18/11/11

ARDO – Gli operai di fronte ad una scelta impossibile: 2000 fuori o 700 dentro?

COMUNICATO STAMPA:
Fabriano - Nell'assemblea dello scorso 15 novembre all'Ardo è stato imposto ai lavoratori l'ennesimo ricatto. Con una finta votazione si è infatti chiesto agli operai se scegliere tra la padella o la brace: o l'assunzione immediata di 700 lavoratori dell'Ardo da parte della QS ed un futuro del tutto oscuro per gli altri 2000, oppure opporsi a tale accordo ma andare incontro ad un futuro paventato come del tutto negativo per l'intera compagine dei 2500 operai.  
Con questa scusa si svendono alla famiglia Porcarelli, propaggine merloniana del padronato locale, tre immensi stabilimenti con la promessa di futuri posti di lavoro: 350 nel fabrianese e 350 nel territorio umbro. Tre stabilimenti che una volta occupavano a 3000 persone, oggi si liquida il tutto con annessi macchinari per occuparne solo 700.
A parte i fumosi discorsi dei "sindacalisti" di professione e le disorganiche proposte di alcuni personaggi del movimento operaio fabrianese (come la proposta di "quote rosa" o di corsi di formazione per gli esclusi) tutta l'assemblea è ruotata intorno ad un unico interrogativo: se delegare i sindacati ad andare avanti fino alla conclusione della trattativa per la cessione alla QS o congelare tutto per trovare alternative diverse.
Il Partito Comunista dei Lavoratori ha denunciato l'inefficacia delle concertazioni al ribasso operate in questi anni dai sindacati confederali. Come abbiamo sempre sostenuto, la crisi economica globale ed il fallimento tutto marchigiano del monosettore di monopolio merloniano, necessitano di soluzioni più radicali e risolutive.
La nostra indicazione di voto contrario all’accordo deriva da profonde riflessioni. Lo spazio per pagare, con i soldi dei lavoratori stessi, anni di cassaintegrazione, relegando gli operai ad un “ozio” forzato ed un futuro senza prospettive, si è notevolmente ristretto. Inoltre, lasciar cadere, senza paracadute alcuno, i lavoratori dell’indotto non è giusto né sostenibile. Dobbiamo fermare questa “guerra tra poveri” in cui ogni lavoratore cerca di accaparrarsi, come in un’inquietante lotteria, un posto a discapito di altri in un terribile “mors tua vita mea”. Bisogna infine sottolineare come lo smembramento di grandi aziende come l’Ardo, con la vendita delle “good company” e la soppressione delle “bad company” non hanno mai portato a nulla di buono, anzi i costi sociali ed economici sono sempre stati altissimi. Rendendo impossibile qualsiasi futuro rilancio industriale.
Il risultato delle votazioni è stato scontato. Nulla di cui stupirsi in un’assemblea proposta dalle dirigenze dei sindacati confederali, ormai capitolate a Confindustria ed ai governi borghesi. Che, in questi anni, invece di sostenere la lotta dei lavoratori e far pesare le loro ragioni alzando il livello delle proteste hanno anestetizzato l’intero movimento operaio ed addirittura quasi boicottato alcune iniziative come l’occupazione degli uffici della Merloni.
Continueremo comunque a chiedere a gran voce:
1)che le aziende che dichiarano fallimento o fuggono all’estero passino immediatamente nelle mani dello Stato, gratuitamente e sotto controllo operaio. Come, tra l’altro, previsto anche dalla Costituzione.
2)che gli ammortizzatori sociali previsti per le grandi aziende vengano estese al piccolo indotto che è il primo a fare le spese di questa crisi.
3)che i fondi spesi per la cassa integrazione, spesso abusata ed ormai “infinita”, vengano impiegati per il mantenimento effettivo dei posti di lavoro ed il rilancio industriale del distretto: non per pagare gli stipendi con i soldi pubblici al posto del datore di lavoro, né per prolungare l’agonia e posticipare il più possibile lo “scoppio” della rabbia, sperando che nel frattempo i bollenti spiriti si siano freddati. 
Con preghiera di massima diffusione

Partito Comunista dei Lavoratori
Coordinamento Provinciale Ancona

14/11/11

Un comico ed un blogger ci ricordano chi è veramente Mario Monti


Assemblea "Noi il Debito non lo paghiamo!" - 16 novembre 2011 - Ancona - interviene Giorgio Cremaschi

Per leggere la locandina dell'iniziativa clicca sull'immagine qui sopra e poi in basso a sinistra su "show original".A quel punto puoi ingrandirla con un clic.

11/11/11

CINQUE MISURE STRAORDINARIE CONTRO LA CATASTROFE. SOLO UN GOVERNO DEI LAVORATORI PUO' REALIZZARLE.


IMPORTANTE PROPOSTA DI PERCORSO

La crisi del capitalismo italiano é al centro della tempesta economica europea e mondiale.
Le banche italiane sono colpite dalla crisi di credibilità dei titoli di stato tricolori in cui hanno investito a mani basse. L'azione di strozzinaggio degli interessi sul debito si è rivoltata contro gli strozzini.
La U.E. si trova di fronte al dissesto finanziario dell'Italia, senza disporre di risorse adeguate per un eventuale “soccorso”. Mentre la gigantesca ricapitalizzazione delle banche continentali si trasforma inevitabilmente in un nuovo appesantimento dei debiti pubblici.
L'unico punto fermo del caos finanziario europeo e mondiale è il programma comune dei governi di ogni colore: salvare i banchieri e i capitalisti facendo pagare la loro crisi ai lavoratori.
Questo attacco si aggrava in particolare in Italia, anello debole della catena capitalistica internazionale, sotto la frusta della BCE. Il precipitare della crisi finanziaria- sullo sfondo della crisi politica di Berlusconi- determina un nuovo salto drammatico dell'attacco alle condizioni sociali delle masse. Il progetto Europlus prescrive, di per sé, la riduzione ogni anno di 45 miliardi di debito pubblico italiano, al netto del pagamento degli interessi: ciò che segnerebbe una autentica regressione storica della già miserabile condizione di milioni di lavoratori, giovani, pensionati. E oggi i “commissari” europei chiedono una stretta ulteriore della morsa per conto delle banche.
La rivolta sociale contro tutto questo è la condizione necessaria per salvarsi. Ma la rivolta deve impugnare un programma d'azione alternativo contro la crisi che recida finalmente la sua radice: la dittatura del capitale finanziario sulla vita della società.

CINQUE MISURE RADICALI PER AFFRONTARE LA “CATASTROFE"

"C'è bisogno di un programma d'emergenza contro la crisi” strillano all'unisono tutti i giornali borghesi e i banchieri che li finanziano, mentre invocano la spoliazione dei salariati. “ C'è bisogno di un programma d'emergenza contro la crisi”, diciamo noi: ma un programma che colpisca il potere delle banche e dei capitalisti, liberando milioni di lavoratori dal loro giogo. Un programma tanto radicale quanto è radicale il programma della BCE.

1) Si rifiuti il pagamento del debito pubblico alle banche strozzine. Il debito non è stato prodotto dai lavoratori, ma dalla rapina delle banche contro i lavoratori. Non si vede perchè debbano essere i lavoratori a pagarlo. Per di più.. ai banchieri. I 90 miliardi di interessi che lo Stato paga ogni anno alle banche- grandi acquirenti dei titoli di Stato- vanno semplicemente cancellati. E cosi' i 70 miliardi versati annualmente dagli enti locali. I piccoli risparmiatori saranno integralmente tutelati. Non i banchieri usurai. La loro rapina deve finire. E le risorse così liberate debbono andare al lavoro, alla sanità, alla scuola..

2) Le banche e le assicurazioni vanno nazionalizzate, senza indennizzo per i grandi azionisti, e sotto controllo dei lavoratori, creando un'unica banca pubblica. Non è solo una misura imposta dall'annullamento del debito pubblico verso le banche. E' una misura indispensabile per abbattere i mutui che gravano sulle famiglie. Per portare alla luce la scandalosa evasione fiscale del grande capitale, di cui le banche sono canale e strumento. Per colpire i santuari della grande criminalità. Per acquisire la leva decisiva per una riorganizzazione radicale dell'economia e della società in funzione dei bisogni collettivi, e non del profitto di pochi. Senza la nazionalizzazione delle banche, vero verminaio della società borghese, ogni rivendicazione dell'“alternativa” si riduce ad una frase vuota.

3) Va istituito il controllo operaio sulla produzione a partire dall'abolizione del segreto commerciale e dall'apertura dei libri contabili delle aziende. Il segreto commerciale tanto difeso dai custodi della proprietà non vale più da molto tempo nel rapporto tra i grandi capitalisti, che hanno ben pochi segreti tra loro. Vale invece come paravento dei capitalisti nei confronti dei lavoratori e della società, cui debbono nascondere frodi, truffe, raggiri di ogni tipo. Inclusi i costi della pubblica corruzione. Non basta che i conti siano accessibili di tanto in tanto a qualche compiacente istituto borghese di “vigilanza” o alla Agenzia delle Entrate. E' necessario che siano i lavoratori e le loro organizzazioni a mettere il naso nei “segreti” delle proprie aziende. Per quale ragione dev'essere considerato “naturale” che i capitalisti e i loro governi facciano i raggi x agli stipendi, ai risparmi, alla vita dei lavoratori, e invece uno “scandalo” se i lavoratori vogliono controllare i capitalisti , i loro conti, le loro ruberie?

4) Vanno nazionalizzati i grandi gruppi capitalistici dell'industria, senza indennizzo e sotto controllo operaio, a partire dalle aziende che licenziano o colpiscono i diritti sindacali. Quindi a partire dalla Fiat. E' una misura indotta dalla nazionalizzazione delle banche, dato lo stretto intreccio fra capitale industriale e capitale bancario. Ma è soprattutto un provvedimento indispensabile per bloccare i licenziamenti, riorganizzare la produzione, ripartire il lavoro fra tutti, avviare una riconversione dell'economia a fini ecologici e sociali, secondo un piano democraticamente definito. E sarebbe oltretutto un provvedimento di risparmio straordinario per l'intera società: perchè annullerebbe la montagna di 40 miliardi annui di trasferimenti pubblici a quelle stesse imprese private che distruggono posti di lavoro. E che dunque sono già state “comprate” dai lavoratori, in quanto principali contribuenti. A proposito di “lotta agli sprechi”.

5) Va varato un grande piano di opere sociali di pubblica utilità che dia lavoro e risani le condizione di larga parte della società italiana. E' assurdo registrare da un lato la disoccupazione del 30% dei giovani e il licenziamento dei lavoratori, e dall'altro la straordinaria penuria (e distruzione) di beni e servizi sociali. Il lavoro che c'è va ripartito fra tutti in modo che nessuno ne sia privato, con la riduzione generale dell'orario a parità di paga. Ma non basta. E' necessario un grande piano di nuovo lavoro. La nazionalizzazione delle banche e della grande industria, la fine della dipendenza dal debito, possono liberare un piano di investimenti pubblici, sotto controllo sociale, in fatto di risanamento ambientale, energie alternative, riparazione della rete idrica, sviluppo della rete ferroviaria, messa in sicurezza dell'edilizia scolastica e residenziale, estensione della rete ospedaliera e di assistenza agli anziani..: investimenti capaci di utilizzare a pieno le capacità lavorative e le professionalità di milioni di disoccupati, di dare lavoro ai migranti,di cambiare volto all'ambiente di vita. Impedendo oltretutto crimini sociali come quelli compiuti nei nubifragi di Genova e Liguria.

SOLO UN GOVERNO DEI LAVORATORI PUO' REALIZZARLE.

Nessuna di queste misure è derogabile, ai fini di una vera svolta. Senza queste misure non solo non vi è alcuna possibile via d'uscita dalla crisi, ma la crisi continuerà ad abbattersi con intensità sempre maggiore sulle condizioni dei lavoratori e del popolo. Al tempo stesso nessuna di queste misure è compatibile col capitalismo. Nessuna di queste misure è realizzabile da parte dei governi borghesi, tutti legati a doppio filo agli interessi dell'industria e delle banche. Solo un governo dei lavoratori, basato sulla loro organizzazione e la loro forza, può realizzarle. E solo una sollevazione operaia e popolare può imporre un governo dei lavoratori.

La crisi politica del berlusconismo, dentro il precipitare della crisi capitalista, è un occasione preziosa per il movimento operaio: ma alla sola condizione di imporre la propria agenda per la soluzione della crisi politica e sociale. Senza questa azione indipendente, senza un autonomo programma, tutto è destinato a risolversi contro i lavoratori. Come prima e peggio di prima. O per mano di un governo Monti, o per mano di un resuscitato centrosinistra. Prima delle elezioni, o dopo le elezioni.

Il momento di agire è ora. Il PCL fa appello a tutte le sinistre politiche, sindacali, di movimento, a tutte le organizzazioni popolari e di massa, per un fronte unico d'azione attorno a questo programma di svolta. E' ora di porre fine una volta per tutte a compromissioni senza futuro col PD ,coi partiti borghesi, con la Confindustria. E' l'ora di assumersi una responsabilità indipendente. All'altezza della straordinarietà del momento.

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

07/11/11

ARDO, BEST e CB: tanti lavoratori, una sola lotta!

COMUNICATO STAMPA:
La terribile vicenda degli operai della Best che, al ritorno al lavoro, hanno trovato la fabbrica vuota e le serrature cambiate è la vergognosa dimostrazione che ancora una volta la dignità delle persone è calpestata dalle logiche del profitto. Ed emblematico è anche di Confindustria ed il silenzio/assenso dei sindacati padronali: alla faccia della “lotta di classe” che sarebbe ormai superata!
Lo stesso si può dire della CB, terzista Indesit di Cerreto dove 90 operai –per la stragrande maggioranza donne- chiude i battenti. lastricando una volta di più il nostro territorio di povertà e disperazione.
L’ARDO intanto, ricolloca solo 700 lavoratori, mandando a casa i restanti 2000 operai. A parte l’operazione poco chiara, con il nuovo acquirente che sembrerebbe quasi manovrato dalla famiglia Merloni per rientrare in possesso della good-company, liberandosi allo stesso tempo dei lavoratori in surplus e delle produzioni meno redditizie, si sta puntando a mettere i lavoratori uno contro l’altro: si tengono “buoni” gli operai con la speranza di trovare posto tra i 700 “prescelti”.
Il Partito Comunista dei Lavoratori respinge in modo radicale questa “asta al ribasso” sui diritti degli operai in favore dell’arricchimento incondizionato di qualche padrone. I licenziamenti e le delocalizzazioni all’estero sono rapine legalizzate ai danni dei lavoratori e delle loro famiglie, che fino ad oggi hanno prodotto e producono ricchezza in questo territorio, ma che, alla prima occasione, vengono scaricati per inseguire nuove speculazioni nei paesi meno sviluppati.
Per questo chiediamo:
- che gli ammortizzatori sociali previsti per le grandi aziende vengano estese al piccolo indotto che è il primo a fare le spese di questa crisi.
- che le aziende che dichiarano fallimento o fuggono all’estero passino immediatamente nelle mani dello Stato, gratuitamente e sotto controllo operaio. Come, tra l’altro, previsto anche dalla Costituzione.
- che i fondi spesi per la cassa integrazione, spesso abusata ed ormai “infinita”, vengano impiegati per il mantenimento effettivo dei posti di lavoro ed il rilancio industriale del distretto: non per pagare gli stipendi con i soldi pubblici al posto del datore di lavoro, né per prolungare l’agonia e posticipare il più possibile lo “scoppio” della rabbia, sperando che nel frattempo i bollenti spiriti si siano freddati. 
Come PCL ci appelliamo a tutti i cittadini, le forze sindacali e quelle politiche perchè si dichiarino apertamente a favore dei lavoratori, delineando una linea di confine: o si stà con il lavoro o contro di esso, o si stà con gli operai o con i capitalisti, o con la povera gente o con i banchieri. Schieriamoci contro le scelte conservatrici e monosettoriali del nostro territorio, contro le delocalizzazioni e contro le “svendite” di tutto ciò che di utile ancora rimane. Sosteniamo le mobilitazioni, anche radicali, e le occupazioni ad oltranza delle fabbriche da parte degli operai, fino all’ottenimento di garanzie concrete sul futuro dei posti di lavoro. Serve una Sinistra che rompa gli schemi e si ponga come reale alternativa al Centro Destra, al Centro Sinistra, per opporsi efficacemente alle misure di lacrime e sangue richieste dalla BCE.
Con preghiera di massima diffusione

Partito Comunista dei Lavoratori
Coordinamento Provinciale Ancona

Dobbiamo Fermarli: assemblea autoconvocata a Jesi


Cliccando sull'immagine qui sopra ed ingrandendo potrete leggere la locandina dell'iniziativa del comitato "Dobbiamo Fermarli"

06/11/11

Stipendi in arrivo Trenitalia nel mirino

Dal quotidiano Corriere Adriatico del 6/11/2011
Fabriano - Riflettori puntati sui disagi delle ditte appaltatrici che operano nelle stazioni ferroviarie. Sono i riflettori del Partito comunista dei lavoratori che portano all’attenzione la drammatica situazione di tanti operai.

“Da alcuni mesi i lavoratori di queste ditte non ricevono i salari - fa sapere il Pcl - e questo è un atto ignobile contro i diritti fondamentali dei lavoratori. Esprimiamo solidarietà a questi operai e denunciamo il meccanismo adottato da Trenitalia contro questo comparto”. Un problema decisamente serio che merita la massima considerazione da parte di tutti i soggetti in qualche modo coinvolti. “La realtà attuale è insostenibile per i lavoratori di queste ditte - afferma ancora il Pcl - sia a causa dell’eliminazione dei diritti contrattuali che salvaguardano i salari e le attività, sia per il tentativo subdolo attuato dalle Ferrovie dello Stato di scatenare la guerra tra poveri, contrapponendo i ferrovieri agli operai delle società di pulizia e manutenzione, con la complicità dei sindacati confederali”. La questione non è nuova, basti solo pensare che nel luglio scorso alcuni operai protestarono per diversi giorni davanti alla stazione di Fabriano contro i ridimensionamenti.

05/11/11

TRAGEDIA DI GENOVA E DELLE CINQUE TERRE: CRIMINE DEL PROFITTO

I morti di Genova e la devastazione della città non sono “responsabilità” dei “mutamenti climatici” come dichiara il sindaco Vincenzi, immemore dell'analoga strage del 1970 ( 25 morti). Sono riconducibili alla legge imperante del profitto: che ha tagliato le risorse per la ripulitura dei fiumi, ha tagliato le risorse per lo scollamatore del Bisagno, ha autorizzato costruzioni edilizie sino a tre metri dai corsi fluviali. Governi nazionali di centrosinistra e centrodestra, impegnati a pagare ogni anno 80 miliardi di interessi alle banche strozzine o a finanziare mega speculazioni come la TAV, hanno “risparmiato” sulla protezione della natura e della vita. Per questo sono i responsabili politici e morali di quanto è avvenuto. Assieme ai sindaci e governatori che li hanno coperti e assecondati, e che sono tenuti alle dimissioni. Solo un governo dei lavoratori, rompendo con la legge del profitto e del capitalismo, può investire uomini e risorse nel riassetto idrogeologico del territorio evitando altre tragedie.

MARCO FERRANDO (nato a Genova il 18/7/1954)
Portavoce Nazionale del Partito Comunista dei Lavoratori

Signora Vincenzi, si dimetta

Per la Signora Marta Vincenzi, c'è una sola possibilità di difesa, le dimissioni da Sindaco di Genova, perchè questi morti hanno una chiara responsabilità politica.
Genova saccheggiata dall'edilizia selvaggia e dallo squilibrio sociale che ha come effetto anche l'abbandono produttivo dei terreni, continua ad essere governata dall'incompetenza di una classe politica selezionata per fedeltà agli ordini di partito.
Questo è un disastro annunciato, ma al dolore per la perdita di vite umane, si aggiunge l'assoluta certezza che nulla cambierà nel prossimo futuro se non in peggio, e che fra poco saremo ancora qui a denunciare la prossima emergenza, lamentandoci ipocritamente del destino cinico e della crisi economica.
Signora Vincenzi, si dimetta.

Partito Comunista dei Lavoratori
Comitato Regionale Ligure

01/11/11

Pesaro: incontro pubblico con Ferrando del 4 novembre

Cliccando sull'immagine ed ingrandendo potete leggere il volantino dell'iniziativa del 4 novembre 2011 a Pesaro con la presenza di Marco Ferrando (portavoce nazionale del PCL). Precisazione: per un disguido il volantino pubblicato porta un indirizzo sbagliato. L'iniziativa si svolgerà a Pesaro presso la sala della circoscrizione Muraglia, in via Petrarca 18. 

Crisi della CB di Cerreto: voantino del PCL

Cliccando sull'immagine ed ingrandendo potete leggere il testo del volantino che verrà distribuito il 3 novembre 2011 a Fabriano in occasione dell'incontro tra le parti in relazione alla crisi dell'Azienda CB di Cerreto D'Esi (fabbrica terzista dell'Indesit).

25/10/11

La drammatica realtà lavorativa delle ditte appaltatrici Trenitalia

A tutti gli organi di stampa e informazione
della Regione Marche


COMUNICATO STAMPA:
Fabriano - La situazione della ditte appaltatrici che operano nelle stazioni ferroviarie è sempre più insostenibile per i lavoratori che da alcuni mesi non ricevono i propri salari. Questo fatto gravissimo rappresenta un ignobile atto contro i diritti fondamentali di questa categoria di lavoratori, spesso ignorata.

Il Partito Comunista dei Lavoratori, nell’esprimere la più fraterna solidarietà a tutti i lavoratori delle ditte appaltatrici, denuncia il meccanismo di speculazione adottato da Trenitalia contro questo comparto. Tutto risale a dieci anni fa circa, quando l’ennesimo Governo Berlusconi, con il silenzio complice del centrosinistra, decise di tagliare i costi alle società appaltatrici, adibite alle pulizie delle stazioni ferroviarie e di tutti i vagoni dei treni.

Il risultato di tale sciagurata scelta, è stato quello di permettere alle ditte appaltatrici presenti nelle stazioni ferroviare di riversare sui propri dipendenti il contenimento dei costi, con salari non erogati ed un lungo tunnel di precarietà, attraverso le esternalizzazioni con i cosiddetti subappalti.

La realtà attuale per i lavoratori di queste ditte è insostenibile, sia per l’eliminazione dei diritti contrattuali che salvaguardavano i propri salari e le loro attività, sia per il tentativo subdolo attuato dalle ex Ferrovie dello Stato, di scatenare guerra tra poveri, contrapponendo i ferrovieri agli operai delle società di pulizia e manutenzione, con la complicità di una parte del Sindacato Confederale.



Con preghiera di massima diffusione


Partito Comunista dei Lavoratori
Coordinamento Provinciale di Ancona

Volantino per lo sciopero della FIOM

Cliccando sull'immagine qui sotto ed ingrandendo potrete leggere il Volantino distribuito dal PCL durante la manifestazione FIOM del 21 ottobre 2011.



21/10/11

La Quadrilatero non rappresenta nessun volano per l’economia marchigiana

La situazione in cui versano i lavoratori della ”Quadrilatera S.p.a” è sempre più drammatica: solo grazie al loro coraggio e alla loro capacità di lottare hanno infatti conseguito l’obbiettivo di sbloccare i propri salari, non erogati più da mesi.

Il Partito Comunista dei Lavoratori, l’unica forza politica che si è sempre espressa con durezza contro lo spreco milionario di danaro pubblico per la costruzione della Quadrilatero, ritiene doveroso esprimere agli operai del cantiere la propria fraterna solidarietà. Tuttavia, sappiamo che la riattivazione dei salari non erogati è solo un successo parziale: non può cancellare la mancanza di chiarezza sui finanziamenti ottenuti dalla Grande Opera Quadrilatero (tanto esaltata da centrodestra e centrosinistra), i tre incidenti mortali che hanno coinvolto tre operai, i danni ambientali e paesaggistici provocati dalla Quadrilatero. Il tutto senza una concreta e duratura fonte di sviluppo economico e la creazione di posti di lavoro stabili sul territorio

Con preghiera di massima diffusione

Partito Comunista dei Lavoratori
Sezione di Ancona - Nucleo Montano

17/10/11

Contro il teppismo, ma mai con la repressione

SULLA MANIFESTAZIONE DEL 15 OTTOBRE: UN'IMPOSTAZIONE POLITICA RINUNCIATARIA APRE IL VARCO A PRATICHE IMPOLITICHE E NICHILISTE

La manifestazione nazionale del 15 Ottobre a Roma ha visto una grande partecipazione di massa, una vasta presenza di giovani, un diffuso senso comune “anticapitalista”. Ma la sua dinamica è stata distorta da un impostazione politica sbagliata del coordinamento che ha promosso ed organizzato il corteo: un'impostazione che rinunciando ad indirizzare il movimento sul terreno del confronto politico col potere, ha finito con l'amplificare lo spazio di pratiche, impolitiche e nichiliste, avulse da una logica di massa.

LA RESPONSABILITA' DI UN'IMPOSTAZIONE POLITICA RINUNCIATARIA

Quando proponevamo una manifestazione indirizzata verso i palazzi del potere, rivendicavamo non solo il diritto a una pratica diffusa a livello internazionale, ed in particolare europeo; non solo un'iniziativa politica corrispondente alla particolare gravità della situazione italiana, alla natura particolarmente reazionaria del suo governo, alle responsabilità bipartisan nel sostegno alle banche da parte delle “opposizioni” parlamentari; ma anche perciò stesso un'iniziativa di massa capace di segnare politicamente il terreno centrale dello scontro, di unificare e tradurre su quel terreno la domanda diffusa di un corteo “radicale” e non convenzionale, di emarginare per questa via iniziative “fai da te” del tutto estranee allo sviluppo reale del movimento.

Avevamo avvisato i naviganti: ”.. Proprio il rifiuto pregiudiziale a rivendicare il diritto a marciare verso i palazzi del potere, a preparare organizzativamente e unitariamente la gestione di piazza di questa rivendicazione, rischia questo sì di spianare la strada a iniziative minoritarie .., slegate da una logica di massa, a tutto danno dell'impatto politico del 15 Ottobre” (PCL, 25/9/2011)

Purtroppo, siamo stati facili profeti. La scelta maggioritaria di una manifestazione rituale, nel nome del “realismo” e della scelta “pacifica”, ha ignorato la realtà e non ha garantito “la pace”. Ha semplicemente lasciato campo libero a chi ha cercato come terreno di scontro non la contrapposizione politica al potere, non lo sviluppo della radicalità del movimento e della sua coscienza politica, ma l'esercizio pratiche isolate e nichiliste, a danno del movimento di massa.

CONTRO LO STATO E LA SUA REPRESSIONE

Sia chiaro: la nostra critica del vandalismo muove non dalla logica delle questure, ma dall'interesse della rivoluzione. L'avversario fondamentale dei lavoratori, dei giovani, delle loro lotte, non sono i cosiddetti black block, ma il capitalismo e il suo stato.

Non siamo pacifisti, e in ogni caso manteniamo la misura della realtà. La violenza consumata contro auto in sosta o contro le vetrine di negozi - per quanto del tutto inutile e demenziale- resta infinitamente minore della violenza consumata quotidianamente nello sfruttamento di milioni di uomini e di donne, nella segregazione dei migranti, o nelle missioni di guerra. Per questo non parteciperemo mai ai cori sdegnati “contro la violenza” di un ministro degli interni secessionista e xenofobo, o di un centrosinistra amico dei banchieri strozzini, o di un Nichi Vendola che sino a ieri “votava” i bombardamenti in Afghanistan. Noi stiamo dall'altra parte della barricata. In uno scontro tra apparato dello stato e migliaia di giovani di diversa estrazione (ben altro che i cosiddetti gruppi black block), come quello avvenuto a S. Giovanni, noi stiamo incondizionatamente dalla parte dei giovani e della loro resistenza, indipendentemente dalle cause d'innesco dello scontro. Come facemmo il 14 dicembre di un anno fa, contro ogni scandalismo perbenista. Ed oggi respingiamo la campagna repressiva del governo, sostenuta dal Pd e da Di Pietro, contro la cosiddetta area antagonista: indipendentemente dalla distanza politica grande che ci separa dalle posizioni di quest'area, non solo rifiutiamo ogni solidarietà con lo stato delle banche, delle bombe, dei blindati, ma difenderemo ogni compagno/a che sia vittima della sua repressione. Contro ogni posizione di disimpegno o addirittura di neutralità presente nella sinistra e nel movimento stesso.

CONTRO IL VANDALISMO, MA DAL VERSANTE DELLA RIVOLUZIONE. 14 DICEMBRE E 15 OTTOBRE

Ma tutto ciò non significa affatto ignorare le differenze e farci trascinare dalla suggestione mitologica dello scontro fine a sé stesso. Scontri di piazza apparentemente simili per intensità possono assumere infatti significati diversi (e prestarsi a diverse percezioni di massa), a seconda della loro dinamica.

Il 14 dicembre di un anno fa, nelle ore successive al salvataggio parlamentare di Berlusconi, una massa di giovani compagni si diresse spontaneamente verso Montecitorio, scontrandosi con la violenza poliziesca, ed esercitando il proprio diritto all'autodifesa. Quello scontro si sviluppò sul terreno politico della contrapposizione al potere, brandì una rivendicazione democratica comprensibile e popolare (la cacciata del governo e la condanna di un Parlamento corrotto), si circondò perciò stesso di una significativa solidarietà, nonostante la campagna di criminalizzazione .

Il 15 Ottobre, invece, la dinamica degli scontri è stata innescata dalla distruzione metodica di oggetti casuali (automobili, bar, supermarket) ai lati del corteo da parte di limitati settori organizzati. Lo scontro si è dunque prodotto su un terreno estraneo a qualsivoglia prospettiva politica, allo sviluppo del movimento, alla crescita della sua coscienza. Di più: lo scopo di chi lo ha cercato era esattamente quello di boicottare la manifestazione di massa del movimento. Il fatto che poi migliaia di giovani coinvolti alla fine negli scontri abbiano giustamente resistito ai caroselli criminali della celere, non può occultare questo dato.

Questa logica primitiva e distruttiva, coltivata da alcune aree dei centri sociali, dell'anarchismo, di curve ultras, non è affatto una logica “più rivoluzionaria” come in qualche caso cerca di presentarsi. E' l'esatto opposto. E' la ricerca di uno sfogatoio emozionale cieco, in assenza di ogni progetto di rivoluzione reale, e contro la prospettiva di rivoluzione. Il danno che produce infatti non si limita ai benefici contingenti per la propaganda governativa o di centrosinistra, e per il loro cantico ipocrita sulla “condanna della violenza”. Il danno maggiore è l'effetto dissuasivo e distorcente che il vandalismo produce nell'immaginario diffuso delle classi subalterne circa il senso stesso della radicalità di lotta e della rivoluzione: un effetto tanto più negativo nel momento in cui si allarga una diffusa sensibilità anticapitalista- potenzialmente rivoluzionaria- nella giovane generazione.

RIVOLTA DI MASSA E PROGRAMMA ANTICAPITALISTA

Grande dunque è la responsabilità di chi ha favorito questo scenario. Perché lo spazio fornito a queste pratiche è stato ed è direttamente proporzionale all'opportunismo delle direzioni maggioritarie del movimento. La rinuncia ad un assunzione di responsabilità in un momento straordinario di scontro politico e sociale; l'adattamento alla routine di manifestazioni rituali- alla ricerca di un puro spazio mediatico o di qualche pacca sulla spalla degli ambienti benpensanti del centrosinistra e della loro stampa “democratica”- hanno aperto il varco all'avventurismo. Questa è la lezione del 15 Ottobre.

Ora non si tratta di aprire la caccia “militare” ai “black block” all'interno del movimento, alla ricerca di qualche capo espiatorio. Si tratta di andare alla radice delle responsabilità politiche di fondo di quanto accaduto. Di discutere seriamente l'organizzazione della piazza. E soprattutto di rilanciare una prospettiva di rivolta sociale e di classe, su base di massa e su un programma anticapitalista: che resta la condizione decisiva per aprire una pagina nuova, e una nuova prospettiva politica.

Roma, 17 ottobre 2011

Partito Comunista dei Lavoratori
Comitato esecutivo

16/10/11

Manifestazione del 15 ottobre 2011

Di seguito, cliccando sull'immagine ed ingrandendo, potrete leggere il volantino distribuito alla manifestazione dal Partito Comunista dei Lavoratori, tra i promotori della manifestazione e membro del Comitato 1 ottobre.

13/10/11

Appello elettorale del PCL alla sinistra fabrianese

per una vera alternativa a centrodestra e centrosinistra

PREMESSA

In questi anni di profonda crisi del distretto industriale fabrianese la nostra -un tempo florida- città si è trasformata in una valle di lacrime. Migliaia di operai che hanno sacrificato l’intera esistenza lavorando in fabbrica per poche lire, sono da anni costretti ad un’inerzia forzata, appesi al filo della cassa integrazione: pochi soldi e zero prospettive. Centinaia di famiglie, colpite dai licenziamenti nell’indotto, sono rimaste senza l’unico reddito disponibile. I servizi sociali e gli enti pubblici, finora senza problemi di budget e non dovendo affrontare particolari emergenze in passato, sono totalmente impreparati ad aiutare i “nuovi poveri”. L’emergenza abitativa, fino a poco fa impensabile, è oggi un’amara realtà. Tutta l’economia del territorio, fino ad oggi congelata e quindi impreparata a reagire, è in ginocchio.
In parole povere fin quando è andata bene, le potenti “signorie locali” si sono arricchite tenendoci buoni con le loro briciole; ora che la crisi imperversa l’intero peso economico della recessione grava sulle spalle dei lavoratori e delle loro famiglie.

LE RESPONSABILITÀ DEL DISASTRO

La crisi ha colpito a Fabriano più che altrove non per un caso, ma per le scelte
scellerate degli industriali e degli amministratori locali. Tutto ciò per due principali motivi:
1) Scelte industriali -conservatrici e monosettoriali- più che discutibili, che hanno però permesso alla grande borghesia locale, senza una lira d’investimento, di accumulare ricchezze ingenti
2) Graduale delocalizzazione degli stabilimenti nei paesi in via di sviluppo, in alcuni casi finanziata addirittura con fondi pubblici
3) Clientelismo politico, con uomini politici ed amministratori disinteressati ad uno sviluppo sociale “armonico” del territorio, ma totalmente asserviti agli interessi dei padroni di Fabriano.

I LAVORATORI SOTTO SCACCO

In questo quadro ai lavoratori, veri artefici dell’ormai tramontata epoca d’oro, viene dato un crudo ben servito, riversando sulle loro spalle tutti i costi della crisi e cercando di svendere quello che di utile ancora rimane a fantomatici gruppi cinesi o iraniani. Si cerca di ingannare (col solo scopo di guadagnare tempo rispetto allo scoppio di un malcontento generale) con promesse quantomeno inverosimili e di tenere buoni eventuali dissidenti con minacce di emarginazione lavorativa e speranze di prolungamento degli ammortizzatori sociali. Aiuti che gli operai dell’indotto industriale hanno ricevuto in minima parte, così da rendersi disponibili ad arrangiarsi trovando lavori a nero; che a sua volta danneggiano i piccoli artigiani. Una vera guerra tra poveri.

LE RESPONSABILITÀ POLITICHE E SINDACALI

Tutto ciò con la complicità di buona parte della sinistra politica e sindacale fabrianese che, nonostante una storia gloriosa, vive un presente misero, di totale subordinazione ed asservimento ai potentati economici locali. Il sindacato (in special modo la CGIL/FIOM, unico grande sindacato “di classe” presente nel nostro territorio; CISL E UIL hanno abdicato da tempo), ha ormai rinunciato al proprio ruolo di rappresentanza e di lotta incondizionata in favore dei lavoratori, adottando linee ben più concertative e collaborazioniste di quelle adottate dalla stessa organizzazione a livello nazionale o in altre realtà italiane. Ad essa sembra essere stato assegnato il compito di “raffreddare gli animi”; missione portata a termine egregiamente attraverso espedienti classici: promesse poi rivelatesi fasulle; notizie di false speranze tirate fuori ad arte per sedare ogni piccolo fervore; alleanze elettorali spregiudicate con squallidi personaggi della burocrazia partitica locale; bieco clientelismo sulla gestione di fondi, cooperative o posti di lavoro.

LA SINISTRA FABRIANESE

Dopo circa quattro anni di profonda crisi economica a Fabriano non è cambiato nulla. Il conflitto sociale non è esploso ed il sentimento più diffuso è la sfiducia e la rassegnazione. I lavoratori sono stati lasciati soli, senza un riferimento politico autorevole a cui far capo. Rifondazione, Comunisti Italiani e ultimamente anche SEL, organizzazioni piuttosto rappresentative fino al recente passato in tutte le Marche, nonostante i numerosi incarichi istituzionali ricoperti, sono ormai totalmente immobili e scomparsi da qualsiasi fronte di lotta. Alcune di queste forze sono addirittura allo sbaraglio. Gli unici conflitti a cui danno vita sono quelli interni ai loro stessi partiti per spartirsi le sempre più esigue poltrone rimaste, e i soli movimenti che conoscono sono quelli dei loro dirigenti che volano con disinvoltura da un partito all’altro in cerca di più sicuri lidi. E’ il prezzo da pagare per aver abdicato al proprio ruolo di rappresentanza di classe in favore della resa, senza condizioni, al bipolarismo ed al centrosinistra.
A qualche mese dalle prossime elezioni comunali, cominciano le solite “manovre”clientelari, che vedono protagonisti sempre gli stessi politicanti che provano, con accordi e compromessi sotto banco, a riciclarsi nell’ennesima giunta “merloniana” di centro sinistra.

I MOVIMENTI DI BASE

Nella città non tutto tace però. Infatti, a coprire lo spaventoso vuoto politico della sinistra (insostenibile per una città operaia e contadina, soprattutto in un periodo di crisi tale), sono numerosi i tentativi di “autorganizzazione” di giovani ed operai. Per i primi il centro sociale Fabbri rappresenta sicuramente l’esperimento più interessante e più riuscito, importante spazio autogestito che da sfogo alla voglia di contro-cultura dei ragazzi fabrianesi, immersi in un contesto intellettualmente davvero degradante. Per i secondi non possiamo non citare il gruppo “effetti collaterali” che racchiudeva gli operai ed i lavoratori più “incazzati” della città, provenienti da varie organizzazioni politiche e sindacali e che si sono coordinati dando vita ad importanti mobilitazioni. Inoltre ci sono altre entità attive nel territorio come l’Arci e l’Anpi, che si sono spesso dimostrati, con le proprie iniziative e le proprie sedi dei baluardi della cultura e della difesa della storia nella nostra città. E non si può neppure dimenticare dell’importante iniziativa “spontanea” di un gruppo di operai che ha occupato, contro tutto e tutti, gli uffici della Merloni, portando il caso alle cronache nazionali.
Non è un caso che il PCL, con i suoi militanti e simpatizzanti, partecipaattivamente a tutte le attività di questi gruppi, rappresentando a volte una voce fuori dal coro, ma dando sempre il proprio costruttivo contributo.
Purtroppo un grosso limite accomuna queste entità: tutti i gruppi, per un motivo o per l’altro, si sono battuti contro il “pensiero unico” fabrianese, rendendosi protagonisti di scontri, anche duri, con il Sindaco o altri esponenti politici di centrodestra e centrosinistra. Le battaglie per il diritto al lavoro, portate avanti dagli Effetti Collaterali; la difesa a tutti costi del diritto all’abitare della famiglie disagiate da parte del Fabbri; l’antifascismo militante dell’Anpi che rifiuta ogni revisionismo; sono solo alcune delle battaglie che il “movimento” fabrianese sta portando avanti negli ultimi anni. Ma questi gruppi non sono mai andati oltre. Non hanno mai messo appunto un reale progetto politico a lungo termine che fosse alternativo ai due poli che si contendono il governo della città ma che in realtà sono due facce della stessa medaglia. Pur avendo evidente l’inclinazione tutta filo padronale dell’amministrazione comunale e dei partiti di centrosinistra, alcuni importanti animatori dei movimenti succitati hanno deciso, nel nome del “compromesso ad ogni costo” e della “poltrona facile”, di sacrificare alcune delle proprie istanze per sostenere una futura coalizione di centro sinistra che sostenga un altro “maggiordomo merloniano”, insomma un nuovo Sorci.

IL PCL NON CI STA

I comunisti lavoratori di Fabriano non ci stanno. Sono convinti che, tanto più in una situazione così tragica, dove i diritti dei lavoratori e delle loro famiglie sono continuamente sotto l’attacco della grande borghesia locale e dei suoi tirapiedi che vorrebbe farci pagare per intero il prezzo della “loro” crisi, c’è bisogno di un’opposizione vera. Bisogna rilanciare il progetto di un governo, anche locale, fatto dai lavoratori per i lavoratori, che abbia come riferimento politico solo ed esclusivamente i bisogni degli operai, degli impiegati, dei disoccupati, degli immigrati, degli studenti. Un soggetto che rompa gli schemi degli “inciuci” tra destra e sinistra e si ponga come alternativa all’una ed all’altra, con un programma innovativo, di rottura ed anticapitalista.

L’ATTIVITÀ DEL PCL

Il Partito Comunista dei Lavoratori si muove in questo scenario tra mille difficoltà, dovute da una parte ai limiti organizzativi della sua piccola compagine, dall’altra dalle innumerevoli vertenze da seguire e l’isolamento dalle altre forze di “sinistra”. La sua azione però non è stata affatto marginale: il PCL, al contrario delle cosiddette “sinistre radicali”, ha continuato ostinatamente e coerentemente:
1) A denunciare le nefandezze compiute dalla classe politica locale in combutta con il padronato.
2) A tenere vivo e alto il dibattito politico altrimenti appiattito sull’”intoccabilità” della casta fabrianese e la necessità di trovare un nuovo “padrone” anche a costo di svendite e licenziamenti
3) Ad indicare, talvolta con parziale successo –come il caso dell’occupazione degli uffici Merloni insegna-, ai lavoratori ormai spaesati e senza riferimenti, la tattica di lotta più avanzata da seguire per difendere i propri diritti
4) A portare avanti le uniche proposte credibili e concrete per la soluzione di alcune emergenze sociali (la Nazionalizzazione senza indennizzo, la confisca della terza casa sfitta, la riqualificazione del territorio etc.).

L’APPELLO

Abbiamo deciso di prenderci questa responsabilità, consapevoli delle difficoltà che incontreremo, ma in continuità con l’attività di questi anni: promuovere, per le prossime elezioni comunali, un progetto elettorale di sinistra, indipendente dai due schieramenti presenti, che possa compiere un reale ruolo di opposizione e denuncia fuori e dentro il consiglio comunale, sempre apertamente schierato con gli interessi dei lavoratori e delle loro famiglie.
Perciò lanciamo un appello:
-a tutti i singoli cittadini, indignati dalla taciturna complicità di centrodestra e centrosinistra, nell’attacco senza precedenti ai diritti dei lavoratori
-a tutte le realtà associative che si schierano senza ambiguità dalla parte dei lavoratori marchigiani e contro l’attacco ai loro diritti
a partecipare fin da subito ad un tavolo di discussione per la formazione delle liste elettorali e la compilazione del programma in vista delle comunali del 2012.
Aderire a questo appello è un dovere politico e morale di ogni onesto cittadino fabrianese e nello stesso tempo un chiaro spartiacque: le sinistre che decideranno di dare il loro appoggio ad una nuova giunta sul modello Sorci, si renderanno responsabili di aver scelto di stare con chi licenzia o fa licenziare, non con chi difende i posti di lavoro.

Partito Comunista dei Lavoratori
Sezione di Ancona - Nucleo Montano

07/10/11

Cerreto D'ESI: a proposito dell'Associazione VIVI CERRETO

Per l’ennesima volta "VIVI CERRETO" rivela la sua natura borghese e governista che con la vita sociale e culturale del nostro piccolo paese non ha proprio niente a che fare. La teoria della suddetta associazione culturale di diventare la prima del nostro paese, ormai fa acqua da tutte le parti, ed è chiaro a tutti lo scopo dei capi fondatori e dei suoi cortigiani: affermarsi in tutte le manovre politiche che riguardano la nostra piccola comunità. La cartina tornasole infatti la ritroviamo in maniera palese ed inconfutabile nella passata Festa dell’Uva, nella quale tutte le associazioni hanno preso parte con un notevole successo, dove però Vivi Cerreto è rimasta estranea, latitante (come da qualche anno a questa parte) facendo cadere quel finto castello di carta che doveva portare il risveglio culturale del nostro piccolo centro. Al posto di partecipare attivamente alla festa, i capi si sono ritrovati la domenica pomeriggio, nei giorni di festa, in piazza per promuovere una patetica raccolta di firme per cercare di aprire una sorta di credito cooperativo, che tranquillamente si può definire banca, con il contributo dei nostri cittadini.
Vorrei far notare che una sorta di pseudo banca c'entra ben poco con una associazione culturale che si è definita non a scopo di lucro e che si era candidata in maniera ipocrita alla guida della nostra giunta comunale e all’amministrazione del nostro comune. Probabilmente il gioco è talmente riuscito che ormai e’ caduta ogni forma di copertura di maschera che contraddistingue i fondatori di questo piccolo comitato di affari che non si sono preoccupati di sbattere in faccia la loro reale natura a tutti noi e ai loro elettori. Ormai non ci sono più parole per descrivere questa oscenità e questa falsità, l’unica cosa concreta rimane nel fatto che prima o poi la ragione prevale sull’immoralità, sulla menzogna e sulle false intenzioni. Da qui in poi credo che sia giusto che VIVI CERRETO faccia il suo percorso pragmatico, faccendiere, clientelare in consiglio comunale,che tuteli gli interessi di pochi(vedi svincoli della pedemontana)a discapito della collettività ,a tutela dei potentati locali e dei loro registi,ma che poi dovrà confrontarsi con tutta la nostra comunità e prendere atto del giudizio negativo e del cattivo esempio dato ai giovani che vogliono avvicinarsi alla politica o semplicemente ad una associazione di qualsiasi fine. Credo che sia opportuno che il maggiore esponente del gruppo dia delle spiegazioni concrete e convincenti con i fatti e non con le false promesse che ci hanno riempito la campagna elettorale con la scusa del bene comune rimessa immediatamente nel cassetto e nel dimenticatoio.

Mauro Goldoni
Partito Comunista Lavoratori
Sezione di Ancona - nucleo di Ancona  

Il licenziamento di Quaglietti è un vergognoso attacco a tutti gli operai Manuli

A tutti gli organi di stampa e informazione
della Regione Marche

COMUNICATO STAMPA:

Ascoli Piceno – Il grave episodio che ha visto licenziare dalla spregiudicata direzione della Manuli con un volgare pretesto l’operaio e sindacalista dell’USB Andrea Quaglietti va stigmatizzato da tutti i sindacati e le forze politiche.

Quaglietti, agguerrito sindacalista ed amico del Pcl, ha sempre sostenuto senza risparmiarsi le lotte dei suoi colleghi della Manuli e di molte altre realtà del suo territorio, denunciando le speculazioni del padronato perpetrate ai danni dei lavoratori e il complice immobilismo di partiti e sindacati anche di sinistra. La sua attività è stata preziosa per tutti gli operai dell’ascolano, che ora devono sostenerlo in ogni modo contro il vile attacco che colpisce i diritti sindacali di tutti.

Il Partito Comunista dei Lavoratori esprime la più sentita solidarietà a Quaglietti ed all’USB e parteciperà attivamente a qualsiasi mobilitazione in difesa del suo immediato reintegro. Inoltre continueremo la nostra lotta al fianco dei lavoratori per la difesa di un reale diritto alla sindacalizzazione e la promozione di una vera democrazia sindacale.

Con preghiera di massima diffusione

Partito Comunista dei Lavoratori
Coordinamento Regionale Marche




05/10/11

Noi il debito non lo paghiamo - intervento di Ferrando

Intervento di Marco Ferrando (portavoce nazionale del Partito Comunista dei Lavoratori) alla grande assemblea del 1° ottobre a Roma dal titolo "noi il debito non lo paghiamo"

03/10/11

Solidarietà ai lavoratori Indesit di Melano-Marischio

A tutti gli organi di stampa e informazione
della Regione Marche
COMUNICATO STAMPA:


La negazione dei più elementari diritti sindacali compiuta dalla direzione dell’Indesit, che ha impedito lo svolgimento di una democratica assemblea dei lavoratori nello stabilimento di Melano-Marischio, rappresenta un odioso attacco ai diritti dei lavoratori.

Il Partito Comunista dei Lavoratori vuole denunciare l’accaduto per evidenziare il vero volto di “certi imprenditori buoni”, ritenuti tali perché legati al presunto centro-sinistra.

In realtà gli stessi, con il supporto dei propri rappresentanti politici di centro-sinistra, associato al silenzio-complice del centro-destra, hanno recentemente “buttato fuori” dalla propria azienda 40 lavoratori interinali.

Tutto questo avviene dopo che la stessa Indesit aveva ha realizzato grandi progetti di delocalizzazione nell’est-europeo che, uniti alla mancanza di un ricambio generazionale del management, fanno presagire un futuro negativo per tutti i lavoratori dell’azienda.


Con preghiera di massima diffusione


Partito Comunista dei Lavoratori
Coordinamento Provinciale Ancona