La sanguinosa repressione che l'esercito
egiziano va conducendo contro I Fratelli Musulmani, non ha nulla di
progressivo, e nulla a che spartire con la rivoluzione egiziana: è
parte della ricostruzione del vecchio regime militare
prerivoluzionario.
Il governo reazionario di Morsi e dei Fratelli era stato messo con le spalle al muro dalla gigantesca sollevazione popolare di Giugno/luglio. Ma i gruppi dirigenti liberal democratici dell'opposizione anti Morsi ( dal liberale Baradei ai nazionalisti nasseriani sino a forze socialdemocratiche) ha scelto di consegnare ai generali la forza delle piazze per evitare una rivoluzione sociale. E i generali hanno usato l'appoggio “democratico”, l'odio di massa anti Morsi, le illusioni di massa nell'esercito, per elevarsi al di sopra delle parti in conflitto e concentrare nelle proprie mani tutti i poteri. In una classica dinamica bonapartista. Oggi lo stesso generale As Sisi, paradossalmente designato a suo tempo proprio da Morsi, usa il potere del terrore contro i Fratelli, non per “salvare la rivoluzione”, ma per consolidare sulla sua sconfitta un nuovo regime militare: nemico dei lavoratori e delle masse povere dell'Egitto. Non a caso le nuove leggi speciali per l'”ordine pubblico” sono impiegate, in questi stessi giorni, per spezzare il sindacalismo indipendente e ogni sciopero operaio.
Quanto è avvenuto e sta avvenendo, non dimostra il “fallimento inevitabile di ogni rivoluzione”, come si affrettano a dichiarare in tutto l'occidente quegli stessi politici borghesi già sostenitori di Mubarak e poi di Morsi. Dimostra invece che una rivoluzione di massa ha bisogno di una direzione indipendente. E che solo i socialisti rivoluzionari egiziani possono costruirla. Contro i Generali e la reazione islamica. Ma anche contro i dirigenti di quella sinistra “democratica” che hanno fatto da sgabello ai generali dell'esercito.
Sono i lavoratori egiziani, non “i democratici”, che possono portare alla vittoria le stesse rivendicazioni democratiche della rivoluzione egiziana. E lo possono fare solo legando quelle rivendicazioni a un programma anticapitalista e a una prospettiva di rivoluzione socialista. L'unica che possa spazzar via la reazione islamica e militare. E aprire una pagina nuova per l'intera rivoluzione araba.
Il governo reazionario di Morsi e dei Fratelli era stato messo con le spalle al muro dalla gigantesca sollevazione popolare di Giugno/luglio. Ma i gruppi dirigenti liberal democratici dell'opposizione anti Morsi ( dal liberale Baradei ai nazionalisti nasseriani sino a forze socialdemocratiche) ha scelto di consegnare ai generali la forza delle piazze per evitare una rivoluzione sociale. E i generali hanno usato l'appoggio “democratico”, l'odio di massa anti Morsi, le illusioni di massa nell'esercito, per elevarsi al di sopra delle parti in conflitto e concentrare nelle proprie mani tutti i poteri. In una classica dinamica bonapartista. Oggi lo stesso generale As Sisi, paradossalmente designato a suo tempo proprio da Morsi, usa il potere del terrore contro i Fratelli, non per “salvare la rivoluzione”, ma per consolidare sulla sua sconfitta un nuovo regime militare: nemico dei lavoratori e delle masse povere dell'Egitto. Non a caso le nuove leggi speciali per l'”ordine pubblico” sono impiegate, in questi stessi giorni, per spezzare il sindacalismo indipendente e ogni sciopero operaio.
Quanto è avvenuto e sta avvenendo, non dimostra il “fallimento inevitabile di ogni rivoluzione”, come si affrettano a dichiarare in tutto l'occidente quegli stessi politici borghesi già sostenitori di Mubarak e poi di Morsi. Dimostra invece che una rivoluzione di massa ha bisogno di una direzione indipendente. E che solo i socialisti rivoluzionari egiziani possono costruirla. Contro i Generali e la reazione islamica. Ma anche contro i dirigenti di quella sinistra “democratica” che hanno fatto da sgabello ai generali dell'esercito.
Sono i lavoratori egiziani, non “i democratici”, che possono portare alla vittoria le stesse rivendicazioni democratiche della rivoluzione egiziana. E lo possono fare solo legando quelle rivendicazioni a un programma anticapitalista e a una prospettiva di rivoluzione socialista. L'unica che possa spazzar via la reazione islamica e militare. E aprire una pagina nuova per l'intera rivoluzione araba.
PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI
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