L’imponente manifestazione di Piazza del Popolo del 3 ottobre ha raccolto l’ostilità radicale del popolo della sinistra contro Berlusconi e il suo governo. Ma anche umori, esigenze, domande politiche e sociali apertamente contraddittorie o esplicitamente conflittuali con i gruppi dirigenti del Centrosinistra. La manifestazione ha avuto sicuramente una consistenza superiore al previsto. Al di là dell’apporto organizzativo e numerico fornito dalla Cgil, dall’associazionismo, dai partiti promotori, era visibile e centrale una diffusa presenza spontanea di popolo della sinistra non organizzato, in buona parte giovanile, richiamato dall’opposizione al governo . Una vasta miscela sociale di studenti e lavoratori, precari e insegnanti ; un’intreccio politico magmatico di popolo piddino, rifondarolo, girotondino e grillino. Un popolo privo di un baricentro sociale riconoscibile e di un’egemonia politica trainante, che in qualche modo ha “usato” Piazza del Popolo come megafono della propria insoddisfazione e protesta. E’ uno spaccato del popolo di Annozero. I suoi eroi non sono i dirigenti del PD e della sinistra, e nemmeno Di Pietro che pur esercita un’indubbia attrazione: sono Santoro e Saviano, oggetto delle minacce berlusconiane o mafiose, e al tempo stesso autonomi, in apparenza, da condizionamenti partitici. Il plauso interminabile loro tributato dalla piazza è la misura di un autentico affidamento, ma anche perciò stesso l’espressione di un vuoto di riferimento politico. E’ il vuoto che in forme e tempi diversi occuparono i Moretti e i Grillo. E che oggi è più profondo di ieri. Ieri il popolo della sinistra credeva nei “capi” che poi l’avrebbero tradito: in primo luogo i Cofferati e i Bertinotti. Oggi, dopo l’esperienza del tradimento delle proprie illusioni, quel popolo ha dirigenti, ma non “capi”. Vota per lo più i partiti di centrosinistra (contro Berlusconi), ma non crede più ai partiti che vota. La manifestazione di ieri ha fornito un’immagine plastica di questo sentimento. Il clima della piazza, certamente dominato dall’avversione a Berlusconi, era tutt’altro che benevolo verso i dirigenti del centrosinistra ed in particolare del PD. Dopo il rinvio della manifestazione, imposto dal PD nel nome dell’unità nazionale di guerra; sullo sfondo della guerra civile tra Franceschini e Bersani per il controllo d’apparato di un PD allo sbando; e soprattutto il giorno dopo la defezione parlamentare del centrosinistra che ha regalato a Berlusconi il condono agli evasori, una parte significativa della piazza ha manifestato attivamente un sentimento di collera e di rifiuto. I cartelli e le grida rivolti contro i dirigenti del PD ( “vergogna, dimettetevi”, “D’Alema traditore” “ Tutti a casa” “ Basta pensare alle poltrone, mentre noi affondiamo”..) erano tanto più significativi nel corso di una manifestazione contro Berlusconi che per sua natura richiama l’”unità”. E’ la spia di una potenzialità di rottura, ancora in nuce, che un domani potrebbe precipitare. E che non va regalata alla capitalizzazione dell’ex ministro Di Pietro e al suo recitato populismo. Qui sta la responsabilità delle sinistre. Proprio la manifestazione di ieri rende evidente una volta di più la clamorosa contraddizione dei loro gruppi dirigenti. Da un lato si presentano nella propaganda come “autonomi” dal PD. Dall’altra mantengono i propri assessori nelle giunte di centrosinistra più impresentabili ( v. Campania), perseguono in tutta Italia coalizioni di governo col PD a partire dalle Regioni ( persino allargate all’UDC, come in Liguria), addirittura rivendicano la propria disponibilità ad un governo istituzionale “di un anno” con PD e UDC come via d’uscita dal berlusconismo. E tutto questo, guarda caso, proprio nel momento in cui un pezzo dei poteri forti del Paese, con in testa Bankitalia, lavora dietro le quinte ad un’ ipotesi di governo Fini-Casini-D’Alema,sostenuto dalla CGIL, nel caso dovesse cadere Berlusconi. La verità è che non solo non vi è autonomia dal PD, ma che, proprio nel momento della sua massima crisi, torna a riproporsi quella logica istituzionale e governista che per 15 anni ha tradito i lavoratori, “suicidato” le sinistre, spianato la strada a Berlusconi. Una logica tanto più patetica oggi, dopo il disastro avvenuto, da parte di sinistre ormai extraparlamentari. E’ questa la “svolta a sinistra” promessa al congresso del PRC a Chianciano? Il PCL propone, tanto più oggi, una direzione di marcia esattamente opposta: l’unità d’azione di tutte le sinistre politiche e sindacali, in aperta rottura col PD e con ogni logica governista, sul terreno di un’opposizione radicale per un’alternativa anticapitalista. In Piazza del Popolo eravamo l’unico partito della sinistra con una proposta politica, riassunta da un grande striscione: “Via Berlusconi; no a un nuovo centrosinistra; governino i lavoratori”. Il giornale Libero riferisce che D’Alema, commentando il nostro striscione, avrebbe espresso disappunto. Capisco. Ma- con buona pace di D’Alema- il PCL si batterà perché la piazza del 3 ottobre e le lotte che verranno non siano nuovamente svendute a un centrosinistra confindustriale, come nel 96 e nel 2006. Si batterà perché Berlusconi sia cacciato da una sollevazione operaia e popolare: l’unica che può aprire la via ad un’alternativa vera. E che per questo è scongiurata… da D’Alema e dalla sua Fondazione di industriali e banchieri.
MARCO FERRANDO
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