del capitalismo reagisce col riflesso condizionato del suo mondo: solidarizza col governo dei banchieri quando torchia gli operai e taglia i servizi (“ Monti deve mettere a posto i conti”), ma protesta sdegnato se gli chiedono lo scontrino o rovistano nei suoi conti fiscali. Immagino che a Cortina- che Grillo frequenta- sia questo in effetti il senso comune di tanti spensierati vacanzieri ( uomini di impresa, giocatori di borsa, pirati della finanza..) in naturale sodalizio di usi e costumi con i ricchi commercianti e albergatori del luogo . Ma non è affatto il senso comune di tanti lavoratori, giovani precari, pensionati, disoccupati colpiti dalla crisi, che a Cortina non possono andare ( o che a Cortina vivono da sfruttati) e che avevano cercato nel grillismo un riferimento alternativo.

Grillo e qualche suo devoto militante può anche consolarsi insultandoci sul suo Blog con un linguaggio volgare e “anticomunista” degno di un Cicchitto qualunque. Ma non può cancellare la verità che sta emergendo. Che è assai più robusta degli insulti. E che aprirà gli occhi a tanti giovani in gamba che frequentano il suo movimento.
PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI 

 

I CONTI DEL GRILLO, L'EVASIONE FISCALE, E.. “LA REPUBBLICA DEI SOVIET”

Dopo aver aperto al governo Monti, avergli chiesto un incontro, aver lodato il suo esordio, avergli domandato il “dialogo” con i movimenti ( si ascoltino le registrazioni che sbugiardano le “smentite”), Beppe Grillo si è scoperto per un attimo oppositore del governo. “Siamo a un passo dalla Repubblica dei soviet!” ha gridato sdegnato sul suo blog ( 20 Dicembre). Qual'è la ragione dello scandalo? Il fatto che il governo dei banchieri abbia annunciato il controllo fiscale sui conti correnti. “Non sopporto che i miei conti di persona onesta che paga il fisco siano a disposizione di centinaia di funzionari. E' un'intollerabile violazione della privacy” dichiara Grillo. E poi” I grandi evasori non ricorrono mica ai conti correnti bancari”.

GRILLO: UNA CONCEZIONE SINGOLARE DELLA PRIVACY

Naturalmente è vero- come poi diremo- che la grande evasione ricorre ad altri metodi e canali. E tuttavia colpisce che lo sdegno di Grillo per le misure fiscali di Monti, non si indirizzi contro l'imposizione della IMU sull'abitazione su cui si paga il mutuo, contro l'aumento dell'IVA, della benzina, di tutte le tariffe pubbliche e bollette, contro le nuove addizionali IRPEF, contro il fatto che i lavoratori dipendenti e i pensionati si vedono colpiti persino sul terreno fiscale dopo aver retto sulle proprie spalle negli ultimi trentanni l'aumento del 13% delle tasse, a fronte dell'evasione sempre più larga delle classi proprietarie (e persino della loro detassazione). No. Grillo si indigna per la possibile violazione della propria privacy di contocorrentista. E' interessante. Quando si trattava di intercettazioni Grillo gridava ”intercettatemi pure”: la privacy poteva essere violata indiscriminatamente. Ma quando si tratta di conti correnti il principio della privacy torna granitico. Come dire che, secondo Grillo, lo Stato ha diritto a controllare persino la vita affettiva e personale di un cittadino(!), ma non la sua regolarità di contribuente. Concezione singolare, ma non casuale: riflette la classica visione del mondo di un piccolo borghese arricchito che s'infuria non quando lo Stato torchia i lavoratori dipendenti, vere bestie da soma del carico fiscale, ma quando minaccia di mettere il naso nella sua “libertà” di potenziale evasore. Lì scatta la reazione irrefrenabile contro..”la Repubblica dei Soviet”. Lì persino Mario Monti, uomo delle banche, diventa lo spettro.. di Vladimir Lenin, senza alcun timore del ridicolo: soprattutto quando il piccolo borghese esercita il mestiere di comico.

IL GOVERNO DEI BANCHIERI NON PUO COMBATTERE UN'EVASIONE GARANTITA DALLE BANCHE

La nostra visione delle cose è esattamente opposta a quella di Grillo. Perchè opposta è la ragione sociale e di classe da cui muove. Non critichiamo il governo dei banchieri perchè “annuncia” a parole la lotta all'evasione. Ma perchè si limita appunto alle parole o a iniziative pubblicitarie( Cortina). Perchè usa quelle parole e iniziative come specchio per allodole per far digerire ai lavoratori nuovi sacrifici ( incluse altre tasse ). Perchè accetta di fatto l'evasione di massa degli stessi redditi delle classi proprietarie ( meno dell'1% dichiara più di 100.000 euro l'anno). Perchè un governo che garantisce l'evasione legale delle grandi ricchezze, rifiutando di imporre ogni reale patrimoniale, non ha alcuna credibilità quando minaccia l'evasione illegale. Perchè l'apparato dello Stato, su cui ogni governo borghese si appoggia, è strutturalmente incapace di combattere l'evasione, esposto com'è alla endemica corruzione, imprigionato nella sua burocrazia, spesso oltretutto paralizzato dai suoi stessi tagli di spesa a risorse e strumenti di controllo tributario ( tra il 2006 e il 2011 il 2000% di controlli fiscali in meno). Perchè il grosso di quel poco di evasione che accerta non riesce a riscuoterlo ( v. “I soldi rubati” di Nunzia Penelope”). Perchè oltretutto quel pochissimo che riscuote dagli evasori scovati ( appena 10 miliardi nel 2011 a fronte di 150 miliardi evasi) lo investe non a favore dei lavoratori ma per ridurre l'IRAP alle grandi imprese, per ridurre l'IRES ai capitalisti, per offrire garanzia statale alle banche e pagare gli interessi sul debito pubblico ai banchieri: a quei banchieri che sono i principali garanti dell'evasione fiscale del capitale , ma a cui Monti vorrebbe assegnare, guarda caso, poteri primari in fatto di di contrasto..all'evasione ( “Siano le banche a informare l'Agenzia delle Entrate sui movimenti di conto..” recita il Decreto Salva Italia).

Qui sta il vero scandalo. Non semplicemente nelle numerose vessazioni inquisitorie e brutali di Equitalia contro lavoratori, artigiani, piccoli commercianti indebitati con le banche e condannati dalla crisi alla rovina. Ma nel fatto che queste vessazioni intollerabili siano compiute come esattori di uno Stato garante delle banche; di quelle banche che sono custodi di tutti i traffici, marchingegni, truffe, raggiri della grande fuga capitalistica dal fisco: bancarotte tributarie, trader princing, società fantasma, paradisi offshore, fondi neri e via discorrendo. Di quelle banche che sono, tanto più in periodo di crisi, il cappio al collo di milioni di contribuenti onesti.

LO STATO BORGHESE HA FALLITO CONTRO L'EVASIONE FISCALE

Questo Stato ha irreversibilmente fallito contro l'evasione. Gli stessi dati forniti dalla stampa borghese sono inequivocabili. Negli ultimi 20 anni di propaganda anti evasione, di annunci storici “risolutivi”contro gli evasori, di infinite chiacchiere elettorali contro “chi ruba a tutti noi”, l'evasione fiscale è semplicemente.. quintuplicata. Lo dice testualmente la Corte dei Conti, e la stima è forse sbagliata per difetto. L'espansione dell'evasione è talmente grande che lo Stato non riesce neppure a stimarla in cifre definite. Lo sviluppo del capitale finanziario, la sua espansione mondiale dopo l'89, la diffusione delle nuove tecnologie informatiche, la precarizzazione dilagante del lavoro, l'intreccio sempre più vasto tra capitale ”legale” e criminale, hanno rappresentato nel loro insieme un volano moltiplicatore inarrestabile dell'evasione dei ricchi. Così è in tutto il mondo capitalistico, e persino in Germania ( dove l'evasione accertata è salita nel 2011 a 50 miliardi). Così è sicuramente in Italia. Per tranquillizzare Beppe Grillo, gli ricordiamo che il “terribile” sistema tecnologico Serpico contro cui ha inveito non è un invenzione di Monti. Fu istituito dal primo governo Prodi nel 97, naturalmente nel nome della “svolta antievasione”. I suoi risultati? Nulli. Altro che difesa della privacy dei conti correnti dallo Stato.. bolscevico!

SOLO MISURE RIVOLUZIONARIE POSSONO STRONCARE L'EVASIONE DEI CAPITALISTI

La verità è che la stroncatura alla radice dell'evasione fiscale- all'opposto di quanto pensa Grillo- richiede esattamente misure anticapitaliste e rivoluzionarie. Attribuzione del reato penale per lo sfruttamento del lavoro nero e regolarizzazione di tutti i lavoratori, combinate con la ripartizione del lavoro tra tutti e un grande piano di nuovo lavoro per opere sociali; controllo capillare, operaio e popolare, del territorio per scovare ogni forma di evasione fiscale e contributiva da parte di aziende e speculatori, ad ogni livello ( dalle aziende fantasma alle milioni di case sfitte neppure registrate); nazionalizzazione senza indennizzo e sotto il controllo dei lavoratori di tutte le aziende che evadono fisco e contributi; abolizione del segreto commerciale, apertura dei libri contabili delle aziende, controllo operaio e popolare sui conti aziendali; nazionalizzazione delle banche( senza indennizzo per i grandi azionisti e con la piena tutela dei piccoli risparmiatori) e loro unificazione in un unica banca pubblica, sotto controllo sociale. Guerra internazionale ai paradisi fiscali, a partire dall'esproprio d'autorità delle banche situate a San Marino, dello IOR vaticano, delle centinaia di filiali in Italia delle banche offshore, tutte grandi lavanderie di denaro sporco esentasse.

Sono queste le prime vere misure da prendere contro l'evasione. La loro incisività sta nel fatto che colpiscono al cuore il potere delle banche e che ricorrono alla mobilitazione e alla forza dei lavoratori e del popolo: uno strumento infinitamente più efficace, più rapido,più economico,più onesto della somma di Agenzia delle Entrate, Guardia di Finanza, ed Equitalia ( con le loro infinite lunghezze burocratiche e il loro carico inseparabile di corruzione e stipendi d'oro). Certo: le classi dirigenti inorridite griderebbero allo “Stato di Polizia”. Ma uno “Stato di polizia”della classe lavoratrice contro banchieri e capitalisti libererebbe milioni di persone dall'usura delle banche, dalla criminalità fiscale del capitale, dalle vessazioni del SUO Stato. E sarebbe dunque un fatto di libertà e di democrazia, oggi negata.

Resta il fatto che senza queste misure, l'evasione fiscale non sarà mai domata. E queste misure, a loro volta, possono essere realizzate solamente da un governo dei lavoratori. Da un governo che si basi unicamente sulla autorganizzazione democratica delle masse. Da un governo che rompa con le vecchie classi dominanti e lavori a costruire un altro ordine sociale: in cui a comandare non sia più una piccola cricca di industriali e banchieri, ma il mondo del lavoro e la maggioranza della società. In cui l'intera economia sia riorganizzata in funzione dei bisogni sociali e non del profitto.

LENIN E GRILLO

Non a caso fu proprio la Repubblica dei Soviet a realizzare concretamente quelle misure dopo la rivoluzione d'Ottobre , colpendo alla radice evasione e corruzione della vecchia Russia borghese, e radendole al suolo. Ai capitalisti e banchieri che si ribellarono, alla loro stampa inorridita, e.. ai Beppe Grillo dell'epoca che invocavano la propria privacy, Lenin rispose anticipatamente con parole molto semplici:

” Quando un banchiere pubblica le entrate e le spese di un operaio, i dati sul salario e la produttività del suo lavoro, nessuno pensa di vedervi l'intromissione nella vita privata dell'operaio o una delazione.. E se accadesse l'inverso? Se gli operai e gli impiegati controllassero le spese dei capitalisti e pubblicassero i loro conti e i loro dati? Quali grida selvagge contro lo spionaggio e la delazione!.. Quando i capitalisti controllano gli operai, si considera tutto naturale. Ma quando gli oppressi vogliono controllare gli oppressori, svelarne le entrate e le uscite, oh no, la borghesia non tollera lo spionaggio.. La questione si riduce sempre a questa: il dominio della borghesia è incompatibile con una democrazia vera. E nel XX secolo una democrazia vera è impossibile se si ha paura di marciare verso il socialismo” ( Lenin, la Catastrofe imminente e come lottare contro di essa”- Settembre 1917).
Questa verità è, se possibile, ancor più attuale nel nuovo secolo che si è aperto. Grillo permettendo, naturalmente...

MARCO FERRANDO

Ma il PCI era comunista?

Ogni tanto ci piace ricordare il nostro caro compagno, scomparso prematuramente, Tiziano Bagarolo, pubblicando sul nostro sito alcuni dei suoi articoli in ordine sparso. Di seguito un breve scritto sulla "vera storia" del PCI.

La domanda non è provocatoria, è seria.
Come sia finito, il PCI, è noto, liquidato da parte del suo stesso gruppo dirigente...
La domanda da porsi è, allora: da quando e da quanto, quel gruppo dirigente, non era più comunista?
Non voglio andare per le lunghe. A costo di essere schematico e approssimativo: il PCI non era più comunista (almeno) dalla metà degli anni trenta, da quando il suo gruppo dirigente aveva fatto proprio lo stalinismo.
Si potrebbe mettere in questione l'assunto, qui implicito, che lo stalinismo non fosse più comunismo.
Chiarisco meglio la faccenda. Parlando in generale sotto un profilo storico astratto si può accettare come comunista chiunque si definisca tale. Con questo criterio da storico-storico, anche Occhetto era comunista fino al giorno della Bolognina... E naturalmente era comunista Stalin mentre stringeva accordi con Hitler o mandava a massacrare i "trotskisti" (cioè i comunisti che non erano d'accordo con lui ...) in Spagna e in giro per il mondo...
Se, invece, l'essere comunista si identifica (1) con il programma della rivoluzione proletaria e socialista (e non con il tradimento della rivoluzione in nome delle alleanze con la borghesia) e (2) con il programma dell'instaurazione del potere operaio (e non con la difesa del potere della burocrazia), allora è chiaro che, dalla seconda metà degli anni venti (difesa della burocrazia in URSS) o, comunque, dalla metà degli anni trenta del XX secolo (da quando ha adottato la politica dei "fronti popolari" e di alleanze con la borghesia "avanzata"), lo stalinismo non è più comunismo ma una variante del riformismo...
Su questa base, la storia dei comunisti in Italia si può suddividere in queste tappe:
- i comunisti nel PSI (Bordiga, l'Ordine Nuovo di Gramsci, ecc.): sono coloro che vogliono "fare come la Russia" in Italia, quando ancora non è nato il partito comunsta;
- la fondazione del Partito Comunista d'Italia e i suoi primi anni: in questi anni nel partito comunista sono comunisti sia la base sia i gruppi dirigenti, prima il gruppo dirigente attorno a Bordiga, poi quello attorno a Gramsci; ma per poco...
- la stalinizzazione del PCdI: il processo avviene per gradi e per tappe dalla seconda metà degli anni venti; per ciò che riguarda il gruppo dirigente i primi passi sono la "bolscevizzazione" (ossia l'esclusione di Bordiga dal gruppo dirigente e soprattutto l'allineamento a Mosca) e l'adesione di Togliatti alla frazione stalinista; il processo si perfeziona all'inizio degli anni trenta con l'espulsione dall'UP dei "tre" (Tresso, Leonetti, Ravazzoli) e con l'emarginazione di Gramsci (allora in carcere); infine con l'adesione alla linea dei "fronti popolari"; fra i militanti, invece, comincerà solo nel secondo dopoguerra...;
- l'adesione alla linea dei "fronti popolari" (1935): storicamente è, da parte dei gruppi dirigenti, il salto della barricata; che resta tuttavia virtuale fino alla "svolta di salerno" (1944) e alla collaborazione con i governi post-fascist alla ricostruzione dello Stato (borghese);
- il primo "compromesso storico"; ossia la fase che porta, durante la lotta antifascista e subito dopo la fine della guerra, alla collaborazione con la borghesia per la stabilizzazione sociale e politica del paese e la ricostruzione dello Stato (borghese) nella forma di Stato repubblicano (e borghese...); artefice: Togliatti e il gruppo attorno a lui. La base operaia e partigiana non vive in modo convinto questa fase; sta qui la vera natura della "doppiezza togliattiana": ossia un atteggiamento in cui convivono una politica di accordi moderati con la borghesia e i suoi partiti con teorizzazioni che lasciano vivere l'illusione che questa politica dissimuli una strategia di attesa dell'ora X per la conquista del potere... Si tratta per l'appunto delle "illusioni" di chi vuol farsi illudere...

- la fase dell'opposizione postbellica, fino all'ascesa operaia e alla crisi degli anni settanta: per i gruppi dirigenti si tratta di riaprirsi la strada verso il governo; prioritario è comunque il lavoro per l'integrazione del PCI nei rapporti politici e sociali esistenti. La teorizzazione della "via italiana al socialismo" cerca di tenere insieme la ricerca opportunista della via al governo praticata dai gruppi dirigenti (di fatto non dissimile da una strategia socialdemocratica) e le illusioni "comuniste" dei militanti...
Sarebbe bene che i comunisti che ancora oggi danno e si danno "alimento postumo" a queste illusioni si facciano un esame disincantato di quel periodo e comincino a guardare in faccia la realtà...

- il secondo "compromesso storico", ossia la fase in cui il PCI di Berlinguer, con il contributo fondamentale della Cgil di Lama, salva la DC e la borghesia, ossia nella crisi degli anni settanta... Altro che Berlinguer punto di riferimento dei "comunisti da sempre"! Berlinguer è l'incarnazione della linea del centro burocratico che cerca di avanzare verso nuovi accordi di governo con la DC e al tempo stesso cerca di preservare i legami di massa del partito, il tutto giocando sul mito (non sulla realtà) della "diversità" comunista...
Ma l'operazione finirà con un fallimento. I comunisti dentro al PCI finiscono per ritirarsi sempre più ai margini, mentre si fa strada e si afferma anche nelle coscienze dei militanti un aperto revisionismo che porta il PCI a prendere le distanze dal Cremlino, ad accettare la NATO e a far propria la logica delle compatibilità (borghesi) che si esprime nella filosofia dei due tempi perfino per ciò che riguarda le riforme: prima i sacrifici, poi le riforme. Ovviamente il secondo tempo non arriverà mai...
(Sul compromesso storico segnalo questo post con un saggio di Mraco Ferrando che condivido pienamente: Il "compromesso storico": il mito e la realtà:http://tbagarolo.blogspot.com/2009/08/il-compromesso-storico-mito-e-realta.html).
Osservo che in questa fase una buona fetta di comunisti non è più interna al PCI: i settori giovanili, molti settori intellettuali, anche settori operai di grandi fabbriche (e anche no), militano nei gruppi e nell'estrema sinistra, ricercando strategie alternative al compromesso storico. Alcune saranno particolarmente disastrose (come il militarismo sostitutista delle Brigate rosse, Prima linea ecc.). Anche il resto dell'estrema sinistra non riuscirà a costruire un'alternativa al PCI...

- dal fallimento del "compromesso storico" alla liquidazione del PCI: fallito l'aggancio al governo perché la politica del "compromesso storico" porta al riflusso e, dal 1979-80, a una serie di sconfitte politiche e sociali a ripetizione, si creano le condizioni per il mutamento di DNA anche nel grosso della base del PCI. Il gruppo dirigente berlingueriano cercherà di ricostituire delle possibilità di pressione sulla borghesia cavalcando l'opposizione, ma questo non sblocca la situazione e, dopo la sua morte, prevale la linea del governo ad ogni costo.

- il passaggio del 1989/91: Quando il crollo del muro fa venir meno l'ostacolo "esterno" al coinvolgimento del PCI al governo di un paese della NATO come l'Italia, il gruppo dirigente si sbarazza rapidamente dell'eredità simbolica del comunismo, puntando ad un'operazione trasformista in grande stile che gli permetta di muovere senza impacci verso il centro del quadro politico: è l'operazione della Bolognina.
Che si rivela in effetti meno scontata e meno semplice di quanto Occhetto si figuri. Essa fa riemergere e riattiva una militanza comunista che era stata messa e/o si era tirata da parte negli ultimi anni. L'operazione di cambio dei simboli diventa così piuttosto laboriosa (due congressi) e tutt'altro che indolore: porta alla scissione e alla nascita del Partito della rifondazione comunista che guadagna rapidamente un ruolo e uno spazio elettorale tutt'altro che trascurabili.

- gli anni di Rifondazione: se sul piano elettorale il nuovo partito arriva a sfiorare nazionalmente il 9% (1996), dimostrando di aver saputo intercettare reali domande di massa, soprattutto di settori operai e giovanili, sul piano strategico non riuscirà mai a produrre una alternativa rivoluzionaria reale; i gruppi dirigenti maggioritari, tutti di provenienza togliattiana-berlingueriana o dalla sinistra socialista (Bertinotti), si dilanieranno per tutta la tormentata vita del PRC nello sport di contendersi il controllo del partito in genere contrapponendosi sul crinale (delle condizioni) dell'accordo di governo con un centrosinistra a sua volta sempre più spostato a destra e sempre più apertamente liberale.
Ricordo a questo proposito le scissioni "a destra" dei "comunisti unitari" (1995); dei "comunisti italiani" (Cossutta nel 1998); dei "comunisti libertari" (Vendola nel 2008)...

- L'esperienza del governo e la bancarotta. Culmine di questa vicenda è l'esperienza, quasi completamente "unitaria" per ciò che riguarda i gruppi dirigenti (ma anche la base, anche se in misura minore...), della partecipazione al governo Prodi dal 2006 al 2008... Esperienza (quasi) "unitaria" che sfocia nella lista (quasi) "unitaria" della Sinistra Arcobaleno e che si conclude con la scomparsa "unitaria" anch'essa dal parlamento nazionale...
Nel suo piccolo, questa fase può essere considerata il terzo "compromesso storico" a cui, nella storia d'Italia, partecipano Partiti sedicenti "comunisti": e più dei precedenti, anche questo terzo "compromesso storico" è finito in un disastro...

Conclusioni.
E' proprio da questo esito non casuale, punto di arrivo di una lunga vicenda storica, dalla comprensione delle sue ragioni lontane e vicine, che bisogna ripartire.
Pensare che basti costruire un'organizzazione, quale che sia, dei "comunisti da sempre", e battezzarla "comunista", e rivestirla dei simboli del comunismo, per rimontare la china, è l'ennesima ILLUSIONE.
L'illusione di chi ha con il progetto comunista un rapporto essenzialmente sentimentale ed affettivo, di identificazione con i suoi simboli e i suoi valori (vagamente intesi, per altro), ma che non è in grado di farlo diventare ANCHE un rapporto razionale, ossia fondato sull'esperienza e sulla riflessione sulle esperienze, ossia sull'intelligenza (= comprensione) delle vicende storiche...
Senza di ciò, non è possibile ipotizzare alcun "progetto comunista" che provi a rimontare la china, a (ri)parlare alle masse, a (ri)conquistarne la fiducia, a (ri)giocare le sue carte nel futuro prossimo e meno prossimo...

In realtà, in questa ricostruzione sommaria di novant'anni di disavventure dei "comunisti", ho tralasciato ogni riferimento a una "famiglia" di comunisti, che pure ha fatto questa storia nel mondo e anche in Italia, e che tuttavia in alcuni passaggi fondamentali ha fatto scelte ben diverse.
Ossia ha fatto le scelte fondamentalmente giuste...

E' la famiglia dei marxisti rivoluzionari (dei "trotskisti", per accettare una semplicazione giornalistica).

Non ho intenzione di semplificare qui una storia che è tutt'altro che lineare e tutt'altro che priva di contraddizioni. Però le scelte che in alcuni momenti cruciali i comunisti di questo orientamento hanno fatto (certo, restando minoritari nel movimento comunista, ma forse non è proprio perché hanno prevalso altre opzioni che siamo arrivati a questo panorama di rovine?) dimostrano che UNA ALTERNATIVA ERA ED E' POSSIBILE:

- anni trenta: NO al "fronte popolare" interclassista, SI al "fronte unico di classe"...

- Resistenza e dopoguerra: NO alla subordinazione della Resistenza al fronte interclassista; sviluppo delle sue potenzialità classiste e rivoluzionarie (chi ha sostenuto queste posizioni è stato spesso eliminato anche fisicamente dagli stalinisti durante la guerra partigiana...).

- crisi degli anni settanta: NO al "compromesso storico" con la DC e la borghesia, SI alla lotta di classe per cacciare la DC e aprire la strada del potere dei lavoratori...

Negli anni di Rifondazione:

- 1994: NO al "polo dei progressisti", si al polo anticapitalista di classe, costruzione su queste basi di una alternativa strategica (anche dentro il PRC, in alternativa ai gruppi dirigenti riformisti...).

- 1996-98: NO al sostegno esterno al governo Prodi, OPPOSIZIONE coerente secondo una logica di classe (e opposizione coerente nel PRC, sia a Cossutta sia a Bertinotti...).

- 2002-2006, gli anni di avvicinamento all'accordo di governo con il centrosinistra: NO a ogni accordo con il centrosinistra; costruzione di un coerente PROGETTO COMUNISTA su basi anticapitalistiche e classiste: annuncio che NON SI FARA' VENIR MENO L'OPPOSIZIONE POLITICA DI SINISTRA in questo paese nel caso si realizzi l'ipotesi della partecipazione al governo...

- 2006-08: i comunisti coerenti abbandonano il PRC, che ormai ha fatto il suo salto della barricata, e lavorano con pazienza:
1) a costruire la più ampia e unitaria OPPOSIZIONE DI CLASSE (sulla guerra, sulle missioni militari, sullo scippo del TFR, sulle finanziarie lacrime e sangue, ecc.);
2) a costruire un NUOVO PARTITO COMUNISTA, su una base programmatica chiara: a) No a ogni politica di collaborazione di classe con la borghesia; b) No allo stalinismo; c) una strategia di lotta per il potere fondata sul metodo degli obiettivi transitori; d) internazionalismo nei principi e nell'organizzazione.

I comunisti che in questi ultimi anni hanno fatto questo percorso sono quelli che hanno costituito nel gennaio del 2008 il PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI: il primo autentico PARTITO COMUNISTA in Italia dalla metà degli anni trenta del XX secolo! Questa è già un dato storico con cui tutti coloro che si dicono "comunisti" dovrebbero confrontarsi...

E' vero d'altra parte che non tutti i "comunisti" sono nel PCL, purtroppo. Lo sappiamo.

Ma quelli che sono nel PCL sono comunisti che hanno capito che all'essere comunisti non si connette solo un significato emotivo e sentimentale, o al più valoriale; essere comunisti significa anche condividere un progetto che si fonda su una riflessione razionale, sul bilancio dell'esperienza storica, su precise scelte programmatiche e strategiche che sono passate al vaglio di questa esperienza.
Sono comunisti "con il cuore e con il cervello". Come hanno insegnato a suo tempo Marx ed Engels, Lenin e Trotsky...
E' su queste basi che i comunisti del PCL possono professare oggi, con Antonio Gramsci, il pessimismo della ragione ma insieme l'ottimismo della volontà...

Tiziano Bagarolo

08/01/12

Fabriano: l'occupazione della Multiservizi

Iniziativa del Coordinamento Acqua Bene Comune
di Fabriano
Questa mattina, 22 Dicembre 2011, una rappresentanza del Coordinamento Acqua Pubblica Fabriano, dopo numerose altre iniziative volte al coinvolgimento della popolazione si è recata nella sede della Multiservizi spa di Fabriano al fine di ricevere una definitiva risoluzione riguardo la chiusura dei rubinetti alle famiglie morose.

E' inconcepibile visto il risultato del refrendum e la congiuntura economica critica, che non sembra volgere a una risoluzione, in cui versa la città di Fabriano, pensare che il servizio idrico possa essere soggetto ad una gestione di diritto privato, incapace di garantire la minima distribuzione dell'acqua.

Il responsabile Stroppa Luciano, appena il gruppo è sopraggiunto presso il suo ufficio al fine di ricevere chiarimenti, si è dimostrato malpredisposto ed ha colto l'occasione per abbandonare il luogo di lavoro, incapace di gestire un aperto e tranquillo confronto verbale.

Il responsabile di Fabriano, tornato dopo mezzora di assenza, ha acconsentito ad una comunicazione telefonica con il direttore generale di Ancona, che, dopo una discussione al telefono ha confermato che gli stacchi ai morosi continueranno.Presa visione del mancato interessamento verso le richieste della popolazione continuerà la mobilitazione fino a quando non ci verrà garantito il rispetto dei diritti umani e quindi la garanzia della distribuzione idrica.

Facciamo rispettare il referendum... fuori subito Fabriano dalla Multiservizi!

L’OPPOSIZIONE DI SINISTRA NELLA RUSSIA SOVIETICA


Di seguito un interessante approfondimento storico del comppagno Gemmo

L’Armata Rossa nel 1920, guidata da Trotsky, aveva vinto gli eserciti controrivoluzionari dei bianchi pagando un pegno di sangue e di risorse molte alto. La situazione socio/politica/economica della Russia di Lenin si mostrava debole sullo scenario internazionale a causa, soprattutto, dell’implosione dei processi rivoluzionari in occidente (Germania), il gruppo dirigente del partito bolscevico dunque aveva lanciato la “nuova politica economica” NEP, una sorta di ritirata tattica rispetto al comunismo di guerra. La NEP prevedeva la reintroduzione parziale del mercato in particolar modo nelle campagne. Nel 1922 questa scelta aveva già iniziato a creare delle contraddizioni all’interno del sistema sovietico i contadini accumulavano ricchezze e per inverso nelle città si sviluppano una penuria dei beni di prima necessità e l’impennata dell’inflazione.
Alla fine del 1923 proprio quando la rivoluzione tedesca subì il contraccolpo finale Stalin con l’aiuto di Tomsky e Bucharin teorizzò il “ socialismo in un paese solo” una teoria che si prestava bene alla costruzione di un apparato burocratico all’interno del partito, una casta di privilegiati. Stalin incarnò cosi i desideri dei nuovi uomini d’apparato epigoni della rivoluzione. Naturalmente tale teoria rappresentava una vera e propria negazione del leninismo. Nelle opere di Lenin, ad esempio, pubblicate nei primi anni vi era scritto :” Abbiamo puntato tutto sulla rivoluzione mondiale perché è impossibile costruire il socialismo in un paese solo”:Questa frase, come molti altri testi, sarà cancellata in seguito da Stalin nella ripubblicazione delle opere di Lenin a partire dal 1928.
Lenin aveva compreso, già da tempo, nel 1922 il dramma che si stava consumando, tra le fila del suo partito e dedicò le sue ultime energie- proponendo a Trotsky di formare con lui un blocco politico- alla lotta contro la degenerazione stalinista. Una battaglia in seguito che fu soprannominata “ L’ultima battaglia di Lenin”.1
Riguardo al blocco Lenin e Trotsky abbiamo già scritto in passato e vi rimandiamo al link http://trotskysmo.blogspot.com/2010/09/lenin-e-la-lotta-contro-stalin.html, adesso vorremmo soffermarci sui principali documenti (sarebbe difficile riportare nel suo complesso tutti i testi che si contrapponevano, a firma o a sostegno Trotsky, a Stalin) dell’Opposizione di Sinistra in Russia e di come tale corrente abbia intercettato i sentimenti dei veri marxisti rivoluzionari (non solo in Urss) e di come abbia tenuto vivo il lato genuino della Rivoluzione Russa e dei suoi insegnamenti.
IL XII congresso del Partito Bolscevico si tenne nell’aprile del 1923 dal 17 al 25 in un’atmosfera nuova, era il primo congresso senza Lenin (gravemente malato). Fu anche l’ultimo congresso, salvo rare eccezioni sino al XV, in cui vi fu permessa una discussione almeno parziale. Dopo i burocrati di Stalin durante i congressi (pochi rispetto alla media di Lenin) leggeranno “compitini” infarciti di elogi “ al rozzo”0 Stalin. Lo stesso Stalin che manipolava con gli altri due membri della Trojka (Zinoviev e Kamenev) il partito, ammise implicitamente durante lo svolgimento del XII congresso lo sforzo che lui e la sua tendenza fecero per dilatare la propria rappresentanza politica, disse: ” IL CC negli ultimi sei anni non mai preparato un congresso come quello attuale”2
L’apparato del partito è in piena progressione … l’elezione dei dirigenti è sempre più sostituita dalla nomina dei vertici, la libera discussione nei congressi è sempre più difficile. Trotsky, all’interno del XII congresso, preme più su la necessità di aprire e non chiudere il dibattito all’interno del partito più che sulla (volgare e meschina) dubbia incapacità della Troika a dirigere il partito.
“Data la situazione(…) ritengo, non solo mio diritto ma anche mio dovere far conoscere a tutti quei membri del partito che io considero sufficientemente preparati, sperimentati, consapevoli e, pertanto, in grado di aiutare il partito a uscire da questo vicolo cieco…”
In un ambiente del genere dove il libero dibattito interno del partito sino allora mai negato (Lenin con il X congresso proibì le frazioni ma non le piattaforme congressuali e il libero dibattito interno) era nei fatti soffocato dalla maggioranza, la risposta di molti sani bolscevichi non si fece attendere.
IL 15 ottobre del 1923 46 vecchi bolscevichi inviarono al centro del partito una dichiarazione che da un lato criticava la linea economica del partito e dall’altro, ancor più duramente, criticava il regime dispotico interno. Tra i maggiori firmati della“Piattaforma dei 46”vi sono due ex segretari di partito come Prebrazeneskij, Serebrijakov, ci sono eroi dell’Ottobre rivoluzionario quali Antonov Ovseenko, Muralov, ci sono grandi figure del partito come Pjatakov, Rakovskij, Smirnov ecc. Trotsky non è tra i firmatari, ma nei fatti ne è l’ispiratore.
Nel testo vi sono importanti riflessioni:
“IL Partito sta cessando di essere quella viva collettività indipendente che con sensibilità afferra perché è a lessa legata da migliaia di fili. Invece, noi constatiamo la sempre crescente, e ora appena nascosta, divisione del partito tra una gerarchia segretariale e la“gente tranquilla” tra funzionari professionali di partito nominati dall’alto e la massa generale del partito …”
“La lotta che si sta conducendo nel partito è tanto più aspra quanto più silenziosamente e segretamente procede. Se solleviamo questa questione di fronte al Comitato Centrale, è proprio per trovare la soluzione più rapida e meno dolorosa alle contraddizioni che stanno lacerando il partito e per rimetterlo senza indugio su basi sane.”4
Poco dopo nel partito si apre la calunnia al” Trotskysmo” non vale per i piccoli uomini della Trojka gli ammonimenti di Lenin “ Non si può rimproverare a Trotsky il suo passato menscevico” “da quando Trotsky è entrato nel partito bolscevico non vi è stato miglior bolscevico di lui”5. La campagna inizia dopo che Trotsky scrive il “Nuovo Corso” in cui segnala le difficoltà oggettive della fase e anche le deficienze soggettive del partito.
“ A queste tendenze vanno ricondotti il forte divario nelle condizioni materiali dei membri del partito, a secondo delle diverse funzioni da esse svolte e i cosiddetti “eccessi”, l’aumento dei rapporti con elementi borghesi e la loro influenza ideologica (…) il pericolo che si perda la prospettiva d’insieme dell’edificazione socialista e della rivoluzione mondiale(…) ; la burocratizzazione degli apparati del partito e la conseguente minacce di un distacco del partito dalle masse.”
Questo testo non tarderà, anche se all’inizio era stata fatta una sorta di tregua tra la maggioranza e la minoranza, a creare le reazioni di Zinoviev, Kamenev e Stalin.
Accusando Trotsky di non essersi “liberato delle sue abitudini opportunistiche”,di “demagogia” “doppiezza” ecc .6
La possibile svolta per Trotsky e l’Opposizione di Sinistra si potrebbe avere in un Comitato Centrale del Partito prima del XIII congresso. La Kruspkaja, moglie di Lenin, stanca dei soprusi di Stalin rende noto a Kamenev le volontà testamentarie di Lenin (ancora in vita, ma politicamente non attivo) e prega che il partito ne venga a conoscenza. Ora la Trojka si trova in un enorme difficoltà politica, nel ”Testamento“ Lenin parla chiaramente della rimozione di Stalin dalla carica di segretario generale per le sue pessime capacità (anche umane) con la sostituzione di qualcuno più idoneo (Trotsky), Stalin e gli altri non sanno come uscirne… Si convoca dunque un Comitato Centrale allargato ove Kamenev legge le volontà testamentarie di Lenin7. Questa volta Stalin non può far nulla, ma per sua fortuna e sfortuna del movimento comunista mondiale Zinoviev corre in suo aiuto:
“Almeno su un punto i timori di Lenin sono stati eccessivi intendo riferirmi al nostro segretario generale. Voi tutti siete testimoni del nostro comune lavoro di questi ultimi anni e, al pari di me, siete stati felici di constatare che i timori di Vladimir Ilic non si erano avverati”8
L’Opposizione con Trotsky tace dopo la lettura del testamento, Stalin è salvo grazie alla ciambella di Zinoviev ormai il partito ha un nuovo “Termidoro” Stalin…
La lotta comunque continua, Lenin è appena defunto, nel marzo del 1924 Trotsky pubblica le“Lezioni d’Ottobre” ove critica le posizioni di Zinoviev e Kamenev durante la rivoluzione (i due si erano opposti pubblicamente alla presa del potere), la Trojka reagisce come al suo solito rispolverando il passato non bolscevico di Trotsky.
Durante il XIV congresso Zinoviev e Kamenev muovono delle critiche alla teoria del socialismo in un paese solo e alla destra del Partito capeggiata da Bucharin il quale aveva avanzato alle parole d’ordine “contadini arricchitevi, ma senza rompere con Stalin e promuovono quindi una formula algebrica per mantenere unita la maggioranza, sintomo comunque di un mal di pancia dei due triunviri…
La Trojka comunque non reggerà ancora per molto Zinoviev e Kamenev comprendono che il loro ruolo è secondario all’interno del Partito. Stalin è il vero leader, l’indiscusso capo. Ha mosso, con grandi capacità, tutte le sue pedine, ha rimosso e sostituito funzionari e segretari a lui ostili con docili figure a lui fedeli. Giovani funzionari estranei al marxismo si affacciano “affamati” nel partito, Stalin utilizza le nuove leve“arriviste” per scalzare gli oppositori. Vero è anche che nonostante l’indubbia ambiguità di Zinoviev e Kamenev questi due dirigenti del partito erano dei sani rivoluzionari internazionalisti, non potevano accettare l’abiura del marxismo rivoluzionario sostenendo la teoria del socialismo in un paese solo, teoria che dal 26 in poi diviene la linea ufficiale del partito.
Iniziano i riavvicinamenti, non semplici, fra Trotsky e il duo Zinoviev e Kamenev.
Quando i tre iniziano a gettare le basi di quella che sarà poi chiamata L’Opposizione Unificata (l’Opposizione di Sinistra più l’Opposizione di Leningrado) Zinoviev e Kamenev si mostrarono disposti ad ammettere i propri errori nel recente passato sulle accuse rivolte a Trotsky.
Zinoviev nel Comitato Centrale del luglio del 26:
“ Ho commesso molti errori. Penso che i più gravi siano due. IL mio primo errore quello del 1917 è universalmente noto(…)Considero il mio secondo errore più pericoloso del 1917 (…) Noi diciamo che ora non ci può essere alcun dubbio che il nucleo fondamentale del 1923, come ha dimostrato l’evoluzione della frazione dominante, ha correttamente messo in guardia contro le deviazioni della linea proletaria(…) Si su quella questione dell’oppressione dell’apparato burocratico Trotsky aveva ragione contro di noi.”
Trotsky dal canto suo:
“Non c’è dubbio che nelle Lezioni d’Ottobre ho strettamente legato le deviazioni opportunistiche del partito ai nomi di Zinoviev e Kamenev(…) e di non rendermi conto tempestivamente che le deviazione opportunistiche erano state determinate dal gruppo del compagno Stalin contro i compagni Zinoviev e Kamenev.”
La battaglia, dunque, si prospetta in un modo nuovo. Ora l’Opposizione è più forte può contare sul sostegno del Presidente dell’Internazionale Zinoviev e sul partito di Leningrado, ma nonostante il suo nuovo slancio l’Opposizione sarà sconfitta non tanto politicamente, ma quanto fisicamente. L’Opposizione aveva un grande seguito la maggioranza del CC dei giovani ed era forte in molte zone proletarie. La NEP aveva impoverito il proletariato cittadino e la proposta della collettivizzazione da parte dell’Opposizione faceva ben sperare i centri urbani. In più le questioni Internazionali rinvigorirono, si pensi ai movimenti rivoluzionari in Cina del 26/ 27, i rivoluzionari dell’Opposizione. La verità era altra nonostante il fallimento della NEP che poco dopo sarà abbandonata da Stalin per una“terrificante e distorta” collettivizzazione forzata (prendendo in prestito le posizioni dell’Opposizione) ove intere etnie furono cancellate, Stalin aveva bisogno della NEP allora per sconfiggere, con il sostegno di Bucharin l’Opposizione. Nulla valse a far tremare Stalin neanche la politica suicida che la maggioranza del Partito propose nella Cina del 26/27 (ingresso dei comunisti nel Kuomitang borghese) portando i comunisti al famigerato massacro di Shangai e all’implosione della rivoluzione comunista -ripresa circa vent’anni dopo da Mao Tse Tung- a portare una conversione di linea, il Partito era ingessato.
Stalin aveva il partito in mano, l’Internazionale dopo la rimozione di Zinoviev divenne un semplice strumento di concertazione con le potenze imperialiste sino alla sua abolizione nel 43, era impossibile vincere contro Stalin Trotsky ne era consapevole non gli rimaneva che lottare per i posteri e cercare di raggruppare i sinceri rivoluzionari per una nuova lotta.
Sempre nel luglio del 26 prende corpo la “dichiarazione dei tredici”
“ La causa più grave delle crisi sempre più gravi nel partito è il burocratismo, che è cresciuto in modo spaventoso dal periodo della morte di Lenin e che continua a crescere.
(…) Separare la lotta contro il frazionismo dalla questione del regime di partito significa evitare l’essenza del problema, alimentare le distorsioni burocratiche e, conseguentemente, promuovere lo stesso frazionismo.
(…) Solo si ha uno sviluppo sufficientemente forte dell’industria è possibile tanto che crescano i salari degli operai, quanto che diminuiscano i prezzi dei prodotti nei villaggi. Non avrebbe senso basare qualunque calcolo per il futuro a qualsiasi livello sulle concessioni straniere, a cui non possiamo assegnare nemmeno un ruolo importante nella nostra economia, per non dire un ruolo di guida, senza minare alla base il carattere socialista della nostra industria.
(….) L’alleanza con i contadini medi è trasformata sempre di più in un orientamento verso i contadini medi agiati, che molto spesso dimostrano di essere una versione in miniatura di kulaki.
(…) La correzione della linea di classe del partito significa la correzione della sua linea internazionale. Tutte le dubbie innovazioni teoriche devono essere respinte se dipingono le cose come se la vittoria della costruzione socialista nel nostro paese non fosse inseparabilmente connessa con il progresso e il successo della lotta per il potere del proletariato europeo e mondiale.
(…) L’esempio di Lenin ha dimostrato che dotare il partito di una linea ferma non significa strangolarlo.9
Tra i tredici firmatari di tale appello oltre a Trotsky, Zinoviev e Kamenev compare la moglie di Lenin Krupskaja la quale disse, le famose parole, nel contesto della lotta contro Stalin: “ Se Lenin fosse vivo sarebbe in prigione”10. La Krupskaja rimase nelle file dell’opposizione sino alla capitolazione di Kamenev e Zinoviev si dice, alquanto probabile, che Stalin le disse che se non si fosse riallineata con lui avrebbe trovato un’altra vedova di Lenin (riferendosi alla relazione extra coniugale che Lenin ebbe quando era all’estero).
IL testo dei tredici racchiude in se tutte le critiche alla Stalinismo dell’epoca, la mancanza di democrazia interna al Partito, una politica insensata nell’economia e una politica avventuristica a livello internazionale.
L’Opposizione è debole Zinoviev e Kamenev cedono e capitolano alle pressioni dell’apparato, Stalin utilizza tutte le armi per vincere incondizionatamente la partita .
Zinoviev “ Lev Davidovich (Trotsky) è giunto il momento di avere il coraggio di capitolare”.
Trotsky “ Se bastasse tale coraggio la rivoluzione sarebbe un dato di fatto in tutto il mondo”.10
Gli ex triunviri alleati di Trotsky, dunque, capitolano a Stalin, ma l’Opposizione guidata da Trotsky non molla nonostante l’espulsione di Trotsky e Zinoviev durante il XV congresso nel 1927. Saranno Radek, Muralov, Rakovskij e Smilga a stilare un documento che ancora oggi a distanza di più di ottanta anni è una critica attuale della degenerazione stalinista.
“Questa espulsioni che il Congresso lo volga o no, segneranno una virata a destra per la politica del Partito, rafforzeranno i raggruppamenti antiproletari all’interno del paese e accentueranno la pressione che l’imperialismo esercita all’esterno. Non si frenare con successo la crescita dei kulak, lottare con successo contro il burocratismo, introdurre la giornata lavorativa a sette ore, quando al tempo stesso si caccia dal partito coloro i quali, durante gli ultimi anni, hanno lottato più ardentemente contro la forza crescente dei kulak (…) contro le deviazioni burocratiche e hanno messo all’ordine del giorno un miglioramento più rapido della situazione degli operai.
(…) IL regime del partito che ha portato alle nostre espulsioni condurrà inevitabilmente a nuove lacerazione nel Partito e a nuove espulsioni.”11
Questo è uno degli ultimi documenti dell’Opposizione in Unione Sovietica di lì a poco Trotsky sarà espulso dall’Urss, i migliori bolscevichi gli stretti (e non solo) collaboratori di Lenin saranno uccisi da Stalin durante le purghe e i finti processi, e continuerà la sua lotta contro lo stalinismo e per il marxismo rivoluzionario in terra straniera.
Nel 1933 dopo l’avvento di Hitler Trotsky capisce che la linea sovietica non è più riformabile- similmente Lenin aveva capito nel 1914 dopo il voto dei crediti di guerra della SPD che la II internazionale era morta (non si può riformare un partito che sostiene o ha sostenuto i governi di collaborazione di classe)- che bisogna costruire una nuova organizzazione che da li ha poco fonderà, la Quarta Internazionale.
La rifondazione di una Quarta Internazionale oggi è più che mai necessaria per il movimento operaio, primo perché il trotskismo sino a oggi ha retto alle prove della storia, il suo metodo (con alcuni limiti) e le sue analisi si sono dimostrate valide. Secondo perché se l’alternativa, come internazionale, è la pagliacciata (non trovo altre parole) della V internazionale di Chavez il movimento operaio sarebbe destinato ad essere sconfitto
Eugenio Gemmo
Partito Comunista dei Lavoratori
Direzione Nazionale