12/02/15

SOLIDARIETA’ CON I LAVORATORI DELLA SICC JESI



Il Partito Comunista dei Lavoratori sezione provinciale di Ancona sostiene la mobilitazione dei 97 lavoratori della Sicc cucine, ennesima azienda del settore che si appresta ad una imminente cessazione di attività.
Dopo anni di sacrifici da parte dei lavoratori per tenere in piedi l’azienda, sopportando ritardi nel pagamento delle retribuzioni, casse integrazioni varie e contratto di solidarietà, la proprietà aziendale ha annunciato di voler chiudere i battenti dall’oggi al domani, non avendo più alcun sostegno da parte degli istituti di credito.
Ancora una volta sono i lavoratori a pagare gli effetti della crisi del sistema capitalistico, stritolati nella morsa degli interessi speculativi e nei rapporti  avariati tra la borghesia imprenditoriale locale e nazionale e le banche strozzine ormai paragonabili alle peggio associazioni a delinquere attive nel nostro Paese.
 A questo ennesimo “omicidio collettivo”  va contrapposta una mobilitazione di forza e di pare violenza da parte della classe lavoratrice, ormai sfinita e massacrata dai continui attacchi ai diritti acquisiti che di fatto cancellano ogni forma di tutela relegando lo statuto dei lavoratori a semplice carta straccia,con la complicità   anche di quei governi che si sono costruiti il consenso nella società e nei luoghi di lavoro,presentandosi come affidabili amici del popolo.
E’ necessario, e non è più rimandabile, fare un fronte unico di tutte le vertenze sparse nel territorio in una grande mobilitazione generale continua e duratura che punti a ribaltare questo stato di cose che arricchisce sempre di più una parte minoritaria della nostra società ,e impoverisce all’estremo la parte maggioritaria del nostro strato sociale formato da lavoratori del settore pubblico e privato sui quali viene riversato tutto il peso della più dura crisi a sfondo capitalistico degli ultimi settanta anni.
 L’occupazione delle fabbriche che licenziano o delocalizzano , la nazionalizzazione sotto il controllo dei lavoratori senza indennizzo ai padroni e ai grandi capitali,nuove forme di gestione aziendale e di cooperazione tra i lavoratori e i dipendenti, segna l’unico percorso possibile che possa ribaltare e contrastare  lo sfruttamento e il massacro sociale al quale tutta la classe operaia è ormai sottoposta da troppo tempo: o si instaura un governo dei lavoratori ,o si è destinati a soccombere e a subire per sempre.
Questi sono gli aspetti fondamentali su i quali i lavoratori della SICC di Jesi, come in tutte le situazioni a rischio di licenziamenti collettivi e di massa, dovrebbero basare e costruire la vertenza che possa portarli alla vittoria trascinandosi dietro di se anche futili ed inutili equilibri tra proprietà e sigle sindacali che in nome della vivibilità e della pace nei luoghi di lavoro,hanno abbandonato per sempre ogni forma di  lotta.

                                                                                                             PCL sez. prov. Ancona

10/02/15

A FIANCO DEI LAVORATORI e DELLE LAVORATRICI DELLA GRECIA, CONTRO I LORO STROZZINI L'UNICA SOLUZIONE E' UNA ROTTURA ANTICAPITALISTICA

Testo volantino che verrà distribuito il 14 Febbraio a Roma
ai partecipanti della manifestazione in appoggio al governo greco.


Gli strozzini dei lavoratori, delle lavoratrici e della popolazione greca sono nuovamente al lavoro. Per cinque anni FMI, BCE e Unione degli Stati capitalisti europei hanno imposto al popolo greco sofferenze indicibili attraverso il ricatto dei famigerati memorandum, costringendo la società greca ad una regressione sociale senza paragoni in Europa. I governi greci sono stati gli agenti complici di questa politica di rapina.

Ora gli stessi custodi del capitale finanziario vogliono continuare il saccheggio della Grecia, in perfetta continuità con i cinque anni precedenti.

Ma il 25 Gennaio i lavoratori, le lavoratrici e la popolazione povera della Grecia, dopo anni di mobilitazioni sociali, hanno espresso il proprio orgoglioso rifiuto della rapina. Il voto a Syriza ha espresso la volontà di farla finita col passato e di voltare pagina.

Questa volontà deve essere raccolta e tradotta nell'unico modo possibile: rompendo col capitale finanziario, con la Unione capitalistica degli Stati creditori, con la BCE, con la borghesia greca complice della rapina.

Non vi sono altre soluzioni.

IL BIVIO DI SYRIZA: COMPROMESSO COL CAPITALISMO O ROTTURA COL CAPITALISMO?

Il gruppo dirigente di Syriza, a partire da Alexis Tsipras, si è speso in questi mesi per cercare una soluzione di compromesso con i governi europei e il capitale finanziario. Tutta la sua politica è stata volta a rassicurare l'Europa capitalista circa la propria moderazione e il proprio senso di responsabilità: permanenza nella UE, rinuncia ad ogni annullamento del debito, rinuncia ad ogni nazionalizzazione delle banche, disponibilità negoziale verso i creditori attorno a dilazione dei tempi di pagamento degli interessi sul debito. La stessa richiesta di una sua riduzione è stata abbandonata.

Ma questa ricerca del compromesso è finita in un vicolo cieco. Ed è una seria minaccia alla domanda di svolta che il popolo greco ha espresso il 25 Gennaio.

E' finita in un vicolo cieco: perché i creditori strozzini non intendono fare sconti significativi ai “debitori”. Né la BCE, che deve tenere l'equilibrio interno fra gli interessi dei propri stati azionisti. Né gli Stati nazionali imperialisti di Germania, Francia, Italia, grandi detentori del debito greco, indisponibili a sacrifici di cassa. Gli uni e gli altri politicamente attenti a non creare precedenti pericolosi, alla vigilia del voto spagnolo.

Ma quella ricerca di compromesso è al tempo stesso una minaccia per gli sfruttati . Perché è del tutto evidente, tanto più nelle condizioni date, che qualsiasi eventuale compromesso con gli strozzini del popolo greco non può che comportare contropartite per gli strozzini. Ogni concessione dei creditori richiede “garanzie” da parte dei debitori. E le “garanzie” richieste comporterebbero necessariamente nuove rinunce sociali. Anche la rinuncia, totale o parziale, alle misure immediate di emergenza sociale che Syriza ha promesso ed annunciato.


Il bivio è dunque chiaro e non può essere aggirato: o Syriza rompe con la propria base di massa, condannandosi a un precoce suicidio politico, col rischio oltretutto di regalare spazi alla destra nazista. Oppure rompe col capitale finanziario europeo , con tutti gli strozzini del popolo greco, con lo stesso capitalismo greco, rinunciando al proprio programma di compromesso con i creditori. Non esiste una terza via.

Cercare di guadagnare tempo non è la soluzione: anche perchè il tempo non aiuta come dimostra la fuga dei capitali dalle banche greche e la crescita astronomica dei tassi sui titoli pubblici del Paese.

LE PROPOSTE DEL NOSTRO PARTITO GRECO

Il Partito rivoluzionario dei lavoratori greco (EEK) - sezione del Coordinamento per la Rifondazione della Quarta Internazionale - si batte apertamente per la soluzione anti capitalista della crisi greca. Per un programma di misure tanto radicali quanto radicale è il programma di rapina degli strozzini:

Annullamento unilaterale del debito pubblico greco con banche private, stati imperialisti, BCE, FMI: non un soldo deve più finire nelle loro tasche !
Nazionalizzazione delle banche, senza indennizzo per i grandi azionisti e loro unificazione in un'unica banca di Stato: l'unica misura che può contrastare alla radice fuga di capitali e speculazione finanziaria!
Esproprio senza indennizzo dei grandi gruppi capitalistici, a partire dagli armatori, dall'industria alimentare, dall'industria farmaceutica: condizione necessaria per ricostruire l'economia greca secondo i bisogni degli sfruttati !

PER UN GOVERNO SYRIZA/KKE, SU UN PROGRAMMA ANTICAPITALISTA

Solo un governo dei lavoratori può realizzare queste misure. Per questo EEK sta sviluppando una campagna di massa per un governo Syriza/KKE, basato sulle organizzazioni di massa e su un programma anticapitalista.

L'alleanza di governo fra Syriza e il partito xenofobo di Anel è stato un fatto grave. Non è stata imposta dai numeri parlamentari. Era stata annunciata in campagna elettorale. Si è voluto rafforzare il messaggio di compromesso con gli armatori (Kammenos è stato ministro della Marina mercantile nel governo della destra) e soprattutto con l'esercito. Ma così si pregiudica ogni possibile svolta.

Cacciare il ministro della destra; chiedere pubblicamente al KKE stalinista di uscire dal proprio arroccamento burocratico settario e di entrare in un governo di unità anticapitalista, ponendolo di fronte alle sue responsabilità agli occhi della propria base: tutto ciò è possibile. Basta la volontà, innanzitutto di Syriza. Un governo Syriza/KKE per un programma anticapitalista avrebbe i numeri parlamentari necessari. Avrebbe il sostegno entusiasta dei lavoratori, precari, disoccupati che in questi anni si sono battuti nelle strade e sulle piazze di tutta la Grecia. Sarebbe un formidabile aiuto e incoraggiamento alla ribellione anticapitalista delle masse oppresse e sfruttate di tutta Europa.

La costruzione del partito rivoluzionario in Grecia è al servizio della soluzione rivoluzionaria della crisi greca ed europea: nella prospettiva degli Stati Uniti Socialisti d'Europa.


Partito Comunista dei Lavoratori
Sez. italiana del Coordinamento per la Rifondazione della Quarta Internazionale

06/02/15

CONTINUA LA GRAVE CONTAMINAZIONE DEL TETRACLOROETILENE NELLA CITTA' DI FABRIANO.

Negli ultimi mesi del 2014, grazie allo stanziamento di circa un milione e duecento mila euro da parte dell'Unione Europea, sono iniziati i presunti lavori di bonifica dell'area contaminata dal tetracloroetilene nei quartieri di Santa Maria e vecchio campo sportivo, della città di Fabriano.
Il Partito Comunista dei Lavoratori, sez. di Ancona, da sempre in prima linea nel denunciare questo vero e proprio attacco compiuto contro uno dei diritti più inalienabili, quale quello della tutela della salute di tutti i cittadini fabrianesi, ribadisce con forza i ritardi, le omissioni ed i veri occultamenti, di cui tutta la città è stata vittima per lunghi decenni.
Il proliferare di terribili patologie tumorali molteplici, di cui tantissimi ignari cittadini sono stati vittime, con un tributo incredibile di morti per quelle cause, evidenziano la drammatica statistica di una delle percentuali più alte in Italia di decessi per cause tumorali.
In presenza di uno scenario così catastrofico, le numerose amm.ni comunali, provinciali e regionali, si sono trincerate nel più vergognoso silenzio, contribuendo così al proliferare di malattie tumorali tra i cittadini fabrianesi.
E' da rilevare, prosegue la nota del PCL sez. di Ancona, che su altre terribili vicende, come ad esempio l'inquinamento avvenuto nella "terra dei fuochi" in Campania, si parlò di possibilità della contaminazione della falda acquifera di quel vasto territorio campano.
Risulta inaudito di come non si dica alla cittadinanza di Fabriano che la loro falda acquifera è contaminata, così come confermato da tutti gli organi statali preposti per la bonifica, da oltre 30 anni, con spaventose conseguenze per i cittadini fabrianesi.
Per tutto ciò, il Partito Comunista dei Lavoratori sez. di Ancona, ritiene le iniziative del Comune di Fabriano del tutto insufficienti: la messa in sicurezza dell'area contaminata non serve a nulla dopo 30 anni circa, se la stessa non è seguita da un vero progetto di bonifica.
Il PCL rinnova inoltre la necessità di un esame epidemiologico su tutti i cittadini residenti nei quartieri fabrianesi esposti a questa vera e propria  catastrofe ambientale.

Fabriano 02/02/2015
Partito Comunista dei Lavoratori
sez. di Ancona

30/01/15

TESTO VOLANTINO DEL MESE DI FEBBRAIO DEL PCL

                        DALLA GRECIA ALL' ITALIA: RIBBELLARSI SI PUO'!!!!

I lavoratori e le lavoratrici, i e le disoccupat@, i settori poveri della popolazione greca si sono ribellati alle politiche di austerità del capitale finanziario! Anni di mobilitazioni contro le poli-tiche dominanti hanno trovato un primo riflesso nelle urne! Il voto a Syriza è stato questo: un voto per la svolta. Ora la lotta dovrà continuare, senza subordinarsi al compromesso col ca-pitale finanziario, come Tsipras persegue. La vittoria del 25 gennaio potrà generare una svol-ta solo rompendo con gli affamatori del popolo greco, tagliando innanzitutto il cappio del debito pubblico (attraverso il suo annullamento), oltre che nazionalizzando le banche. Una rottura col capitalismo greco ed europeo sarebbe uno straordinario esempio per i lavoratori e le lavoratrici, gli sfruttati di tutta Europa. Costruire il partito della rivoluzione anticapitalista è più che mai all'ordine del giorno in Grecia. I nostri compagni greci del Partito operaio rivo-luzionario -(EEK)- da sempre in prima fila nelle lotte- sono impegnati in questa direzione.
La Grecia parla ai lavoratori ed alle lavoratrici del nostro paese. In Italia, a differenza che in Grecia, le sinistre si sono coinvolte nei governi e nelle politiche di austerità (Prodi). E così si sono “suicidate”. Proprio quando è cominciata una grande e lunga crisi, nel 2007/08, si è fa-vorito il disorientamento fra i lavoratori, le lavoratrici e i giovani, spingendo vasti settori di sfruttati ad affidarsi a ciarlatani populisti. O ciarlatani di governo come Renzi, dominato dalla propria ambizione di potere, che distrugge le conquiste storiche dei lavoratori e delle lavora-trici. O ciarlatani reazionari di opposizione, come Grillo e Salvini, impegnati ad abbindolare i lavoratori e le lavoratrici con lo specchietto anti euro: come se il problema fosse la moneta e non quel potere dei capitalisti e dei banchieri che essi vogliono preservare.
Ora il voto della Grecia suona la “sveglia” ai lavoratori ed alle lavoratrici del nostro paese! Lottare si può. Ribellarsi si può. Anche in Italia. Nulla impedisce la ribellione alle politiche di rapina che ci vengono imposte dai custodi del capitalismo italiano ed europeo! Nulla impedi-sce di scrollarsi di dosso i ciarlatani truffatori che speculano sulle guerre fra poveri !
Ma occorre costruire un'altra direzione del movimento operaio.
Le sinistre di casa nostra, già responsabili del disastro, cercano di aggrapparsi al successo di Syriza per ricostruire una sinistra del centrosinistra. Una sinistra più forte, ma per cercare di allearsi col PD di Renzi. E' l'eterno gioco per cui “tutto cambia senza che nulla cambi”.
E' necessario costruire una sinistra vera, che assuma sino in fondo le ragioni del lavoro, che rompa con tutti gli avversari dei lavoratori e delle lavoratrici, a partire da PD; che lotti per ro-vesciare la dittatura del capitalismo e imporre un governo dei lavoratori: l'unico vera alterna-tiva, in Italia, in Grecia, e dovunque.
Il Partito Comunista dei Lavoratori (PCL) è impegnato, in ogni lotta, per questa prospettiva.


Partito Comunista dei Lavoratori

22/01/15

TESTO VOLANTINO DEL PCL:ANALISI DELLA SINISTRA IN ITALIA ED IN GRECIA

QUALE SINISTRA  PER COSA? SINISTRA ITALIANA E SINISTRA GRECA

La natura del PD renziano e il suo attacco frontale alle ragioni del lavoro hanno aperto un cantiere politico alla sua sinistra. I lavori in corso sono numerosi, quanto i capo mastri o aspiranti tali. Ma cosa si vuole costruire? Le risposte sono diverse: un altro partito di “vero centrosinistra”, una “sinistra” di un centrosinistra da ricostruire, una sinistra “alla Syriza”... Più chiara è la volontà comune: rifare una sinistra capace di “prendere i voti” e di svolgere un ruolo politico significativo.
L'intento è comprensibile. Lo spazio sociale e politico esiste. Ma la confusione ci pare regni sovrana.
Il vuoto a sinistra che si è prodotto in Italia non ha paragoni in Europa. In nessun paese europeo si registra una crisi tanto profonda della rappresentanza politica del lavoro, quali che siano i suoi caratteri e le sue politiche. E' un caso? No. In nessun altro paese europeo la sinistra si è tanto compromessa, e per tanto tempo, con le politiche antioperaie degli avversari dei lavoratori.
Rifondazione comunista, bacino unitario della sinistra politica per 15 anni, ha partecipato per cinque anni ai governi di centrosinistra o alle loro maggioranze: la prima volta fra il 96/98, la seconda a pieno titolo fra il 2006/2008. Nel primo caso si è compromessa nel votare l'introduzione del lavoro interinale, il varo delle maggiori privatizzazioni di tutta l'Europa continentale, le finanziarie “lacrime e sangue” per “entrare in Europa”. Nel secondo caso si è compromessa, ancor più direttamente, nell'abbassamento delle tasse sui profitti (l'Ires dal 34% al 27%), nella preservazione delle leggi sulla precarizzazione del lavoro, nella continuità delle missioni di guerra.
In entrambi i casi questa politica ha non solo colpito il movimento operaio ma ha contraddetto enormi aspettative e speranze che attorno a quel partito si erano raccolte. Sino a distruggerlo.
Ci pare curioso che di questa tragedia non si sia tratto un bilancio. Ancor più curioso che gli stessi gruppi dirigenti responsabili di quella tragedia si candidino a “ricostruire la sinistra” che hanno distrutto. Senza sentire l'esigenza di farsi da parte. Tanto più che negli anni che hanno seguito il crollo del PRC, i responsabili di quel crollo, diversamente collocati, hanno perpetuato in forme diverse la stessa vocazione politica compromissoria.
I gruppi dirigenti di ciò che resta del PRC, scaricati dal PD, hanno preservato ovunque possibile la coalizione col centrosinistra sul piano locale, in Regioni e città. Il sostegno garantito per 10 anni alla giunta ligure di Burlando, e ai suoi tagli alla sanità pubblica, è emblematico. Cofferati è uscito da un PD ligure sostenuto dai voti del PRC di Ferrero.
I gruppi dirigenti di Sinistra Ecologia Libertà hanno custodito la propria collocazione di sinistra del centrosinistra in tutta Italia. Si sono prima subordinati a Bersani, nonostante il suo sostegno a Monti e alla sua macelleria contro lavoro e pensioni. Poi hanno presentato l'emergente Renzi come “speranza della sinistra” per cercare di conservare l'alleanza. Infine hanno scoperto che Renzi è “la destra” quando sono stati scaricati dal renzismo. Non senza continuare a preservare le alleanze di governo con... “la destra” PD nelle amministrazioni locali di Regioni e Città. Anche in quelle che licenziano i lavoratori e si contrappongono agli stessi sindacati (da Milano a Genova a Roma).
Bene. Qual'è oggi la prospettiva politica che avanzano? Un nuovo centrosinistra. Se le parole hanno un senso una nuova alleanza col PD. O meglio, un qualche accorpamento oggi con la “sinistra del PD” (non è chiaro quale) per poter rilanciare con maggior forza una alleanza col PD domani. ►
Non sappiamo quanto sia realistica questa visione. Ma chiediamo: davvero il futuro della sinistra italiana ha nel governo col PD, prima o poi, il proprio destino? Non è stata sufficiente l'esperienza delle compromissioni di governo già consumate negli ultimi 15 anni, per di più in una situazione e in rapporti di forza assai meno deteriorati?
“Fare una Syriza italiana” sembra essere il mantra più diffuso. Appare ragionevole: una sinistra che prende voti, addirittura vincente, e “contro l'austerità”. Invece si tratta dell'ennesima illusione. Che non solo non chiarisce gli equivoci, ma li ripropone intatti l'uno dopo l'altro.
Innanzitutto chiediamoci: perchè la grande ascesa di Syriza? E' un premio elettorale a “una sinistra unita e poco litigiosa”? No. Syriza è una costellazione di 13 organizzazioni divise su tutto, dentro una sinistra greca anch'essa divisa. Il successo di Syriza è il frutto della grande radicalizzazione di massa dei lavoratori e della gioventù greca contro le politiche dominanti. Questa radicalizzazione ha trovato in Syriza una sinistra non compromessa nelle politiche di austerità (a differenza di quella italiana) e quindi un canale di espressione della propria domanda di svolta. In Italia il riflusso del movimento operaio negli anni della grande crisi è stato innescato dalla concertazione politica e sindacale attorno a Prodi. Ne ha beneficiato il populismo reazionario di Grillo e Salvini da un lato o il populismo bonapartista di Renzi dall'altro. In Grecia l'ascesa di massa contro il governo del PASOK ha trovato una sinistra di opposizione e l'ha usata. Ne ha beneficiato Tsipras.
Ma la risposta che Tsipras dà alla domanda di massa che a lui si rivolge risponde all'esigenza di una svolta vera? La nostra previsione è precisa: no, non risponde a quella esigenza.
Tutto lo sforzo di Tsipras sembra quello di tranquillizzare il capitale finanziario europeo. Nessuna rottura con la UE. Nessuna rottura con la Nato. Nessun annullamento del debito pubblico greco. Nessuna nazionalizzazione delle banche. Salvaguardia dell'apparato dello Stato. La proposta è quella di un compromesso sul debito pubblico che ne riduca il peso e perciò stesso ne garantisca il pagamento. Il Financial Times lo ha definito un programma ragionevole. Ma è possibile realizzare la svolta sociale radicale che il dramma greco richiede rispettando il capitalismo greco e il capitalismo europeo? Una parte di Syriza, in dissenso con Tsipras, ritiene di no. E ha ragione.
Il nodo di fondo, in Grecia come in Italia, resta quello di sempre.
Il capitalismo ha fatto fallimento. Ogni formula di governo che in un modo o nell'altro si rassegni ad amministrare il capitalismo, dentro la prigione della sua crisi, non potrà garantire alcuna reale svolta agli sfruttati, indipendentemente dai voti che prende. E finirà prima o poi col compromettere la stessa sinistra e la sua credibilità. Magari spianando la strada alla destra, anche la più pericolosa.
Restiamo inguaribilmente convinti che l'unica sinistra capace di rispondere alla crisi del capitalismo sia una sinistra classista e rivoluzionaria. Classista perché schierata sempre e comunque dalla parte dei lavoratori contro la classe dominanti, i suoi partiti, i suoi governi. Rivoluzionaria, perché mirata a ricondurre ogni lotta di massa alla prospettiva di un governo dei lavoratori, quale unica vera alternativa.
Costruire in ogni lotta la coscienza della necessità di una rottura anticapitalista è il senso stesso della costruzione del Partito Comunista dei Lavoratori (PCL) in Italia, del Partito operaio rivoluzionario (EEK) in Grecia, di una Quarta Internazionale rifondata in Europa e nel mondo.

                                                                                           Partito Comunista dei Lavoratori

16/01/15

VOLANTINO POLITICO DEL MESE DI GENNAIO DEL PCL

                                VOLTARE PAGINA

Il nuovo anno si apre con una sconfitta: l'articolo 18 è abrogato. Il governo e il PD hanno cancellato una conquista strappata con l'autunno caldo (1969). Renzi è riuscito dove aveva fallito Berlusconi. Licenziamenti senza giusta causa, demansionamento e controllo a distan-za, contratti a termine senza causale (Poletti):, è una condizione di lavoro diversa. Ogni “as-sunto” sarà molto più ricattabile. L'estensione ai licenziamenti collettivi peggiora il quadro. Confindustria ha ragione di brindare.
Il successo incoraggia l'arroganza. Colpiti i lavoratori e le lavoratrici del privato, Renzi e-stende l'attacco al pubblico. Il governo infatti procede con la tecnica del carciofo. Prima ha colpito le fabbriche, dicendo ai pubblici che non era il caso di scioperare per loro. Poi indi-rizza il colpo contro i pubblici (con il contratto bloccato da anni), cercando il consenso delle fabbriche contro “i privilegiati”. A tutti vende l'immagine di uomo del fare. Per il quale confe-ziona una riforma elettorale con cui controllare tutte le leve del potere. E' il progetto reazio-nario più pericoloso dal dopoguerra: un bonapartismo confindustriale coi voti del popolo.
 
OCCORRE ALZARE UN ARGINE, COSTRUIRE UNA OPPOSIZIONE VERA.
 
Lo sciopero del 12 dicembre (CGIL e UIL) si è dimostrato insufficiente. Una giornata di lotta “una tantum”, tradizionale, senza piattaforma, senza continuità, senza prospettiva, non pote-va ottenere risultati. Non si può sperare nel dialogo con un governo che vuole lo scontro. Occorre voltare pagina: mettere in campo una forza uguale e contraria, con la volontà di vin-cere. E' necessaria una piattaforma generale unificante, che rivendichi non solo i diritti abro-gati, ma la ripartizione fra tutti/e del lavoro esistente, la cancellazione della precarietà, un ve-ro salario ai ed alle disoccupati/e, il rinnovo dei contratti, un grande piano di nuovo lavoro fi-nanziato dalla tassazione progressiva dei grandi patrimoni, profitti, rendite. E’ necessaria una forza di massa per imporre questa piattaforma, una mobilitazione prolungata che punti a bloccare il Paese. E’ necessaria un’assemblea nazionale di delegati/e eletti nei luoghi di lavo-ro, che decida piattaforma e forme di lotta, che guidi democraticamente questa battaglia.
Il PCL si batte e si batterà ovunque per questa svolta. Il governo ha vinto una battaglia im-portante, non la guerra. La guerra è la lotta di classe. 16 milioni di lavoratori e lavoratrici di-pendenti sono una enorme forza. Ma sono circondati da avversari. Partiti che rappresentano i capitalisti amici di Renzi. Ciarlatani reazionari (Salvini e Grillo), che inzuppano il pane nella guerra fra poveri a tutto beneficio dei padroni. “Sinistre” che dicono agli operai che non con-tano nulla, e che devono aspettare il capitalismo “sociale e democratico”. Quello che non verrà mai. Occorre dare alla classe lavoratrice un suo partito indipendente, che le dia co-scienza della sua forza, lavori alla sua unità, sia contrapposto al capitalismo, lotti per un go-verno dei lavoratori.
Il PCL è ovunque impegnato a costruire questo partito di classe, anticapitalista e rivoluziona-rio.

Partito Comunista dei Lavoratori

10/01/15

AST – Hanno capitolato i sindacati, non i lavoratori comunicato area"sindacatounaltracosa" opposizione interna cgil

Pubblichiamo un articolo di Paolo Brini (comitato Centrale Fiom-Cgil)

Accordo AST: hanno capitolato i vertici sindacali, non i lavoratori.
“Era il miglior accordo possibile. Di più non era possibile ottenere altrimenti l’azienda avrebbe rotto il tavolo”. Queste parole usate durante le assemblee svolte giovedì 4 dicembre dai rappresentanti di Fim-Fiom-Uilm-Ugl per giustificare l’ipotesi di accordo siglata la sera prima, più di ogni altra sintetizzano il senso dell’esito della vertenza. Pur essendo in presenza di una lotta esemplare e senza precedenti negli ultimi anni da parte dei lavoratori. Nonostante uno sciopero ad oltranza che andava avanti da oltre 35 giorni, si è permesso ancora una volta che a tenere in mano il pallino della partita fosse il padrone perchè terrorizzati che potesse “rompere il tavolo”.
Il risultato di questa paura è stato la firma di un accordo che è nella sostanza quello stesso lodo Guidi respinto due mesi fa con in più un formale quanto aleatorio impegno dell’azienda a tener in vita entrambe le produzioni (caldo e freddo) per 4 anni. Non è di certo un caso se nelle assemblee nessuno davanti ai lavoratori AST si sia azzardato a usare toni trionfalistici ma ci si è limitati ad un più caustico “l’accordo è dignitoso”…e chi conosce il sindacalese sa bene cosa si intende con questo genere di espressioni.
Qualche settimana prima dell’intesa il compagno Landini, segretario della Fiom, aveva perentoriamente e giustamente dichiarato “Non possiamo accettare una piattaforma che prevede licenziamenti e diminuzione dei salari”. Ancora qualche giorno fa, durante l’ultimo Comitato Centrale ad accordo ormai firmato, egli ha ribadito che l’accordo non prevede né esuberi né riduzioni delle retribuzioni.
I testi e i fatti però stanno a dimostrare l’esatto contrario.
Che l’accodo faccia acqua da tutte le parti lo ammettono i sindacati stessi. Neanche 10 giorni dopo la firma, i segretari locali di Fim-Fiom-Uilm sono stati costretti a dichiarare che quello dell’azienda è “complessivamente un atteggiamento di potenziale inadempienza rispetto a quanto discusso e definito in sede ministeriale” (Umbria24 del 11/12/2014).
Una volta ottenuto il suo obbiettivo principale, cioè la fine dello sciopero a oltranza, l’azienda ha da subito iniziato a fare quello che ha voluto. Ma da un padrone che ha più volte dimostrato di non avere scrupoli cosa altro ci si poteva aspettare in queste circostanze? Per questo i vertici sindacali hanno responsabilità ancora più gravi sia per aver accettato questo accordo e sia per aver posto fine alla lotta.
Esuberi e riduzione del salario
L’accordo siglato al ministero prevede una mobilità su base volontaria per 140 lavoratori, che sommati ai 150 che già avevano accettato l’incentivo all’esodo aziendale fanno un totale di 290 posti di lavoro in meno. Questo numero è esattamente identico a quello proposto nel lodo Guidi  che all’epoca venne respinto dai sindacati perché, si diceva, con 290 lavoratori in meno di fatto l’azienda avrebbe iniziato un percorso inesorabile verso la dismissione. Verrebbe da chiedersi come mai il 3 dicembre si è accettato quello che si è rifiutato l’8 ottobre.
Ma la beffa è ancora più grande se si tiene presente che ad oggi il numero di coloro che se ne sono andati è arrivato attorno ai 400. Infatti al momento del referendum si è constatato che il numero dei dipendenti AST era già sceso sotto ai 2400 soglia ritenuta minima ed invalicabile che i vertici aziendali avevano garantito non voler ulteriormente ridurre. Al 16 dicembre si contavano 2389 dipendenti. Oggi sono ancora meno e la tendenza è a diminuire ancora. Come tutto ciò sia possibile lo racconta candidamente il responsabile del personale AST, Arturo Ferrucci, confermando in data 11 dicembre che il programma di uscita incentivato (che è altra cosa dalla mobilità siglata in sede ministeriale e che ovviamente è gestito interamente ed unilateralmente dall’azienda) resterà aperto fino al 3 aprile 2015. In queste condizioni non è un caso che su una delle due linee a caldo i turni siano stati ridotti da 21 a 15. Il paradosso è che fu proprio l’opposizione degli operai a questa riduzione di turni che diede inizio ai 35 giorni di sciopero ad oltranza.  A ottobre questo provvedimento aziendale era ritenuto giustamente l’anticamera della chiusura delle lavorazione a caldo e quindi l’inizio della fine dello stabilimento, perché oggi non più?
Sul versante salariale poi, la questione ha assunto dinamiche a dir poco grottesche. Come si possa sostenere che i livelli retributivi non sono stati toccati quando l’accordo prevede una riduzione dei costi per la contrattazione aziendale dai 17 milioni di euro precedenti a circa 8,2 milioni attuali è un mistero. Cosa invece l’azienda intenda, lo ha prontamente chiarito. Infatti da un lato sono spariti dal salario aziendale sia le voci PRA (parte consolidata) che PPS (parte variabile) con una perdita trimestrale che va dai 180 ai 300 euro a testa per lavoratore. In più sono sparite anche le quote di salario fisso legate alla professionalità (il cosiddetto “0,5”). In tutto questo il paradosso è che i vertici sindacali si stanno lamentando pubblicamente di come l’azienda non stia mantenendo la promessa fatta sul tavolo ministeriale di riconoscere ai lavoratori almeno i 180 euro del premio. Peccato che questa “promessa” sia stata fatta solo verbalmente. C’è bisogno di scomodare i latini per ricordare che “verba volant”? L’azienda ha provveduto a ribadire che quei soldi erano parte di un accordo “vecchio e ormai disdettato” . Dal suo punto di vista in effetti non fa una piega. Viene piuttosto da chiedersi da quando in qua un sindacato accetta come valide le promesse dei padroni senza metterle per iscritto. Se si pensa che sul salario questo sia tutto e che almeno il “vecchio” premio di 723 euro erogato a luglio di ogni anno resti invariato, fisso e sicuro, ci si sbaglia di grosso. L’azienda precisa prontamente che “il nuovo accordo prevede il pagamento, a luglio 2015, di una somma tutta da definire” (Umbria24 13/12/2014). In effetti, se si legge con attenzione il testo siglato il 3 dicembre in merito, si noterà che quello che prima era un “Premio di Produzione” ora è stato trasformato in un “Premio di Produttività”. In sindacalese purtroppo i termini sono molto importanti e soprattutto non sempre sono sinonimo, anzi quasi mai.
Abbandono di precari e lavoratori delle ditte esterne
Un altro punto grave dell’intesa è la totale rinuncia a qualsiasi accordo di salvaguardia per i lavoratori delle ditte esterne. Il testo si limita infatti a trascrivere quanto previsto dal CCNL metalmeccanici, il quale al di là di impegni verbali e buoni propositi non garantisce nulla ai dipendenti delle ditte appaltatrici.
Fin da principio la lotta per la difesa delle acciaierie di Terni è stata portata avanti fianco a fianco dai dipendenti AST e dai dipendenti delle 26 ditte esterne operanti nel sito. Durante ogni fase i vertici sindacali hanno garantito che la vertenza sarebbe stata una sola e unica per tutti. Alla fine invece le cose sono andate in maniera diametralmente opposta. Il mancato inserimento della clausola di salvaguardia avrà ora delle conseguenze drammatiche per quei lavoratori. Thyssen ha già avviato trattative al ribasso con ciascuna ditta esterna per ottenere una riduzione dei costi di almeno il 20% a partire da settembre 2015. Ciò significherà senza dubbio ricatti, perdita di posti di lavoro nonché un pericolo enorme di infiltrazione di ditte legate alla malavita organizzata. Non è un caso se tra i 1200 dipendenti degli appalti, ad un referendum che per loro aveva valore solo “consultivo” (aggiungendo così al danno la beffa), si sono presentati al voto solo in 173, ovvero il 15%…e Cgil-Cisl-Uil locali hanno anche avuto il coraggio di esprimere “soddisfazione per quello che è un percorso nuovo” (Umbria24 19/12/2014).
Anche per tempi determinati e apprendisti non vi è nulla di certo. Il testo si limita laconicamente a scrivere che essi “non sono considerati ai fini della determinazione dell’esubero strutturale dell’azienda”. Decisamente troppo vago per essere una rassicurazione di rinnovo dei loro contratti.
Quali garanzie di investimenti?
Il grande fumo negli occhi di questo accordo sarebbero le garanzie avanzate dall’azienda di conservare il sito produttivo di Terni e anzi di rilanciarlo. In realtà l’impegno da parte aziendale di investire in 4 anni circa 130 milioni di euro complessivi risulta davvero uno specchietto per le allodole. Non solo perché non vi è alcun dettaglio su come verranno spesi questi soldi, ma soprattutto perché questa cifra è palesemente insufficiente. Chiunque sia nel settore sa che quelle cifre bastano a malapena per la gestione ordinaria dell’impianto e che la mole di denaro necessaria per fare davvero investimenti di rilancio è ben altra. È la stessa storia di Terni a dimostrarlo. Quando nel 2004 si dismise la lavorazione del magnetico, per rilanciare lo stabilimento furono spesi almeno 600 milioni di euro. Non solo. Sul capo della AST pende ora la spada di Damocle di una indagine per disastro ambientale che se confermata, come tutti i rilevamenti dimostrano, dovrebbe portare l’azienda a impiegare quantità enormi di denaro per rimediare ad una situazione che se non è paragonabile a quello dell’ILVA a Taranto poco ci manca.
Infine, la domanda più banale ed elementare che sorge spontanea è la seguente: come si può pensare di rilanciare uno stabilimento nel quale si sta accettando di allontanare ben 400 dipendenti senza avere alcuna intenzione di rimpiazzarli?
Non è certo un caso se la rete commerciale del sito ternano verrà gestita direttamente dalla sede tedesca e se si è avviata una diaspora di dirigenti aziendali culminata con le dimissioni di Luca Italia che nella struttura commerciale di AST era una figura chiave. Come si può pensare davvero, in una logica capitalista, di rilanciare l’acciaieria umbra senza una vera struttura commerciale? Semplicemente non si può. Punto e basta.
Se tutto questo non bastasse a gettare ancora più benzina sul fuoco sono arrivate le dichiarazioni dell’amministratore delegato di Thyssen, Heinrich Hiesinger. Non più tardi del 22 novembre, sul giornale Suddeutsche Zeitung, l’AD ha affermato che “il gruppo acciaio Thyssen non esiste più” avanzando la possibilità concreta che il gruppo ceda il settore siderurgico al migliore offerente con conseguenze così preoccupanti per tutti i dipendenti che pure gli operai tedeschi del sito di Duisburg sono scesi in sciopero!
Come non tener conto di tutto questo in una trattativa che si è chiusa due settimane più tardi? Come poter credere alle promesse ed alle favole di un’azienda che ha dimostrato in ogni momento di non essere minimamente interessata alla produzione o al destino dei lavoratori ma solo ai propri profitti?
Quale alternativa?
Dopo questa lunga analisi non possiamo che ritenere francamente fuori luogo i toni trionfalistici usati dalla Fiom per descrivere questo accordo. Per affermare la bontà dell’accordo si sbandiera l’esito del referendum che ha visto al voto l’80% dei dipendenti AST e una vittoria schiacciante dei “sì”. Pur rispettando e riconoscendo l’esito della consultazione, ci permettiamo di far rilevare che quando si è chiamati a scegliere tra un accordo per 290 esuberi “volontari” e un non accordo per 550 esuberi imposti dall’azienda è facile prevedere l’esito della consultazione. Il peso del ricatto e della pressione aziendale, una volta terminato lo sciopero, ha fatto il resto.
Non possiamo nemmeno accettare che ci si dica che criticare questa intesa significa mancare di rispetto alla dura lotta dei lavoratori della Thyssen. Sostenere queste argomentazioni è non solo strumentale ma fuorviante. In questo modo semplicemente si vuol rifiutare di discutere del merito. É proprio perchè riteniamo la lotta degli operai ternani meravigliosa ed esemplare che critichiamo questo accordo. Tanto eroismo e tanto coraggio meritava una conclusione ben migliore di questa!
A meno che non ci si dica appunto, come detto ai lavoratori in assemblea, che non era possibile ottenere di più. Allora si pone la questione di fondo di tutta la vertenza. C’erano alternative a un accordo che ha avuto come unico effetto quello di fiaccare il fronte di lotta operaio?
La risposta che fin dall’inizio abbiamo provato a dare è che sì, un’alternativa, una sola, c’era eccome. Quella di occupare davvero la fabbrica (perché al contrario di quello che pensa il compagno Landini, occupare è ben diverso che presidiare ad oltranza i cancelli dall’esterno). Usare l’autogestione come forma di lotta volta a dimostrare che gli operai non hanno bisogno del padrone per mandare avanti una fabbrica. Rivendicarne l’esproprio senza indennizzo e la nazionalizzazione sotto controllo operaio.
Più volte ci è stato detto che siamo dei sognatori, che tutto questo non sarebbe stato possibile. Alcuni avanzando argomentazioni “tecniche” perchè occupare avrebbe posto il problema della sicurezza e salvaguardia degli impianti. Altri avanzando la sempre verde tesi, dall’alto della propria saccenteria, che gli operai non sarebbero stati in grado di occupare la fabbrica perchè troppo immaturi politicamente. A queste argomentazioni, prima che nel merito, rispondiamo dicendo che è davvero mancanza di rispetto verso i lavoratori nascondere se stessi e le proprie paure dietro ai presunti limiti della classe operaia.
Da un punto di vista tecnico, sono 130 anni che i lavoratori di Terni mandano avanti l’acciaieria, affrontando e risolvendo anche i problemi della sicurezza. Se la fabbrica fosse stata occupata, i lavoratori avrebbero semplicemente continuato a fare quello che hanno sempre fatto da un secolo a questa parte.
Da un punto di vista del livello dello scontro, come si può pensare davvero che lavoratori che hanno avuto il coraggio di sequestrare per 16 ore l’AD Lucia Morselli nel suo ufficio e di scioperare ad oltranza per oltre un mese non avessero la coscienza o il coraggio per occupare la fabbrica? Se vogliamo essere davvero sinceri, oltre ad ammettere che in maniera neanche troppo sotterranea questa discussione è stata ben presente tra gli operai, l’ora X per occupare, l’occasione per prendere lo stabilimento c’è stata eccome. Quando? La notte del 11 novembre quando dopo l’ennesimo incontro andato a vuoto al MISE, duemila operai si sono riversati su viale Brin dando fuoco a portinerie e scatenando una rivolta senza precedenti. Sarebbe stato sufficiente che un dirigente della Fiom con un minimo di autorevolezza ai loro occhi intervenisse per dire di occupare, e oggi saremmo di fronte ad un altro scenario. Certo anche la Fiom avrebbe dovuto assumersi la responsabilità politica di questa azione. Non avrebbe potuto e dovuto sottrarsi a un tale compito, altrimenti a cosa serve un sindacato di classe?
Il punto è che invece i vertici sindacali hanno sempre voluto rifuggire questa discussione. Piuttosto che parlare di occupare la fabbrica, il 12 novembre si è persino preferito portare i lavoratori ad occupare la A1!
Inutile dire che la AST occupata, nel momento in cui si stavano svolgendo le lotte contro il jobs act, avrebbe cambiato letteralmente i rapporti di forza a livello generale e Terni sarebbe diventato il punto di riferimento ed il modello per tutti i lavoratori in lotta.
Certo, questo sviluppo avrebbe avuto anche un significato politico ben preciso. Occupare la fabbrica avrebbe significato mettere in discussione la proprietà privata. Avrebbe cioè messo in discussione chi comanda in fabbrica e quindi avrebbe portato, su un piano generale, a mettere in discussione chi comanda nella società. Se i padroni o gli operai. Ma proprio questo è il senso vero anche di questa battaglia. Con l’attuale livello di crisi le contraddizioni sociali, politiche ed economiche sono tali che ad ogni vertenza il movimento operaio si trova davanti ad un bivio. O si mettono in discussione le regole del gioco e quindi il mercato e la proprietà privata o si capitola alla volontà del padrone.
Ci auguriamo che la lotta degli operai di Terni rappresenti un patrimonio e una lezione preziosa per tutti e che tutti traggano le necessarie conclusioni dal suo epilogo, soprattutto in Fiom. Per parte nostra non possiamo che ringraziare dal profondo questi lavoratori per la quantità innumerevole di cose che ci hanno insegnato con il loro esempio.

07/01/15

Attentato di Parigi: i compagni del PCL accanto a "Charlie Hebdo", in guerra contro ogni fondamentalismo religioso. Ora ammazzateci tutti.

In solidarietà con tutte le vittime dell'infame attentato di Parigi di oggi 7 gennaio 2015, pubblichiamo una delle vignette della coraggiosa rivista satirica e libertaria Charlie Hebdo.

Non sappiamo ancora chi abbia materialmente compiuto l'attentato, ma da comunisti abbiamo dichiarato guerra ad ogni fondamentalismo religioso (a qualsiasi credo si riferisca,sia islamico che ebraico) e continueremo a lottare per liberare l'uomo e la terra da tutte le gerarchie clericali,i gruppi terroristici,i governi teocratici e chiunque manipoli le masse con lo strumento religioso per la propria brama di potere creando morte e distruzione.

Inoltre, al contrario dei tanti coccodrilli che oggi faranno finta di piangere la morte dei giornalisti ma che dentro di loro staranno pensando "se la sono cercata", siamo sempre stati senza se e senza ma a favore della più totale libertà di stampa, libertà che anche nei nostri "progrediti" paesi occidentali e spesso messa in discussione.

Infine siamo convinti che il fondamentalismo islamico, che spesso si trova la strada spianata grazie alle guerre imperialiste ed alle politiche estere di Usa, Israele ed Europa, possa essere definitivamente sconfitto solo con un insurrezione dei popoli arabi sotto una direzione realmente laica, socialista e progressista, sostenuta anche da una mobilitazione generale dei lavoratori e degli immigrati nei paesi occidentali.

Queste sono le nostre idee, e non basterà alcuna minaccia o attentato per farcele cambiare. Se volete impedirci di esprimerle dovete necessariamente ammazzarci tutti.


Con dolore ci stringiamo intorno alle famiglie delle vittime.

Partito Comunista dei Lavoratori
Coordinamento Regionale Marche

03/01/15

Nota dell'area "sindacatoèunaltracosa"opposizione interna CGIL

La guerra di Renzi ai lavoratori

di Sergio Bellavita – La canea che si è scatenata contro i vigili di Roma, colpevoli di essersi assentati in massa dal lavoro l’ultimo giorno del 2014, è parte di una campagna orchestrata contro i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici. I primi due decreti attuativi del Jobs Act hanno mostrato a tutti, con buona pace dei tempi lunghi della Cgil, il vero obbiettivo di fondo dei provvedimenti del governo Renzi: costruire il regime della totale ricattabilità del lavoro. Più che la cancellazione delle residue tutele dell’art.18, si volevano liberalizzare i licenziamenti collettivi attraverso l’estensione del regime di quelli individuali.
Oggi la polizia municipale di Roma e gli operatori ecologici di Napoli servono a proseguire la campagna per la costruzione di questo regime di ricattabilità. In un paese che vive di corruzione dall’alto, di tangenti e pizzi sulle inutili grandi opere, che vede gran parte delle sue classi dirigenti autrici e complici di un sistema che depreda le risorse pubbliche a vantaggio della distruzione ambientale e sociale, Renzi scarica tutte le responsabilità su lavoratori a 1300 euro al mese, su settori con gli organici ridotti all’osso, su uomini costretti a turni e straordinari insostenibili. I vigili sono il pretesto della furiosa campagna ideologica di Renzi per continuare la sua guerra ai lavoratori, allo stato sociale, allo stesso ruolo pubblico in economia. Non a caso la cosidetta opera moralizzatrice di Renzi e del redivivo Marino, sindaco di Roma, si abbatte sul pubblico impiego e sulle aziende partecipate come Farmacap che, con un colpo di mano, si tenta di dismettere. I presunti fannulloni servono a costruire un clima di massa contro, anche qui, i presunti privilegi del pubblico impiego. I media rispondono vergognosamente alla chiamata del governo con l’obbiettivo di estendere il regime di ricattabilità e licenziabilità anche ai lavoratori del pubblico impiego. Un tentativo certo maldestro ma che potrebbe trovare spazio nella rabbia di chi, nella gerarchia della precarietà del lavoro, vive una condizione assai peggiore o cerca inutilmente di lavorare. E’ sempre l’iniziativa generale e la connessione delle tante diverse soggettività a mancare clamorosamente. La responsabilità della Cgil è enorme. Non solo Renzi non si è minimamente fermato davanti alle proteste sindacali, non solo lo sciopero generale non ha intaccato la determinazione reazionaria di Renzi, siamo davanti ad una intensificazione della guerra ai lavoratori del governo. Segno che lo stesso Renzi sente di aver vinto un macth pesante sul piano sociale. Non è certa conclusa la partita, per la semplice ragione che mai si potrà dire la parola fine. Quello che tuttavia è certo è che i limiti, i ritardi, la debolezza dell’iniziativa sindacale hanno pesato drammaticamente e che senza una rottura netta con pratiche ormai irrilevanti, senza la ricostruzione di un fronte di lotta di lungo periodo per molti anni la condizione di chi lavora, delle classi popolari è costretta a peggiorare progressivamente. Il nuovo anno è iniziato con una nuova pesante offensiva di un governo costretto dal clamoroso fallimento del suo semestre europeo, dalla recrudescenza della crisi economica e trovare sempre nuove armi di distrazione di massa. La Ue è scossa profondamente dal voto che si profila in Grecia. Spetta a noi accompagnare i tanti voti contro l’austerità che tutti si aspettano dal voto Greco con la ripresa delle lotte sociali.

25/12/14

CITTA' DI FABRIANO: LA DRAMMATICA ED IMMINENTE CRISI DELL'INDESIT RAPPRESENTA, DOPO L'EX ARDO, IL SECONDO TERREMOTO ECONOMICO-SOCIALE PER TUTTO IL TERRITORIO MARCHIGIANO.

Lo scenario, delineatosi in un importante incontro tenutosi a Bologna in questi ultimi giorni, alla presenza del segretario nazionale della FIOM, compagno Landini, con alcuni delegati della stessa organizzazione, anche della Indesit, ha riproposto un futuro drammatico anche per la seconda impresa fabrianese, che contava circa 3000 dipendenti.
Il PCL sez. di Ancona, da sempre in totale solitudine ed avvolto dalla più antidemocratica censura, ha denunciato che la vendita dell'Indesit, in favore della multinazionale statunitense, la Whirlpool, avrebbe innescato un fatale processo di dismissione di questa fondamentale impresa fabrianese.
Risulta inutile ribadire che, dopo il quasi totale smantellamento della ex-Ardo, principale azienda metalmeccanica del fabrianese, che ha generato una vera e propria ecatombe occupazionale tra l'Umbria e le Marche, questa probabile dismissione dell'Indesit, costituisce un secondo colpo mortale per tutto il distretto industriale fabrianese.
In questo contesto davvero catastrofico per migliaia di famiglie che rischiano, da qui a breve, di perdere qualsiasi reddito economico, la cosiddetta classe politica nazionale e marchigiana "brilla" per il più immorale immobilismo.
Addirittura, prosegue la nota del PCL sez. di Ancona, il Presidente del Consiglio dei Ministri del Governo Italiano, Onorevole Renzi, senza alcun ritegno morale, definì la cessione dell'Indesit in favore della multinazionale USA, la Whirlpool, una operazione fantastica!
Oggi i risultati di tale, sciagurata vendita dell'Indesit, dalla famiglia Merloni alla multinazionale americana, sono sotto gli occhi di tutti.
L'unico interesse della Whirlpool era il prestigioso marchio Indesit, con il presumibile annientamento di tutti i livelli occupazionali!
Per tutto questo il PCL sez. di Ancona rivendica una immediata mobilitazione, con forme di lotta selvagge, per salvare l'Indesit di Fabriano dal suo destino drammatico!

Fabriano, 19/12/2014

Partito Comunista dei Lavoratori
sez. Ancona

23/12/14

Comunicato dell'area "sindacatoèunaltracosa" opposizione interna cgil

Un nuovo balzo per un 2015 sovversivo

di Sergio Bellavita
 
In questi ultimi giorni del 2014 il governo giungerà nelle nostre case con il pacco dono dei primi due decreti attuativi del Jobs Act. In questi mesi di discussione sull’ennesima riforma del lavoro, la durezza dei prrvvedimenti del governo  è persino peggiorata, a dimostrazione, oltre che della inutile, ridicola e dannosa cosiddetta mediazione della sinistra dem, dell’irrilevanza dell’iniziativa di contrasto sul piano sociale. È sempre un errore non vedere appieno le potenzialità che le lotte di questi ultimi mesi hanno rimesso in campo. Tuttavia sarebbe un  errore altrettanto grave non affrontare di petto la dura situazione con cui siamo costretti a misurarci.  La situazione economica del paese è destinata a aggravarsi ulteriormente nel 2015. Conseguenza diretta delle politiche di rigore che Renzi persegue. I processi, legati alle scelte di Renzi e della Ue, ci consegnano un quadro di crescente impoverimento del lavoro, di riduzione strutturale dell’occupazione, di crollo di reddito e salario, di riduzione delle tutele sociali. Con la legge di stabilità approvata ieri alla camera il governo italiano ha deciso di inserire un suo pilota automatico dei conti pubblici che, qualora i correttivi e i tagli decisi insieme e sotto la direzione della Troika non funzionassero, introdurrebbe aumenti pesanti del prezzo dei carburanti e un nuovo pesantissimo aumento dell’iva. Misure che avrebbero un’ulteriore effetto drammatico sulla condizione delle classi popolari. Il diritto del lavoro, sempre che sia ancora corretto definirlo così,  è stato  stravolto completamente dalle cosiddette riforme degli ultimi anni. Per trovare livelli cosi alti di subordinazione del lavoro all’impresa bisogna tornare molto indietro nel tempo. Democrazia, diritto, lavoro, tutto è sacrificato per il folle rigore dei conti pubblici. Il sistema sociale e istituzionale che si era imposto dalla resistenza antifascista sino agli anni settanta è stato completamente sovvertito. I deputati hanno votato il maxiemendamento sulla legge di stabilità all’alba e senza neppure averlo letto o potuto conoscere i contenuti. Non c’è giorno in cui Napolitano, di cui non sentiremo la minima mancanza, non faccia a pezzi ciò che resta della democrazia sostanziale con il plauso dei media. A  testimonianza della gravità della crisi democratica di questo paese. In questo quadro occorre interrogarsi davvero sull’adeguatezza o meno delle scelte di chi, come noi, ha tentato di contrastare  questi processi. Cosi come non è più rinviabile una discussione non retorica sulla forma stessa della rappresentanza sociale del lavoro. Come saranno le lotte dei prossimi anni? Come ricostruire nuovi rapporti di forza, un nuovo ciclo di lotte? Come ricostruire soggettività? Quello che e’ certo e’ che la radicalita’ dello scontro e’ destinata a aumentare per la crescente mancanza di spazi di mediazione possibile. Cosi come non si può non considerare che le lotte sociali sempre più si porranno su un terreno di “illegalità costretta” grazie alla progressiva cancellazione di diritti e alla repressione imperante.
Tutti temi che vogliamo e dobbiamo affrontare. Per noi l’occasione è quella del seminario che terremo a gennaio del prossimo anno. Molti dirigenti Cgil si sono arrabbiati  con noi per l’accusa di smobilitazione generale che abbiamo loro rivolto dopo lo sciopero del 12 dicembre. Ci spiace ancora aver avuto ragione ma è evidente a tutti che a gennaio l’agenda politica avrà altre priorità,  dettera’ altre scadenze dietro alle quali correre. Renzi può governare solo con la perenne fibrillazione legislativa. Il Jobs Act rischia pertanto, nel tragico silenzio generale, di passare tutto e peggio del previsto. A gennaio troveremo un nuovo modello sociale che si sta imponendo ancora più violento sulla vita delle persone. Un sistema che non prevede più il sindacato dei lavoratori ma soprattutto non prevede più la rappresentaza organizzata degli interessi dei lavoratori. Bisogna che tutti ne prendano atto. Contro questo modello bisogna combattere. I migliori auguri che possiamo farci sono quelli che parlano dei milioni di donne e uomini che ancora nel mondo lottano perché sperano, credono e vogliono un mondo migliore. L’umanità, nella storia, ha dimostrato di procedere a balzi. Negli ultimi due secoli due grandi fiammate rivoluzionarie hanno segnato balzi incredibili nel progresso dell’umanità.  la rivoluzione francese e quella russa. Siamo lontani dal poterlo fare, non se ne intravede nessun segno. Ma quello che servirebbe è un nuovo grande balzo, un nuovo sovvertimento sociale che affranchi dall’oppressione e dalle ingiustizie. Buon 2015 e che sia sovversivo.

21/12/14

Cafè Revolution n° 61 - Dicembre 2014

 
 Cliccando sulle pagine qui sotto ed ingrandendo potrete leggere l'ultimo numero di Cafè Revolution, il foglio politico mensile dei comunisti di Cerreto d'Esi e d'intorni allegato al Giornale Comunista dei Lavoratori

17/12/14

CONFERMATA LA CONDANNA DELL'IMPRESA FABRIANESE NEL PROCESSO DI APPELLO PER IL LICENZIAMENTO IMMOTIVATO DI UN PROPRIO DIPENDENTE, IL LAVORATORE SESTILI VALTER.

La vicenda, davvero immorale, che sta coinvolgendo dal lontano 2007 il lavoratore delle Cartiere Miliani, Sestili Valter, ingiustamente licenziato dal management dell'impresa fabrianese, ha registrato, nel processo di appello, la conferma (giustissima) della condanna delle Miliani, per la totale inesistenza di motivazioni per l'assurdo provvedimento di licenziamento, di cui il lavoratore già menzionato era stato vittima.
Il PCL sez. di Ancona, nel rinnovare la più fraterna solidarietà al lavoratore ingiustamente licenziato, rileva doverosamente di essere stata l'unica forza politica ad essersi occupata di tutta questa vergognosa vicenda.
E' lecito, a tale proposito, formulare alcuni interrogativi alla direzione aziendale delle Miliani, su questo, e su altri casi immorali, in cui l'azienda fabrianese è stata coinvolta.
Il primo concerne la conoscenza relativa alla interruzione del clima di intimidazione che le Miliani devono immediatamente attuare verso i lavoratori della propria azienda.
Il secondo riguarda, invece, le colossali risorse economiche che la realtà industriale fabrianese deve erogare ai propri dipendenti, immoralmente licenziati: da dove verranno acquisite?
Forse dagli stipendi dei neoassunti, i quali, per una scelta antidemocratica, non hanno avuto, nel nuovo integrativo aziendale, nessun aumento economico, come tutti gli altri lavoratori delle Miliani?
Forse con l'eliminazione del buono economico di 60€ per i bambini, figli dei propri dipendenti per la festività della Befana?
Con ulteriori tagli occupazionali, che, oltre a penalizzare le nuove generazioni fabrianesi, ripropongono un sistema di precarietà per tutti i lavoratori delle Miliani che, giova ricordarlo, sono gli unici artefici della salvezza dell'impresa fabrianese!
Il PCL sez. di Ancona denuncia il complice silenzio delle RSU delle Miliani su tutta questa preoccupante situazione, e ribadisce il futuro, davvero incerto, anche di questa importante azienda fabrianese, scampata temporaneamente al tracollo economico di tutto il distretto industriale cittadino.

Fabriano, 13/12/2014

Partito Comunista dei Lavoratori
sez. Ancona

11/12/14

ADESIONE A SCIOPERO E MANIFESTAZIONI DEL 12 DICEMBRE PER UNA SVOLTA RADICALE E UNITARIA DI LOTTA CONTRO IL GOVERNO RENZI

    12 12 
         

       

Il PCL aderisce e partecipa allo sciopero generale del 12 Dicembre e alle relative manifestazioni territoriali, portando in esse le proprie posizioni e proposte.
Lo sciopero generale del 12 Dicembre si pone dentro lo scontro aperto fra il governo Renzi e il movimento operaio e sindacale. Milioni di lavoratori e lavoratrici del settore pubblico e privato sciopereranno contro un governo reazionario, a vocazione bonapartista, che attacca frontalmente i diritti elementari del lavoro, irride i sindacati, persegue un disegno di riforma elettorale e istituzionale senza precedenti per la sua gravità nella storia della Repubblica.

Il fatto che lo sciopero generale sia contro un governo imperniato sul PD, come mai in passato, carica di fatto di un significato politico particolare la giornata del 12 Dicembre, al di là dei limiti profondi della sua impostazione.

Per la stessa ragione lo sciopero indetto da CGIL e UIL è del tutto insufficiente a mutare i rapporti di forza, tanto più a fronte di un governo che tira dritto, con estrema arroganza, contro il movimento operaio. CGIL e UIL perseguono una linea di pura “pressione” sull'esecutivo in funzione dell'apertura del “dialogo”. E' una linea miope, del tutto inadeguata rispetto alla gravità dell'attacco, di fatto subalterna ad una pura logica emendativa, incapace di fermare l'aggressione al lavoro e di produrre risultati.

E' necessario che il 12 Dicembre dia il via ad una svolta profonda del movimento operaio e sindacale: una svolta di lotta unitaria e radicale che metta in campo un'azione di massa prolungata, realmente mirata a cambiare i rapporti di forza, fermare il governo, piegare le sue resistenze, creare le condizioni di un'alternativa vera. A questo fine occorre contrapporre alla determinazione reazionaria del renzismo una determinazione uguale e contraria del movimento operaio. Occorre contrapporre la forza alla forza.

- Si convochi una assemblea nazionale di delegati eletti di tutte le categorie del mondo del lavoro.
- Si definisca una piattaforma di lotta unificante che risponda unicamente alle ragioni sociali dei lavoratori, precari, disoccupati.
- Si promuova su quella piattaforma una vera vertenza generale capace di aggregare attorno alla classe operaia tutti i settori oppressi della società.
- Si sviluppi una azione di lotta prolungata in tutto il paese a sostegno di questa vertenza, con l'occupazione delle aziende che licenziano, il loro coordinamento nazionale, la creazione di una cassa nazionale di resistenza.

Solo questa svolta unitaria e radicale di lotta può realmente sconfiggere il governo Renzi.

Facciamo appello a tutte le sinistre, politiche, sindacali, di movimento, per il più ampio fronte unico di lotta contro il governo Renzi, e per un salto radicale della mobilitazione in corso.

Il PCL porterà nei luoghi di lavoro e in tutte le piazze d'Italia questa proposta di svolta.
 
PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI





                                                                                                                                                                              
 

07/12/14

LE DICHIARAZIONI DEL PREMIER RENZI, RELATIVE AGLI "IMPRENDITORI EROI" SONO PROVOCATORIE E FARNETICANTI!



L'ultima "sortita pubblicitaria" del Presidente del Consiglio del Governo Italiano, On. Renzi, costituisce l'ennesima provocazione, di natura farneticante, quando ritiene tutti gli imprenditori italiani, degli eroi!
Il PCL sez. di Ancona ritiene che tali appellativi, del tutto inaccettabili, ricercano nella realtà una vera e propria criminalizzazione di tutti i lavoratori italiani, prime vittime di un modello di sviluppo, quale quello neo-liberista, che sta producendo migliaia di licenziamenti su tutto il territorio nazionale.
E' forse proprio questo che il "leader" del Governo Italiano sta ricercando per i suoi progetti plebiscitari e decisamente incostituzionali, con i quali vuole cancellare dei diritti fondamentali, come l'art.18 dello Statuto dei lavoratori?
Forse il primo ministro, On. Renzi, nominato e non eletto democraticamente, quando si riferisce agli imprenditori eroi, esalta certe grandi famiglie padronali che non hanno esitato, come accaduto nella regione Marche, a favorire imponenti processi di delocalizzazione delle proprie imprese, usufruendo illegalmente dei finanziamenti, proprio della Regione Marche, così come confermato da una delibera della giunta regionale delle Marche n.1239, di oltre 10 anni fa?
E' incredibile che certi signori, artefici del dominio monopolista e mono-settoriale nella regione Marche, grazie ad alcuni politici di riferimento, siano riusciti a licenziare i lavoratori con i soldi dei lavoratori!
Pertanto, conclude la nota politica del PCL sez. di Ancona, è da ritenere immorale la condotta di un Presidente dl Consiglio dei Ministri, sicuramente il più anti-operaio dal dopoguerra ad oggi, che persista nel ritenere certi imprenditori degli eroi, quando gli stessi si sono arricchiti grazie ai soldi ed agli straordinari sacrifici di tutte le lavoratrici ed i lavoratori del nostro paese!


Partito Comunista dei Lavoratori
sez. Ancona

05/12/14

Testo del volantino del PCL che sarà distribuito il 12 dicembre allo sciopero generale ad Ancona


Il governo Renzi è il governo più pericoloso degli ultimi decenni.
Da un lato regala al padronato tutto ciò che chiedeva: massima precarizzazione del lavoro, libertà di licenziamento senza giusta causa, ulteriore riduzione di tasse e contributi a carico di sanità e servizi, libertà di saccheggio del territorio, blocco dei contratti pubblici. Dall'altro esibisce irrisione e disprezzo per le manifestazioni dei lavoratori e i sindacati, celebra il proprio successo con la corte dei propri amici capi-talisti, riserva le botte agli operai di Terni. Nel mentre persegue una riforma elettora-le e istituzionale con cui concentrare nelle proprie mani tutte le leve del potere.
Siamo in presenza di un corso reazionario e “bonapartista”. Un bullo tracotante e demagogo mette le proprie ambizioni al servizio della borghesia italiana, fingendosi “amico del popolo”. Va fermato. E per tempo.
 
LE APERTURE A RENZI HANNO FALLITO
 

Le aperture che le sinistre politiche e sindacali hanno riservato a Renzi nei suoi pri-mi mesi di governo si sono rivelate un inganno per lavoratori e lavoratrici, oltre che un boomerang per chi le ha prodotte.
Aver presentato Renzi come “la nuova speranza della sinistra” (come ha fatto SEL meno di un anno fa per ricostruire il centrosinistra) è stato penoso e suicida.
Aver evitato il conflitto con Renzi sino ad ottobre, subendo senza reagire la genera-lizzazione dei contratti a termine e la riforma del pubblico impiego (come ha fatto Camusso), ha solo incoraggiato la tracotanza del governo.
Aver corteggiato Renzi, candidandosi a suo interlocutore (come ha fatto Landini), ha contribuito ad abbellire l'immagine del governo agli occhi delle sue vittime. Non solo senza ottenere nulla, ma finendo aggrediti da un governo reazionario.
La svolta degli ultimi due mesi è in sé positiva, ma non basta. Ora che il governo ha squarciato il velo delle finzioni con la propria arroganza è necessaria un’opposizione radicale. Che unisca tutte le sinistre politiche e sindacali. Che sappia andare sino in fondo. A partire dalla necessaria rottura col PD ad ogni livello, nazionale e locale: non si può essere nello stesso tempo all'opposizione di Renzi e in alleanza con Ren-zi in tutta Italia, magari nelle giunte che licenziano i lavoratori!
 

GENERALIZZARE LA LOTTA , OLTRE LO SCIOPERO ODIERNO.
PER UNA MOBILITAZIONE PROLUNGATA SINO ALLA VITTORIA
 

Lo sciopero generale di oggi è positivo, ma del tutto insufficiente, tanto più a fronte di un governo che tira dritto. E' necessario mettere in campo un'azione di massa ra-dicale che punti a ribaltare i rapporti di forza. L'obiettivo non può essere quello di convincere Renzi al “dialogo”. Dev'essere quello di sconfiggere il governo, piegare le sue resistenze, creare le condizioni di un'alternativa vera. Le misure del governo contro il lavoro devono essere ritirate: non c'è nulla da negoziare su quel terreno.
Si convochi un'assemblea nazionale di delegati/e eletti/e nei luoghi di lavoro, in ogni categoria, per definire una piattaforma generale, su cui continuare la lotta
Si definisca una piattaforma unificante delle ragioni dei lavoratori, precari, disoccu-pati: a partire dal blocco dei licenziamenti, dalla ripartizione del lavoro con la ridu-zione generale dell'orario a parità di paga, dalla cancellazione di tutte le leggi di pre-carizzazione del lavoro, da un grande piano di nuovo lavoro per territorio, ambiente, istruzione, pagato dai profitti e dalle grandi ricchezze.
Su questa piattaforma si promuova una mobilitazione prolungata in tutto il Paese.
Si congiunga la mobilitazione prolungata con l'occupazione generale delle fabbriche ed aziende che licenziano: coordinando nazionalmente le occupazioni e istituendo una cassa nazionale di resistenza.
 

GUERRA AL RENZISMO E AD OGNI POPULISMO REAZIONARIO
 

Renzi ha aperto la guerra contro i lavoratori? Il movimento operaio dichiari guerra al governo. E' l'unica guerra che Renzi teme davvero.
L'unica che può strappare un risultato, perché l'avversario conosce solo il linguag-gio della forza e può concedere qualcosa solo quando teme di perdere tutto.
L'unica che può unificare attorno ai lavoratori le ragioni di tutti gli sfruttati e delle lo-ro lotte (scuola, sanità, casa, reddito, acqua pubblica..)
L'unica che può unificare i lavoratori stessi, liberandoli dalle sirene del populismo reazionario di Grillo o Salvini, che hanno alimentato la guerra fra poveri nella miseria sociale e nell'arretramento delle lotte: con Salvini a braccetto dei fascisti squadristi nelle piazze e di Berlusconi nel governo delle Regioni; con Grillo che contende a Salvini la campagna odiosa contro i migranti.
 

UN PARTITO RIVOLUZIONARIO PER UNA ALTERNATIVA DI SOCIETA'
 
E' necessario costruire nelle lotte una nuova direzione politica e sindacale del mo-vimento operaio, che sia all'altezza di questo livello di scontro. Che rompa con com-promissioni e ambiguità. Che sia tanto determinata quanto l'avversario. Che abbia come unico interesse l'interesse generale del lavoro e degli sfruttati. Una direzione che si batta, in ogni lotta, per la sola alternativa possibile: un governo dei lavoratori e delle lavoratrici.
L'avanzata parallela di Renzismo, Grillismo, Leghismo dimostra una cosa sola. O il movimento operaio dà la propria soluzione radicale alla crisi della Repubblica, o quella crisi troverà il proprio sbocco reazionario contro il movimento operaio e i suoi stessi diritti democratici. O rivoluzione o reazione.
Non esistono possibili “compromessi riformatori” con le classi dirigenti, come vor-rebbe Tsipras sventolando la vecchia bandiera del liberale Roosevelt. Dentro la grande crisi del capitalismo l'alternativa o è anticapitalistica o non è. Solo un gover-no che dia il potere reale alla maggioranza della società può liberare la società dal capitalismo e da tutti gli avventurieri che si mettono al suo servizio, siano essi di governo o di “opposizione” populista. Solo un governo dei lavoratori può fare piazza pulita dell'intreccio fra criminalità, affari, corruzione, che è congenito al capitalismo e a tutti i suoi partiti.
Il PCL è ovunque impegnato per sviluppare la coscienza di questa necessità. Per portare in ogni lotta il senso di questa prospettiva. Per organizzare innanzitutto chi la condivide. E dunque per costruire il partito rivoluzionario: l'unico partito di cui i lavoratori e gli sfruttati hanno bisogno.

A ROMA IL VOLTO DELLA NORMALITA' DEL CAPITALISMO

  corruzione            


        

“Mafia a Roma”. Così il commentario politico borghese progressista e lo stesso grillismo inquadrano e denunciano il malaffare criminale emerso nell'Urbe. E' una rappresentazione falsa. Il malaffare non è una patologia mafiosa. E connaturato alla natura stessa del capitalismo e alla legge del profitto su cui si fonda. Per questo è trasversale a tutti i partiti che lo governano, sul piano nazionale e locale, come a tutti gli apparati statali che lo presidiano.
Il “caso” di Roma non è forse una brillante cartina di tornasole di questa verità? La banda di Carminati ( ex fascista) e Buzzi ( di area PD) è la metafora ordinaria della società borghese.
Consorterie di ogni colore gestiscono, secondo un accordo di cartello, la grande torta degli appalti pubblici: appalti per la gestione dei rifiuti, appalti per la rimozione delle foglie, appalti per l'accoglienza dei migranti e dei rifugiati. A questo fine promuovono la corruzione scientifica e pianificata di assessori interessati, dirigenti di partito, funzionari pubblici, assumendoli a proprio servizio con regolare stipendio e un preciso tariffario. Tengono e oliano le relazioni con le rispettive organizzazioni nazionali di riferimento ( Buzzi, re delle cooperative sociali, a cena di “ringraziamento”con Poletti allora presidente della Lega delle Coop, oggi ministro contro il lavoro). Piazzano uomini loro ai tavoli istituzionali locali e nazionali preposti alla spartizione milionaria ( come Odevaine al tavolo di coordinamento nazionale per l'emergenza migranti). Dispongono di complicità e coperture nei corpi di polizia ( da cui ricevono segnalazioni e avvisi). Si assicurano la continuità del proprio potere al di là dei cambi politici nazionali e locali: e infatti nessun cambio politico di governo nazionale o amministrazione locale ha scalfito negli anni l'accordo di cartello delle consorterie.

Il “mondo di mezzo” che Carminati vanta è questo. In termini borgatari e nazional popolari descrive l'onnipresenza della dittatura del profitto. La sua trasversalità ad ogni partito borghese. La sua insensibilità alle mutevoli forme politiche del governo della cosa pubblica. La sua superiorità agli equilibri politici contingenti. Il mondo di mezzo occupa per definizione il centro della scena. E' il potere degli interessi capitalisti. Ogni altro potere è permeabile al profumo dei soldi, quindi è subordinabile al “mondo di mezzo”. Uomini e partiti di governo sono agenti dei suoi interessi e membri del suo comitato d'affari.

Tutto ciò significa che tutti i politici borghesi sono personalmente e direttamente corrotti, o che una specifica cordata di interessi capitalisti sia onnipotente? No. Altrimenti non si spiegherebbero neppure le periodiche incursioni della magistratura borghese, e dunque gli arresti in atto. In realtà il mondo capitalista e il suo stato vivono e riproducono al proprio interno un'infinita guerra per bande e cordate, perennemente mutevoli, scomponibili e ricomponibili ogni volta. L'anarchia dell'economia capitalista è anche l'anarchia della vita politica borghese. Da qui le innumerevoli contraddizioni e i loro ciclici risvolti, anche giudiziari ( P2, Tangentopoli, ..) Poichè lo Stato rappresenta l'interesse generale della borghesia, al di là dell'interesse delle diverse cordate che popolano la sua scena, esso puo' intervenire di volta in volta contro specifici interessi borghesi, nell'interesse stesso del capitale. E questo accade a maggior ragione nelle fasi di crisi, rottura, transizione fra diverse forme ed equilibri istituzionali.

Ma nessun giustizialismo può debellare la piaga della corruzione e della criminalità borghese. Pérchè la sua radice sta nel capitale, che è il terreno che rigenera la pianta. La storia delle grandi inchieste giudiziarie contro criminalità e corruzione, dalla P2 a Tangentopoli per arrivare a Mose ed Expo, è la storia del fallimento ( e dell'ipocrisia) dello stato borghese di fronte alla corruzione borghese. Di più. La seconda Repubblica, nata da Tangentopoli, con l'annuncio di una nuova era di pubblica moralità si è rivelata una fogna ben più maleodorante della prima. Le politiche di liberalizzazione, esternalizzazione, privatizzazione, hanno allargato enormemente il mercato della guerra per bande nella borghesia per la spartizione degli appalti. Mentre la disgregazione dei vecchi partiti e la personalizzazione della politica borghese ha esteso a dismisura il mercato della corruzione politica, moltiplicando clan e potentati, nazionali e locali, in ogni settore. La crisi capitalista ha fatto il resto. Ovunque corruzione e criminalità affaristica segnano oggi più che mai la normalità del capitalismo, e la sua eterna lotta per il massimo saggio di profitto.

Significa allora che i comunisti sono indifferenti di fronte al fenomeno del malaffare? Al contrario. La lotta al malaffare , se non vuol essere truffa elettoralista, deve risolversi in una lotta al capitalismo e al suo Stato. Contro tutte le demagogie arruffone che di volta in volta ogni inchiesta giudiziaria alimenta. Con buona pace di Grillo, non c'è “ Mafia capitale” (Roma). C'è, se vogliamo, la mafia del capitale. Non c'è una società sana da cui debellare una patologia. C'è una società marcia perchè dominata dal profitto, da rimpiazzare con un'altra società, che ne sia liberata.

Da qui il nostro orientamento sul “caso” Roma:

-Denuciamo la spazzatura morale di chi si mobilitava in città contro “i migranti”, investendo nella guerra fra poveri, nel momento stesso in cui inzuppava il pane nel “business della immigrazione”, contro i migranti e contro i proletari italiani.

-Denunciamo l'immondezzaio delle cosiddette cooperative sociali, luogo di sfruttamento di manodopera precarizzata, e mangiatoia di corruzione e di risorse pubbliche (sottratte a servizi pubblici smantellati da politici amici).

-Rivendichiamo la pubblicizzazione sotto controllo operaio e popolare di tutti i servizi ( rifiuti, trasporti, assistenza) cancellando quelle misure di loro privatizzazione ed esternalizzazione che hanno degradato i quartieri della città e alimentato la corruzione.

-Chiediamo a Sinistra e Libertà di uscire immediatamente dalla giunta capitolina e di rompere ogni rapporto col PD, partito degli affari e antioperaio.


Solo una rottura con la borghesia e i suoi governi può creare le condizioni di un'alternativa di società. Solo un governo dei lavoratori, ad ogni livello, può fare piazza pulita del malaffare.
PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI