12/12/09

Piazza Fontana quarant'anni dopo




Pubblichiamo di seguito un comunicato stampa della Federazione Anarchica Italiana, il cui militante Giuseppe Pinelli fu brutalmente assassinato, in seguito ad "indagini" (pilotate dagli stessi mandanti della strage di stato) alla bomba di Piazza Fontana.
Quarant'anni fa, il 12 dicembre del 1969, irrompeva a piazza Fontana il primo grande misfatto di quella strategia della tensione costituita da bombe, omicidi, depistaggi e provocazioni con cui gli apparati dello stato terrorizzarono il paese con l'obiettivo di stroncare le lotte e le rivendicazioni che in quegli anni attraversavano il corpo sociale. Servendosi della manovalanza nazifascista, lo stato italiano dichiarò guerra alla società per riaffermare un dominio che non poteva tollerare oltremodo le istanze di libertà ed emancipazione che caratterizzavano quegli anni. Questo quarantesimo anniversario viene a cadere in uno dei momenti peggiori della storia recente del paese. Negli ultimi vent'anni, i potentati politici ed economici hanno plasmato la società facendola arretrare a livelli inauditi. Il mondo del lavoro è stato ulteriormente umiliato e in gran parte distrutto dalla globalizzazione neoliberista, i diritti sono stati erosi costantemente, il carattere pubblico dei servizi essenziali (dall'istruzione, alla sanità, ai trasporti, ecc. ) è stato sacrificato sull'altare delle privatizzazioni, la repressione è diventata strumento qualificante per l'amministrazione del quotidiano, il razzismo è stato elevato a criterio normativo per la gestione dei flussi migratori e, più o meno implicitamente, anche a criterio morale nelle relazioni con chiunque sia fatto rientrare nella categoria di "straniero" o, peggio, di "clandestino". Il quarantennale di piazza Fontana trova un'Italia in ostaggio, sfiancata da una crisi economica (e, allo stesso tempo, sociale e culturale) prodotta da chi detiene il potere e le leve di comando: un'Italia mortificata da un autoritarismo con cui un'impresentabile classe dirigente è riuscita ad appestare perfino i rapporti sociali. Per ricordare l'eccidio di piazza Fontana è necessario smascherare il revisionismo storico con cui, proprio quest'anno, i vertici delle istituzioni hanno tentato un'ambigua – quanto impossibile – riconciliazione tra vittime e carnefici: il nostro pensiero va, insieme a tutte le altre vittime innocenti, al compagno Giuseppe Pinelli, ingiustamente incolpato della strage, ucciso innocente nei locali della questura di Milano, volato giù dalla finestra dell'ufficio del commissario Luigi Calabresi dopo un interrogatorio di tre giorni. Ma per ricordare piazza Fontana è necessario rendersi conto della stringente attualità di questo anniversario, in un momento in cui gli attacchi dello stato e del capitale nei confronti dei lavoratori, della gente comune, dei più deboli, sono sempre più violenti e spudorati. Con il suo tragico portato di dolore e ingiustizia, piazza Fontana resta l'emblema della criminalità di ogni potere e dimostra quanto possa essere spietato l'esercizio della cosiddetta ragion di stato. Oggi come allora, la risposta più efficace è quella di sempre: lottare e impegnarsi, con tenacia e coraggio, senza cedere alla rassegnazione, per costruire una società libera da ogni ingiustizia e da ogni potere. Il modo migliore per onorare le vittime ma, soprattutto, per riappropriarci del nostro futuro.

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