30/03/16

Il PCL e i referendum. I nostri sì. Il nostro no. La nostra proposta classista e anticapitalista.

referendum 






  Siamo alla vigilia di una intensa stagione referendaria.

Non idolatriamo il referendum. Non pensiamo possa sostituire la mobilitazione e la lotta di massa. Ma non siamo certo indifferenti alla natura concreta dei referendum e al loro esito. Per questo ci schieriamo senza riserve a sostegno dei referendum che abbiano un carattere progressivo e di contraddizione rispetto alle politiche e agli interessi dominanti. E' il caso dei referendum annunciati di questa primavera.


IL NOSTRO SI AI REFERENDUM SOCIALI E AMBIENTALI

Ci schieriamo innanzitutto a favore del SI nel referendum del 17 Aprile, nel quadro della continuità della lotta contro “Lo Sblocca Italia” e contro gli interessi delle grandi multinazionali petrolifere e estrattive. Il governo punta apertamente al suo fallimento, a partire dalla data prescelta e dalla indicazione di astensione. Il suo terrore è una vittoria del SI come nel 2011 sull'acqua pubblica. E' una buona ragione per batterci come allora a favore del SI.
Ci schieriamo a sostegno della richiesta referendaria contro la cosiddetta “Buona Scuola”, in continuità con le ragioni della grande mobilitazione di un anno fa: contro i super poteri dei dirigenti scolastici, il potenziamento dei finanziamenti privati alla scuola, la subordinazione della scuola al mercato e al profitto d'impresa. Un anno fa il governo Renzi inciampò sulla scuola. Si tratta di procurargli un nuovo inciampo.
Ci schieriamo a sostegno della richiesta referendaria sui temi del lavoro in continuità con la lotta di milioni di lavoratori contro il governo Renzi: per il ripristino dell'articolo 18 , contro la liberalizzazione degli appalti, contro la super precarizzazione dei voucher, per i diritti generali del lavoro. Renzi ha fatto del cavalcamento dell'offensiva padronale contro il lavoro, a partire dalla Fiat, l'asse della propria politica. La richiesta referendaria si contrappone di fatto al cuore stesso del renzismo.
In conclusione: ci schieriamo a sostegno di tutti i referendum sociali e ambientali che abbiano una connessione, diretta o indiretta, con le ragioni della classe lavoratrice e con le domande progressive di democrazia.
Per questo su ognuno di questi terreni il PCL e le sue strutture di partito aderiscono, ai vari livelli, ai relativi comitati referendari, partecipano alla raccolta delle firme, si impegnano nelle forme possibili al successo dell'iniziativa referendaria: per il SI all'abrogazione delle leggi anti operaie, anti sindacali, anti ambientali.


IL NOSTRO NO ALLA RIFORMA ISTITUZIONALE DI RENZI

Parallelamente sosteniamo le ragioni dei referendum richiesti e previsti in materia istituzionale.
Si tratta della richiesta referendaria di abrogazione della nuova legge elettorale varata da Renzi ( Italicum) e del progetto di Riforma costituzionale Renzi/Boschi cui si collega: un progetto bonapartista che consegna ad una minima maggioranza relativa il pieno controllo del processo legislativo, del Parlamento e quindi dell'insieme delle cariche istituzionali. Un progetto che incarna il senso stesso del renzismo: la vocazione dell'uomo solo al comando come nuovo paradigma delle relazioni sociali ed istituzionali nei diversi ambiti della vita pubblica: nello Stato, nell'azienda, nella scuola. Renzi intende fare del referendum istituzionale annunciato per il prossimo ottobre il momento di legittimazione della propria politica di questi anni (Job Act, Buona Scuola, tagli alla Sanità e ai servizi) e, al tempo stesso, di incoronazione plebiscitaria del proprio potere al servizio di quella politica. Non è un caso se Confindustria, l'Associazione delle Banche Italiane ( ABI), tutte le organizzazioni e consorterie della borghesia italiana, appoggiano apertamente il progetto istituzionale di Renzi: vedono nel suo possibile successo una compiuta traduzione istituzionale del proprio dominio sociale. E perciò stesso un ulteriore strumento di rafforzamento dei propri interessi e dei piani di aggressione contro il lavoro. Per questa stessa ragione è interesse di tutti i lavoratori la vittoria del NO al progetto istituzionale di Renzi. In continuità con le ragioni dell'opposizione sociale alle sue politiche.
Il PCL ha dunque aderito nazionalmente al Comitato del No alla Riforma Boschi e sostiene la domanda di referendum per il SI all'abrogazione dell'Italicum. Contro ogni posizione di indifferenza, presente anche in alcuni ambienti della sinistra, verso questa battaglia democratica elementare.


PER IL RILANCIO DELLA MOBILITAZIONE DI MASSA E DI CLASSE

Il nostro impegno unitario sul fronte referendario si accompagna però ad una caratterizzazione autonoma di impostazione politica. Un'impostazione classista e apertamente anticapitalista.

Parliamoci chiaro. Le stesse direzioni politiche e sindacali della sinistra italiana che oggi promuovono i referendum hanno contribuito in modo decisivo a che si arrivasse alla scadenza referendaria nelle condizioni peggiori. Il movimento di lotta contro il Job Act dell'autunno 2014 è stato prima disarmato e poi condotto su un binario morto. La grande mobilitazione di massa contro la “Buona Scuola”della primavera del 2015 è stata privata della necessaria continuità e largamente dispersa. L'ultima Legge di Stabilità del governo, che colpisce frontalmente la sanità pubblica, è passata senza un'ora di sciopero dei principali sindacati. Da un anno la mobilitazione sociale è di fatto silenziata, a tutto vantaggio del renzismo, ma anche dei populismi reazionari concorrenti ( Salvini e Casaleggio). La stessa stagione referendaria è stata concepita come surrogato della lotta di massa . In queste condizioni anche il risultato dei referendum è a forte rischio. E una sconfitta referendaria, in particolare sui temi della riforma istituzionale e del lavoro, avrebbe a sua volta una ulteriore pesante ricaduta sullo scenario generale .

E' dunque necessario rilanciare la mobilitazione generale di massa, a partire dalla centralità del lavoro. Contro il blocco inaccettabile dei contratti pubblici da ormai sette anni. Contro la pretesa confindustriale di subordinare il rinnovo dei contratti a nuovi peggioramenti delle condizioni del lavoro e dei diritti. Per la ricomposizione di una piattaforma generale di svolta che possa unire milioni di lavoratori, di precari, di disoccupati in una lotta di massa risoluta. Tanto radicale quanto lo è l'attacco di padronato e governo. Non dimentichiamolo: in tutta la storia italiana le grandi vittorie democratiche, anche quelle referendarie, sono state la risultante della mobilitazione del movimento operaio. Pensiamo al divorzio e all'aborto. Senza movimento di lotta dei lavoratori, si va a sbattere anche sul piano della democrazia. Come dimostra la storia della “seconda Repubblica”.


PER UNA CAMPAGNA POLITICA CONTRO RENZI, SENZA AUTOCENSURE

La parola d'ordine della sconfitta e cacciata del governo Renzi va posta apertamente, senza autocensure e rimozioni.

La scelta del Comitato Nazionale del NO alla Riforma istituzionale di evitare la contrapposizione politica al governo Renzi e di confinare la campagna referendaria sul solo terreno giuridico costituzionale è una scelta potenzialmente suicida. Significa disarmare il carattere di massa della campagna. Subire passivamente la prevedibile campagna politica del renzismo ( “ vogliono impedire la modernizzazione dell'Italia a favore del caos, cancellando le mie magnifiche riforme...”). Favorire la capitalizzazione a destra dello stesso scontro referendario col governo, visto che nè Salvini nè M5S rimuoveranno certo le proprie ragioni politiche. La verità è che l'autocensura politica del Comitato del NO verso il renzismo serve solo a coprire l'imbarazzo della minoranza PD e la sua capitolazione a Renzi. Una resa che invece andrebbe chiamata e denunciata col suo proprio nome.

Il PCL non si subordina a questa scelta. La nostra campagna per il No alla riforma Boschi e per il SI alla cancellazione dell'Italicum è e sarà apertamente e dichiaratamente politica. E' parte della campagna di massa per la sconfitta politica del renzismo: il progetto politico più reazionario della storia repubblicana italiana. Per questo consideriamo grave che la CGIL, il principale sindacato dei lavoratori, continui a non pronunciarsi sul referendum istituzionale. Per questo chiediamo pubblicamente che tutte le organizzazioni del mondo del lavoro, a partire dalla CGIL, si pronuncino apertamente per il NO. Il NO alla riforma Boschi è il NO a Renzi: è il NO all'aggressione frontale ai lavoratori e ai sindacati. E' il NO alla distruzione della scuola pubblica e della sanità. Tutti i sindacati e le organizzazioni di massa che si sono pronunciati contro queste politiche hanno il dovere di pronunciarsi contro il governo che le ha realizzate e tanto più contro il suo incoronamento plebiscitario. Ogni ambiguità su questo terreno è inaccettabile.


PER UNA SOLUZIONE ANTICAPITALISTA, NON SOLO “DEMOCRATICA”

La nostra battaglia per la sconfitta del renzismo non muove solo da motivazioni costituzionali e democratiche. Muove da un progetto anticapitalista.

Certo, siamo a difesa di tutte le conquiste democratiche strappate dal movimento operaio contro ogni progetto reazionario teso a distruggerle. Per questa ragione abbiamo contrastato negli ultimi 20 anni la subordinazione delle sinistre italiane alla cosiddetta Seconda Repubblica. La subordinazione alla logica del maggioritario contro il principio elementare del proporzionale. La subordinazione alla governabilità del capitale contro il principio della rappresentanza del lavoro. Il renzismo è anche l'ultimo figlio di quella subordinazione disastrosa.

Ma non ci identifichiamo nella Costituzione del 1948. Non ne facciamo un feticcio. Non ne nascondiamo la natura storica borghese e compromissoria, a tutela della proprietà privata e del Concordato con la Chiesa. Ci battiamo per una Repubblica dei lavoratori, basata sulle loro strutture democratiche di massa, sulla loro organizzazione, sulla loro forza. Perchè solo una Repubblica dei lavoratori può realizzare l'autentica democrazia: rovesciando l'attuale dittatura di industriali, banchieri, Vaticano; e dando alla maggioranza della società il potere di decidere del proprio futuro. Portare questa prospettiva in ogni lotta è la ragione del Partito Comunista dei Lavoratori. Anche sul terreno di una battaglia referendaria.
Partito Comunista dei Lavoratori

23/03/16

La doppia faccia dell'amministrazione comunale pesarese, tra Banca Marche, sgomberi... e accattoni"

Le recenti edizioni dei giornali locali si presentano ricolme di notizie sul fallimento di Banca Marche, per la quale sono ormai acclarati passivi da capogiro (fino a più di 900 milioni di Euro nel periodo di amministrazione controllata!) e, in associazione a questa, di vari scandali fiscali legati tanto al territorio locale quanto a quello regionale (vedansi le maxi evasioni della famiglia Rosato, per quanto concerne la nostra zona, o i dati resi pubblici dalla Guardia di Finanza che nel 2015 ha scovato nel territorio marchigiano ben 395 evasori totali).
Tutti reati che coinvolgono volti spesso assai noti delle borghesie locali, e che sottraggono in maniera fraudolenta risorse alla collettività, configurandosi come veri e propri furti ai danni dei lavoratori.
Vergognoso è che di fronte ai crac bancari (mai esenti da connivenze politiche) non si reagisca nell'unica maniera possibile, procedendo ossia alla nazionalizzazione immediata e senza indennizzo per i grandi azionisti e con la massima tutela per i piccoli risparmiatori, ed è altrettanto vergognoso quanto ovvio constatare come le coperture politiche giochino un ruolo di primo piano nel dare seguito alla consueta trafila di impunità quando ci si trova di fronte a certi scandali finanziari (si pensi al ruolo del partito di governo nel collasso della Montepaschi, per citarne una).

È forse proprio alla luce di tutta questa serie di connivenze che in sempre più giunte di centrosinistra, a cominciare da quella pesarese, si metta quotidianamente in atto una politica che scimmiotta il becero populismo delle peggiori tinte salviniane. Troppo scomodo focalizzare l'attenzione sul fatto che con il salvataggio di Banca Marche messo in atto dal governo (a carico della collettività) centinaia di milioni di Euro di piccoli risparmiatori siano andati in fumo; meglio, a questo punto, cavalcare l'onda razzista e vestire i panni degli sceriffi, occupandosi, come accade a Pesaro, di vietare l'accattonaggio laddove crea una cattiva immagine per il pubblico decoro, o battersi in prima linea per gli sgomberi degli accampamenti dei nomadi (ultimo quello di via dell'Acquedotto).

Di fronte ad un'ipocrisia del genere è necessario avanzare con forza la necessità di adottare un'altra politica: una politica che metta al centro le ragioni concrete del mondo del lavoro, che rivendichi la nazionalizzazione senza indennizzo delle banche in un unico istituto di credito sotto controllo popolare con la massima tutela per i piccoli risparmiatori, che riutilizzi la marea di risorse così liberate in migliaia di opere di pubblica utilità immediatamente cantierabili, quali la ristrutturazione degli edifici scolastici e degli ospedali, la bonifica dei corsi d'acqua contro il dissesto idrogeologico e così via. Le risorse ci sarebbero, basterebbe andare a prenderle laddove sono, ribellandosi ai vincoli del patto di stabilità e rifiutandosi di sottostare al cappio del debito pubblico contratto con le banche, quelle stesse banche che prima invocano più rigore nei conti pubblici per poi venire a invocare pubblica salvezza nel momento della crisi, come con Banca Marche è puntualmente avvenuto.

Le possibilità e le necessità di un'altra politica, apertamente anticapitalista, ci sono: manca, ovviamente, la volontà. Più facile è prendersela con i poveri, con gli ultimi, con i diseredati, come la giunta pesarese sta facendo. Il populismo è tanto un serbatoio sicuro di voti quanto uno specchietto per le allodole di indubbia efficacia per distogliere l'attenzione dal malaffare della borghesia, dai problemi reali e dai loro mandanti politici: come Partito Comunista dei Lavoratori noi questa voce contraria, con le sue conseguenti rivendicazioni, vogliamo alzarla senza indugio, tanto a Pesaro quanto in ogni altra parte del territorio nazionale.


 Partito Comunista dei Lavoratori Sez. Pesaro

12/03/16

SALTATO L'ACCORDO TRA IL GRUPPO BENETTON E LA FEDRIGONI GROUP: QUALE FUTURO PER LE CARTIERE MILIANI?

L'imprevedibile epilogo relativo alle trattative intercorse tra il gruppo Benetton e la Fedrigoni Group per la cessione di quest'ultima, culminato nel fallimento dell'accordo, da tutti ritenuto imminente, ripropone uno stato di forte preoccupazione ed allarme tra tutti i lavoratori del gruppo cartario della Fedrigoni Group.
Il PCL sez. di Ancona, da sempre "in prima linea" nella vigilanza ed attenzione, sia per il futuro della Fedrigoni Group e delle Cartiere Miliani, sia, soprattutto, della tutela occupazionale di questa importante realtà industriale, che, giova rammentarlo, grazie ai sacrifici delle lavoratrici e dei lavoratori, è temporaneamente scampata al tracollo di tutto il distretto industriale fabrianese.
La privatizzazione selvaggia delle Miliani, dopo aver presentato un "conto sociale" drammatico, con oltre 430 unità occupazionali perdute nel lontano 2002, rischia attualmente l'irreversibile dismissione di tutto il proprio gruppo industriale, a causa della totale mancanza del ricambio generazionale nel management dell'impresa fabrianese.
Il grande "regalo politico di Stato", costituito dalla svendita delle Miliani, in favore della Fedrigoni Group, evidenzia nuovamente la totale assenza dello Stato italiano nei confronti degli "interessi monopolistici" di certi potentati industriali che, grazie alla complicità di tutta la classe politica e sindacale italiana, continuano a desertificare l'occupazione in tutto il territorio italiano.


PCL sez Ancona

03/03/16

UN PROFETA SENZA VISIONE………

Ancora una volta ci ritroviamo a dover chiarire scivoloni e inesattezze emesse dal nuovo profeta locale del circolo del PD di Cerreto d’ Esi che da parecchio tempo a questa parte,non riesce proprio a stare lontano da figuracce che possiamo tranquillamente definire ridicole. Da quello che abbiamo letto e capito,qualche iscritto locale del Partito Democratico dell’alto dal suo canale di osservazione,racchiuso ed ovattato nei salotti buoni della politica del centro sinistra, descrive il Partito Comunista dei Lavoratori vicino a posizioni nord coreane,fermo ai tempi della Terza Internazionale,un gruppetto di quaranta persone in tutto sparse per l’Europa. Con molta sincerità proviamo un certo imbarazzo e una sorta di “pena” per la mano con la quale sono state scritte o digitate sulla tastiera inesattezze politiche e culturali nei confronti del PCL, che secondo il nostro modesto parere dovrebbe far preoccupare seriamente quella cerchia di attivisti democratici che pensano di poter ripartire da individui con un bagaglio politico davvero di basso livello. Osiamo dire basso livello perché noi pensiamo seriamente che un’analisi fatta sulla base della non conoscenza nei confronti di chi si vuole giudicare, sia espressione di “ignoranza allo stato puro”. Convinti che questo esercizio comunque vada fatto e che possa essere utile anche per la nostra formazione e il nostro radicamento sul territorio,cercheremo di dare delle spiegazioni utili e concrete per far capire a chiare lettere da quale contesto storico e per un certo verso contemporaneo si basa la linea politica e la costruzione del PCL. Il nostro partito nasce sulla base e sulle ceneri dei continui tradimenti fatti nei confronti dei lavoratori e delle classi più disagiate da parte delle burocrazie dell’allora PCI nella totalità delle sue trasformazioni, fino ad arrivare ai partiti della cosi’ detta “sinistra radicale”(in primis Rifondazione Comunista ormai dissolta e priva di una vera base militante), veri colpevoli dell’arretramento della sinistra a livello territoriale e nazionale,che progressivamente ha perso negli anni la sua identità originaria che nel corso del tempo ha portato a deformazioni politiche e di rappresentanza nel mondo del lavoro ,nel sindacato che si possono riallacciare e ben identificare amaramente nel Partito Democratico referente politico di banche, confindustria e dei poteri forti della borghesia che da sempre governano il nostro stato e le nostre istituzioni. Da questo momento inizieremo a passare una serie di informazioni che speriamo vengano capite ed assimilate, basate sulla chiarezza e veridicità della nostra impostazione politica. Il PCL nasce e riprende la tradizione del marxismo rivoluzionario che parte dal Manifesto Comunista sull’analisi del capitale e del capitalismo,su cui sono cresciuti i padri fondatori della rivoluzione di Ottobre del primo novecento guidata da Lenin e Trotsky poi tradita dallo Stalinismo regime burocratico e dittatoriale che nel corso del tempo ha represso e annientato la necessità della rivoluzione e la costruzione dell’ organizzazione internazionale dei lavoratori, unico processo possibile di raggruppamento delle istanze del mondo del lavoro su scala mondiale. Qualcuno dovrebbe sapere che nel corso della storia vi sono state più fasi e raggruppamenti a livello mondiale non ultimo la Terza Internazionale(organizzazione di tutti i partiti comunisti) attiva dal 1919 fino al 1943 che si poneva l’obbiettivo di far emergere le differenze tra socialismo riformista e socialismo rivoluzionario. In essa vi fu anche la grande contrapposizione interna tra la teoria stalinista della “rivoluzione in un paese solo” e la corrente trotskista e leninista che spingeva per creare le condizioni politiche della rivoluzione proletaria in tutti i paesi a guida capitalista. La crisi del PCUS e la necessità di lanciare un segnale di moderazione agli alleati occidentali impegnati a fianco della URSS nella seconda guerra mondiale, il 15 maggio del 1943 l’esecutivo propose lo scioglimento del raggruppamento che segnò definitivamente l’abbandono di ogni istanza rivoluzionarie nel panorama mondiale dei lavoratori. Contestualmente iniziò la dura repressione dei rivoluzionari che si contrapponevano allo stalinismo che, dopo la morte di Lenin, produsse una serie di omicidi e di rappresaglie contro chi si ribellava alla dura linea repressiva della burocrazia staliniana svenduta al collaborazionismo con i paesi occidentali capitalistici, che trovò il suo apice con l’omicidio di Trotsky in Messico nell’agosto del 1940. La nostra prospettiva è quella di ricreare e riprendere le condizioni di allora sulla base del marxismo rivoluzionario,per rifondare una nuova Internazionale (Quarta Internazionale) come strumento primario per l’affermazione delle istanze dei lavoratori,contro ogni forma repressiva del capitalismo, per l’affermazione delle classi più deboli e sfruttate in tutti gli angoli del pianeta. Traducendo tutto in poche parole, per il profeta del PD locale, sembrerebbe che la storia si sia fermata all’inizio del 1900 non accorgendosi minimamente dei mutamenti e di quello che il nostro tempo ci ha lasciato in eredità e alle spalle. Sul discorso Nord Corea rispondiamo semplicemente che se qualcuno ancora minimamente pensa che nel suddetto stato vi sia l’espressione massima ed originaria della tradizione a cui noi facciamo riferimento, è come affermare che Salvini sia l’uomo che rappresenta le istanze del Mezzogiorno o che lavora all’integrazione degli immigrati e i rifugiati che scappano dalle guerre o dalla repressione dei regimi islamici in svariati casi sostenuti e creati dagli Stati Uniti, per il controllo dell’economia a livello mondiale. Per chiarire definitivamente il quadro sulla natura del nostro partito, il PCL fa parte del raggruppamento del CRQI (Comitato per la Rifondazione della Quarta Internazionale) dove attualmente ne fanno parte molte organizzazioni che riuniscono nella sua totalità svariate migliaia di militanti sparsi non solo in Europa ma anche in sud America. Gli esempi più importanti oltre al nostro sono: il DIP partito Turco al fianco della lotta dei lavoratori curdi contro il califfato e l’Isis ed in prima linea contro la dura repressione totalitari del regime di Erdogan, l’EEK greco al centro delle maggiori lotte contro la Troika e i potentati europei che scaricano le proprie responsabilità sulle spalle del popolo greco (anche con il benestare di Renzi) sul quale si basa il salvataggio dei maggiori paesi capitalistici dell’euro zona, ed è attualmente in prima linea nella lotta per la cacciata di Tsipras dal governo capace di allearsi con razzisti e nazisti di estrema desta come ANEAL. Infine il PO partito argentino rivoluzionario che esprime all’incirca più di 15 mila militanti attivi nei settori di avanguardia nella classe operaia argentina che alle ultime elezioni politiche ha eletto rappresentanti e delegati nei vari parlamenti regionali con l’obbiettivo primario di rappresentare le istanze dei lavoratori e delle classi oppresse. A conclusione di tutto questo ragionamento facciamo un piccolo appello a chi pensa di essere politicamente superiore,competente e capace di produrre un’analisi completa: lo invitiamo a studiare e a ragionare su dati oggettivi veri che la storia ci ha consegnato come bagaglio culturale inconfutabile. La libera interpretazione, se non fatta in modo accurato onesto e consapevole, fa emergere pochezza nei contenuti e un scarsa preparazione. Comunque, per quanto ci riguarda, ce ne siamo fatti già da tempo una ragione.

PCL sez Ancona