“Mafia
a Roma”. Così il commentario politico borghese progressista e lo stesso
grillismo inquadrano e denunciano il malaffare criminale emerso
nell'Urbe. E' una rappresentazione falsa. Il malaffare non è una
patologia mafiosa. E connaturato alla natura stessa del capitalismo e
alla legge del profitto su cui si fonda. Per questo è trasversale a
tutti i partiti che lo governano, sul piano nazionale e locale, come a
tutti gli apparati statali che lo presidiano.
Il “caso” di Roma non è forse una brillante cartina di tornasole di questa verità? La banda di Carminati ( ex fascista) e Buzzi ( di area PD) è la metafora ordinaria della società borghese.
Consorterie di ogni colore gestiscono, secondo un accordo di cartello, la grande torta degli appalti pubblici: appalti per la gestione dei rifiuti, appalti per la rimozione delle foglie, appalti per l'accoglienza dei migranti e dei rifugiati. A questo fine promuovono la corruzione scientifica e pianificata di assessori interessati, dirigenti di partito, funzionari pubblici, assumendoli a proprio servizio con regolare stipendio e un preciso tariffario. Tengono e oliano le relazioni con le rispettive organizzazioni nazionali di riferimento ( Buzzi, re delle cooperative sociali, a cena di “ringraziamento”con Poletti allora presidente della Lega delle Coop, oggi ministro contro il lavoro). Piazzano uomini loro ai tavoli istituzionali locali e nazionali preposti alla spartizione milionaria ( come Odevaine al tavolo di coordinamento nazionale per l'emergenza migranti). Dispongono di complicità e coperture nei corpi di polizia ( da cui ricevono segnalazioni e avvisi). Si assicurano la continuità del proprio potere al di là dei cambi politici nazionali e locali: e infatti nessun cambio politico di governo nazionale o amministrazione locale ha scalfito negli anni l'accordo di cartello delle consorterie.
Il “mondo di mezzo” che Carminati vanta è questo. In termini borgatari e nazional popolari descrive l'onnipresenza della dittatura del profitto. La sua trasversalità ad ogni partito borghese. La sua insensibilità alle mutevoli forme politiche del governo della cosa pubblica. La sua superiorità agli equilibri politici contingenti. Il mondo di mezzo occupa per definizione il centro della scena. E' il potere degli interessi capitalisti. Ogni altro potere è permeabile al profumo dei soldi, quindi è subordinabile al “mondo di mezzo”. Uomini e partiti di governo sono agenti dei suoi interessi e membri del suo comitato d'affari.
Tutto ciò significa che tutti i politici borghesi sono personalmente e direttamente corrotti, o che una specifica cordata di interessi capitalisti sia onnipotente? No. Altrimenti non si spiegherebbero neppure le periodiche incursioni della magistratura borghese, e dunque gli arresti in atto. In realtà il mondo capitalista e il suo stato vivono e riproducono al proprio interno un'infinita guerra per bande e cordate, perennemente mutevoli, scomponibili e ricomponibili ogni volta. L'anarchia dell'economia capitalista è anche l'anarchia della vita politica borghese. Da qui le innumerevoli contraddizioni e i loro ciclici risvolti, anche giudiziari ( P2, Tangentopoli, ..) Poichè lo Stato rappresenta l'interesse generale della borghesia, al di là dell'interesse delle diverse cordate che popolano la sua scena, esso puo' intervenire di volta in volta contro specifici interessi borghesi, nell'interesse stesso del capitale. E questo accade a maggior ragione nelle fasi di crisi, rottura, transizione fra diverse forme ed equilibri istituzionali.
Ma nessun giustizialismo può debellare la piaga della corruzione e della criminalità borghese. Pérchè la sua radice sta nel capitale, che è il terreno che rigenera la pianta. La storia delle grandi inchieste giudiziarie contro criminalità e corruzione, dalla P2 a Tangentopoli per arrivare a Mose ed Expo, è la storia del fallimento ( e dell'ipocrisia) dello stato borghese di fronte alla corruzione borghese. Di più. La seconda Repubblica, nata da Tangentopoli, con l'annuncio di una nuova era di pubblica moralità si è rivelata una fogna ben più maleodorante della prima. Le politiche di liberalizzazione, esternalizzazione, privatizzazione, hanno allargato enormemente il mercato della guerra per bande nella borghesia per la spartizione degli appalti. Mentre la disgregazione dei vecchi partiti e la personalizzazione della politica borghese ha esteso a dismisura il mercato della corruzione politica, moltiplicando clan e potentati, nazionali e locali, in ogni settore. La crisi capitalista ha fatto il resto. Ovunque corruzione e criminalità affaristica segnano oggi più che mai la normalità del capitalismo, e la sua eterna lotta per il massimo saggio di profitto.
Significa allora che i comunisti sono indifferenti di fronte al fenomeno del malaffare? Al contrario. La lotta al malaffare , se non vuol essere truffa elettoralista, deve risolversi in una lotta al capitalismo e al suo Stato. Contro tutte le demagogie arruffone che di volta in volta ogni inchiesta giudiziaria alimenta. Con buona pace di Grillo, non c'è “ Mafia capitale” (Roma). C'è, se vogliamo, la mafia del capitale. Non c'è una società sana da cui debellare una patologia. C'è una società marcia perchè dominata dal profitto, da rimpiazzare con un'altra società, che ne sia liberata.
Da qui il nostro orientamento sul “caso” Roma:
-Denuciamo la spazzatura morale di chi si mobilitava in città contro “i migranti”, investendo nella guerra fra poveri, nel momento stesso in cui inzuppava il pane nel “business della immigrazione”, contro i migranti e contro i proletari italiani.
-Denunciamo l'immondezzaio delle cosiddette cooperative sociali, luogo di sfruttamento di manodopera precarizzata, e mangiatoia di corruzione e di risorse pubbliche (sottratte a servizi pubblici smantellati da politici amici).
-Rivendichiamo la pubblicizzazione sotto controllo operaio e popolare di tutti i servizi ( rifiuti, trasporti, assistenza) cancellando quelle misure di loro privatizzazione ed esternalizzazione che hanno degradato i quartieri della città e alimentato la corruzione.
-Chiediamo a Sinistra e Libertà di uscire immediatamente dalla giunta capitolina e di rompere ogni rapporto col PD, partito degli affari e antioperaio.
Solo una rottura con la borghesia e i suoi governi può creare le condizioni di un'alternativa di società. Solo un governo dei lavoratori, ad ogni livello, può fare piazza pulita del malaffare.
Il “caso” di Roma non è forse una brillante cartina di tornasole di questa verità? La banda di Carminati ( ex fascista) e Buzzi ( di area PD) è la metafora ordinaria della società borghese.
Consorterie di ogni colore gestiscono, secondo un accordo di cartello, la grande torta degli appalti pubblici: appalti per la gestione dei rifiuti, appalti per la rimozione delle foglie, appalti per l'accoglienza dei migranti e dei rifugiati. A questo fine promuovono la corruzione scientifica e pianificata di assessori interessati, dirigenti di partito, funzionari pubblici, assumendoli a proprio servizio con regolare stipendio e un preciso tariffario. Tengono e oliano le relazioni con le rispettive organizzazioni nazionali di riferimento ( Buzzi, re delle cooperative sociali, a cena di “ringraziamento”con Poletti allora presidente della Lega delle Coop, oggi ministro contro il lavoro). Piazzano uomini loro ai tavoli istituzionali locali e nazionali preposti alla spartizione milionaria ( come Odevaine al tavolo di coordinamento nazionale per l'emergenza migranti). Dispongono di complicità e coperture nei corpi di polizia ( da cui ricevono segnalazioni e avvisi). Si assicurano la continuità del proprio potere al di là dei cambi politici nazionali e locali: e infatti nessun cambio politico di governo nazionale o amministrazione locale ha scalfito negli anni l'accordo di cartello delle consorterie.
Il “mondo di mezzo” che Carminati vanta è questo. In termini borgatari e nazional popolari descrive l'onnipresenza della dittatura del profitto. La sua trasversalità ad ogni partito borghese. La sua insensibilità alle mutevoli forme politiche del governo della cosa pubblica. La sua superiorità agli equilibri politici contingenti. Il mondo di mezzo occupa per definizione il centro della scena. E' il potere degli interessi capitalisti. Ogni altro potere è permeabile al profumo dei soldi, quindi è subordinabile al “mondo di mezzo”. Uomini e partiti di governo sono agenti dei suoi interessi e membri del suo comitato d'affari.
Tutto ciò significa che tutti i politici borghesi sono personalmente e direttamente corrotti, o che una specifica cordata di interessi capitalisti sia onnipotente? No. Altrimenti non si spiegherebbero neppure le periodiche incursioni della magistratura borghese, e dunque gli arresti in atto. In realtà il mondo capitalista e il suo stato vivono e riproducono al proprio interno un'infinita guerra per bande e cordate, perennemente mutevoli, scomponibili e ricomponibili ogni volta. L'anarchia dell'economia capitalista è anche l'anarchia della vita politica borghese. Da qui le innumerevoli contraddizioni e i loro ciclici risvolti, anche giudiziari ( P2, Tangentopoli, ..) Poichè lo Stato rappresenta l'interesse generale della borghesia, al di là dell'interesse delle diverse cordate che popolano la sua scena, esso puo' intervenire di volta in volta contro specifici interessi borghesi, nell'interesse stesso del capitale. E questo accade a maggior ragione nelle fasi di crisi, rottura, transizione fra diverse forme ed equilibri istituzionali.
Ma nessun giustizialismo può debellare la piaga della corruzione e della criminalità borghese. Pérchè la sua radice sta nel capitale, che è il terreno che rigenera la pianta. La storia delle grandi inchieste giudiziarie contro criminalità e corruzione, dalla P2 a Tangentopoli per arrivare a Mose ed Expo, è la storia del fallimento ( e dell'ipocrisia) dello stato borghese di fronte alla corruzione borghese. Di più. La seconda Repubblica, nata da Tangentopoli, con l'annuncio di una nuova era di pubblica moralità si è rivelata una fogna ben più maleodorante della prima. Le politiche di liberalizzazione, esternalizzazione, privatizzazione, hanno allargato enormemente il mercato della guerra per bande nella borghesia per la spartizione degli appalti. Mentre la disgregazione dei vecchi partiti e la personalizzazione della politica borghese ha esteso a dismisura il mercato della corruzione politica, moltiplicando clan e potentati, nazionali e locali, in ogni settore. La crisi capitalista ha fatto il resto. Ovunque corruzione e criminalità affaristica segnano oggi più che mai la normalità del capitalismo, e la sua eterna lotta per il massimo saggio di profitto.
Significa allora che i comunisti sono indifferenti di fronte al fenomeno del malaffare? Al contrario. La lotta al malaffare , se non vuol essere truffa elettoralista, deve risolversi in una lotta al capitalismo e al suo Stato. Contro tutte le demagogie arruffone che di volta in volta ogni inchiesta giudiziaria alimenta. Con buona pace di Grillo, non c'è “ Mafia capitale” (Roma). C'è, se vogliamo, la mafia del capitale. Non c'è una società sana da cui debellare una patologia. C'è una società marcia perchè dominata dal profitto, da rimpiazzare con un'altra società, che ne sia liberata.
Da qui il nostro orientamento sul “caso” Roma:
-Denuciamo la spazzatura morale di chi si mobilitava in città contro “i migranti”, investendo nella guerra fra poveri, nel momento stesso in cui inzuppava il pane nel “business della immigrazione”, contro i migranti e contro i proletari italiani.
-Denunciamo l'immondezzaio delle cosiddette cooperative sociali, luogo di sfruttamento di manodopera precarizzata, e mangiatoia di corruzione e di risorse pubbliche (sottratte a servizi pubblici smantellati da politici amici).
-Rivendichiamo la pubblicizzazione sotto controllo operaio e popolare di tutti i servizi ( rifiuti, trasporti, assistenza) cancellando quelle misure di loro privatizzazione ed esternalizzazione che hanno degradato i quartieri della città e alimentato la corruzione.
-Chiediamo a Sinistra e Libertà di uscire immediatamente dalla giunta capitolina e di rompere ogni rapporto col PD, partito degli affari e antioperaio.
Solo una rottura con la borghesia e i suoi governi può creare le condizioni di un'alternativa di società. Solo un governo dei lavoratori, ad ogni livello, può fare piazza pulita del malaffare.
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