31/05/10

NO AL TERRORISMO SIONISTA. VIA LO STATO D’ISRAELE



L’aggressione militare israeliana contro le imbarcazioni filo palestinesi, con l’assassinio di decine di uomini e donne, conferma una volta di più la natura criminale dello Stato sionista: uno Stato nato dal terrore antipalestinese, che si perpetua coi metodi del terrore e della pirateria. Uno Stato estraneo a ogni legge, che offende ed umilia la tradizione migliore dello stesso popolo ebraico. I fatti dimostrano che non c’è nessuna possibilità di pacifica convivenza con lo Stato sionista. Solo l’abbattimento rivoluzionario dello Stato d’Israele, e la prospettiva di una Palestina unita, laica, socialista- rispettosa dei diritti della minoranza ebraica- possono assicurare il pieno diritto di autodeterminazione del popolo palestinese ed arabo, liberando il Medio Oriente e il mondo da un focolaio permanente di oppressione e di guerra. Il PCL porterà questa rivendicazione davanti alle ambasciate israeliane e in tutte le manifestazioni antisioniste.


MARCO FERRANDO- PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI



Israele non è nuovo a questi omicidi. A tal proposito vogliamo ricordare Rachel Corrie di 23 anni, schiacciata volontariamente da un bulldozer guidato da soldati israeliani perchè si opponeva inerme alle demolizioni di alcune abitazioni civili palestinesi. Guardate il video cliccando qui.

30/05/10

LA CRISI VA PAGATA DA CHI L’HA PROVOCATA




IMPEDIAMO LA FINANZIARIA-MASSACRO
SABATO 5 GIUGNO TUTTI/E IN PIAZZA A ROMA
Il durissimo conflitto che si svolge in Grecia ha una importanza cruciale per le sorti dell’Europa sociale, per le condizioni di vita dei salariati, dei settori popolari, dei più deboli e indifesi tra i cittadini, per il futuro dei servizi pubblici, dei beni comuni, delle pensioni. E’ una lotta difficile contro la violenza di uno spietato sistema capitalistico che vorrebbe il fallimento economico e sociale di una intera nazione, un ulteriore impoverimento e perdita di diritti per milioni di lavoratori, disoccupati, pensionati, migranti e giovani.
Ma anche di noi parla la drammatica situazione del popolo ellenico perché l’attacco ai settori popolari, ai servizi sociali e ai beni comuni sta avvenendo in tutta Europa, anche se per il momento non nelle stesse spietate dimensioni greche. E parla ai salariati, ai precari, ai disoccupati, ai pensionati ed ai migranti, che nell’ultimo biennio sono stati ulteriormente spremuti dal potere economico e politico, con milioni di licenziati e cassaintegrati cui a breve scadrà ogni forma di ammortizzatore sociale, con il dilagare di un precariato senza speranze, con tagli impressionanti dei servizi sociali, con un massacro nella scuola pubblica (41 mila posti di lavoro in meno per settembre) e l’espulsione in massa del precariato scolastico, con l’incessante attacco al pubblico impiego, con la crescita a dismisura dell’evasione fiscale e con il dilagare della corruzione, mentre la pressione del fisco sui salari e sulle pensioni diventa intollerabile.
In più, il governo vuole imporre una nuova legislazione del lavoro (il Collegato al Lavoro, in formale riscrittura dopo il rinvio di Napolitano alle Camere) per togliere le residue garanzie giuridiche a milioni di lavoratori eliminando il freno dell’art.18 dello Statuto dei Lavoratori, attraverso l’arbitrato concertato con i sindacati complici; e annuncia ulteriori attacchi al diritto di sciopero, continuando a negare rappresentanza e diritti ai sindacati di base, nonché la riscrittura dello Statuto dei lavoratori per cancellarne definitivamente funzione e portata.
In questo momento il popolo greco rappresenta l’avanguardia europea della lotta contro l’arroganza di un capitalismo che ha portato l’Europa e il mondo nella più catastrofica crisi economica del dopoguerra e che, ciò malgrado, impone che a pagare non siano quelli che la crisi l’hanno provocata ma coloro che l’hanno subita e che da sempre pagano per tutti. L’”aiuto” che i partner europei della Grecia promettono assomiglia all’intervento di un medico che per evitare le sofferenze di una colica renale dia al paziente pasticche di cianuro. Ma qualcosa
di simile si prepara per altri paesi europei, tra cui l’Italia: come in Grecia, si annunciano riduzioni salariali, blocco della contrattazione e congelamento dei contratti nazionali, elevamento dell’età pensionabile e drastica riduzione delle pensioni, abolizione di ogni garanzia contro i licenziamenti, massicci tagli di posti di lavoro nella scuola e in tutto il settore pubblico. E questo dopo che i governi europei e dei principali paesi capitalistici del globo hanno dilapidato centinaia di miliardi di euro o dollari per soccorrere banche e imperi finanziari in bancarotta, principali responsabili della crisi globale.
In Italia come in Grecia, sperare che l’accettazione dei tagli e dei licenziamenti serva a far passare la crisi sarebbe suicida. L’unica via di salvezza è la crescita rapida della solidarietà e dell’unità nella lotta contro i poteri economici e politici europei che vogliono continuare a far pagare i costi della crisi ai salariati e ai settori popolari. Solo una generale mobilitazione europea, coordinata dalle forze anti-liberiste, da coloro che ritengono possibile un altro mondo non fondato sul profitto, sulla mercificazione globale e sul dominio del mercato, in una
stretta alleanza tra forze sindacali alternative, politiche e sociali, può modificare il corso degli eventi.
In questa direzione, nel quadro di una indispensabile stagione di lotte, scioperi e mobilitazioni, promuoviamo per il 5 giugno una manifestazione nazionale a Roma e la proponiamo a tutte le strutture sociali, sindacali e politiche che si battono contro le catastrofiche ricette di “uscita dalla crisi” del potere economico e politico europeo e italiano. La mobilitazione popolare in corso in Grecia deve diffondersi in tutta Europa, coordinarsi, trovare tempi e modi coincidenti, luoghi di incontro, programmi comuni. E come primo passo intendiamo proporre che il 5 giugno sia una giornata di mobilitazione europea, con manifestazioni nelle varie capitali, a fianco del popolo greco in lotta, per la difesa delle conquiste sociali dei lavoratori/trici europei, perché la crisi sia pagata da chi l’ha provocata.
Impediamo la Finanziaria-massacro
NO ai licenziamenti, all’attacco alla spesa sociale e ai lavoratori pubblici.
SI alla tutela dei pensionati, dei precari, dei disoccupati.
Cancellazione del Collegato Lavoro, dei tagli nella Scuola e nei servizi pubblici.
Tassiamo i grandi patrimoni e le operazioni finanziarie;
non un euro o un posto di lavoro in meno per salvare banche, finanzieri e padroni.
Respingiamo l’attacco al diritto di sciopero, ai diritti sindacali e del lavoro,
ai contratti, alle pensioni, ai beni comuni.
A fianco dei lavoratori greci ed europei in lotta.
Confederazione COBAS - USB Unione Sindacale di Base

26/05/10

Acqua pubblica o privata? Da Giolitti a Ronchi

Trascrivo dal sito "Irispress" questo post del 19 novembre scorso che sintetizza un secolo di interventi normativi sul bene comune acqua: dalla "municipalizzazione" decretata dalla legge Giolitti nel marzo 1903 alla "privatizzazione obbligatoria" stabilita per decreto legge, convertito con voto di fiducia, dal governo Berlusconi nel 2009.
Viene spontaneo osservare che la parabola dell'acqua sembra rinchiudere in sé il senso di un passaggio storico più complessivo: quello segnato agli inizi del XX secolo dall'ascesa e alla fine del secolo dal riflusso del movimento operaio e delle lotte per i diritti collettivi.
Saprà l'attuale battaglia per l'acqua bene comune pubblico essere il punto di partenza della riscossa, un nuovo punto di svolta storico? Bisogna lavorare proprio per questo: anche per questo diciamo che si tratta di una battaglia di civiltà.
[t.b., 24 maggio 2010]


ACQUA: DALLA LEGGE GALLI ALLA RONCHI




(IRIS) - Roma, 19 nov. - Approvata la riforma del servizio idrico con il via libera definitivo dell'Aula della Camera al decreto legge Ronchi sugli obblighi comunitari che ne disciplina la gestione all'articolo 15.
Ma l'oro blu ne ha già 'passate' tante nell'ultimo secolo e questo è l'ennesimo cambiamento che, più di tutti gli altri, mette nell'angolo la gestione pubblica e amplia gli spazi per quella privata.
La storia parte da lontano. Fu sotto il governo Giolitti [in realtà Giolitti, allora potente ministro degli interni, fu il promotore della legge, ma capo del governo era Zanardelli; ndtb] che venne approvata la legge nazionale per la municipalizzazione degli acquedotti. Una scelta scaturita dai problemi igienico-sanitari, dagli alti costi per i cittadini e dalla necessità di estendere il servizio alle fasce più povere della popolazione.
Novantuno anni dopo, con la legge Galli, è iniziato invece il processo di privatizzazione. La legge del 5 gennaio 1994 n. 36, come spiega Paolo Carsetti, segretario del Forum italiano dei movimenti per l'acqua, "ha sancito, infatti, il principio del full recovery cost. Principio in base al quale tutto il costo della gestione del servizio idrico deve essere caricato sulla bolletta e non è più, quindi, la fiscalità generale a farsene carico. In particolare con la legge Galli viene stabilito che ognuno paga in bolletta il 7% di quanto il gestore ha investito. L'acqua, però, doveva essere comunque gestita dagli enti locali".
La legge Galli, argomenta l'idrogeologo, ha comunque il merito di aver riorganizzato il servizio. Fino a quel momento c'era stato un forte spezzettamento dei gestori del servizio. All'interno dello stesso territorio c'erano tanti: uno che faceva fronte ai servizi di captazione, uno per l'adduzione ed un altro per la depurazione. Uno spezzettamento che aveva portato alla presenza di "un numero di gestori superiore a quello dei comuni".
Di fronte a questo stato di cose, la Legge 36 ha introdotto "il concetto di ciclo integrato dell'acqua e quindi la necessità di un unico gestore per l'intero ciclo. A questo fine ha individuato gli Ambiti Territoriali Ottimali (ATO) in corrispondenza (almeno in linea teorica) dei bacini idrografici (in realtà sono stati ricalcati i confini amministrativi).
Nel 2000 è arrivato il TUEL, il Testo Unico Enti locali che ha previsto tre modalità di affidamento per la gestione del servizio idrico: alle Spa private scelte con gara; alle Spa miste pubblico-private e infine alle Spa pubbliche tramite affidamento diretto.
Di fatto però, rileva il segretario Fima, "in molti casi le gare non si sono svolte e in ogni caso nel TUEL è rimasta, se pure in parte residuale, la possibilità di gestire l'acqua attraverso enti di diritto pubblico".
Sei anni dopo è intervenuto il decreto legislativo 152 del 2006 che ha ribadito le tre modalità di gestione fissate dal TUEL.
Nel 2008, poi, la cosiddetta manovra estiva, varata con il decreto 112 del 25 giugno 2008 (Legge 133 del 2008) ha introdotto altre novità prevedendo, in particolare, che "le modalità ordinarie sono quelle dell'affidamento ai privati tramite gara e che, solo in via derogatoria, l'affidamento può essere fatto senza gara e verso società a totale capitale pubblico, le cosiddette in house, in linea con i tre criteri UE.
Il decreto - evidenzia Carsetti - ha poi demandato altri dettagli, incluso il regime transitorio, ad una serie di decreti attuativi che, però, non sono mai arrivati".
Ed è a questo punto che il governo ha deciso di introdurre le misure contenute nell'articolo 15 dell'attuale decreto sugli obblighi comunitari dando seguito a ciò che era rimasto sospeso.
Autore: Faber

PER UNO SCIOPERO GENERALE PROLUNGATO,

CON ASSEDIO DI GOVERNO E PARLAMENTO (26 Maggio 2010)

comunicato nazionale pcl

Dopo 20 anni di sacrifici a vantaggio di capitalisti e banchieri, la manovra del governo vuole garantire i banchieri con nuovi sacrifici per i salariati e i servizi sociali. La CGIL e l’insieme delle sinistre politiche e sindacali non possono limitarsi al “dissenso” verso questa manovra, o a scioperi rituali e di facciata. E’ l’ora di promuovere unitariamente una vera rivolta sociale: perché solo una prova di forza può sbarrare la strada al governo e aprire uno scenario nuovo. Chiediamo a tutte le sinistre politiche e sindacali di unire le proprie forze in uno sciopero generale vero, a carattere prolungato, sino al ritiro della manovra: uno sciopero combinato con l’assedio di massa di governo e Parlamento.

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

20/05/10

SOLDATI UCCISI: LA RESPONSABILITA’ POLITICA E MORALE E’ DEL GOVERNO. VIA LE TRUPPE

La morte dei soldati italiani in Afghanistan chiama in causa ancora una volta il governo italiano e tutte le forze politiche che sostengono la missione di guerra. Ogni ipocrisia è da tempo caduta. Le truppe italiane e occidentali in Afghanistan partecipano ad una guerra di occupazione, che ha come oggetto la spartizione delle zone di influenza in Centro Asia. Nel nome della “democrazia”, sostengono un governo fantoccio, privo persino di ogni formale legittimità, basato sulla pratica dei brogli e della corruzione. Un governo che si regge sull’arbitrio poliziesco, come ha dimostrato la vicenda di Emergency; e che giunge a legittimare il diritto di stupro contro le donne pur di compiacere i clan tribali che lo sostengono. Le forze italiane di governo e di “opposizione” che oggi “piangono” i caduti, sono le stesse che li hanno mandati a morire nel nome di Karzai, spendendo fior di miliardi pubblici pagati dai lavoratori per una guerra coloniale: sono dunque i veri responsabili, politici e morali, dell’accaduto. Il PCL, unico partito della sinistra italiana a non aver mai votato questa guerra, chiede una volta di più il ritiro immediato delle truppe. E il rilancio di una mobilitazione unitaria di tutte le sinistre attorno a questo obiettivo elementare.

Partito comunista dei Lavoratori. Marco Ferrando

Accordi demaniali


da un articolo di Augusto Romano per il Quotidiano "Terra!"


POLITICA. Oggi il Consiglio dei ministri darà il via libera al federalismo demaniale. L’IdV trova l’intesa con la Lega e vota sì al testo. Della Seta (Pd) parla di provvedimento pericoloso per l’ambiente. Verdi furiosi.
Di Pietro-Calderoli, la strana coppia. Di federali. Nel senso di sostenitori del federalismo. Fa un certo effetto vederli seduti uno accanto all’altro in conferenza stampa per spiegare i vantaggi del federalismo demaniale. Il ministro leghista annuncia soddisfatto che il provvedimento sarà approvato domani (oggi, ndr) dal Consiglio dei ministri. Di Pietro spiega il voto favorevole dell’Italia dei Valori ieri alla Camera e lancia stoccate al Partito Democratico, che, invece, si astiene, mentre l’Udc vota contro.

«L’Idv -ha detto Di Pietro - si assume la responsabilità delle proprie decisioni e dice sì al termine di un lavoro condotto senza contrapposizioni preconcette. Chi, invece, si astiene dimostra di non essere nè carne nè pesce». L’Italia dei Valori votò a suo tempo il federalismo in Parlamento e la sua posizione non è cambiata ora che si devono approvare i decreti attuativi. Per Di Pietro il sì al decreto sulla cessione del demanio «è un’occasione per riflettere tutti insieme sull’utilizzo migliore che i beni pubblici possono avere per la collettività, soprattutto quelli che nella maggioranza dei casi sono abbandonati senza produrre alcun reddito, mentre soltanto il controllo locale può dare maggiore trasparenza».

Critico Della Seta (Pd): «Il federalismo demaniale, nonostante raccolga una parte delle nostre osservazioni, resta un testo molto pericoloso per l’ambiente. Trasferisce un patrimonio di beni anche di interesse ambientale alle Regioni e ai Comuni senza chiarire e specificare in maniera netta come poi la tutela di questi beni possa rimanere in capo allo Stato». E critica l’intesa Lega-Idv: «Di Pietro ormai lo conosciamo, è abituato a scegliere sulla base di valutazioni tattiche. Certamente rispetto al merito ha un modo di procedere molto disinvolto». Ben più duro il presidente dei Verdi.

«Il sì di Di Pietro - dice Angelo Bonelli che oggi presenterà un dossier - è semplicemente vergognoso. Non gli viene in mente che invece di regalare il patrimonio di Stato ai poteri forti si poteva fare una riforma per far pagare i giusti canoni per le concessione demaniali e le sorgenti idriche? Il federalismo demaniale non è nient’altro che una mega svendita dei beni di Stato consentendo una speculazione senza precedenti. I Comuni, infatti, nell’80% dei casi saranno costretti alla vendita perché i deficit degli enti locali non consentono di sostenere i costi di manutenzione e gestione dei beni. Le sorgenti di acqua minerale e termale potranno essere vendute, in barba alla battaglia contro la privatizzazione dell’acqua. Il sostegno alla legge porcata di Calderoli, che è semplicemente l’autorizzazione a depredare i beni dello Stato, indigna. In Parlamento non esiste un centrosinistra degno di questo nome perché quando si tratta di obbedire alle richieste dei poteri forti, rispondono tutti ‘signorsì’, senza pensare all’interesse dei cittadini».

Mentre l’Idv si smarca dalle altre opposizioni, Bossi gongola perché «il federalismo è partito» e Berlusconi guarda già oltre, al federalismo fiscale che «sarà lo strumento più efficace di contrasto nei confronti dell’evasione».

17/05/10

Difendiamo l'esperienza dei Centri Sociali - L'officina non si tocca


Vendere beni pubblici, come il San Martino e il Politi dove hanno sede l’OFFICINA REBELDE e il TNT, è un modo di fare bilancio che abbiamo sempre contestato.
L’ultima volta, al Consiglio Comunale di giovedì 29 aprile, anche se guarda caso eravamo da soli.
Oggi il TNT afferma che si apre una fase nuova e chiama a raccolta le esperienze di autogestione, crediamo anche OFFICINA REBELDE, per contrastare questo modo di agire dell’Amministrazione Comunale.
Accusa IdV e parte del PD, ma i sostenitori del Sindaco Belcecchi forse sono migliori?
All’ultimo Consiglio Comunale LA VENDITA DELLE NOSTRE SEDI È STATA VOTATA DA TUTTA L’ATTUALE MAGGIORANZA.
L’assessore all’ambiente Maiolatesi non è forse l’espressione del TNT dentro il governo della città?
Questa maggioranza è la stessa che ha servito in un piatto d’argento un’altra centrale alla Sadam.
Ed è proprio la dignità di chi oggi in questa città è senza voce e senza futuro che viene offesa da questa amministrazione comunale che permette l’affare milionario Sadam: milioni di soldi pubblici intascati dal signor Maccaferri per costruire la centrale a biomasse sono un pugno nell’occhio per chi in questa città è senza futuro, per chi non ha più il lavoro e non riesce a ritrovarlo, per chi lo sta perdendo, per chi non riesce più a pagarsi l’affitto.
Se gli amici del TNT sono veramente convinti di dare una sterzata chiara al loro sostegno a questa amministrazione comunale siamo i primi ad essere contenti, e siamo aperti ad un confronto per difendere l’esperienza dei centri sociali a Jesi e non solo.

ANCHE NOI VENDEREMO CARA LA PELLE,
LA SEDE DELL’ OFFICINA NON SI TOCCA!!!!


OFFICINA SOCIALE REBELDE
12/05/10

12/05/10

Vogliamo un PD nucleare!


Escono allo scoperto i nuclearisti "democratici". Riprendiamo dal "Riformista" la loro lettera a Bersani. Sono studiosi, docenti universitari, manager. Vogliono "rinverdire" (si fa per dire) la "gloriosa" tradizione industrialista e nuclearista del PCI pre-Chernobyl. Si offrono di fare da testa d'ariete del fronte nuclearista verso l'opinione pubblica, in particolare quella progressista e di sinistra, al posto degli impresentabili personaggi del governo Berlusconi (Scajola insegna...) e dell'industria nostrana dell'atomo.
I toni e gli argomenti che utilizzano sono i soliti vecchi ritornelli in stile scientista e tecnocratico: chiedono con toni da vittime che "non si chiuda pregiudizialmente" al nucleare ma che si apra una discussione e un confronto nel partito e nel Paese sui problemi energetici – che è esattamente quello che hanno sempre chiesto gli oppositori dell'atomo, perché (sta qui il punto su cui l'appello sorvola) il ritorno al nucleare è già stato deciso dal governo Berlusconi senza discussioni in sede parlamentare e senza aprire confronti di alcun tipo nel Paese, tanto meno sui temi dell'energia o dei rischi, e oggi il nucleare è meramente una "scelta imposta", ma su questo l'appello non spende una parola... Accusano di "tecnofobia" e di "spirito antiscientifico" chi si oppone al ritorno del nucleare – quasi che lo spirito scientifico sia un'esclusiva loro, ignorando gli appelli e le prese di posizione in senso opposto di eminenti studiosi e scienziati. Si nascondono dietro l'esigenza di ridurre le emissioni di CO2 – senza fare i conti col fatto che proprio il ritorno al nucleare comporterebbe per l'Italia un ritardo di vent'anni nella riduzione delle emissioni di gas serra...
In verità non rispondono realmente a una sola delle argomentate contestazioni in materia di costi finanziari, sicurezza, rischi, impatto sociale, opzioni energetiche alternative, inutilità a rispondere ai problemi climatici ecc. formulate negli ultimi anni da coloro che si oppongono alla "rinascita" atomica (rinascita che per ora è, in ogni caso, anche a livello mondiale, più un progetto insidioso che una realtà marciante...). Si limitano a citare Barack Obama e a fare l'elenco dei paesi che ancora utilizzano il nucleare e a chiedere di non essere tagliati fuori dall'affare... (Per una risposta più argomentata rinvio ai link e alle annotazioni che mi riservo di accludere in calce all'appello).

Tiziano Bagarolo

Partito Comunista dei Lavoratori


Pubblichiamo qui di seguito la lettera che un nutrito gruppo di intellettuali, scienziati, imprenditori, parlamentari, hanno spedito a Bersani, chiedendogli che il Pd non chiuda la porta all'energia nucleare, che non ceda a una tentazione demagogica e antiscientifica, e lo invita [clicca qui per continuare...]

UN PIANO SALVA BANCHIERI CONTRO I SALARIATI




Il piano varato a Bruxelles ha come fine ultimo quello di proteggere le banche continentali, addossando ai salariati i costi dell’operazione. Il capitalismo europeo sa offrire solo sacrifici al mondo del lavoro. Prima per entrare nell’Euro, a vantaggio di banchieri e grandi imprese. Poi per finanziare il salvataggio pubblico di banchieri e grandi imprese, di fronte alla crisi provocata dalle loro truffe e rapine. Infine per finanziare il salvataggio pubblico di Stati indebitatisi ( per pagare le banche), e garantire loro di poter pagare.. i banchieri acquirenti dei propri titoli di Stato. Gli interessi delle Banche, a scapito dei salariati, sono l’alfa e l’omega dell’Europa capitalista. L’altare sul quale si celebra in ogni paese l’unità nazionale tra governi e “opposizioni”. L’unità nazionale che si sta celebrando in Italia tra Berlusconi, Bossi, Bersani, Casini attorno all’ennesimo programma annunciato di “lacrime e sangue” per i lavoratori italiani, deve incontrare la risposta unita e radicale delle sinistre politiche e sindacali. Attraverso la preparazione di un vero sciopero generale continuativo che blocchi, con la forza di massa, il varo del piano. In prospettiva, solo un Europa socialista che espropri i banchieri può porre fine al calvario degli operai italiani ed europei

Roma, 11 Maggio
MARCO FERRANDO- PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI (PCL)

10/05/10

Milioni di lavoratori

Milioni di lavoratori in Europa stanno diventando precari, disoccupati o cassaintegrati; alcuni scompaiono addirittura da ogni statistica.

Di nuovo gli interessi della borghesia contro gli interessi dei lavoratori e delle grandi masse.

Milioni di lavoratori accettano di vivere una società che considera normale e accettabile lo sfruttamento dell’uomo, arrivando fino alle estreme conseguenze, dove una guerra invisibile uccide migliaia di persone ogni anno sul lavoro e di lavoro.

Milioni di lavoratori guardano imperterriti, indifferenti ai lauti aumenti di stipendi dei governanti, dell’aumento degli assessorati, dell’assunzione di dirigenti pagati a peso d’oro senza contare la macchina con autista.

Milioni di lavoratori accettano di essere governati da condannati in via definitiva, padroni di banche, speculatori senza scrupoli e conviventi con la mafia.

Milioni di lavoratori restano a guardare mentre 176.000 aziende, ossia il 70%, sfruttano il lavoro nero guadagnando sulla loro pelle.

Milioni di lavoratori regalano soldi pubblici per finanziare i centenari, di cui 100.000 euro per festeggiare il centenario di Confindustria.

Milioni di lavoratori si sono visti ricattati e costretti a lavorare il Primo Maggio, dipendenti di commercianti e piccoli negozi, aperti in nome dell’interesse di categoria e dei consumatori, giusto ciò che serve per evocare una entità e contrapporla ai dipendenti che non hanno i mezzi e la forza per reagire.

Milioni di lavoratori italiani, il 70%, al di sotto dei 35 anni, ha uno stipendio che non arriva a mille euro al mese.

Milioni di lavoratori immigrati sono talmente vessati e schiavizzati da dover scegliere tra la rivolta o il suicidio per sfuggire all’inferno della loro condizione.

Milioni di lavoratori hanno aperto le porte ai sindacati filo-padronali lasciandosi “imbrogliare”, sottomettendosi ancora di più ai propri sfruttatori.

Milioni di lavoratori devono diminuire i “tempi di lavoro” e non aumentarli, il sindacato che favorisce l’aumento dei tempi di lavoro e che sprona l’operaio ad ulteriori sacrifici non è più rappresentativo per il lavoratore.

Milioni di lavoratori italiani, sono disgregati in 49 forme contrattuali diverse:”Precari di tutto il paese unitevi !”….

Milioni di lavoratori sanno che la risposta dei nostri governi alla crisi del capitalismo è: “cancellazione dei diritti politici e sindacali, precarizzazione e super-sfruttamento”.

Milioni di lavoratori si vedono privati delle conquiste dei loro padri.

Milioni di lavoratori devono sviluppare la coscienza di massa in senso anticapitalistico.

Milioni di lavoratori devono occuparsi di politica e non subirla.

Milioni di lavoratori dovranno rompere con le leggi del profitto e degli sfruttatori.

Milioni di lavoratori devono prendere coscienza del fatto che il capitalismo è socialmente, umanamente, ecologicamente incompatibile, il capitalismo è commercio, è potere e lusso per pochi e, debiti, impoverimento e regresso per gli altri. Il capitalismo è guerra, politica di sfruttamento e militare, incompatibile con la pace, col progresso e con le belle favole, parole, ipocrisie che i nostri politici ci raccontano ogni dì.

Milioni di lavoratori greci si sacrificano per salvare banchieri e produttori di miseria, e mentre loro si privano di ogni bene, il loro Governo pensa di acquistare sottomarini e aerei dalla Francia e Germania.

Milioni di lavoratori dovranno fraternizzare coi lavoratori greci per evitare l’intensificazione dello sfruttamento.

Milioni di lavoratori dovranno votarsi alla rivolta del sistema capitalistico, alla rivolta morale e pratica.

Milioni di lavoratori dovranno lottare per un’economia socialista se vogliono dare futuro e speranza ai loro figli e alle generazioni future.

Milioni di lavoratori devono necessariamente Nazionalizzare senza indennizzo e sotto il loro controllo tutte le aziende in crisi e la ripartizione, a parità di stipendio, del lavoro esistente tra tutti i lavoratori.

Milioni di lavoratori devono chiudere le porte a tutte le leggi di precarizzazione del lavoro e paghe vergognose, da elemosina.

Milioni di lavoratori in questo modo difenderanno il loro lavoro e le loro famiglie.

Milioni di lavoratori dovranno restituire alla stragrande maggioranza della società ciò che ora è devoluto nelle mani private, perché queste, avidamente, si procurano il massimo del profitto a discapito dell’interesse pubblico.

Solo il rovesciamento del capitalismo e dell’imperialismo può liberare un futuro diverso per l’umanità.

Padroni, dirigenti, responsabili dove sono? Lì avete mai visti fare un solo giorno di galera?

Milioni di lavoratori devono riappropriarsi del loro antico coraggio, della fiducia in loro stessi, dello spirito d’indipendenza.

Milioni di lavoratori devono lottare per costruire gli Stati socialisti d’Europa e non per una Europa imperialista.

Milioni di lavoratori dovranno staccarsi dalla finta madre adottiva neo-liberista e costruire l’asse decisivo di una politica comunista.

La forza di ogni lotta al servizio di tutti, la forza di tutti al servizio di ognuno.

Youri Venturelli
Partito Comunista dei Lavoratori

07/05/10

Politica "ad Partitum"


In questi giorni il panorama politico nazionale è letteralmente occupato dalle vicende interne e dalla grande e profonda spaccatura che si sta consumando dentro il PDL. Di fatto la spaccatura tra l’egemone Berlusconi e la pecorella smarrita Fini delineano una precisa linea della vera natura del primo partito italiano: la totale assenza di democrazia e di confronto politico-culturale. La mossa del presidente della Camera di creare una corrente interna di minoranza che si contrapponga in maniera legittima allo strabismo politico del suo principale condottiero, mette di fatto sul piatto la crisi che si può creare tra Berlusconi e Bossi, vero perno dell’alleanza di centro-destra che purtroppo governa il nostro paese. Per il cavaliere perdere l’alleanza con il leghista per causa di un capriccio di Fini segnerebbe la fine del potere e del consenso nazionale e territoriale che tanto si vanta di avere. Perdere l’alleanza con il primo partito del nord in molte regioni significherebbe mettere in discussione tutto il suo progetto politico che mira decisamente al presidenzialismo ed alla legittimazione del decreto sul legittimo impedimento che potrebbero tutelarlo in maniera incondizionata in tutti i processi a cui è chiamato a rispondere e per i quali rischierebbe soggiorni forzarti in qualche struttura carceraria per colpa di qualche magistrato "eversivo e comunista".

Tutti questi clamorosi risvolti all’interno del PDL avvengono chiaramente a fronte di una opposizione inconsistente in preda anch’essa a vicende interne che pesantemente segnano le continue sconfitte elettorali nelle ultime elezioni dalle europee fino alle regionali. Non entro nel tema specifico nel pd perché non basterebbero dieci fogli del nostro piccolo organo di stampa, penso ed è evidente che le vicende all’interno del pdl stanno avvenendo in maniera, se cosi si può definire, tranquilla perchè l’opposizione non riesce a far sentire il fiato sul collo a questo governo reazionario conservatore liberale che non sta affrontando in maniera decisa e concreta le vere necessità dei lavoratori e delle loro famiglie dovuto anche dal fatto che la linea politica del PD - IDV e dei suoi alleati in molte regioni (come PRC-PDCI-SEL), è praticamente uguale sui contenuti e sulle idee. Il partito di Bersani mai potrà prendere le distanze dalla crisi del sistema capitalistico, che ci sta portando alla rovina e che sta impoverendo sempre di più le famiglie dei operai e contemporaneamente sta aumentando i profitti dei grandi capitali,perche esso è uno dei primi sostenitori di questo sistema avariato delle banche dei grandi gruppi industriali……

Per tutta questa serie di motivi oggi più che mai è necessario costruire un blocco duro di lotta che si contrapponga al decantato bipolarismo che rappresenta le caste ed emargina le ragioni dei lavoratori. Come Partito Comunista dei Lavoratori abbiamo avanzato proposte concrete alla Federazione della Sinistra non ricevendo purtroppo alcuna risposta concreta di lotta unitaria a tutela della libertà e della democrazia nel nostro paese. Noi non ci fermeremo e pensiamo che l’unica strada giusta e coerente sia quella che abbiamo intrapreso circa tre anni fa e cioè quella di costruire il partito che non c’è! Un movimento di lotta di classe in continuo movimento ed in costante opposizione ai grandi potentati ai banditi della politica che sempre di più stanno prendendo piede nelle nostre istituzioni.

Mauro Goldoni
Partito Comunista dei Lavoratori
Sezione di Ancona

06/05/10

ANALISI E CONTRIBUTI DAI COMPAGNI GRECI


ANALISI E CONTRIBUTI DAI COMPAGNI
DELL' EEK ( Partito Comunista Rivoluzionario greco )
sezione greca del Comitato di Coordinamento per la rifondazione della IV Internazionale
(5 Maggio 2010)

La situazione attuale

La Grecia in Lotta

di Dimitris Katsaganis

I tumulti degli operai greci contro il “Patto di stabilità” sono l’esito del fallimento del capitalismo.
Varie volte nel corso degli ultimi due mesi la classe lavoratrice greca si è mobilitata contro il “patto di stabilità” del governo “socialista” del PASOK, della UE, del FMI e del capitale finanziario mondiale. A tutt’oggi hanno avuto luogo tre scioperi generali e ogni giorno le strade di tutte le grandi città del paese si riempiono di persone che rivendicano i loro diritti. Oltre 70.000 persone tra lavoratori e giovani hanno partecipato ai cortei dell’ultimo sciopero generale di Atene (l’11 marzo) e più di 100.000 in tutta la Grecia.
Fuori dalla politica filo capitalista della burocrazia sindacale, controllata dal PASOK e dal “fronte” stalinista dei lavoratori (PAME-KKE), gli operai e gli impiegati del settore pubblico e privato dell’economia greca lottano per mandare a gambe all’aria il “patto di stabilità”, e persino il governo stesso.
Il “patto di stabilità” con i suoi tagli, aggiornati a tutt’oggi, del 10-20% dei salari e delle pensioni.
Nello stesso tempo i prezzi delle merci e dei servizi aumentano annualmente del 3%, come ha ufficialmente ammesso la Banca Centrale greca.
Secondo il piano del governo/UE/FMI, la prossima “vittima” sarà l'abrogazione del più elevato limite mensile (2%) ai licenziamenti e del relativo indennizzo, ciò al fine di ridurre l'immenso deficit pubblico (12,7%) e il debito (112% del PIL). Lo Stato greco è “tecnicamente” in bancarotta a causa della sua incapacità a continuare ad accedere al prestito come aveva fatto in precedenza e a finanziare la domanda sociale. I tassi d’interesse sono aumentati moltissimo a seguito della crisi finanziaria mondiale e il capitalismo greco “non-competitivo” non può permetterseli. Persino con il taglio più drastico del salario e dei diritti dei lavoratori non sono in grado di ridurre il debito pubblico, che si pensa raggiunga il 150% del PIL greco (o 370 miliardi di euro) nei cinque anni successivi! Il tasso d’interesse attuale (oltre il 6%) “assorbe” più della metà delle risorse (14,8 su 24 miliardi di euro), le quali devono essere risparmiate fino al 2012-13 allo scopo di conseguire un deficit pubblico pari al 3% rispetto all’attuale 12,7% (l’8,7% è l’obiettivo per il 2010).
Nello stesso tempo:
* La recessione attuale dell’economia è oltre il -2% (tre mesi fa la previsione più pessimista del governo era il -0,8%!) e tutto ciò prima della piena applicazione del “patto di stabilità”, che provoca una recessione del -4%, come previsto dalla Deutsche Bank. Questo è solo il primo risultato della brutale riduzione dei consumi privati e pubblici che vanno al 70% del PIL greco.
* Gli investimenti pubblici e privati sono già stati interrotti a causa della mancata partecipazione dello Stato Greco e del capitale privato ai programmi della UE.
* La disoccupazione ufficiale è del 12% (il 50% in più rispetto a due anni fa) e raggiungerà il 16% nei successivi due anni (il 30% da fonti non ufficiali).
La pressione del capitale finanziario mondiale da un lato e, dall’altro, la crescita della “pressione di strada” di massa hanno già provocato crisi politica e crisi di potere dello Stato. Il governo chiede disperatamente aiuto a Washington o a Berlino senza alcun risultato, l’“opposizione” di destra non ha alternative mentre i partiti parlamentari di sinistra (KKE, SYRIZA) sono – in modo diverso – interamente schierati verso soluzioni capitaliste e di “unità nazionale”.
Le proposte della “sinistra” sono le seguenti: la Grecia capitalista esca dalla UE o stia dentro e combatta per una UE “sociale” e “democratica”. Tutti negano la natura sistemica della crisi internazionale attuale e nessuno – inclusi i gruppi di estrema sinistra – lotta per la rivoluzione sociale proletaria e il potere attraverso il rovesciamento del sistema capitalista e dello Stato. Un conflitto di classe iniziato in Grecia che nessuna delle nuove generazioni ha mai visto a tutt’oggi. Contro la riorganizzazione delle relazioni sociali in un capitalismo in bancarotta e in declino, solo la riorganizzazione su nuove basi socialiste possono offrire un’alternativa per i lavoratori e la gente oppressa.
L’EEK, la sezione greca del Comitato di Coordinamento per la rifondazione della IV Internazionale lotta per rovesciare il “patto di stabilità” e il Governo capitalista, per lo sciopero generale permanente e per un’alternativa internazionalista socialista dei lavoratori – per il potere ai lavoratori e gli Stati uniti socialisti d’Europa!
La bancarotta del capitalismo greco coesiste, soprattutto, insieme a quella degli Stati capitalisti europei a seguito dell’incapacità di fermare l’ondata disastrosa della prima fase dell’attuale crisi capitalista mondiale (2007-8). Il debito pubblico e il deficit dei paesi della UE è quasi raddoppiato (oltre il 40%) a partire dal 2007 e nessuno intravvede alcuna via d’uscita dalla recessione prima del 2011. La UE subisce la peggiore crisi della sua storia e non può affrontare i suoi problemi con i propri mezzi, come ha rivelato il recente Summit dei leader della UE (25/3). Questo "punto morto" può che essere affrontato nell’ambito della lotta di classe mondiale, per mezzo dell’azione rivoluzionaria e internazionalista del proletariato europeo. Nell’immediato, una strategia rivoluzionaria europea è più necessaria che mai.

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GRECIA: UNA NUOVA FASE DELLA LOTTA DI CLASSE

di Savas Michael*

I fatti traumatici della storia a volte si ripetono: il 23 Aprile del 1941 il Governo Greco, guidato da Tsolakoglou, si arrese all’occupazione tedesca e si trasformò nel primo Governo di collaborazione coi nazisti. Il 23 Aprile del 2010 il Governo Greco di Papandreou ha ufficialmente accettato il cosiddetto “Meccanismo di Salvezza” , per evitare la disfatta ufficiale, concordando con l’Unione Europea (sotto scacco tedesco) di mettere il paese nelle grinfie della Commissione Europea, della Banca Centrale Europea e del Fondo Monetario Internazionale.

Molti Greci, inclusa tutta la stampa ed in particolare quella di sinistra, hanno registrato il parallelismo tra i due eventi.
In un primo tempo il Governo ha chiesto aiuto al FMI per un intervento sulla sua crisi , ed è la prima volta che l'FMI di Washington è chiamato ad intervenire in un paese dell’ Area Europea.
Il “salvataggio“ , pur non potendo arrestare il processo di bancarotta dello stato greco, produrrà una reale catastrofe sociale. Persino la stampa corrente scrive che ciò che si è verificato a Latvia, dopo l’intervento del FMI, è nulla rispetto a ciò che potrebbe avvenire in Grecia.

Oltre alle misure già prese dal Governo per il “Patto di Stabilità” del 3 Marzo 2010, l'FMI chiede ulteriori attacchi draconiani ai lavoratori sie nel settore pubblico che privato: ulteriori e maggiori tagli di salari e pensioni, licenziamenti di massa oltre i limiti sino ad ora fissati dalle Leggi sul Lavoro, abolizione dei Contratti Collettivi concordati tra Sindacati e padronato, distruzione di quel poco che ancora resta del Servizio Sanitario e della Scuola Pubblica e l’abolizione dei diritti pensionistici.

La notizia dell’ approvazione del “Piano di Salvataggio UE/FMI “ è stato dato del Primo Ministro Papandreou da Kastelorizo (una piccolissima Isola rocciosa nell’estremo Sud/Est della Grecia) con un effetto teatrale tra la farsa e la tragedia per milioni di persone, e la popolazione si è ovviamente infuriata.
Nella stessa serata del 23 Aprile, a poche ore dall’annuncio, migliaia di lavoratori e giovani sono scesi in piazza riempiendo tutte le strade ed il centro di Atene ed hanno marciato verso il quartier generale dell’ UE per essere poi respinti dalla Polizia e dall’uso massiccio di gas lacrimogeni.
Il 27 Aprile migliaia di persone sono nuovamente scese in piazza chiamate dai Sindacati e dall'ADEDY (Federazione Nazionale del Pubblico Impiego). Il KKE (Comunist Party of Greece) attraverso il PAME (Sezione Funzione Pubblica) ha organizzato, come sempre, una propria Manifestazione.
I cortei del 1° Maggio, così come lo sciopero generale indetto per il 5 Maggio di 24 ore, sono due eventi importanti. Così come importante è che allo sciopero hanno aderito anche GSEE (Confederazione Generale del Lavoro) controllata dal PASOK con la collaborazione della destra e la complicità di Synaspismos (euro comunisti).
La collaborazione di classe espone questi buracrati quali agenti e difensori del capitalismo all’interno del movimento dei lavoratori.
Il Presidente Giannis Panagopoulos (uno dei leader del PASOK) aveva incontrato il supervisore per l’economia greca della Commissione del FMI/BCE/UE, nonostante l’opposizione degli altri dirigenti del GSEE; nessuna sorpresa quindi che alcune settimane fa sia stato aggredito fisicamente davanti al Parlamento da un gruppo di dimostranti inferociti.

La crisi penalizza l’intero sistema politico borghese. Il precedente governo di destra di NEA DEMOKRATIA (Nuova Democrazia) è considerato colpevole per il Crak di Stato, corruzione di massa e “contabilità Creativa” della Finanza Pubblica e relative statistiche. Il governo del PASOK perde la sua legittimità, non solo per le promesse elettorali non mantenute e per la sua politica economica durante i due decenni in cui era al potere, ma soprattutto per la sua politica antipopolare e la sua complicità con il FMI/UE e le conseguenti offensive deflazionistiche. Internamente nel PASOK stanno proliferando divisioni e l’unica loro forza unitaria sta nella partecipazione ai benefici del potere di un governo borghese.
Poiché entrambi i partiti che tradizionalmente governano in Grecia sono altamente screditati, diventano popolari tra i lavoratori e altri strati della popolazione gli slogan dell’Argentina del 2001 “che se ne vadano tutti“, “tutti a casa“. La borghesia è molto preoccupata e nei propri centri di analisi si discutono scenari alternativi come un “Governo di Unità Nazionale“ o l’unione di PASOK e NEA DEMOKRATIA per un “ Governo Tecnico“.

La Sinistra dimostra di essere molto più arretrata rispetto alle necessità del momento storico. Il KKE da un lato usa una retorica di sinistra sino al punto di suggerire la possibilità e la necessità di una lotta per il potere operaio; dall’altro limita la propria azione a favore di una protesta controllata ed un programma riformista unicamente nel proprio interesse, rifiutando qualsiasi idea di azione unitaria con le altre forze di sinistra.
SYRIZA, la coalizione di Synaspismos con alcuni gruppi di estrema sinistra è in una profonda crisi interna e di frammentazione che la paralizza e rende la sua influenza politica destinata a crollare.
Nella sinistra radicale la situazione non è migliore, ANTARSYA, un fronte di un certo numero di gruppi extraparlamentari di sinistra, è attivo nelle mobilitazioni, ma con una prospettiva centrista completamente confusa che porta i partecipanti di quel fronte a criticare il KKE da destra biasimandone “l’estremismo di sinistra !“ facendo quindi sorgere il dilemma: “BORGHESIA“ o “POTERE OPERAIO” ?

Il nostri partito EEK è attivo in tutte le mobilitazioni in tutto il paese, combatte per uno sciopero generale ad oltranza, per battere il programma del FMI/UE e per superare con una azione di massa il connubio PASOK/UE/FMI aprendo la strada per il potere dei lavoratori e per una uscita dalla crisi attraverso l’azzeramento del debito verso gli usurai e gli speculatori internazionali per ricostruire le relazioni sociali su basi del socialismo reale, ovvero:
1) nazionalizzare le banche e tutti i settori strategici dell’economia nazionale sotto il controllo dei lavoratori;
2) rompere con l’imperialismo europeo ed i Fondo Monetario Europeo estendendo questi ideali a tutta Europa da Nord a Sud per gli “Stati Uniti Socialisti d’Europa”.

Da molti lati, particolarmente dalle forze che hanno partecipato alla rivolta del Dicembre 2008, la richiesta della nascita di Comitati d’Azione e per il compattamento dei ranghi delle organizzazioni autogestite contro la burocrazia dei sindacati GSEE/ADEDY. Questi Comitati e varie iniziative di lotta stanno già emergendo in varie aree del paese.

Lo Stato cerca di prevenire la minaccia di una rivolta popolare in aumento con tutti i mezzi rafforzando la repressione in nome della lotta al terrorismo. Un numero significativo di arresti dei soliti gruppi nel mirino, gli anarchici, sono stati molto pubblicizzati dalle forze di polizia e dalla stampa come lo smantellamento di gruppi rivoluzionari che, nel passato, avevano attaccato l’Ambasciata Americana di Atene. La campagna isterica antiterrorismo organizzata dalla Polizia attraverso i mass-media ha convinto la maggior parte della gente che l’offensiva anti-terroristica da parte dello Stato sia un tentativo di sviare l’attenzione dai veri terroristi del capitale finanziario, cioè il FMI e l’ UE.
La vera minaccia per i Governi è una rivolta di massa e non delle piccole azioni di violenza..
La Grecia è in una fase di transizione tra la rivolta di Dicembre dei giovani e le rivolte della primavere dei lavoratori in massa

28/4/2010

* segretario EEK – Partito operaio rivoluzionario

05/05/10

Cena di autofinanziamento PCL Fermo

Invitiamo tutti gli iscritti ed i simpatizzanti a partecipare prenotando al numero di cellulare 3348918317

04/05/10

Primo maggio senza se e senza ma

Non può esistere nessuna collaborazione di classe per una giornata come il Primo maggio. Il Primo maggio non è una gentile elargizione dei vari governanti e protettori del Capitalismo.

Il Primo Maggio (festa dei lavoratori), da subito fu classificata come una “manifestazione sovversiva” e quindi accolta a fucilate per cercare di stroncare la minaccia sul nascere.

Già da quel lontano 1886, dove in America 12 mila fabbriche e 400.000 mila operai scendevano in sciopero rivendicando i loro diritti, in tutto il mondo si susseguirono negli anni: arresti, persecuzioni e uccisione da parte di tutti i governi capitalisti, dall’America alla Francia, dall’Inghilterra all’Italia. Forze di polizia, carabinieri, fanteria, cavalleria, sono mandate in campo in tutta Europa contro la “temibile” giornata proletaria, simbolo di una presa di “coscienza di classe”.

Il Primo Maggio può e deve ritornare “la giornata proletaria”, deve ritornare attuale perché si rende sempre più indispensabile ricostruire una sinistra di classe, una sinistra che non tradisca il proprio popolo.

Quello che celebreremo quest’anno sarà il 124° Primo Maggio. In Italia se ne devono calcolare ventitré in meno, perché Mussolini nel 1922 decise di sopprimere la “festa dei lavoratori” etichettandola come “sovversiva”. Spento d’autorità, il Primo Maggio continuò a sopravvivere sotto la cenere del fascismo: una falce e martello dipinta sul muro nottetempo, volantini socialisti messi in giro da mani clandestine, arresti e scontri con i carabinieri. A fine secolo scorso, la Seconda Internazionale riunitasi a Parigi decise di lanciare una grande manifestazione da far in modo che, ad una data stabilita, simultaneamente, in tutto il mondo, i lavoratori scendessero in piazza per chiedere, tutti insieme, in America e in Europa, le otto ore di lavoro massimo giornaliero. Così il 1 maggio 1890 i lavoratori di tutti i paesi si fermarono simultaneamente per la prima volta; il successo fu grandioso e l’anno dopo si replicò; nell’agosto dello stesso 1891 a Bruxelles, la Seconda Internazionale riunita a congresso decise di rendere permanente quella che resterà per sempre la “Festa dei lavoratori di tutto il mondo”. Nel mondo, ovunque, nell’opinione pubblica borghese, tra padroni e governanti, si sparse il panico. Quell’unica “giornata” che il movimento operaio ha deciso di “prendere per sé”, è letta come un atto “sovversivo”, tanto più pericoloso in quanto internazionale e simultaneo.
Bisogna ridare forza oggi più che mai a questi valori che il Primo Maggio porta con sé. Grande borghesia industriale e finanziaria non possono continuare ad imporre ancora oggi, nuovi e pesanti sacrifici alle classi lavoratrici per salvare i propri profitti. Solo una mobilitazione prolungata e di lotta per un Governo dei Lavoratori potrà dare un’alternativa a questo sistema dove si soddisfino le esigenze vitali e primarie delle persone. L’alternativa e soltanto quella di fomentare un sistema al collasso, invivibile e inaccettabile per tutti i lavoratori.


Youri Venturelli
Partito Comunista dei Lavoratori