24/03/15

TESTO DEL VOLOANTINO DEL PCL DISTRIBUITO NEI LUOGHI DI LAVORO NELLE PIAZZE NEI LUOGHI DI STUDIO

LA "COALIZIONE SOCIALE” DI MAURIZIO LANDINI: FRONTE UNICO DI LOTTA O SPECCHIETTO PER ALLODOLE?
 
Maurizio Landini e la FIOM hanno promosso l'iniziativa della coalizione sociale: “una iniziativa rivolta a unire tutti i lavoratori e i soggetti colpiti contro l'alleanza fra Governo e Confindu-stria”. Messa così, chi potrebbe essere in disaccordo? Da anni il PCL rivendica l'esigenza del più vasto fronte unico di classe contro governo e padronato.
L'avvento del governo Renzi, il suo progetto reazionario bonapartista, il salto dell'offensiva dominante contro lavoro e diritti, rendono ancor più necessaria e urgente la costruzione del fronte di classe di tutte le sinistre politiche, sindacali, associative, di movimento.
Gli ammiccamenti verso il renzismo da parte dei vertici FIOM nei primi sei mesi del governo Renzi avevano rappresentato una enormità. Il fatto che l'aggressione frontale da parte di Ren-zi ai lavoratori e al sindacato abbia successivamente costretto Landini a collocarsi all'opposi-zione del renzismo, è in sé positivo. La “coalizione sociale” antigovernativa vuole formalizza-re, dopo le lotte d'autunno,questa ricollocazione? Ben venga.
Ma non è tutto oro ciò che brilla.
 
QUALE PROPOSTA DI LOTTA?

In primo luogo una coalizione sociale ha senso se è un fronte unico d'azione. E l'azione unita-ria deve essere tanto radicale quanto radicale è l'offensiva del governo. Così non è stato e non è. La scelta di CGIL e FIOM al piede di partenza dell'autunno di opporsi all'attacco all'arti-colo 18 fu naturalmente positiva. Ma il bilancio dell'opposizione è stato disastroso. Nessuna svolta radicale delle forme di lotta. Rinuncia all'occupazione delle fabbriche persino nelle condizioni più favorevoli (AST Terni). Assenza di una reale piattaforma di lotta unificante del movimento. Convocazione di uno sciopero generale (12 dicembre) non per dare continuità al-la lotta ma per chiuderla con un atto simbolico. Il risultato è sotto gli occhi di tutti.
Il governo ha proseguito la sua strada come un rullo compressore senza incontrare resisten-za. Il licenziamento arbitrario per nuovi assunti è passato, persino nella forma del licenzia-mento collettivo. Una sconfitta pesante. Il fatto che i generali della campagna d'autunno (Ca-musso e Landini) non traggano alcun bilancio del proprio operato conferma e aggrava le loro responsabilità. Basta l' invenzione della “coalizione sociale” per rimuoverle?
Ma soprattutto: coalizione sociale per cosa?
Non basta elencare diritti e ragioni, se non si indica e promuove con chiarezza una svolta ge-nerale nell'azione di lotta. Convegni, incontri, manifestazioni, seppur in sé positive, non spo-stano di una virgola i rapporti di forza reali fra le classi sul piano generale e nei luoghi di lavo-ro. Né li sposta una proiezione di cartello del sindacato verso l'associazionismo civico (Libe-ra, Emergency, Arci). Non c'è surrogato possibile alla necessaria azione di lotta (continuativa, concentrata, radicale) di milioni di lavoratori, lavoratrici, precari, disoccupati.
Aprire un confronto unitario sulle condizioni e premesse di una vera svolta di lotta è e resta la prima necessità. Senza svolta reale di mobilitazione la “coalizione sociale” diventa la coper-tura di una ritirata e di una sconfitta.
 

IL NODO POLITICO
 
In secondo luogo, si pone un nodo politico.
Landini precisa che la “coalizione sociale” non è né un partito, né una lista elettorale. Ma pa-rallelamente abbondano i riferimenti a Syriza, Podemos o alle origini del partito laburista.
Poiché a pensar male ci si azzecca, mettiamola così: Maurizio Landini prende tempo per vede-re se entrerà la carta di una sua possibile successione ai vertici della CGIL, riservandosi in caso contrario un proprio investimento politico. L'ambiguità voluta di oggi copre un'incertez-za di futuro. Comprensibile e legittimo. Tuttavia, al netto di questa considerazione, ci permet-tiamo due osservazioni.
La prima, minore, è che le fortune di Syriza e Podemos sono dovute non ad alchimie politiche, ma alla radicalizzazione sociale di massa che ha percorso Grecia e Spagna negli anni di crisi: una radicalizzazione sociale che ha cercato e trovato l'espressione elettorale in sinistre non compromesse nelle politiche di austerità. In Italia abbiamo una situazione capovolta: da un la-to sinistre politiche suicidatesi con le politiche dei sacrifici e dall'altro pesante arretramento dei livelli di mobilitazione di massa. Non c'è trovata “politica” che possa aggirare questa real-tà. Pensare di forgiare in laboratorio una sinistra politico/ elettorale di successo senza una svolta di lotta di milioni di proletari e di giovani significa coltivare l'ennesima illusione.
La seconda osservazione è sostanziale. Quale soggetto politico di rappresentanza? Non sa-remo certo noi a negare l'assenza in Italia di una rappresentanza politica del movimento ope-raio. Ma l'assenza di questa rappresentanza non è forse l'esito del fallimento pregresso di tut-te le forme ed esperienze di “compromesso riformatore” col centrosinistra e il capitalismo ita-liano? Si indica il faro di Syriza, si promuovono brigate Kalimera in terra greca, si presenta Tsipras come la nuova terra promessa. Ma paradossalmente lo si fa nel momento stesso in cui la realtà si vendica della finzione. Nel momento stesso in cui la pretesa di Syriza di “un compromesso riformatore” con gli Stati (imperialisti) strozzini si conclude nella resa obbligata ai creditori, nella cancellazione di fatto delle solenne promesse elettorali, nel tradimento delle aspettative di cambiamento. C'è in questa sequenza la lezione profonda dei fatti, che hanno la testa dura: non c'è uno spazio reale riformista nella crisi capitalistica europea e nella camicia di forza dell'Unione. Una sinistra che voglia ricomporsi attorno a questa illusione fallita non avrà davanti a sé alcun futuro storico. Persino se avesse un immediato futuro politico.
La costruzione del partito di classe rivoluzionario è e resterà la bussola del nostro lavoro. In ogni fronte unico di lotta, in ogni battaglia di massa, in ogni occasione di incontro, confronto, manifestazione.
 
PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

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