28/11/14

testo volantino del pcl sez. Roma su atac e trasporto pubblico



TRASPORTO LOCALE: CONTRO GOVERNO E GIUNTA MARINO L’UNICA STRADA È LA RIPRESA DELLA LOTTA


L’ultima importante lotta dei lavoratori del trasporto pubblico risale ormai a un anno fa, quando i tranvieri di Genova e Firenze misero in campo un vero sciopero, decidendo di non rispettare le regole imposte dalla legge.

A Roma, città dalla quale dovrebbe partire una protesta di livello nazionale e dove le condizioni del trasporto pubblico peggiorano giorno dopo giorno, non si è verificato ancora nulla di simile, eppure di motivazioni ce ne sarebbero molte: contratto nazionale scaduto da sei anni (tre anni, 2009-2010-2011 azzerati da una misera una tantum); aumento previsto della “produttività” per un lavoro che si è sempre dimostrato fortemente usurante generando di continuo inidonei; cessione di linee ai privati; decurtazione continua della busta paga; premio risultato che non viene pagato ai lavoratori ma che in qualche modo viene sempre garantito ai dirigenti ecc.

 Intanto Matteo Renzi e il suo governo fanno guerra ai lavoratori. Il Jobs Act seppellirà definitivamente l'articolo 18. La legge di stabilità, scritta sotto dettatura dell'Unione Europea, aggiunge ad una situazione già drammatica nuovi tagli, licenziamenti e privatizzazioni.

Il Capo del governo si presenta come difensore dei giovani. Falso! Non c'è nulla di più vecchio che voler distruggere l'articolo 18 come tentò di fare (e non ci riuscì) Berlusconi. Non c'è aggressione più squallida ai giovani che sommare il loro licenziamento illegittimo con l'aumento dei contratti a termine senza causale. Altro che “superamento del precariato”! E' precariato per tutti, a partire proprio dai giovani.

Il Capo del governo si presenta come oppositore dei “poteri forti”. Strano. Visto che Fiat e Confindustria stanno dalla sua parte, entusiasti. La verità è che Renzi è un “amico del popolo” solo per ottenere il suo consenso. E vuole il suo consenso per soddisfare gli interessi dei capitalisti contro il popolo.

La vicenda di Ilario Ilari e Valentino Tomasone, autisti e delegati USB di Roma, sospesi e a rischio licenziamento per aver denunciato pubblicamente le loro condizioni lavorative e lo stato in cui versa il servizio, è solo il primo esempio di ciò che si abbatterà su tutti quei lavoratori che cercheranno di contrastare lo stato di cose presente. Cosa facilitata dall’accordo sulla rappresentanza firmato da CGIL-CISL-UIL, che ancora non hanno capito che Renzi non sa che farsene dei sindacati, essendo il suo unico obbiettivo quello di buttare a male quel poco che resta dei diritti dei lavoratorori.

Davanti a tutto questo occorre una lotta vera e di massa, che opponga la forza alla forza. Occorre la più grande unità di milioni di lavoratori e lavoratrici, in aperta contrapposizione ai padroni e al governo.

Chiediamo ai lavoratori di aderire allo sciopero generale di convocato da CGIL e UIL il 12 dicembre. Sciopero che arriva fin troppo tardi e che rischia di rimanere nient'altro che l'ennesima passeggiata, se la battaglia non sarà continuata nei luoghi di lavoro e nelle piazze fin dal giorno seguente. Con o senza i sindacati.

Crediamo che l’unica vera opposizione a Renzi e Marino non sia quella finta di chi siede nelle istituzioni, ma quella dei lavoratori e delle masse popolari che si mobilitano ovunque, sulla base di un proprio programma e di un proprio modello sociale, che può essere finanziato combattendo lo strozzinaggio di banche, l'evasione e i profitti della grande industria, le multinazionali che spremono i lavoratori e scappano via senza pagare un centesimo, i privilegi del Vaticano (ricavato: 200 miliardi circa), con la riduzione della spesa per le guerre...

Solo un'esplosione sociale dei lavoratori può fare piazza pulita di tutti i ciarlatani, cacciare Renzi e impedire il ritorno di Berlusconi e della Lega. L'unica vera soluzione alternativa è quella di un governo dei lavoratori, basato sulla loro organizzazione e la loro forza



Per un vero sciopero generale!

Difesa ed estensione a tutti i lavoratori dell'articolo 18!

Cancellazione di tutte le leggi di precarizzazione del lavoro, a partire dal Decreto Poletti!

Cancellazione dell'infame legge Fornero sulle pensioni!

Blocco dei licenziamenti!

Distribuzione del lavoro che c'è fra tutti, con una riduzione generale dell'orario a parità di paga!

                                                                                                                          
                                                                                                                                                            Partito Comunista dei Lavoratori
sez. prov. Roma


27/11/14

Comunicato PCL sulle elezioni

elez.


I risultati delle elezioni regionali
La disaffezione operaia verso il PD di Renzi e la necessità di una alternativa politica di classe

Il risultato delle elezioni regionali che appare più evidente, nonostante le affermazioni del bullo di Palazzo Chigi, è quello dell'astensione di massa, in primo luogo in Emilia-Romagna. In questa regione di storico riferimento per il PD e i suoi predecessori non è semplicemente emerso un rifiuto trasversale alle degenerazioni del ceto politico locale, ma si è fondamentalmente espressa una profonda disaffezione delle lavoratrici e dei lavoratori nei confronti dell'azione di brutale attacco del governo contro il movimento operaio e quello che resta delle sue conquiste storiche
L'insipienza della sinistra riformista contribuisce a mantenere questa disaffezione in termini passivi. La realtà di SEL ne è la dimostrazione più lampante. Questo partito avrebbe potenzialmente una piccola, ma reale, autostrada aperta per raccogliere la disaffezione dell'elettorato operaio e di sinistra del PD, se sviluppasse una coerente battaglia politica contro il renzismo a tutti i livelli. Ma, nella continuità con la peggior tradizione bertinottiana, quello che conta sono gli assessorati e i posti di governo e di sottogoverno ("a disposizione" dei padroni, come nella frase del Niki governatore in Puglia nei riguardi di Riva): così, in Emilia-Romagna, si sono presentati nella coalizione renziana, esemplificazione concreta della loro strategia e delle loro speranze nazionali.
Quanto a Rifondazione (e al PdCI), dopo i disastri prodotti dalla loro politica governista, preferiscono mascherarsi dietro coalizioni senza riferimento classista, senza i simboli storici del movimento operaio (falce e martello o la stessa parola “sinistra”), che, come se fossimo due secoli fa, parla alle "persone" e a "cittadini" e non ai/lle lavoratori/trici e a tutti gli sfruttati ed oppressi, sotto la guida di autocentrati e presuntuosi intellettuali piccolo borghesi "progressisti". Del resto che si poteva attendere, ragionando seriamente, dai partiti diretti dagli ex ministri Ferrero o Diliberto, che mentre si proclamavano "comunisti", sostenevano riforme legislative che creavano la precarietà di massa ("pacchetto Treu"), gli interventi militari imperialisti, in primis in Afganistan e Iraq (ovviamente "solo" quando erano al governo), o la riduzione massiccia delle tasse per capitalisti e banchieri.
Il relativo successo di Sel e Altra Emilia-Romagna – mentre è fallimentare il dato di Altra Calabria – appare congiunturale: l'astensionismo di massa ha colpito i partiti maggiori agevolando la parte motivata dell'elettorato, contemporaneamente lo scontro tra apparato CGIL e PD ha dato una mano alle liste considerate più a sinistra.
La reazione di massa alle politiche del governo ha quindi trovato una risposta prioritariamente, se non esclusivamente, nell’astensione e nel rifiuto del voto. E nel contempo si è affermata un’opposizione reazionaria, quella della “Lega dei popoli” centrata sulla nuova prospettiva della Lega nord, che prova a capitalizzare la crisi berlusconiana ed a organizzare un consenso interclassista in un movimento antieuropeo della destra politica e sociale.
In questo quadro complessivo, ci impegniamo quindi a sviluppare una vera alternativa anticapitalista, che non tradisca gli operai e gli sfruttati in generale, che indichi nella rivoluzione sociale, nel potere dei lavoratori e nel socialismo la sola soluzione realistica alla crisi capitalistica. L’alternativa del PCL.
Scontiamo la nostra indubbia debolezza numerica ed organizzativa, ma anche, sia in Emilia Romagna che in Calabria, l'esistenza di leggi elettorali antidemocratiche, che garantiscono le forze politiche esistenti nelle istituzioni, e impediscono a quelle esterne e, in primis al nostro partito, di potersi presentare al giudizio dell'elettorato, col nostro programma anticapitalistico rivoluzionario.
Nonostante ciò i nostri compagni hanno fatto di tutto per far sentire il più largamente possibile la voce del Pcl, anche nelle ultime scadenze elettorali (si veda la campagna intorno alla candidatura propagandistica del compagno Michele Terra a presidente dell'Emilia Romagna).
E soprattutto il Pcl farà ogni sforzo per aumentare ancor di più il proprio impegno e il proprio intervento e rendere coscienti il maggior numero possibile di lavoratori/trici, oggi finalmente in rottura col PD, che una alternativa esiste, ma non è quella del riformismo piccolo borghese e governista dei Vendola, Ferrero, Civati e compagnia, bensì quella classista e rivoluzionaria rappresentata dal nostro partito.

Partito Comunista dei Lavoratori.

24/11/14

INTERVENTO DIRETTIVO NAZIONALE FILLEA CGIL 17 NOVEMBRE

Il governo Renzi sta sempre di più assumendo le sembianze di un regime, ne sono una testimonianza le manganellate inflitte ai lavoratori delle Acciaierie Speciali di Terni e che non hanno risparmiato gli stessi rappresentanti e funzionari sindacali.
Il trattamento che il capo del governo sta riservando al sindacato con cui si rifiuta di trattare e il disprezzo più volte dimostrato per tutto ciò che esso rappresenta, rischiano di riversarsi negli ambienti di lavoro creando emarginazione attorno alle Rsu, discriminazione verso chi semplicemente partecipa alle assemblee sindacali, inasprimento dei toni di confronto durante gli incontri e nelle trattative sindacali, dove i rappresentanti aziendali si sentono legittimati dai modi di fare di un Presidente del Consiglio che non ha rispetto per le parti sociali.

Matteo Renzi ha dichiarato storicamente e politicamente guerra ai lavoratori, è necessario raccogliere e rilanciare la sfida con uguale durezza. Il capo del Governo si presenta come difensore dei giovani e bandiera del nuovo, ma non c’è nulla di più vecchio che voler distruggere l’Articolo 18 sulla scia del berlusconismo. Non c’è aggressione più squallida ai giovani che sommare il loro licenziamento illegittimo con la liberalizzazione dei “contratti a termine” . Il Jobs Act prevede attacchi durissimi al mondo del lavoro come il demansionamento e il monitoraggio, finora vietati dallo Statuto dei Lavoratori.

La stessa frequenza con cui questo governo ricorre a voti di fiducia e leggi delega è sintomo di scarsa democrazia. Questo progetto reazionario va fermato.

Positiva anche se tardiva la proclamazione dello sciopero generale, che però dovrebbe collocarsi all’interno di una lotta ad oltranza, di uno stato di agitazione permanente, che unifichi tutte le vertenze, gli studenti, i disoccupati, i lavoratori precari. Che preveda un corteo in direzione di Montecitorio nel giorno di approvazione del Jobs Act alla Camera. Che abbia come rivendicazioni la difesa e l’estensione dell’articolo 18, la cancellazione di tutte le leggi di precarizzazione del lavoro a partire dal Decreto Poletti, la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, l’abrogazione della legge Fornero sulle pensioni e sugli ammortizzatori sociali, il blocco dei licenziamenti, misure contro le delocalizzazioni e i trasferimenti di azienda in zone del mondo in cui i lavoratori sono privi di diritti ed esposti allo sfruttamento. Che unisca le organizzazioni sindacali europee contro l’austerità.

Sono lontani i tempi in cui la segreteria nazionale Cgil ingenuamente si congratulava tramite un comunicato della vittoria del PD di Renzi alle elezioni europee, con l’obiettivo primario di rafforzare una concertazione che non si è mai concretizzata.

Solo una vera mobilitazione sociale può sbarrare la strada a chi sostiene di essere amico del popolo ma realizza i sogni di Confindustria e dei potentati che rappresenta.
Ed anche l'impegno per l'attuazione del nostro "Piano del Lavoro" non può trovare riscontro nell'attuale programma governativo di "privatizzazione", ma anzi, dovrebbe vedere un progetto di grandi interventi sia di programmazione ma anche di pubblicizzazione dei suoli.
Per esempio, se vogliamo prendere i disastri di Genova, riportare il Bisagno dai 70 metri di larghezza attuali ai suoi 280 storici, non richiede un grande intervento di ristrutturazione pubblica dell'uso di quel suolo? Gli espropri vanno bene solo per l'inutile TAV?

Per quanto riguarda i nostri problemi organizzativi ed i documenti che ci sono stati proposti, non possiamo fare a meno di notare che, manca una chiara e netta scelta di "riorganizzare la nostra riorganizzazione", ponendo come elemento fondativo i nostri delegati ed attivisti di base, che secondo noi, dovrebbe essere elemento fondante anche a livello territoriale.
Tutto viene demandato ad un "decentramento" regionale che rischia, nei fatti, di essere un "accentramento" ancora più cogente sul piano territoriale locale.
Anche sulla politica dei quadri le RSU, i direttivi e le commissioni contrattuali territoriali non sono nemmeno nominati.
Non bastano certo censimenti, monitoraggi o presenza sui social media. Ed anche la situazione politica e finanziaria di tutto il movimento sindacale richiedono scelte più radicali e coraggiose. Se mancano le "risorse", i "volontari" sono necessari ed indispensabili.
Chiediamo quindi che si attivi un percorso organizzativo che veda come elemento fondante le istanze di base, siano esse RSU - RLS - RSA, attivisti veri che operano sul territorio. Altrimenti nella realtà, questo nostro processo di ristrutturazione rischia di non cogliere il nodo di base delle crisi organizzative politiche e di rappresentanza, che è di tutta la Cgil, non certo solo della Fillea.

 
Alessandra Pierosara
PCL sez. Ancona




23/11/14

SPEZZONE PCL NAPOLI E CSR NAPOLI ALLO SCIOPERO DELLA FIOM IL 21/11/14

GLI TSIPRIANI VOGLIONO QUERELARE IL PCL

IL CAPOLISTA DI ALTRA EMILIA, PIERGIOVANNI ALLEVA CI INSULTA E ANNUNCIA QUERELE CONTRO IL PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI



Pinocchio


Due giorni fa avevamo ricordato, in maniera educata e politicamente corretta, un comunicato stampa dell'Unione Sindacale di Base che citava come Pierlugi Alleva fosse stato l'avvocato di parte datoriale (padronale) in una causa contro otto lavoratori che, sostenuti da USB, chiedevano il riconoscimento di un livello superiore. I lavoratori persero e furono condannati a pagare le spese processuali. Ma oggi Alleva, oltre a scrivere tutte le settimane sul Manifesto, è il capolista di Altra Emilia-Romagna (tsipriani+Prc+Pdci), e quindi chi cita questa cosa è uno “sciacallo” e va querelato.
L'autodifesa di Alleva, la toppa, è peggiore del buco. Alleva sostiene che siccome c'era un accordo fatto dalla CGIL e votato era giusto (coerente?) difendere l'azienda. Orbene, sono alcuni decenni che i sindacati confederali rifilano ai lavoratori accordi bidone, tra l'altro contestati sempre dalla sinistra CGIL e spesso anche dalla FIOM. Quindi tutto bene?

Il nostro testo, tra l'altro, è girato solo sulla rete e non inviato alla stampa, ma tanto è bastato per farne un “caso”. I sostenitori della Tsipras emiliana si sono scatenati: il PCL attacca la “sinistra” perché aiuta la destra; il PCL rosica perché non è presente e via sparlando da bar sport. Allora è bene ricordare che sono anni che contestiamo le varie politiche regionali e più recentemente abbiamo denunciato una legge elettorale antidemocratica e tecnicamente sbagliata votata anche da chi oggi sostiene la lista di Alleva, ma soprattutto va ricordato che i partiti che oggi sostengono Altra Emilia-Romagna fino ad oggi sono stati in giunta e in maggioranza con il PD.

In un festival di solidarietà al povero Alleva – ai lavoratori che hanno perso la causa nel 2011 però no, cazzi loro che contestavano l'accordo CGIL – è un revival contro il PCL di argomentazioni da vecchio PCI anni '70, manca solo che ci paga la CIA, il KGB o la Spectre (a scelta). Intanto, loro che contano, potrebbero mica bussare all'INPS che sono due mesi che aspetto l'indennità di disoccupazione? (Così, caro Alleva, sai quanto ci guadagni a farci causa).

Aspettiamo trepidanti la querela, però non so se un tribunale sia abilitato a dare qualifiche da compagno o la patente da comunista.
Michele Terra
Segreteria naz. PCL

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Qui sotto il comunicato di Alleva sulla sua pagina

 
L'attacco del PCL, sezione di Bologna, è un chiaro esempio di sciacallaggio politico perché per 40 anni ho difeso solo e soltanto i lavoratori e la CGIL.
Nel 2011, nel caso citato, ho difeso il CUP 2000 di Bologna relativamente all'applicazione di un contratto, in materia di percorsi professionali, sottoscritto dalla CGIL e approvato con referendum dalla stragrande maggioranza dei lavoratori. Successivamente, un piccolo gruppo di 8 lavoratori, iscritti all'USB, non soddisfatti dell'esito referendario ha attaccato il contratto in sede giudiziaria con argomenti rivelatisi privi di fondamento e respinti dal tribunale. Vista la palese strumentalità e l'intento lesivo dell'attacco mi riservo, ovviamente, di sporgere querela a tempo debito.

OLTRE IL 12 DICEMBRE



15 ottobre 1


Lo sciopero generale convocato da CGIL e UIL per il 12 Dicembre contesta le politiche del governo Renzi, ma riflette la debolezza dell'azione sindacale e un vuoto di prospettiva.

Le burocrazie sindacali manifestano il “dissenso” senza organizzare una lotta vera. Si limitano a replicare al rifiuto di “ascolto” del governo nel nome dell'apertura del “dialogo”.

Ma un'azione di pura pressione ordinaria sul governo Renzi non corrisponde alla gravità dell'attacco portato ai lavoratori , finisce col subordinarsi di fatto ad una logica emendativa, ed è priva oltretutto di sbocchi credibili: a fronte di un corso politico reazionario apertamente contrapposto al movimento operaio e sindacale.

E' necessario un salto dell'azione del movimento operaio e sindacale per contrapporre ala determinazione reazionaria del governo una forza di massa uguale e contraria, dentro una mobilitazione prolungata e radicale. L'unica che può piegare governo e padronato .

Il 12 dicembre deve segnare un punto di svolta. Di fronte alla prevedibile intransigenza del governo e alla continuità del suo attacco, va promossa una grande assemblea nazionale di delegati eletti nei luoghi di lavoro, in tutte le categorie, per definire una risposta di lotta di pari radicalità e una piattaforma di mobilitazione unificante, oggi clamorosamente assente. Una piattaforma che leghi la rivendicazione del ritiro incondizionato delle misure governative a un piano più generale di obiettivi e soluzioni alternative. Una piattaforma di lotta che possa essere realmente un punto di riferimento riconoscibile per i lavoratori, i precari, i disoccupati, e perciò stesso strumento essa stessa della mobilitazione di massa più ampia.

Solo questa svolta unitaria e radicale di lotta può ribaltare i rapporti di forza e strappare risultati reali ; mettere in crisi il renzismo e lo stesso blocco sociale che va raggruppandosi attorno al populismo reazionario di Salvini e settori di destra; aprire dal basso una prospettiva politica di reale alternativa.
PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

21/11/14

Sciopero Cgil Uil. Quando la matematica è un’opinione

 Comununicato di Sergio Bellavita area opposizione  CGIL "sindcatoèunaltracosa"


Se qualcuno si aspettava che davanti alla straordinaria disponibilità alla mobilitazione testimoniata dal crescendo di iniziative di questi ultimi due mesi, passando per il riuscito sciopero sociale del 14 novembre, la Cgil traesse linfa vitale per rilanciare il conflitto dovrà ricredersi. La risposta del palazzo sindacale al protagonismo crescente di giovani, precari, operai è la chiusura a riccio, è lo sciopero slittato al 12 dicembre, celebrazione post cancellazione statuto dei diritti dei lavoratori, è l’inedita unità con la Uil di Barbagallo sancita in un incontro di vertice, non certo nelle lotte sociali. Uno più uno in matematica fa due, su questo neanche il modello derogatorio del 10 gennaio può far nulla, ma in politica e sul terreno sociale la somma potrebbe essere anche zero.
La Cgil poteva imboccare due strade, tra loro alternative. Una è quella che chiama alla necessità di dare continuità alle lotte, di diventare punto di riferimento per la ricostruzione di un conflitto sociale di lungo periodo con l’obbiettivo concreto di determinare davvero l’agenda politica e sociale del paese. Portando sino in fondo la rottura con il Pd e la divaricazione con Cisl-Uil e mettendo a valore le lotte dei metalmeccanici, lo sciopero sociale e le potenzialità che quell’esperienza ha reso evidente a tutti. Una strada che imponeva una pratica coerente e conseguente sul terreno contrattuale come unificazione delle mille vertenze, dalle acciaierie di Terni alla Titan di bologna, al teatro dell’opera, alla Farmacap di Roma, che vedono decine di migliaia di uomini e di donne di questo paese resistere alla cancellazione di diritti, salario ed ai licenziamenti. La Cgil ha imboccato un’altra strada, quella delle mobilitazioni come minimo sindacale, come atto di formale contrarietà alle scelte di Renzi oltre le quali però non si va. Lo avevamo detto sin dall’inizio di questo autunno: se non si fa sul serio la lotta contro il governo sarà la debacle per la Cgil. Ha prevalso la paura di un conflitto generale difficilmente controllabile, la paura di perdere ogni rapporto con le elites di governo. In sostanza la paura di fare i conti davvero con la propria irrilevanza, di doversi misurare con l’incompatibilità di una linea e di una pratica sindacale che non sia complice e subalterna. La paura di perdere ogni piccolo residuo spazio di legittimazione istituzionale, di perdere l’internità nelle stanze del sottogoverno, nei corridoi ministeriali. Il corpaccio della Cgil e le sue categorie hanno scelto l’unità con Cisl e Uil. L’uno due, sciopero con Uil il 12 e l’accordo taglia salari al teatro dell’opera di Roma, è pesantissimo. La Cgil con questa scelta conclude ,purtroppo prima ancora di aprirla, la sua fase di mobilitazione, il suo declamato riposizionamento politico rispetto al partito democratico e al governo. Avevamo ragione, ma ci piacerebbe cominciare ad avere torto, quando nel direttivo della Cgil abbiamo denunciato i limiti, di merito e di metodo, del percorso che la segretaria generale Camusso ha proposto contro il Jobs Act. Solo la Fiom ha scioperato davvero, le altre categorie hanno assistito passivamente nascondendosi dietro l’unità con Cisl e Uil. Per questa ragione non bisognava accontentarsi, come pure ha fatto Landini, della semplice proclamazione dello sciopero generale, importantissima certo, ma inutile e dannosa se giocata per chiudere una fase anziché aprirla, per spargere rassegnazione e disorientamento anziché incendiare il conflitto. Cosi si va alla sconfitta formale del sindacato. Renzi potrà vantare di avere piegato la Cgil imponendo a colpi di fiducia e con la vergognosa complicità della sinistra Pd, zeppa di ex sindacalisti, il suo Jobs Act. Noi vogliamo continuare a lottare contro Renzi e la sua politica criminale. Vogliamo farlo insieme e con tutti e tutte coloro che hanno preparato lo sciopero sociale del 14 novembre, con i metalmeccanici che domani 21 a Napoli manifesteranno.