28/02/12

NO TAV: contro la repressione del governo Monti, tutti in piazza!

Annunciato da mesi dalle sirene della provocazione di stato come inevitabile, come scientemente ricercato dalle frange violente dei NO TAV, infine il ferito grave è arrivato. Il problema è che non proviene dalle fila dei centurioni in assetto da guerra che da anni aggrediscono la valle per assicurare ad un pugno di industriali e banchieri lauti guadagni; la vittima in questione è uno dei nostri, uno dei compagni più attivi nel movimento, è Luca Abbà, uno che aveva ben compreso quale parte della barricata difendere. Oggi all'alba cominciavano le operazioni di esproprio dei terreni privati per allargare il perimetro del cantiere e puntuali come sempre, i NO TAV si mobilitavano per disturbare ed impedire la distruzione della valle. Luca si arrampicava su un traliccio dell'alta tensione, a 10-15 metri di altezza; da lì, in diretta su RADIO BLACK OUT, contattato attraverso il telefonino, lo si sente distintamente urlare che sarebbe stato pronto, come estremo gesto di difesa, ad aggrapparsi con le mani ai fili dell'alta tensione, nel tentativo di far desistere la sbirraglia accorsa sul luogo per farlo scendere. Pochi minuti dopo, coi cani blu impegnati ad arrampicarsi sbraitando sino a Luca, la tragedia (attualmente è in coma).Ora i politicanti e i mass media, i questori e i prefetti, gli operosi magistrati infami come Caselli, ci martelleranno per settimane cercando di convincerci che si è trattato di una fatalità, come hanno sempre fatto, prima e dopo Pinelli volato giù dal terzo piano della questura di Milano. No, questo è un tentato omicidio, più precisamente un tentato omicidio di stato, per il quale nessuno pagherà. E mentre i lavori proseguono passando letteralmente sulle nostre vite, c'è chi all'interno del movimento vuole fare la lezioncina da anima bella, biasimando chi pratica forme di resistenza attiva (ma dobbiamo solo prenderle?), stigmatizzandolo come black block, terrorista, addirittura infiltrato! Ma i fatti, che hanno la testa dura, molto più dura dei vostri sproloqui da benpensanti di sinistra, sono inequivocabili: mentre un vero e proprio esercito armato fino ai denti ed in numero superiore a quello impiegato in Afghanistan (dove pare ci sia una guerra di occupazione) ci fronteggia in Val di Susa permettendo alla TAV di compiersi, il movimento NO TAV dovrebbe secondo alcuni mettere in atto esclusivamente pratiche non-violente, di disobbedienza civile
(urca!). Il risultato è che lo stato e le sue truppe, che non si interrogano sull'uso della forza, semplicemente la utilizzano, vincono e procedono come carri armati. Noi, con le nostre bandierine
e i nostri canti, arretriamo mentre il movimento è comunque funestato da arresti e sangue. La lotta per fermare la TAV, e in generale tutte le lotte intraprese, non devono essere simboliche, di testimonianza,
ma porsi l'obbiettivo della vittoria. Con ogni mezzo necessario.

Partito Comunista del Lavoratori (PCL)
sezione "D. Maltoni" Forlì-Cesena


A VENDOLA E FERRERO DOPO VAL SUSA: COME FATE AD ALLEARVI COL PD?

Il Partito Democratico è non solo il principale sostegno del governo Monti, ma anche il principale sponsorizzatore del progetto Tav. Non a caso tutto il gruppo dirigente del PD, da Veltroni a Bersani sino a Fassina, si è affrettato in queste ore drammatiche a “garantire” pieno appoggio alla continuità dei lavori in Val di Susa. Per non parlare del sindaco Fassino che ha sempre invocato in prima fila una presenza militare in valle. E' naturale: un partito che si candida a governare per conto dei poteri forti deve mostrarsi loro affidabile. E quale migliore prova di affidabilità che sostenere un business colossale come la Tav persino nel momento in cui si lastrica di sangue? Un serio partito borghese come il PD non può lasciar spazio a sentimenti emotivi e neppure a semplici calcoli elettorali. La ragione d'impresa è la sua unica ragione fondante. Punto.

Ma Vendola e Ferrero come fanno a continuare in tutta Italia, come se nulla fosse, a ricercare e praticare l'alleanza col PD? Come fanno a sostenere la campagna No Tav e allearsi al tempo stesso coi suoi massacratori? Come fanno a sedere nelle stesse giunte con un partito di polizia, e a coalizzarsi con questo per le prossime elezioni, amministrative e nazionali? Dopo aver votato col PD persino la guerra in Afghanistan, volete allearvi col PD della guerra in Val di Susa?

Non si può sempre stare coi piedi in tutte le scarpe: o di qua o di là. SEL e FDS rompano col PD, ovunque. E costruiamo insieme, nelle lotte, un fronte unico d'azione delle sinistre in alternativa a tutti i partiti filo Monti e pro Tav. Se non ora quando?

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

27/02/12

Comitato No-debito Pesaro: assemblea con Cremaschi

La sezione pesarese del Comitato Noi No Debito, di cui il Partito Comunista dei Lavoratori è parte integrante, comunica che in data venerdì 16/03/2011, alle ore 21, presso la sala assembleare del Palazzo della Provincia di Pesaro-Urbino (sita a Pesaro, in via Gramsci) si terrà un incontro pubblico del suddetto comitato avente come oggetto la discussione sui cinque punti fondativi dello stesso, con particolare riferimento a quello del non pagamento del debito pubblico contratto dall'Italia nei confronti di banche ed istituti finanziari con conseguente nazionalizzazione degli stessi.
Sarà presente all'incontro Giorgio Cremaschi, sindacalista FIOM e promotore della nascita del Comitato Noi No Debito.
Tutta la cittadinanza è invitata a partecipare.

Partito Comunista dei Lavoratori
Sez. Pesaro

23/02/12

Fabriano: il PCL presenta la propria lista per le comunali


Il Partito Comunista dei Lavoratori, dopo aver presentato un appello di unità a sinistra contro i due schieramenti ed i potentati locali, prende atto della scelta presa dal resto della sinistra cittadina di non rompere con il centrosinistra e prosegue da solo il proprio percorso elettorale.
“Le nostre proposte erano chiare” dichiara Youri Venturelli, candidato sindaco del PCL , “c’è bisogno di un cambiamento radicale, proprio a partire dai partiti che dovrebbero rappresentare i lavoratori. Per questo abbiamo proposto di rompere con il centrosinistra, di sviluppare un programma radicale a favore dei lavoratori e delle loro famiglie, e presentare una lista di candidati nuovi ed indipendenti. Non si può ripartire presentando gli stessi personaggi che ancora oggi sostengono la giunta Sorci e si sono resi partecipi del disastro sociale di Fabriano!”.    
Per questo il PCL ha deciso di rilanciare, anche da soli, quello che manca da anni nella nostra città: una vera opposizione, radicale ed indipendente, che rappresenti senza ambiguità gli interessi di chi non ha lavoro, lo ha appena perso o di chi un lavoro ce l’ha ma vede ogni giorno di più i propri diritti calpestati.
In segno di discontinuità con i partiti di pseudo-sinistra che hanno governato in questi anni, i candidati scelti sono tutti operai, precari, disoccupati e studenti, con la presenza anche di due pensionati. Una lista giovanissima e ricca di presenze femminili. Il candidato Sindaco, Youri Venturelli, è un operaio Ardo in cassa integrazione, da tempo impegnato nella lotta per la difesa del lavoro a Fabriano e contro la svendita dei lavoratori operata dal Padronato con la complicità di amministratori locali e sindacati. L’obbiettivo dichiarato del PCL è di riuscire ad eleggere uno o più consiglieri, onesti, integerrimi e coerentemente comunisti che, fuori e dentro il Comune, diano battaglia per far valere le ragioni di chi guadagna (o vorrebbe guadagnarsi) il pane col proprio sudore.
“In un momento di crisi come questo”, conclude Venturelli nel suo discorso di fronte all’assemblea del PCL, “non c’è più spazio per posizioni ambigue: o si sta con chi ha costruito con il proprio lavoro la ricchezza del nostro territorio, oppure con chi, per mantenere i propri privilegi e per voracità, ci sta affamando tutti. Noi una scelta chiara l’abbiamo fatta: per questo chiediamo ancora di votare il Partito Comunista dei Lavoratori, per una sinistra che non tradisce!”
( per leggere l’appello del PCL alla sinistra fabrianese del 13/10/2011 segui questo link http://marcherosse.blogspot.com/2011/10/appello-elettorale-del-pcl-alla.html  )

Partito Comunista dei Lavoratori
Sezione di Ancona
Nucleo Montano

13/02/12

SITUAZIONE RIVOLUZIONARIA IN GRECIA

NOSTRI COMPAGNI DELL'EEK IN PRIMA FILA NEGLI SCONTRI DI MASSA
IL KKE STALINISTA STA A GUARDARE IN DISPARTE



In Grecia si concentrano tutti i sintomi classici di una situazione obiettivamente rivoluzionaria.

1)Le classi dominanti non possono più governare come prima, coi vecchi schemi politici tradizionali ( alternanza tra Nuova Democrazia e Pasok): sono state costrette a ricorrere ad un governo d'emergenza di salute pubblica per cercare di imporre alle masse la ricetta massacrante della BCE . Ma oggi lo stesso governo d'emergenza è scosso da ripetute defezioni e contraddizioni ( abbandono di ministri, riduzione della sua base parlamentare, uscita dell'estrema destra del Laos). Non siamo alla disgregazione dell'esecutivo, che probabilmente terrà. Ma le nuove crepe scuotono una stabilità istituzionale che sembrava scontata e aprono varchi alla reazione popolare. Le prime contraddizioni apertesi nei corpi di polizia – dove un sindacato di categoria ha invocato l'”arresto della Troika”- indicano la profondità della crisi dello Stato greco.

2)Le classi dominate non possono più vivere come prima, sotto il peso di misure finanziarie insostenibili e di una disperazione sociale dilagante .Il movimento operaio e popolare, dopo varie oscillazioni, riprende la propria ascesa, come dimostra la riuscita plebiscitaria dello sciopero generale del 10/11/2, sia nel settore pubblico che nel settore privato. Questa ascesa si carica, a sua volta, di una nuova radicalità di massa: gli scontri con la polizia davanti al Parlamento nella giornata di ieri non hanno impegnato, come a volte in passato, settori limitati e marginali, ma hanno coinvolto una massa grande di lavoratori, giovani, pensionati, che rivendicavano il proprio diritto ad occupare il Parlamento. Dentro la più grande manifestazione popolare che la Grecia abbia conosciuto dalla caduta della dittatura dei Colonnelli.

3)Le classi medie delle città e della campagna, impoverite dalla crisi, mostrano segni di crescente inquietudine e disagio. Lo sciopero generale ha visto, come mai in precedenza, la partecipazione di numerose categorie professionali del commercio, dell'artigianato, come dell'intellettualità e della cultura. Ciò riduce la base del consenso sociale del governo in un momento cruciale. E contribuisce a spostare i rapporti di forza a favore dei lavoratori.

Ma questa situazione non durerà a lungo. O sfocerà in una dinamica aperta di rivoluzione, con l'assalto al palazzo del governo e del Parlamento, sviluppando sino in fondo le potenzialità della giornata di ieri. O finirà col ripiegare nella rassegnazione e nell'abbandono, dopo un esaurimento infruttuoso di tante energie popolari. Questo è il bivio.

Proprio per questo diventa decisivo, come sempre, il fattore soggettivo: la direzione politica e sindacale del movimento operaio e popolare.
E qui vengono i problemi.
Nessuno degli stati maggiori del movimento operaio greco si pone sul terreno della rivoluzione. Tutti gli stati maggiori del movimento si pongono CONTRO la rivoluzione greca.

Le direzioni delle principali Confederazioni del settore pubblico e privato, di derivazione Pasok, e il sindacato controllato dal KKE stalinista ( Pame) hanno respinto la parola d'ordine dello “sciopero generale prolungato” sino al resa del governo, avanzata dai nostri compagni ( EEK), a favore di scioperi generali intermittenti: nei fatti hanno lavorato e lavorano in una logica di pressione sul governo, non di rovesciamento del governo. I ripetuti scioperi generali degli ultimi anni hanno sicuramente raccolto e rappresentato la rabbia dei lavoratori: ma non l'hanno trasformata nella forza, leva risolutiva dello scontro ( col rischio alla lunga di esaurire e disperdere energie preziose , senza frutto).

Sul piano politico gioca un ruolo disastroso e controrivoluzionario il KKE stalinista. Non ingannino i suoi striscioni di propaganda affissi sull'Acropoli o le sue parole d'ordine apparentemente radicali “contro i capitalisti e i banchieri”. Un conto è l' evocazione dell'immagine, un conto è l'azione concreta nella lotta di classe. Il KKE agisce contro la rivoluzione. Non solo si oppone alla sciopero prolungato, ma divide abitualmente il fronte degli scioperi e delle manifestazioni di massa, organizzando sistematicamente “proprie” iniziative separate. Non solo si sottrae ad ogni scontro di massa con l'apparato dello stato, ma è giunto a difendere con propri servizi d'ordine i palazzi del Parlamento contro la gioventù ribelle ( sempre calunniata come massa di “agenti provocatori”) e contro la rabbia popolare. Ieri, nella più grande battaglia di massa tra popolo e Stato degli ultimi 40 anni in Grecia, il KKE si è tenuto religiosamente lontano dagli scontri come osservatore distaccato: sottraendo alla forza d'urto della piazza energie potenzialmente decisive ( Salvo appendere il solito striscione ad uso telecamere in cui invita a insorgere...gli altri popoli d'Europa).

La nostra organizzazione del EEK- che ha raddoppiato i propri militanti negli ultimi due anni tra i lavoratori e i giovani – è l'unico partito che in Grecia si pone sul terreno della rivoluzione. L'unico che rivendica lo sciopero ad oltranza, pone la necessità dell'autorganizzazione democratica dei lavoratori e del popolo, indica il governo dei lavoratori quale unica reale alternativa. E soprattutto l'unico che agisce in questa direzione. Non a caso ieri, mentre il KKE guardava da lontano col binocolo, i nostri compagni erano in prima fila nella battaglia di strada e di piazza, al fianco di migliaia di giovani combattenti, con la parola d'ordine dell'assalto al Parlamento e del potere operaio. Certo, EEK è ancora lontano dal disporre della forza sufficiente per dirigere il movimento di massa. Ma è l'unico partito che la rabbia popolare oggi merita. L'unico su cui può contare il futuro della rivoluzione greca e la giovane generazione di Piazza Syntagma.

Per questo,il PCL saluta con orgoglio i propri compagni greci. E farà del loro esempio una leva di costruzione del partito della rivoluzione in Italia.

Marco Ferrando
Portavoce nazionale
Partito Comunista dei Lavoratori 

05/02/12

Lo slogan della “competizione”

All’evidenza dei fatti, parole come “competizione”, rimangono solo vaghi slogan.
“Competizione” (o rilancio della competizione), “mercato”, ”concorrenza”, sono slogan che servono appunto a confondere le acque, favole che lasciano campo alla rapina dei soldi pubblici per favorire un nuovo colonialismo delle multinazionali.
L’industriale in cerca di profitto non valuta certo il danno che procura al territorio nel quale smette di produrre, tantomeno ha dei rimorsi di coscienza per quei lavoratori che gli hanno procurato ricchezza e ora saranno costretti in mezzo ad una strada. Non si mette a competere con Germania e Stati Uniti, al più può misurarsi con paesi che economicamente appartengono al terzo mondo. All’industriale non interessa nemmeno il prodotto, a lui interessano gli affari, quindi il “profitto”e soprattutto “vendere”con il maggior guadagno possibile.

In realtà, gli industriali non hanno alcuna intenzione di competere con chicchessia: loro sfruttano territori e lavoratori ricattandoli con la delocalizzazione. Sfruttano la politica degli incentivi alla delocalizzazione attuata dagli organismi internazionali come il FMI e anche l’UE. Capitalisti e multinazionali usano le tasse che tanti lavoratori hanno pagato negli anni per privarli del loro posto di lavoro, si usano i fondi europei allo sviluppo per finanziare i licenziamenti.

I paesi dell’est attraggono gli investitori, e pagano, attraverso incentivi e sgravi fiscali per le imprese, l’onore di essere colonizzati dalle multinazionali. Le multinazionali e il loro strapotere è tutto fondato sull’uso e sull’abuso del denaro pubblico: non fanno differenza tra l’Occidente e l’Oriente, per loro siamo tutti colonie da conquistare.
I sindacati non possono più permettersi di dare lezioni di democrazia in Italia ed in altri paesi, non possono più coltivare l’illusione di essere parte eletta in un area del mondo dove il capitalismo e le sue ideologie mostrano il loro vero volto: la dittatura dei banchieri e degli industriali. I sindacati devono elevare la coscienza dei lavoratori schierandosi totalmente dalla loro parte, elevandoli ed organizzandoli per recuperare dignità e diritti e costruire insieme un Governo dei Lavoratori dove, non più un pugno di privati, ma la stragrande maggioranza della popolazione abbia le redini in mano.
Youri Venturelli
Partito Comunista dei Lavoratori
Sez.Ancona-Nucleo Montano

ORA BASTA. SI ROMPA COL GOVERNO E COL PD CHE LO SOSTIENE.

L'attacco di Mario Monti all'articolo 18 è ormai dichiarato. La volontà esplicita di “togliere tutele” a chi starebbe “blindato nella sua cittadella” è una provocazione inaccettabile per centinaia di migliaia di operai licenziati dalle fabbriche in questi anni, o già privati dei propri diritti sindacali (Fiat). Chi oggi “è blindato nella propria cittadella” è proprio il governo Monti, che può colpire liberamente il mondo del lavoro solo perchè “tutelato” da PD e PDL, e dalla concertazione sindacale. Questa è la cittadella che va espugnata.

Susanna Camusso non ha più un solo argomento per continuare a negoziare con un governo che si colloca frontalmente contro il lavoro e i suoi diritti. Si liberi dell'abbraccio soffocante del PD e di Napolitano, tolga le “tutele” al governo, e prepari uno sciopero generale vero. Questo è il momento. Se continuerà a sedere al tavolo di Monti, al di là delle “critiche”, si renderà corresponsabile di una sconfitta storica. E senza alibi.

MARCO FERRANDO
Portavoce Nazionale
Partito Comunista dei Lavoratori 

03/02/12

Alluvioni ed altre tragedie: come il capitalismo distrugge il territorio

Articolo pubblicato su Giornale Comunista dei Lavoratori di gennaio 2012
Le tragedie delle ultime settimane sono catastrofi annunciate e la sciagura di Genova è solo l’ultima di una lunga lista iniziata col nuovo millennio. Un numero impressionante di morti si succede nella storia recente del Paese a causa di frane ed alluvioni e, cosa ancor più grave, con una regolarità tale da escludere ogni aleatorietà. Dossier del Ministero dell’Ambiente, della Protezione Civile, di Associazioni Ambientaliste concordano nel definire il dissesto idrogeologico come una delle più gravi minacce per il territorio e la popolazione italiani, confermando ciò che geologi, naturalisti e ingegneri ambientali denunciano da sempre. Nonostante questo i governi di qualsiasi colore non hanno mosso un dito per limitare le devastazioni, anzi: l’incuria del territorio e la cementificazione selvaggia corrono sempre più rapidi, rendendo ogni giorno più pericolose le nostre pianure alluvionali, le nostre montagne e le nostre coste. Né interverranno grossi cambiamenti con il Governo Monti che ha ben altre priorità (basti leggere le dichiarazioni sul nucleare e sulla TAV del neo-Ministro dell’Ambiente Clini).
Le ragioni del rischio
La ragione principale per cui sono frequenti fenomeni alluvionali ed erosivi è che l’Italia è un Paese geologicamente giovane e quindi instabile e mutevole. Il nostro territorio presenta numerosi fattori di rischio: corsi d’acqua giovani e con regimi variabili, coste infinite e variegate, terreni calcarei con fenomeni carsici, calanchi argillosi ed instabili. Inoltre numerosi tipi climatici si alternano nella penisola: climi mediterranei, con lo svantaggio di piogge concentrate in brevi periodi; o climi temperati, molto piovosi e con repentini scioglimenti di nevi. A quest’ultimo punto si associa la piaga mondiale dei mutamenti climatici (ormai universalmente addebitata allo sviluppo inconsulto del capitalismo mondiale ed al totale disinteresse dei governi imperialisti alla salute del pianeta e dei suoi abitanti), che influisce anche sui regimi termopluviometrici, condizionando sia la quantità che la concentrazione delle precipitazioni.
Perché i disastri?
I fattori di rischio non sono sufficienti a giustificare gli esiti catastrofici delle alluvioni. Dietro ai disastri naturali non può che esserci la rapace mano dell’Homo capitalisticus che, con ingordigia e superficialità, saccheggia le risorse naturali e riversa le esternalità negative dei suoi modi di produzione e consumo sull’ambiente e sugli esseri viventi (comprese le popolazioni locali). In Italia il suolo ed il clima favoriscono la crescita di rigogliose foreste, capaci di rallentare il ruscellamento dell’acqua, favorire l’infiltrazione nel sottosuolo, consolidare i terreni franosi. Purtroppo i fautori dello “sviluppo a tutti i costi” (ovvero la stragrande maggioranza dei politici borghesi, degli amministratori locali o degli “intellettuali ambientalisti” dell’ultima ora) promuovono, senza alcuna giustificazione scientifica, uno sviluppo agricolo, produttivo ed edilizio forzato delle campagne e delle montagne. In realtà dal secondo dopo guerra ad oggi abbiamo assistito ad una cementificazione ed un consumo del suolo insostenibili. Tutto ciò favorisce un ruscellamento troppo intenso ed impoverisce le falde, rendendo i livelli di quest’ultime mutevoli e favorevoli a frane e smottamenti. La preservazione e l’incremento di aree wilderness (prive di manufatti antropici) e le opere di ingegneria naturalistica, sono molto più efficaci della cementificazione delle sponde o dello spianamento degli alvei. Purtroppo quest’ultime sono le uniche tecniche utilizzate da Provincie e Comuni per prevenire i fenomeni alluvionali: sia perché applicabili anche in zone molto antropizzate, sia perchè compatibili con le ambizioni speculative di sindaci e palazzinari. A questo si aggiunge una profonda arretratezza giuridica nella difesa dell’ambiente, bene immateriale che non interessa allo Stato borghese se non come luogo di sversamento dei propri rifiuti o “giacimento” di risorse da accaparrarsi. Ciò vanifica la lotta alla cementificazione sfrenata, al disboscamento ed agli incendi, menomando l’effetto benefico della vegetazione sull’assetto idrogeologico e la tenuta dei versanti. Inoltre permette spesso la costruzione all’interno degli alvei fluviali stessi e non ostacola a sufficienza l’abusivismo, innescando situazioni esplosive.
Quale sicurezza?
Dal 1992 l’Italia si è dotata di uno strumento che avrebbe dovuto risolvere gran parte delle emergenze: la moderna Protezione Civile. Un unico coordinamento per la gigantesca e farraginosa macchina dei soccorsi. Ovviamente l’inefficienza, il clientelismo, la corruzione si sono presto impadroniti di lei. I suoi compiti stabiliti (previsione, prevenzione, soccorso, ripristino), sono stati spesso disattesi e l’impegno delle decine di migliaia di volontari vanificato. Una serie di squallidi “giochini” legislativi bipartisan ed un Dipartimento centrale di “cooptati” hanno infatti permesso alla cricca Bertolaso & co. (sostenuta in egual modo da centrodestra e centrosinistra) di utilizzare la Protezione Civile come proprio comitato di affari, godendo di una totale immunità alle leggi e ai controlli. Inoltre i compiti legati alla previsione ed alla prevenzione sono puntualmente elusi per via dello scarso interesse dell’opinione pubblica ma soprattutto perchè gli speculatori e la criminalità organizzata preferiscono agire durante i più costosi e confusi interventi di soccorso o ricostruzione. Sul piano della Pubblica Sicurezza non va meglio. Le Prefetture e le forze dell’ordine infatti, efficientissimi nella gestione dell’Ordine Pubblico e nella repressione del dissenso, non mostrano la stessa solerzia nel garantire la reale sicurezza dei cittadini. Il Prefetto, rappresentante dello Stato e del Ministero dell’Interno, ha tutti i poteri necessari per imporre stati di emergenza, evacuazioni etc., ma la sua figura ha assunto nella prassi i contorni di emissario politico del Governo e “capo bastone” dello Stato sul territorio: i suoi compiti più nobili sono stati anch’essi disattesi.
L’emblematico caso Liguria
La vicenda ligure ha assunto caratteri grotteschi. Le solerti amministrazioni di centrosinistra, che da sbandierano una distanza (in realtà inesistente) dalle politiche del Governo Berlusconi, non solo non hanno fatto nulla per evitare le tragedie, ma hanno addirittura peggiorato la situazione. La giunta di centrosinistra Burlando, con un regolamento regionale del luglio 2011, apre la strada alla più becera speculazione edilizia riducendo la fascia di inedificabilità dai corsi d’acqua a 5 mt nelle aree extraurbane ed a soli 3 mt nei centri abitati (spesso i più a rischio). Burlando è tornato indietro a prima del 1904, quando un Regio Decreto stabiliva il principio inderogabile della costruzione ad almeno 10 mt. Anche il sindaco genovese del PD, Vincenzi, e la sua giunta sono risultati del tutto inadeguati a fronteggiare l’alluvione: sia per totale incapacità e disinteresse dimostrati nella messa in sicurezza della città e nella gestione dell’emergenza, sia per l’arroganza con cui hanno risposto alla pioggia di critiche. Nonostante l’allarme meteorologico e la tragedia delle Cinque Terre di pochi giorni prima, la Vincenzi ha dichiarato che dar seguito a quell'allerta sarebbe stato "terrorismo" e che non c’erano i presupposti per chiudere scuole, uffici ed invitare la popolazione a chiudersi in casa. Davanti ai morti ha parlato invece di "tsunami". Prima ha sottovalutato per incompetenza e poi ha sopravvalutato per discolparsi. Infine ha insultato le vittime con frasi del tipo "Tante persone si sono messe in pericolo da sole": insomma, quelle mamme e i bambini morti se la sono cercata!
Le proposte del PCL
Negli ultimi anni, invece di occuparsi dello stato del territorio lo Stato ha investito in grandi opere, poco utili e assai più costose, che offrono però maggiori possibilità di guadagno agli speculatori e più margine alle manovre clientelari della politica. Il PCL chiede il dirottamento delle enormi risorse economiche in campo per le grandi opere  verso la riqualificazione ambientale e la messa in sicurezza idrogeologica del nostro territorio, con piccole opere diffuse che creino più posti di lavoro con meno sperpero di denaro pubblico. Pretendiamo, inoltre, che il sistema della Protezione Civile, di cui le dirigenze sembrano “intoccabili” ed immuni da critiche, subisca una reale riorganizzazione : basta con le politiche del post-emergenza, che fanno arricchire solo funzionari corrotti ed imprenditori senza scrupoli; si punti invece sulla prevenzione e la manutenzione.
Un “nuovo” movimento ambientalista
I comunisti, al grido di “salviamo il pianeta dagli effetti venefici del Capitalismo”, sembrano essere rimasti gli ultimi ad invocare un cambiamento radicale del sistema produttivo ed economico mondiale. Questo rappresenta l’unica concreta via d’uscita per un pianeta che sta cadendo a pezzi, con sconvolgimenti e disastri naturali che si susseguono con violenza ed frequenza sempre maggiori. Non è più rimandabile una profonda riflessione che porti ad unire gli sforzi ed uniformare proposte e rivendicazioni, creando un unico grande movimento ambientalista: un fronte di associazioni, partiti e cittadini, svincolato dai governi nazionali e locali di qualsiasi colore. Per fare ciò bisogna raccogliere in un unico coordinamento tutti i movimenti che in questi anni sono nati per difendere cittadini e territorio dagli attacchi dei governi borghesi, degli affaristi, delle ecomafie (No Tav, movimenti per l’acqua, contro il nucleare etc.). Dobbiamo “unire le forze” per affrontare i problemi ambientali più scottanti, ma soprattutto per fornire uno sbocco politico alle singole “battaglie”. Coniugare le rivendicazioni contingenti a prospettive di lungo termine più radicali, che mettano in discussione le fondamenta stesse del capitalismo: è questa la priorità assoluta dell’ambientalismo moderno.
Titto Leone

02/02/12

MONTI DIPENDENTE FISSO DEL CAPITALE

COME FA LA CGIL A CONTINUARE A SEDERE AL SUO TAVOLO?
Mario Monti gode da sempre del “posto fisso” quale tecnico del grande capitale: prima al servizio della Fiat al fianco di Romiti, poi commissario europeo su nomina di Berlusconi, infine Presidente del Consiglio di un governo di Confindustria e banche su nomina di Napolitano. Da questa postazione di dipendente inamovibile del capitale - senza mai “annoiarsi”- ha lavorato a demolire il “posto fisso” dei lavoratori: appoggiando, invocando, gestendo tutte le politiche di precarizzazione del lavoro realizzate da centrosinistra e centrodestra. Ed oggi sfotte una generazione di precari senza diritti, cui ha contribuito, per estendere la licenziabilità di chi lavora. E' rivoltante.

Se la CGIL ha dignità, deve alzarsi seduta stante dal tavolo di concertazione cui è seduta, mandare al diavolo PD e Napolitano, e promuovere un'opposizione radicale al governo. Invece di incassare i suoi complimenti.. per non aver fatto nulla a difesa delle pensioni.

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

01/02/12

Campagna di tesseramento al PCL 2012

Per i compagni marchigiani che volessero aderire al Partito Comunista dei Lavoratori contattateci all'indirizzo pclancona@alice.it
IL CAPITALISMO E' FALLITO
IL RIFORMISMO ANCHE
COSTRUIAMO IL PARTITO DELLA RIVOLUZIONE

Guardiamo in faccia la realtà.
Per trentanni le classi dirigenti d'Europa hanno imposto ovunque enormi sacrifici sociali , con l'argomento che avrebbero garantito un futuro migliore ai “giovani”. E' accaduto l'opposto. Le nuove generazioni sono state condannate al precariato, i loro diritti negati, le loro future pensioni distrutte, mentre capitalisti e banchieri si sono arricchiti per decenni come mai in precedenza.

Oggi, di fronte alla grande crisi del capitalismo , le stesse classi responsabili della bancarotta chiedono alle proprie vittime sacrifici ancor più pesanti, con l'argomento che assicureranno l' “uscita dalla crisi” e il “futuro dell'Europa”. Accade l'opposto. Dopo cinque anni la crisi permane , l'Unione Europea delle banche si avvita nella recessione, mentre sprofondano le condizioni di vita dei salariati e di larga parte della popolazione.

La verità è che i lavoratori e la maggioranza della società sono ostaggio di un sistema fallito. Non c'è alcuna possibile via d'uscita dalla crisi sociale dell'Europa senza il rovesciamento delle sue classi dirigenti, in ogni paese e su scala continentale. Tutti i tentativi di aggirare questa verità; tutte le “ricette” e “soluzioni” che vorrebbero conciliare il capitalismo con la “giustizia sociale” sono semplicemente una truffa, comunque si chiamino: “Europa sociale e democratica”, “nuovo modello di sviluppo”, Eurobond”, “riforma della BCE”, “audit” sul debito e sua rinegoziazione”,... Queste evocazioni immaginarie,contro ogni illusione, hanno una sola funzione obiettiva: distogliere gli sfruttati dalla comprensione della realtà; indirizzare le loro speranze di liberazione verso mitologie senza futuro, a tutto vantaggio della conservazione del presente.

La verità è che solo una rivoluzione sociale può fare pulizia.

Perchè solo una rivoluzione sociale può rovesciare la dittatura degli industriali, delle banche, delle compagnie di assicurazione, con quel groviglio inestricabile di sfruttamento, speculazione, corruzione, che domina la vita sociale in ogni suo aspetto , sotto ogni governo, in ogni paese capitalista.

Solo una rivoluzione sociale può concentrare nelle mani dei lavoratori e della maggioranza della società le leve decisive della produzione della ricchezza, della sua distribuzione, della riorganizzazione radicale dell'economia, secondo un piano democraticamente definito dai lavoratori stessi e sotto il loro controllo: in funzione dei bisogni sociali non del profitto di pochi parassiti.

Solo una rivoluzione sociale, e dunque l'avvento di governi dei lavoratori, può unificare il vecchio continente, dal Portogallo alla Russia, negli “Stati Uniti Socialisti” d'Europa: unendo i lavoratori al di là dei confini, ripartendo razionalmente il lavoro, cancellando gli enormi sprechi e gli aspetti odiosi connessi al mercato,al militarismo, alle politiche antimigranti, al saccheggio dell'ambiente; e invece valorizzando quelle ricchezze produttive, scientifiche, tecniche che la crisi capitalista ogni giorno distrugge: ricchezze da porre al servizio della liberazione degli uomini e non del loro sfruttamento.

Il PCL è l'unico partito della sinistra italiana a basarsi su questo programma di rivoluzione: a farne l'asse della propria azione e proposta in ogni lotta; a ricondurre ogni battaglia parziale di movimento, a questa prospettiva generale; a sviluppare controcorrente la coscienza politica delle masse, e della loro stessa avanguardia, in questa direzione.

Aderire al PCL significa rafforzare questo lavoro e prospettiva.

Non esistono scorciatoie rispetto alla necessità di costruire il partito della rivoluzione, in Italia come in ogni altro Paese.
Le esigenze e attese di un vero cambio sociale non saranno risolte dalla pura spontaneità dei movimenti. Né dai gruppi dirigenti di sinistre fallite in eterna attesa di una chiamata del PD. Né da sinistre “antagoniste” puramente “critiche”. Né tanto meno dalle suggestioni equivoche del mondo virtuale di qualche capo comico (Grillo).

Solo un partito organizzato che investa materialmente nella rivolta sociale per darle un progetto e una coscienza può davvero costituire, dopo tante delusioni e fallimenti, un fattore reale di svolta per tutti gli oppressi, di ogni colore e condizione.

Costruirlo, in ogni lotta, è il nostro impegno. Salvaguardare la sua autonomia, estendere le sue radici sociali, organizzare nelle sue fila i lavoratori e i giovani più coscienti, sviluppare la loro formazione, significa lavorare concretamente per il futuro della rivoluzione. Al fianco dei marxisti rivoluzionari di tutto il mondo, nel lavoro di ricostruzione della Quarta Internazionale.

Perchè- come recita la nostra tessera 2012- “solo la rivoluzione cambia le cose”. E' a questa verità che dobbiamo dare un partito: l'unico partito di cui gli sfruttati hanno bisogno.