MA LA VITTORIA DI PISAPIA E DE MAGISTRIS NON MERITA ILLUSIONI.
VIA BERLUSCONI, MA PER UNA VERA ALTERNATIVA.
30 Maggio 2011
La sconfitta di Berlusconi nelle elezioni amministrative di Milano e Napoli non poteva essere più clamorosa. Il governo più reazionario che l'Italia abbia conosciuto dall'epoca di Tambroni ha visto sfaldarsi la propria base di consenso, nel Nord e nel Sud. Milioni di lavoratori, di precari, di giovani chiedono apertamente di voltare pagina.
Ora il governo se ne deve andare. Chi per anni ha evocato falsamente la “volontà del popolo” come propria base di legittimazione e di arbitrio è oggi condannato dallo stesso verdetto invocato. Deve solo sgomberare il campo. La pretesa di Berlusconi di restare in sella, col sostegno di deputati corrotti, al solo scopo di evitare la galera, è tanto più oggi insopportabile. E va denunciata come provocazione. I prossimi referendum su acqua, nucleare, legittimo impedimento, possono e debbono dare un nuovo colpo a tale pretesa.
Dopo significative incertezze, le “opposizioni” liberali ( PD e UDC) “chiedono” formalmente le dimissioni del governo. Ma di fatto si rassegnano alla sua continuità. In realtà cercano di guadagnare tempo per preparare l'ennesima soluzione d'alternanza con cui rimpiazzare il Cavaliere. Una soluzione benedetta da Confindustria, banche, Vaticano e per questo aperta a tutti i peggiori trasformismi parlamentari. Una soluzione che chiami i lavoratori alla nuova annunciata stagione di “sacrifici” imposta da quella grande finanza europea che tutti i liberali assumono da sempre come oracolo e bussola.
Le sinistre politiche e sindacali hanno un compito esattamente opposto: promuovere la più ampia mobilitazione di massa che imponga le dimissioni immediate di Berlusconi, per aprire la via di un'alternativa vera. Un'alternativa che liberi l'Italia dalla dittatura di Confindustria, banche e Vaticano, per rimpiazzarla con un governo dei lavoratori. Un governo che faccia pagare la crisi a chi non ha mai pagato, blocchi i licenziamenti, dia un salario ai disoccupati, abolisca tutte le leggi di precarizzazione del lavoro, nazionalizzi senza indennizzo e sotto controllo operaio tutte le aziende che licenziano, inquinano, causano morti sul lavoro, violano i diritti sindacali. Un governo che costruisca insomma un nuovo ordine di società.
Questa alternativa non passa per Pisapia e De Magistris, per le coalizioni col PD e con i poteri forti, industriali e bancari, subito saliti sul carro dei vincitori, per partecipare ai banchetti dell'Expo e suddividersi la torta degli affari. La stessa esperienza concreta di queste coalizioni e dei loro sindaci dissolverà tante illusioni a sinistra tra i lavoratori e i giovani: dimostrando ancora una volta le ragioni di chi, dall'inizio, pur essendo in prima fila contro Berlusconi e i suoi candidati- anche attraverso l'indicazione di voto nei ballottaggi- ha tuttavia rifiutato di accodarsi al carro liberale, ha mantenuto la propria indipendenza dal centrosinistra, si è collocato all'opposizione delle sue giunte.
L'alternativa vera si costruisce in piena autonomia dalle classi dirigenti del Paese. Si costruisce rompendo con tutti i loro partiti e governi. Si costruisce nei luoghi di lavoro, nelle strade, nelle piazze, unendo milioni di lavoratori, di precari, di giovani, in una grande mobilitazione indipendente capace di andare davvero sino in fondo.
“Fare in Italia come in Tunisia e in Egitto”, è oggi più di ieri, la parola d'ordine del momento. Per cacciare Berlusconi-Mubarak. Per aprire dal basso una prospettiva nuova. Centinaia di migliaia di giovani, in Spagna e in Grecia, hanno occupato strade e piazze, richiamandosi all'esempio nordafricano, per chiedere una svolta della propria condizione. Anche in Italia l'indignazione può e deve trasformarsi in mobilitazione di massa, rompendo vecchie liturgie e imponendo il linguaggio dell'azione diretta, della ribellione e della forza.
Nei giorni scorsi, i lavoratori della Fincantieri a Genova e a Castellamare hanno dato un segnale importante, a difesa della propria dignità, contro le leggi del capitale e del suo Stato. E' un segnale che va raccolto e generalizzato. Perchè sia la classe operaia a porsi alla testa della giovane generazione e a regalarle un'altra società e un altro futuro.
MARCO FERRANDO
Partito comunista dei Lavoratori
Portavoce Nazionale
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