05/03/12

Urbino: gli studenti a difesa dello spazio comune dell'aula c1


I primi mesi dell’anno, nella città di Urbino, hanno dimostrato, ancora una volta, innanzitutto che la lotta paga, e, secondariamente, che questa è una cosa che fa paura e viene per questo combattuta con mezzi infami. Ma andiamo con ordine. Negli ultimi giorni di gennaio il Collettivo C1Autogestita/Studenti in Movimento, il Collettivo Drude e l’Associazione Fuoricorso hanno mobilitato studenti e studentesse urbinati in un Presidio permanente per rivendicare che l’aula studio all’interno dell’ex Casa dello Studente (oggi Collegio Internazionale) tornasse a disposizione degli universitari nella sua antica funzione. Dopo giorni di occupazione, dimostrazioni, iniziative che hanno tentato di coinvolgere l’intera città, l’aula studio è stata riaperta, a dimostrazione che solo la giusta lotta permette di ottenere qualcosa (seppur briciole in confronto a ciò che spetterebbe agli studenti di uno degli atenei fra i più cari d’Italia, il quale sfora il limite di legge imposto alla contribuzione studentesca non di poco: nel 2009 al 38% del Fondo di finanziamento ordinario, a fronte di una soglia massima del 20%).
In una città universitaria in cui gli spazi a disposizione degli studenti e a tutela del diritto allo studio si contano sulle dita di una mano, l’aula studio si andava ad aggiungere ad un altro luogo simbolo della lotta studentesca degli ultimi anni: l’aula C1 del polo Volponi (ex facoltà di Magistero). Tale aula era dal 2008, dalle grande mobilitazioni anti-Gelmini, luogo motore delle lotte studentesche e generatore di ogni sorta di iniziativa: politica, sociale, culturale, di formazione ed informazione libera, di associazione, ecc. L’aula, autogestita ed aperta a chiunque volesse essere partecipe delle varie attività di promozione di un pensiero non soggiogato alle logiche del potere, è stato vero e proprio punto di riferimento per le lotte e per il confronto degli studenti e delle studentesse di Urbino, non solo universitari: anche studenti delle scuole superiori utilizzavano l’aula come luogo di incontro, di studio e di partecipazione politica.
Nelle prime settimane di Febbraio, Urbino è uno dei luoghi più colpiti d’Italia dall’emergenza meteo: la città ducale deve fronteggiare fino a 310 cm di neve con situazioni drammatiche di isolamento, crolli e black-out. In tutto questo gli studenti e le studentesse della C1, su iniziativa in particolare dei ragazzi dell’Assemblea Permanente, decidono di andare incontro a quella città con la quale i rapporti sono da sempre di amore-odio ed imbracciano i badili per liberare case e strade bloccate. In quegli stessi giorni il Rettore Stefano Pivato invia un comunicato in cui dispone che, in virtù dell’inagibilità di alcune strutture dell’Ateneo causa neve, “con effetto immediato, l’aula C1 fosse adibita allo svolgimento delle funzioni didattiche (…) Anche mediante, se necessario, il coinvolgimento delle forze dell’ordine competenti”. In risposta viene pubblicata su facebook una frase volontariamente provocatoria (con chiaro riferimento alle attività contingenti degli studenti impegnati in quei giorni a liberare la città dalla coltre di neve) e, altrettanto volontariamente, utilizzata pretestuosamente: dal Rettore per mettere in pratica una delle azioni più meschine possibili all’interno di un’Università e dalla stampa per sparare quanto più fango si potesse su quei ragazzi che sarebbero dovuti essere azzittiti per non continuare a dimostrare cosa è possibile ottenere lottando per rivendicare il proprio diritto alla dignità. La frase incriminata: “Lui approfitta dell'emergenza, noi lo aspetteremo con i badili in mano”; l’azione infame: la chiusura dell’aula mediante lucchetti alle porte, lo svuotamento, nottetempo, di tutto il materiale accumulato in anni di autogestione (libri, poster, riviste, volantini, mobilio…) e il presidio delle forze dell’ordine. In una lettera aperta di alcuni Professori dell’Ateneo, in risposta anche a quella di qualche giorno prima di solidarietà al Rettore da parte dei Presidi di Facoltà “per le ingiustificate azioni di violenza verbale che Ti sono giunte da un esiguo gruppo di studenti”, viene riconosciuta la gravità e la sproporzione di un gesto altamente significativo nella sua spregevolezza. I Professori firmatari della suddetta lettera ricordano come questa sia la prima volta nella storia dell’Ateneo in cui si siano chiamate le forze dell’ordine: “Carlo Bo non lo ha mai fatto nemmeno in pieno 68”. Oltretutto gli studenti si erano resi disponibili a cedere la C1 a fronte di reali esigenze determinate dall’inagibilità temporanea delle strutture universitarie, ma è palese la non reale necessità dell’aula in questione per le attività didattiche visto che l’inizio di queste ultime è stato rimandato al 12 Marzo (lo sgombero è avvenuto la notte fra domenica 19 e lunedì 20 Febbraio). Da ciò emerge chiaramente che l’apertura alla trattativa sbandierata dalle gerarchie universitarie è una pura facciata, in una situazione in cui, comunque, una trattativa non sarebbe potuta essere possibile perché avrebbe significato cedere. Non c’era e non c’è nulla da trattare: gli studenti hanno diritto ad avere uno spazio autogestito di confronto e di promozione del libero pensiero, di fronte ad un rifiuto in tal senso nulla può essere ceduto. A questo Rettore & co. (company nella quale, altro aspetto stomachevole e disgustoso, ma non così inaspettato, trova posto anche buona parte dei “Rappresentanti del Rettore presso gli Studenti”, come ribattezzati dall’Assemblea Permanente) hanno pronta una risposta, che viene resa nota sul sito di ateneo in cui viene esplicitata l’intenzione di offrire una nuova aula:
“Il provvedimento dell’Ateneo è giustificato dalla necessità di procedere alla razionalizzazione degli spazi e alla volontà di effettuare risparmi sugli affitti che gravano sul bilancio e pesano negativamente sulle valutazioni del MIUR. L’aula C1, in quanto “occupata”, comportava oneri e spese gravanti sui contribuenti e, nel caso specifico, sulle tasse degli studenti di Urbino”.
Non si capisce come possa gravare economicamente l’occupazione di un’aula in una struttura in cui durante tutto l’anno accademico gran parte delle aule è vuota; inoltre questa grande attenzione verso le tasche dei contribuenti mal si concilia con le decine di agenti arrivati a presidiare l’aula C1 su precisa richiesta dell’Università. Sono gli stessi Massimo Zeloni (comandante della Polizia di Urbino) e Italo D’Angelo (questore di Pesaro) a sembrare un po’ perplessi per la situazione (e già questo è tutto un dire, infatti successivamente correggeranno il tiro) dichiarando, rispettivamente, che “la situazione della C1 non è una minaccia all’ordine pubblico” e che “i ragazzi sono stati collaborativi, a parte forse una sola eccezione. Io li ho anche incontrati nel mio ufficio e ho parlato con loro perché mi trovavo a Urbino. Gli ho chiesto ‘Che succede?’ e mi hanno esposto le loro ragioni con grande compostezza”. Il questore, in merito allo sgombero, aggiunge: “Mi sono incontrato con il rettore e gli ho chiesto ‘Era opportuno?’ E’ stato un atto forte da parte sua quello di portare fuori tutte le cose e richiedere il nostro intervento . Ma noi non interveniamo nel merito dell’utilizzo dell’aula, perché il ‘dominus’ dell’Università è lui. E solo lui può prendere la decisione di contattare la Questura”. Un’ulteriore contraddizione emerge da un altro punto del comunicato pubblicato sul sito, il quale esplicita inoltre il vero punto della questione: il problema è la presenza di soggetti che, smarcandosi dall’imposizione dell’ideologia dominante, mettono quest’ultima in pericolo instillando la voglia di pensare criticamente e liberamente; si legge infatti: “Nel mettere a disposizione delle associazioni studentesche una nuova aula, l’Ateneo ribadisce la volontà di offrire a “tutte” le rappresentanze e non a una minoranza, uno spazio autogestito. In particolare si ritiene auspicabile che – in base a un elementare principio di democrazia – nella nuova aula trovino spazio (contrariamente a quanto avviene attualmente) anche gli studenti eletti nei vari organi istituzionali dell’Ateneo (Senato accademico, CdA)”.
Quello che l’Ateneo dice di voler offrire è quello che l’Ateneo ha sottratto militarmente!
Mentre quello che l’Ateneo realmente vorrebbe, al limite, concedere è un luogo non autogestito dagli studenti e dalle associazioni che vogliono farne parte, ma regolamentato e gestito da chi meglio possa garantire che il pensiero che ivi venga portato avanti sia quello che più si conforma alle logiche gerarchiche e di potere. In un comunicato dell’ufficio di presidenza del consiglio degli studenti dell’università, in cui vengono rivendicati luoghi di espressione e confronto, viene espressa l’intenzione di richiedere all’Ersu e al Comune l’apertura di aree gestitite con regole democratiche, nelle quali possano partecipare tutte le associazioni e ogni studente e nel quale lo stesso Ufficio di Presidenza si pone come garante di un percorso che arrivi alla creazione di un regolamento per la gestione democratica degli spazi collettivi: “Non scatole simboliche in cui si segua una linea e si pratichi il conflitto per il conflitto. La baruffa non serve a nessuno, mentre la cooperazione, invece, permette la crescita individuale e sociale”. In tale comunicato l’esortazione è: “Giù dalle barricate!”, ma gli studenti e le studentesse che in questi anni hanno animato l’attività politica all’interno dell’Università non ci stanno, e da giorni su quelle barricate ci stanno per riappropriarsi di uno spazio libero ed autogestito in cui portare avanti le vecchie e nuove lotte davanti alle quali ci pone la gestione capitalista della società. Su quelle stesse barricate il Partito Comunista dei Lavoratori incontra gli studenti e le studentesse di Urbino, solidarizzando con la lotta senza compromessi per la rivendicazione della C1.

Eleonora Palma
Partito Comunista dei Lavoratori
Sezione di Pesaro


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