Il governo Renzi sta sempre di più
assumendo le sembianze di un regime, ne sono una testimonianza le
manganellate inflitte ai lavoratori delle Acciaierie Speciali di Terni e
che non hanno risparmiato gli stessi rappresentanti e funzionari
sindacali.
Il trattamento che il capo del governo sta riservando al sindacato con cui si rifiuta di trattare e il disprezzo più volte dimostrato per tutto ciò che esso rappresenta, rischiano di riversarsi negli ambienti di lavoro creando emarginazione attorno alle Rsu, discriminazione verso chi semplicemente partecipa alle assemblee sindacali, inasprimento dei toni di confronto durante gli incontri e nelle trattative sindacali, dove i rappresentanti aziendali si sentono legittimati dai modi di fare di un Presidente del Consiglio che non ha rispetto per le parti sociali.
Matteo Renzi ha dichiarato storicamente e politicamente guerra ai lavoratori, è necessario raccogliere e rilanciare la sfida con uguale durezza. Il capo del Governo si presenta come difensore dei giovani e bandiera del nuovo, ma non c’è nulla di più vecchio che voler distruggere l’Articolo 18 sulla scia del berlusconismo. Non c’è aggressione più squallida ai giovani che sommare il loro licenziamento illegittimo con la liberalizzazione dei “contratti a termine” . Il Jobs Act prevede attacchi durissimi al mondo del lavoro come il demansionamento e il monitoraggio, finora vietati dallo Statuto dei Lavoratori.
La stessa frequenza con cui questo governo ricorre a voti di fiducia e leggi delega è sintomo di scarsa democrazia. Questo progetto reazionario va fermato.
Positiva anche se tardiva la proclamazione dello sciopero generale, che però dovrebbe collocarsi all’interno di una lotta ad oltranza, di uno stato di agitazione permanente, che unifichi tutte le vertenze, gli studenti, i disoccupati, i lavoratori precari. Che preveda un corteo in direzione di Montecitorio nel giorno di approvazione del Jobs Act alla Camera. Che abbia come rivendicazioni la difesa e l’estensione dell’articolo 18, la cancellazione di tutte le leggi di precarizzazione del lavoro a partire dal Decreto Poletti, la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, l’abrogazione della legge Fornero sulle pensioni e sugli ammortizzatori sociali, il blocco dei licenziamenti, misure contro le delocalizzazioni e i trasferimenti di azienda in zone del mondo in cui i lavoratori sono privi di diritti ed esposti allo sfruttamento. Che unisca le organizzazioni sindacali europee contro l’austerità.
Sono lontani i tempi in cui la segreteria nazionale Cgil ingenuamente si congratulava tramite un comunicato della vittoria del PD di Renzi alle elezioni europee, con l’obiettivo primario di rafforzare una concertazione che non si è mai concretizzata.
Solo una vera mobilitazione sociale può sbarrare la strada a chi sostiene di essere amico del popolo ma realizza i sogni di Confindustria e dei potentati che rappresenta.
Ed anche l'impegno per l'attuazione del nostro "Piano del Lavoro" non può trovare riscontro nell'attuale programma governativo di "privatizzazione", ma anzi, dovrebbe vedere un progetto di grandi interventi sia di programmazione ma anche di pubblicizzazione dei suoli.
Per esempio, se vogliamo prendere i disastri di Genova, riportare il Bisagno dai 70 metri di larghezza attuali ai suoi 280 storici, non richiede un grande intervento di ristrutturazione pubblica dell'uso di quel suolo? Gli espropri vanno bene solo per l'inutile TAV?
Per quanto riguarda i nostri problemi organizzativi ed i documenti che ci sono stati proposti, non possiamo fare a meno di notare che, manca una chiara e netta scelta di "riorganizzare la nostra riorganizzazione", ponendo come elemento fondativo i nostri delegati ed attivisti di base, che secondo noi, dovrebbe essere elemento fondante anche a livello territoriale.
Tutto viene demandato ad un "decentramento" regionale che rischia, nei fatti, di essere un "accentramento" ancora più cogente sul piano territoriale locale.
Anche sulla politica dei quadri le RSU, i direttivi e le commissioni contrattuali territoriali non sono nemmeno nominati.
Non bastano certo censimenti, monitoraggi o presenza sui social media. Ed anche la situazione politica e finanziaria di tutto il movimento sindacale richiedono scelte più radicali e coraggiose. Se mancano le "risorse", i "volontari" sono necessari ed indispensabili.
Chiediamo quindi che si attivi un percorso organizzativo che veda come elemento fondante le istanze di base, siano esse RSU - RLS - RSA, attivisti veri che operano sul territorio. Altrimenti nella realtà, questo nostro processo di ristrutturazione rischia di non cogliere il nodo di base delle crisi organizzative politiche e di rappresentanza, che è di tutta la Cgil, non certo solo della Fillea.
Il trattamento che il capo del governo sta riservando al sindacato con cui si rifiuta di trattare e il disprezzo più volte dimostrato per tutto ciò che esso rappresenta, rischiano di riversarsi negli ambienti di lavoro creando emarginazione attorno alle Rsu, discriminazione verso chi semplicemente partecipa alle assemblee sindacali, inasprimento dei toni di confronto durante gli incontri e nelle trattative sindacali, dove i rappresentanti aziendali si sentono legittimati dai modi di fare di un Presidente del Consiglio che non ha rispetto per le parti sociali.
Matteo Renzi ha dichiarato storicamente e politicamente guerra ai lavoratori, è necessario raccogliere e rilanciare la sfida con uguale durezza. Il capo del Governo si presenta come difensore dei giovani e bandiera del nuovo, ma non c’è nulla di più vecchio che voler distruggere l’Articolo 18 sulla scia del berlusconismo. Non c’è aggressione più squallida ai giovani che sommare il loro licenziamento illegittimo con la liberalizzazione dei “contratti a termine” . Il Jobs Act prevede attacchi durissimi al mondo del lavoro come il demansionamento e il monitoraggio, finora vietati dallo Statuto dei Lavoratori.
La stessa frequenza con cui questo governo ricorre a voti di fiducia e leggi delega è sintomo di scarsa democrazia. Questo progetto reazionario va fermato.
Positiva anche se tardiva la proclamazione dello sciopero generale, che però dovrebbe collocarsi all’interno di una lotta ad oltranza, di uno stato di agitazione permanente, che unifichi tutte le vertenze, gli studenti, i disoccupati, i lavoratori precari. Che preveda un corteo in direzione di Montecitorio nel giorno di approvazione del Jobs Act alla Camera. Che abbia come rivendicazioni la difesa e l’estensione dell’articolo 18, la cancellazione di tutte le leggi di precarizzazione del lavoro a partire dal Decreto Poletti, la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, l’abrogazione della legge Fornero sulle pensioni e sugli ammortizzatori sociali, il blocco dei licenziamenti, misure contro le delocalizzazioni e i trasferimenti di azienda in zone del mondo in cui i lavoratori sono privi di diritti ed esposti allo sfruttamento. Che unisca le organizzazioni sindacali europee contro l’austerità.
Sono lontani i tempi in cui la segreteria nazionale Cgil ingenuamente si congratulava tramite un comunicato della vittoria del PD di Renzi alle elezioni europee, con l’obiettivo primario di rafforzare una concertazione che non si è mai concretizzata.
Solo una vera mobilitazione sociale può sbarrare la strada a chi sostiene di essere amico del popolo ma realizza i sogni di Confindustria e dei potentati che rappresenta.
Ed anche l'impegno per l'attuazione del nostro "Piano del Lavoro" non può trovare riscontro nell'attuale programma governativo di "privatizzazione", ma anzi, dovrebbe vedere un progetto di grandi interventi sia di programmazione ma anche di pubblicizzazione dei suoli.
Per esempio, se vogliamo prendere i disastri di Genova, riportare il Bisagno dai 70 metri di larghezza attuali ai suoi 280 storici, non richiede un grande intervento di ristrutturazione pubblica dell'uso di quel suolo? Gli espropri vanno bene solo per l'inutile TAV?
Per quanto riguarda i nostri problemi organizzativi ed i documenti che ci sono stati proposti, non possiamo fare a meno di notare che, manca una chiara e netta scelta di "riorganizzare la nostra riorganizzazione", ponendo come elemento fondativo i nostri delegati ed attivisti di base, che secondo noi, dovrebbe essere elemento fondante anche a livello territoriale.
Tutto viene demandato ad un "decentramento" regionale che rischia, nei fatti, di essere un "accentramento" ancora più cogente sul piano territoriale locale.
Anche sulla politica dei quadri le RSU, i direttivi e le commissioni contrattuali territoriali non sono nemmeno nominati.
Non bastano certo censimenti, monitoraggi o presenza sui social media. Ed anche la situazione politica e finanziaria di tutto il movimento sindacale richiedono scelte più radicali e coraggiose. Se mancano le "risorse", i "volontari" sono necessari ed indispensabili.
Chiediamo quindi che si attivi un percorso organizzativo che veda come elemento fondante le istanze di base, siano esse RSU - RLS - RSA, attivisti veri che operano sul territorio. Altrimenti nella realtà, questo nostro processo di ristrutturazione rischia di non cogliere il nodo di base delle crisi organizzative politiche e di rappresentanza, che è di tutta la Cgil, non certo solo della Fillea.
Alessandra Pierosara
PCL sez. Ancona
PCL sez. Ancona
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