La chiusura programmata, da un paio di
anni a questa parte, dello stabilimento di Albacina della multinazionale
americana per eccellenza nella produzione di elettrodomestici, ormai non fa più
neanche notizia negli ambienti politici e sindacali che dovrebbero contrastare
questa “disgraziata” scelta tutta a danno dei lavoratori. Come Partito Comunista
dei Lavoratori in passato e in tempi non sospetti abbiamo più volte
sottolineato la drammaticità della situazione che troverà il suo epilogo alla
fine del mese di giugno e che avrà gravi ripercussioni sociali e occupazionali
nel breve e medio lungo termine. Di fronte a tale situazione gli aspetti che
emergono principalmente sono due: da un lato il silenzio generale della
politica locale che rispetta fedelmente gli ordini imposti dal potentato e dal
padrone libero di decidere del destino di centinaia di lavoratori e delle loro
famiglie per mano delle riforme fatte dai governi di centro destra e di centro
sinistra, e non ultimo dal Jobs Act di Renzi, e dall’altro il totale lassismo e
la compromissione delle sigle sindacali(Cgil-Cisl-Uil) che in questi anni non
hanno costruito un opposizione reale e concreta all’interno delle fabbriche di
tutto il gruppo, per opporsi a questa ennesima macelleria sociale. A sostegno
della nostra tesi vi sono innumerevoli dichiarazioni ed atti fatti dalle sigle
sindacali compresa la Fiom-Cgil colpevole, soprattutto, di non aver lavorato a
costruire un fronte di lotta interno da poter contrapporre alle scelte del
padrone. Di fatto la chiusura della fabbrica viene avallata e mercificata sulla
base,e con la scusa, di “forti investimenti nel prodotto e nell’innovazione”
che secondo la nostra esperienza nelle vertenze mai ci saranno. Aumenteranno le ore di cassa integrazione
utilizzate dall’azienda che nell’immediato causerà l’abbattimento dei salari e
abbasserà notevolmente il potere di acquisto dei nuclei famigliari già
sofferenti e più colpiti dalla crisi che verranno massacrati definitivamente da
futuri licenziamenti che daranno il via conclusivo al processo di
delocalizzazione di tutte le attività produttive. Arrivati a questo punto le
responsabilità delle sigle sindacali sono limpide e difficile da mal
interpretare. La finta combattività della Fiom locale e nazionale si è dissolta
come neve al sole. Le tesi del tandem Camusso-Landini, nella ricerca estenuante
degli accordi e della concertazione a tutti i costi per salvare il
salvabile,risultano inadeguate e non corrispondono alle reali esigenze dei
lavoratori e della classe lavoratrice. Come forza politica anticapitalistica e
di opposizione rilanciamo la necessità di instaurare momenti unitari di lotta
che possano contrapporsi al completo collasso del territorio e del nostro tessuto
sociale e che non si riduca ad una semplice ed inutile iniziativa di legge popolare legata alla
nuova carta dei diritti che tutto l’apparato Cgil sta facendo passare come
momento di svolta e di opposizione al governo, o alla sola campagna referendaria
per l’appuntamento di Ottobre. Il tema centrale per noi è uno solo:l’opposizione
ai governi borghesi di ogni colore e la tutela del lavoro e della classe
lavoratrice su scala nazionale ed internazionale per l’unico governo possibile
ed instaurabile: il governo dei lavoratori per mezzo di una mobilitazione di
massa che produca un vero sciopero generale ad oltranza per la rivendicazione
dei diritti collettivi e anche per la libertà personale. Le lunghe
mobilitazioni francesi, i continui scioperi in Grecia e tutti quei momenti di
lotta sparsi nelle varie situazioni di crisi,devono essere ricollegati ad una
grande mobilitazione generale e unitaria in risposta alla borghesia e alle
burocrazie sindacali che ormai sono diventati un unica “confederazione”per la
tutela del potere e per il mantenimento degli incarichi e dei ruoli. Il PCL è
impegnato con i propri militanti a
ricostruire un’opposizione sul territorio nei fronti più ampi delle lotte:nella
costruzione del partito rivoluzionario,nella lotta interna di opposizione classista in Cgil,e in
tutti quei settori del mondo del sindacalismo di base ancora troppo frammentato
e autoreferenziali. Per la ricomposizione della “unità di classe” espressione
massima della contrapposizione al capitalismo e ai giochi legati al profitto
economico. Questa è la base su cui doveva essere costruita la vertenza in tutti
gli stabilimenti della Whirpool a rischio chiusura con l’occupazione di tutte
le fabbriche del gruppo e il blocco delle merci in entrata ed uscita,per il
mantenimento del salario ,contro ogni
licenziamento singolo o collettivo. Un processo contro corrente al
sistema che sta distruggendo la vita di migliaia di lavoratori ridotti ormai
sul lastrico. Ormai si è ad un bivio:o si sta dalla parte dei lavoratori o si è
inevitabilmente nemico di essi. Le carte sul tavolo sono ben chiare,come lo
sono anche le responsabilità delle dirigenze partitiche e delle burocrazie
sindacali che hanno scelto di stare,da tempo,dalla parte sbagliata. Rompere
questo equilibrio diventa indispensabile per poter dare una nuova visione e una
speranza ad una società ormai del tutto devastata nei principi e nella dignità.
Noi da tempo abbiamo fatto la nostra scelta!!!! Tutti gli altri per noi saranno
nemici di classe che contrasteremo con tutte le nostre forze e risorse.
PCL sez Ancona