23/09/09

Pagine fabrianesi. "La Settimana Rossa del 1914"


1914:Il quadro economico e sociale

Il 1914 inizia con la scoperta, nei conti dello Stato, di un enorme e preoccupante debito pubblico. A farne le spese, come sempre, sono le classi più deboli del paese: così vengono introdotte tasse straordinarie dal Governo per risanare le casse statali, devastate principalmente dalla guerra in Libia (1911-1912) e dalla ricostruzione del dopo terremoto di Messina (1908). Nel contempo si prospetta in Italia la paura di un conflitto europeo, voluto dal mondo capitalistico e dai poteri forti, che vedono l’entrata in guerra dell’Italia come un opportunità verso nuovi sbocchi economici. L’anno seguente infatti, il 23 maggio 1915, l’Italia dichiara guerra all’Austria-Ungheria, voterà i “crediti di guerra”, sosterrà il macello imperialistico della Prima Guerra Mondiale, voluta dai governi borghesi impegnati a far scannare i lavoratori dei diversi paesi tra di loro.

"La settimana rossa" ad Ancona

In tutta Italia si intensificano gli sforzi per determinare nel proletariato una solida coscienza pacifista. Tra il 7 e il 14 giugno 1914, durante la cosiddetta “settimana rossa” ad Ancona, in una manifestazione, si verificano violenti scontri tra dimostranti e carabinieri, con un bilancio di tre morti e quindici feriti. Il giorno dopo in tutto il paese viene proclamato lo sciopero generale.

"La settimana rossa" a Fabriano

Fabriano non fece eccezione. Durante la “settimana rossa” le mobilitazioni videro protagonisti il movimento operaio, con i lavoratori delle Cartiere Miliani, quindi i sindacati, i partiti della sinistra, gli anarchici e le cooperative. Gli eventi furono raccontati dai tre periodici locali allora esistenti a Fabriano: “Il Popolare”, giornale dello schieramento di sinistra e delle masse operaie; “In Campo”, per iniziativa di un gruppo di socialisti e di radicali; “L’Azione”, giornale cattolico (ancora esistente). Le voci sull’eccidio dei moti di Ancona giunsero a Fabriano l’8 giugno. I lavoratori delle Miliani abbandonarono il lavoro seguiti dalle maestranze delle altre fabbriche; i negozi, le botteghe e le rivendite si fermarono. Il socialista Benanni parlò dal balcone del palazzo comunale, raccomandando la calma ma invitando i dimostranti a mantenersi compatti. In molte abitazioni private e sedi di partito si videro sventolare le bandiere rosse, e le forze di sinistra costituirono un comitato cittadino preparando un manifesto nel quale si denunciava “lo scempio di vite umane fatto in Ancona”.

La città in mano ai lavoratori

Alcune squadre di lavoratori ottennero senza intralci dai direttori delle scuole medie e superiori di licenziare gli alunni e di far cessare ogni tipo di attività in segno di solidarietà. Fabriano veniva sostanzialmente controllata dai rivoltosi e la Forza Pubblica rimase asserragliata all’interno degli edifici comunali e governativi. La bandiara rossa venne issata sul campanile del Municipio, e vennero sospese tutte le cerimonie religiose. Fu imposto a molti proprietari di consegnare il denaro alla popolazione. Un gruppo di manifestanti si disposero sui binari della stazione obbligando i macchinisti a fermare i treni e facendosi assicurare che nessun’altro sarebbe ripartito.

Il grande corteo e la violenta repressione

Dalla stazione (piazza Vittorio Emanuele) partì un corteo fino al centro della città, in cui si terrà un comizio nel corso del quale cominciarono le prime contestazioni e scontri con i Carabinieri, che si conclusero con le mediazioni di alcuni, tra i quali Luigi Fabbri, anarchico fabrianese. La stessa sera i dimostranti tornarono in stazione per assicurarsi che il traffico ferroviario fosse sospeso ed esortare gli impiegati a spegnere le luci e chiudere le porte. Vista la non collaborazione di quest’ultimi, la folla devastò gli uffici e frantumò gli impianti telegrafici e telefonici. Il giorno seguente giunsero in città 150 Bersaglieri comandati dal capitano Bosio, insieme a quattro Carabinieri e dal brigadiere Gaetano Guercio, per presidiare la stazione. Il brigadiere Guercio, insofferente della situazione, avanzò incontro ai dimostranti, ma venne disarmato e trascinato verso il piazzale. Durante la colluttazione un carabiniere (Besso), aprì il fuoco animato dagli altri tre militari, e provocò lo sbandamento generale: venne ucciso sul colpo il sedicenne Nicolò Riccioni e gravemente ferito il dodicenne Settimio Frigio. Il giorno dopo, in una Fabriano in lutto per il ragazzo assassinato, arrivano una compagnia di Granatieri e uno squadrone di Lancieri.

La persecuzione di Comunisti e Anarchici

Le indagini per l’assassinio del giovane Riccioni vennero condotte con frettolosa approssimazione, arrestarono proprio coloro che si erano prodigati per controllare l’evolversi della situazione nei limiti della legalità. Molti esponenti socialisti, anarchici, repubblicani furono arrestati o costretti a fuggire, tra questi Benneni e Luigi Fabbri. Ricordiamo che i cattolici non aderirono allo sciopero della settimana rossa. Anzi: “L’Azione” fu molto critica verso i “sovversivi”, rei di aver arrecato “danni di ogni sorta”, di essere “speculatori del sangue proletario”, di costringere "il popolo a pagare per tutti i disastri causati alla nazione in nome della manìa distruttrice della rivoluzione". Gli articolisti cattolici, non accennarono neanche alla morte del giovane Riccioni.

La pacificazione sociale

La borghesia riprese il potere con la “Lista Clericale”, come la definì il giornale “In Campo”, ed alle amministrative del 27 luglio 1914, riuscì a far eleggere 24 consiglieri comunali su 36. Purtroppo per i proletari fabrianesi, liberali e cattolici ebbero buon gioco nell’evocare la tanto sospirata pacificazione sociale. La sinistra perse quindi le elezioni: non seppe fronteggiare la potente alleanza tra cattolici e liberali, ma responsabili furono anche i sindacalisti socialisti della Cgil, che presero le distanze dalle mobilitazioni ordinando ai propri lavoratori di tornare al lavoro.

Una lezione che attraversa la Storia

Ricordare in questo sprazzo di articolo quei lavoratori, che stettero lì, cantando l’Internazionale sotto la bandiera rossa, rischiando la vita in solidariretà di altri lavoratori, forse aiuterà i nuovi lavoratori di oggi a svegliare le loro coscienze. Nessuno ci regalerà mai niente e se non mantieniamo le nostre conquiste, le nostre rivendicazioni e, ben in mente, la strada da seguire, rischiamo di perdere anche quel poco che abbiamo.

Youri Venturelli
Nucleo Montano
Partito Comunista Lavoratori Ancona

P.S. Si ringrazia Stefano Gatti (detto il Vonte) per le ricerche storiografiche a cui si ispira questo articolo. info: www.libertarifabriano.blogspot.com

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