23/03/16

La doppia faccia dell'amministrazione comunale pesarese, tra Banca Marche, sgomberi... e accattoni"

Le recenti edizioni dei giornali locali si presentano ricolme di notizie sul fallimento di Banca Marche, per la quale sono ormai acclarati passivi da capogiro (fino a più di 900 milioni di Euro nel periodo di amministrazione controllata!) e, in associazione a questa, di vari scandali fiscali legati tanto al territorio locale quanto a quello regionale (vedansi le maxi evasioni della famiglia Rosato, per quanto concerne la nostra zona, o i dati resi pubblici dalla Guardia di Finanza che nel 2015 ha scovato nel territorio marchigiano ben 395 evasori totali).
Tutti reati che coinvolgono volti spesso assai noti delle borghesie locali, e che sottraggono in maniera fraudolenta risorse alla collettività, configurandosi come veri e propri furti ai danni dei lavoratori.
Vergognoso è che di fronte ai crac bancari (mai esenti da connivenze politiche) non si reagisca nell'unica maniera possibile, procedendo ossia alla nazionalizzazione immediata e senza indennizzo per i grandi azionisti e con la massima tutela per i piccoli risparmiatori, ed è altrettanto vergognoso quanto ovvio constatare come le coperture politiche giochino un ruolo di primo piano nel dare seguito alla consueta trafila di impunità quando ci si trova di fronte a certi scandali finanziari (si pensi al ruolo del partito di governo nel collasso della Montepaschi, per citarne una).

È forse proprio alla luce di tutta questa serie di connivenze che in sempre più giunte di centrosinistra, a cominciare da quella pesarese, si metta quotidianamente in atto una politica che scimmiotta il becero populismo delle peggiori tinte salviniane. Troppo scomodo focalizzare l'attenzione sul fatto che con il salvataggio di Banca Marche messo in atto dal governo (a carico della collettività) centinaia di milioni di Euro di piccoli risparmiatori siano andati in fumo; meglio, a questo punto, cavalcare l'onda razzista e vestire i panni degli sceriffi, occupandosi, come accade a Pesaro, di vietare l'accattonaggio laddove crea una cattiva immagine per il pubblico decoro, o battersi in prima linea per gli sgomberi degli accampamenti dei nomadi (ultimo quello di via dell'Acquedotto).

Di fronte ad un'ipocrisia del genere è necessario avanzare con forza la necessità di adottare un'altra politica: una politica che metta al centro le ragioni concrete del mondo del lavoro, che rivendichi la nazionalizzazione senza indennizzo delle banche in un unico istituto di credito sotto controllo popolare con la massima tutela per i piccoli risparmiatori, che riutilizzi la marea di risorse così liberate in migliaia di opere di pubblica utilità immediatamente cantierabili, quali la ristrutturazione degli edifici scolastici e degli ospedali, la bonifica dei corsi d'acqua contro il dissesto idrogeologico e così via. Le risorse ci sarebbero, basterebbe andare a prenderle laddove sono, ribellandosi ai vincoli del patto di stabilità e rifiutandosi di sottostare al cappio del debito pubblico contratto con le banche, quelle stesse banche che prima invocano più rigore nei conti pubblici per poi venire a invocare pubblica salvezza nel momento della crisi, come con Banca Marche è puntualmente avvenuto.

Le possibilità e le necessità di un'altra politica, apertamente anticapitalista, ci sono: manca, ovviamente, la volontà. Più facile è prendersela con i poveri, con gli ultimi, con i diseredati, come la giunta pesarese sta facendo. Il populismo è tanto un serbatoio sicuro di voti quanto uno specchietto per le allodole di indubbia efficacia per distogliere l'attenzione dal malaffare della borghesia, dai problemi reali e dai loro mandanti politici: come Partito Comunista dei Lavoratori noi questa voce contraria, con le sue conseguenti rivendicazioni, vogliamo alzarla senza indugio, tanto a Pesaro quanto in ogni altra parte del territorio nazionale.


 Partito Comunista dei Lavoratori Sez. Pesaro

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