Una volta c’era la legge del più forte. Ora quella del più ricco o, se preferite, del più furbo.
Il 17 febbraio il tribunale di Milano ha emesso una sentenza che in ogni altra democrazia borghese occidentale avrebbe fatto cadere anche il più solido dei governi: l’avvocato David Mills è stato condannato per aver preso 600.000 euro di mazzetta da un fidato faccendiere di Berlusconi, per mentire e proteggere quest’ultimo in un processo a suo carico.
La sentenza non ha certo riempito le prime pagine dei giornali, ormai quasi tutti gestiti da una cupola paramafiosa.
Berlusconi ovviamente è stato coimputato nel processo con gravi accuse di corruzione, ma poi è arrivato il “Lodo Alfano” che concede l’immunità al Presidente del Consiglio e se l’è cavata per l’ennesima volta.
A dicembre i giudici avevano formalmente accusato Mills di essersi lasciato corrompere, nel 2000, per testimoniare il falso in due diversi processi del ’97 e ’98, relativi a società offshore che lui stesso aveva creato per conto di Fininvest. Mills, in cambio di denaro, ha nascosto al tribunale, testimoniando il falso, che le aziende appartenessero a Berlusconi.
L’avvocato britannico è stato condannato a quattro anni e mezzo, ma probabilmente non sconterà la pena (comunque domiciliare) perché nel 2010 scadono i termini del processo e lui aspetta ancora due gradi di giudizio.
Come al solito il silenzio di quella che dovrebbe essere l’opposizione è stato assordante: tutto il PD era impegnato nelle lotte intestine per la presa del potere. Così invece di circondare Palazzo Chigi pretendendo lo scalpo del governo hanno sollevato le solite, timidissime critiche di rito, giusto per dimostrare di guadagnarsi il pane!
E’ ora di rompere ogni alleanza con gli alleati di Berlusconi! Di creare una vera opposizione dai chiari connotati di classe ed anticapitalisti, che riorganizzi e funzioni da punto di riferimento per la lotta sociale nel nostro paese.
Prc e Pdci, con il loro atteggiamento ambiguo, da una parte criticano il PD e poi ci si alleano, appoggiando i suoi candidati a tutti i livelli, dalle regioni al comune del paese più sperduto. Si rendono così complici (più o meno volontariamente) di un continuo precipitare della condizione dei lavoratori italiani, di cui anche il funzionamento arbitrario e discriminatorio della legge è un grave sintomo.
Questo sistema giuridico non ci piace e noi lotteremo finche non ce ne sarà uno univoco ed egualitario, che non scelga come capri espiatori solamente gli immigrati o i ragazzi dei centri sociali, ma che colpisca soprattutto i potenti, i mafiosi, i corrotti che speculano sulla vita delle persone.
Senza giustizia sociale non ci sarà mai vera giustizia
Titto Leone
23/02/09
21/02/09
Assolto Luigi Tosti, colpevole di libertà di pensiero
Il Partito Comunista dei Lavoratori delle Marche esprime la sua più sentita solidarietà al magistrato Luigi Tosti di Camerino, ingiustamente perseguitato per non essersi piegato di fronte all'assurda presenza dei simboli clericali imposta anche nei luoghi più alti della nostra vita sociale. Come a ricordarci la nostra schiavitù ideologica il crocifisso pende ancora oggi inesorabile sulla testa dei nostri bambini e dei nostri malati, nelle aule giudiziarie e negli uffici pubblici.
Ma, prima ancora che dai muri, bisogna strapparlo dal futuro dei nostri figli, che in tutti i modi cercano di omologare (persino attraverso la scuola).
Per ora esprimiamo la nostra (parziale) soddisfazione per la conclusione della faccenda, che dimostra come neanche le loro leggi riescono ad imporre a punire un così banale gesto di libertà.
di seguito un estratto da tgcom del 17 Febbraio 2009
-Il magistrato venne condannato in Appello a sette mesi di reclusione per interruzione di pubblico servizio e omissione di atti d’ufficio.
La Sesta sezione penale della Cassazione “ha annullato senza rinvio perché il fatto non sussiste” la condanna. Il giudice Luigi Tosti si era rifiutato di svolgere le sue funzioni nell’aula giudiziaria di Camerino a causa della presenza di un crocifisso. All’inizio dell’udienza la difesa del magistrato aveva rinnovato la richiesta di rimuovere, non solo in Cassazione ma in tutte le aule di giustizia, i crocifissi ed ogni simbolo appartenente alla religione cattolica. La Cassazione annulla la pena a 7 mesi
La Cassazione ha annullato “perché il fatto non sussiste” la condanna nei confronti del “giudice anticrocifisso” Luigi Tosti, accusato di omissione di atti d’ufficio per essersi rifiutato di celebrare le udienze del Tribunale di Camerino proprio a causa della presenza del crocifisso in aula. Annullate anche la condanna a 7 mesi di reclusione e ad un anno di interdizione dai pubblici uffici inflitti a Tosti nel maggio 2007.
Il giudice di Camerino era stato sospeso dalle sue funzioni contrariamente a quanto aveva chiesto la pubblica accusa di Piazza Cavour, che aveva invece chiesto un nuovo processo per il giudice Tosti sulla base del fatto che la Corte di merito non aveva calcolato che le udienze che il giudice Tosti si era rifiutato di celebrare erano state celebrate da altri colleghi, con il risultato che non erano stati compromessi gli interessi di chi era processato.
La Cassazione è andata oltre queste richieste e ha assolto con formula piena il giudice anticrocifisso, che si era rifiutato di celebrare l’udienza ritenendo il suo rifiuto “una legittima reazione ad un atto di discriminazione religiosa”-
Ma, prima ancora che dai muri, bisogna strapparlo dal futuro dei nostri figli, che in tutti i modi cercano di omologare (persino attraverso la scuola).
Per ora esprimiamo la nostra (parziale) soddisfazione per la conclusione della faccenda, che dimostra come neanche le loro leggi riescono ad imporre a punire un così banale gesto di libertà.
di seguito un estratto da tgcom del 17 Febbraio 2009
-Il magistrato venne condannato in Appello a sette mesi di reclusione per interruzione di pubblico servizio e omissione di atti d’ufficio.
La Sesta sezione penale della Cassazione “ha annullato senza rinvio perché il fatto non sussiste” la condanna. Il giudice Luigi Tosti si era rifiutato di svolgere le sue funzioni nell’aula giudiziaria di Camerino a causa della presenza di un crocifisso. All’inizio dell’udienza la difesa del magistrato aveva rinnovato la richiesta di rimuovere, non solo in Cassazione ma in tutte le aule di giustizia, i crocifissi ed ogni simbolo appartenente alla religione cattolica. La Cassazione annulla la pena a 7 mesi
La Cassazione ha annullato “perché il fatto non sussiste” la condanna nei confronti del “giudice anticrocifisso” Luigi Tosti, accusato di omissione di atti d’ufficio per essersi rifiutato di celebrare le udienze del Tribunale di Camerino proprio a causa della presenza del crocifisso in aula. Annullate anche la condanna a 7 mesi di reclusione e ad un anno di interdizione dai pubblici uffici inflitti a Tosti nel maggio 2007.
Il giudice di Camerino era stato sospeso dalle sue funzioni contrariamente a quanto aveva chiesto la pubblica accusa di Piazza Cavour, che aveva invece chiesto un nuovo processo per il giudice Tosti sulla base del fatto che la Corte di merito non aveva calcolato che le udienze che il giudice Tosti si era rifiutato di celebrare erano state celebrate da altri colleghi, con il risultato che non erano stati compromessi gli interessi di chi era processato.
La Cassazione è andata oltre queste richieste e ha assolto con formula piena il giudice anticrocifisso, che si era rifiutato di celebrare l’udienza ritenendo il suo rifiuto “una legittima reazione ad un atto di discriminazione religiosa”-
18/02/09
Solidarietà contro i licenziamenti della Hugo Boss
Macerata, 18/02/2009
Comunicato Stampa
PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI
Coordinamento Regionale Marche
Il Partito Comunista dei Lavoratori delle Marche esprime pieno appoggio e solidarietà ai 49 lavoratori ( operai e impiegati ) della Hugo Boss di Morrovalle, colpiti dalla messa in mobilità da parte della multinazionale. Ancora una volta grazie alle leggi del precariato sostenute negli ultimi 20 anni indifferentemente dal centro destra e dal centro sinistra si scaricano i costi della crisi sul mondo del lavoro, attraverso massicci tagli del personale che minano alla base il diritto fondamentale ad un lavoro stabile e garantito. Il tutto a sullo sfondo minaccioso di una recessione che anche nella nostra Regione sta portando a piene mani cassa integrazione, mobilità e licenziamenti in decine e decine di aziende e fabbriche. Anche in questo caso l’eliminazione dei cosiddetti esuberi avviene all’interno della consueta e inaccettabile strategia della esternalizzazione delle varie fasi di lavorazione ( modelleria, prototipia e sviluppo delle calzature) e della riduzione dei costi ( compressione di salari , minori tutele, ecc.). Ma anche i 127 lavoratori risparmiati oggi dalle forbici della Hugo Boss non possono guardare con serenità e fiducia al proprio futuro e a quello delle proprie famiglie. Ciò che avviene ai loro compagni è esattamente quello che potrà avvenire un domani a loro stessi. E cosi proprio lo stesso giorno in cui Fabrizio Donnari, Presidente dei calzaturieri di Confindustria parlava del sistema calzaturiero come di una “ossatura integra” un’altra tegola si abbatteva sui lavoratori di Macerata, cosi come ad Ascoli , a Fabriano, a Fermo. Occorre dire basta a questa ennesima vergogna di una filosofia che ribadisce spudoratamente i criteri basilari del sistema capitalistico: sfruttamento della forza lavoro con l’obiettivo del massimo profitto e la socializzazione delle perdite. Occorre un segnale di svolta a tutto il territorio, occorre opporsi con forza alla messa in mobilità, vale a dire ai licenziamenti.
Che nessun accordo venga firmato dalle organizzazioni sindacali senza il pieno mandato
degli interessati.
Che si formi un comitato di lotta unitario, perché solo il coinvolgimento di tutti i lavoratori può ottenere dei risultati concreti attraverso la lotta.Lanciamo un appello a tutte le forze sindacali, sociali e politiche affinché non si consumi nel silenzio e nell’indifferenza l’ennesimo torto al mondo del lavoro.
Comunicato Stampa
PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI
Coordinamento Regionale Marche
Il Partito Comunista dei Lavoratori delle Marche esprime pieno appoggio e solidarietà ai 49 lavoratori ( operai e impiegati ) della Hugo Boss di Morrovalle, colpiti dalla messa in mobilità da parte della multinazionale. Ancora una volta grazie alle leggi del precariato sostenute negli ultimi 20 anni indifferentemente dal centro destra e dal centro sinistra si scaricano i costi della crisi sul mondo del lavoro, attraverso massicci tagli del personale che minano alla base il diritto fondamentale ad un lavoro stabile e garantito. Il tutto a sullo sfondo minaccioso di una recessione che anche nella nostra Regione sta portando a piene mani cassa integrazione, mobilità e licenziamenti in decine e decine di aziende e fabbriche. Anche in questo caso l’eliminazione dei cosiddetti esuberi avviene all’interno della consueta e inaccettabile strategia della esternalizzazione delle varie fasi di lavorazione ( modelleria, prototipia e sviluppo delle calzature) e della riduzione dei costi ( compressione di salari , minori tutele, ecc.). Ma anche i 127 lavoratori risparmiati oggi dalle forbici della Hugo Boss non possono guardare con serenità e fiducia al proprio futuro e a quello delle proprie famiglie. Ciò che avviene ai loro compagni è esattamente quello che potrà avvenire un domani a loro stessi. E cosi proprio lo stesso giorno in cui Fabrizio Donnari, Presidente dei calzaturieri di Confindustria parlava del sistema calzaturiero come di una “ossatura integra” un’altra tegola si abbatteva sui lavoratori di Macerata, cosi come ad Ascoli , a Fabriano, a Fermo. Occorre dire basta a questa ennesima vergogna di una filosofia che ribadisce spudoratamente i criteri basilari del sistema capitalistico: sfruttamento della forza lavoro con l’obiettivo del massimo profitto e la socializzazione delle perdite. Occorre un segnale di svolta a tutto il territorio, occorre opporsi con forza alla messa in mobilità, vale a dire ai licenziamenti.
Che nessun accordo venga firmato dalle organizzazioni sindacali senza il pieno mandato
degli interessati.
Che si formi un comitato di lotta unitario, perché solo il coinvolgimento di tutti i lavoratori può ottenere dei risultati concreti attraverso la lotta.Lanciamo un appello a tutte le forze sindacali, sociali e politiche affinché non si consumi nel silenzio e nell’indifferenza l’ennesimo torto al mondo del lavoro.
Fermiamo il Progetto Quadrilatero
Fabriano, 18/02/09
comunicato stampa
Partito Comunista dei Lavoratori
Coordinamento Provinciale di Ancona
In un momento così drammatico per i lavoratori della zona sorprende come si possa perseverare nel “Progetto Quadrilatero” dilapidando centinaia di milioni di euro dei contribuenti che potrebbero essere diversamente investiti in ammortizzatori sociali o progetti di nazionalizzazione delle aziende fallite.
Oltre che non costituire una priorità, l’ampliamento di 21 km di superstrada iniziato in questi giorni (con i suoi numerosi tunnel e viadotti) comporterà notevolissimi danni ambientali e paesaggistici, anche nel territorio del Parco Gola della Rossa Frasassi.
Progetti del genere, invece di favorirla, scoraggiano la riconversione turistico-naturalistica e agroforestale dell’economia del territorio montano della Provincia di Ancona, con l’unico vantaggio di raddoppiare una strada che, come chiunque la percorra di frequente sa, non può certo definirsi intensamente trafficata! In particolare in un momento di crisi industriale come questo che vede ridotto di molto il transito dei Tir.
Si tratta inoltre di investimenti anacronistici nel trasporto su gomma, che per la sua antieconomicità ed impatto socio-ambientale andrebbe sfavorita a vantaggio di mezzi più efficienti ed ecologici.
Qualcuno sicuramente ci guadagna, di certo non l’ambiente e nemmeno i cittadini.
comunicato stampa
Partito Comunista dei Lavoratori
Coordinamento Provinciale di Ancona
In un momento così drammatico per i lavoratori della zona sorprende come si possa perseverare nel “Progetto Quadrilatero” dilapidando centinaia di milioni di euro dei contribuenti che potrebbero essere diversamente investiti in ammortizzatori sociali o progetti di nazionalizzazione delle aziende fallite.
Oltre che non costituire una priorità, l’ampliamento di 21 km di superstrada iniziato in questi giorni (con i suoi numerosi tunnel e viadotti) comporterà notevolissimi danni ambientali e paesaggistici, anche nel territorio del Parco Gola della Rossa Frasassi.
Progetti del genere, invece di favorirla, scoraggiano la riconversione turistico-naturalistica e agroforestale dell’economia del territorio montano della Provincia di Ancona, con l’unico vantaggio di raddoppiare una strada che, come chiunque la percorra di frequente sa, non può certo definirsi intensamente trafficata! In particolare in un momento di crisi industriale come questo che vede ridotto di molto il transito dei Tir.
Si tratta inoltre di investimenti anacronistici nel trasporto su gomma, che per la sua antieconomicità ed impatto socio-ambientale andrebbe sfavorita a vantaggio di mezzi più efficienti ed ecologici.
Qualcuno sicuramente ci guadagna, di certo non l’ambiente e nemmeno i cittadini.
16/02/09
RIPARTIRE DA………
Le elezioni comunali
A breve i cittadini del nostro paese saranno chiamati al voto per eleggere il nuovo consiglio comunale. Crediamo che le liste saranno diverse solo come denominazione, ma per il resto sarà come al solito un grande rimpasto. E’ inutile creare nuove liste o associazioni con simboli rinnovati visto che è ben chiaro che le persone candidate saranno sempre le stesse! Ma con questa mossa non potranno cancellare il loro passato politico che è stato molto incoerente, visto che buttandosi da una lista all’altra sono corresponsabili del declino sociale e non solo di Cerreto d’Esi.
Noi del PCL rimarremo fuori da questo teatrino,presentando una lista indipendente, chiaramente schierata a sinistra,portando al centro della nostra politica un vero e proprio cambiamento culturale e sociale del nostro paese. Partiamo dal presupposto che la storia ci insegna che la concertazione tra noi comunisti e liberisti non è affatto possibile,per questo respingeremo con forza e trasparenza qualsiasi corteggiamento e proposta di alleanza , in primis con i partiti che rappresentano la borghesia locale del centro-sinistra ed in secundis con vecchi desaparecidos che in passato si sono presentati come uomini di sinistra e che invece si sono via via accodati ai giochi politici delle coalizioni allargate,per magari ottenere posizioni di comodo,aiuti nel mondo lavorativo ecc. ecc.
Il programma
Detto questo dobbiamo sottolineare che questa competizione elettorale cade in un periodo di crisi industriale nel territorio che sta mettendo in ginocchio le famiglie del nostro comprensorio e del nostro paese, colpito in maniera devastante dalla chiusura di molte aziende, che mettono in cassa integrazione e che in molti casi aprono la mobilità e licenziano.
Per questi motivi vi è bisogno di un vero e proprio cambiamento politico che dia la spinta e che aiuti le famiglie più disagiate e più in difficoltà che non riescono ad arrivare a fine mese.
Noi ci batteremo per un’equa redistribuzione delle ricchezze, aiuti per le persone e le famiglie che perdono il posto di lavoro, aiuti agli anziani costretti a pagare nella nostra casa di riposo rette già prestabilite e non in base al reale reddito, per rette dell’asilo anch’esse proporzionali al reddito fino all’eliminazione nei casi più disagiati. Proponiamo la conversione, tramite selezione dei grandi proprietari o di gruppi immobiliari, con indennizzo minimo, delle innumerevoli case invendute e terze case sfitte che si trovano nel territorio del nostro comune, per adibirle ed assegnarle alle famiglie più in difficoltà.
Questi sono solo alcuni punti del nostro programma che presenteremo ai nostri concittadini e che svilupperemo in maniera oculata e dettagliata nei nostri prossimi giornalini e volantini.
Dove trovare i soldi per l’attuazione di questo programma?
Le risorse da investire passano per la tassazione dei grandi patrimoni immobiliari,industriali (che devono pagare più dell’operaio che guadagna in busta paga poco più di mille euro) e anche dal taglio delle spese per le consulenze esterne (sempre più inutili). In questo periodo così delicato, i soldi vanno indirizzati non per le Strade (se pur necessarie ma non prioritarie), non per le rotatorie ,non per i semafori intelligenti o per le telecamere a circuito chiuso che controllano il nostro centro storico. Tutto questo in passato non si è mai potuto o pensato di fare perché a partire dalle vecchie giunte comunali, proseguendo per quelle più recenti (da Migatti e Porcarelli) fino ad arrivare a quella attuale di Alessandroni, hanno dovuto rendere conto alle famiglie padronali locali ed ai loro interessi,a discapito delle reali necessità dei nostri concittadini.
Infine Sembra che Cerreto sia un’avanguardia (negativa) come paese sotto il profilo dell’edilizia, visto che da anni ha un Piano Regolatore che prevede e (abbiamo ragione di credere) prevederà un enorme sviluppo edile ed industriale senza dimenticare una crescita spropositata del numero di cittadini. A breve sarà attuato infatti il nuovo Piano Regolatore. Noi crediamo che anche se sarà un pò diverso il fine sarà sempre lo stesso e cioè quello di sfruttare il territorio in modo selvaggio: basti pensare che vogliono abbattere lo stadio comunale per farci delle case! Questa però è una critica che svilupperemo in futuro quando
avremo il nuovo progetto da visionare. Per noi è chiaro che la futura commissione edilizia dovrà essere totalmente rinnovata visto che negli ultimi dieci anni gira e rigira alcune persone sono sempre le stesse, creando in alcuni casi un vero e proprio conflitto di interessi. Inoltre l’ultima parola su ogni nuova concessione edilizia dovrebbe spettare secondo noi al consiglio comunale ,visto che è il massimo organo decisionale a livello locale democraticamente eletto dai cittadini e non dai vertici dei partiti che guadagnano visibilità e potere anche nell’amministrare gli interessi di un piccolo comune come il nostro.
Mauro Goldoni - Marco Zamparini
Da -Cafè Revolution- n.28
Il giornalino di Cerreto d’Esi
A breve i cittadini del nostro paese saranno chiamati al voto per eleggere il nuovo consiglio comunale. Crediamo che le liste saranno diverse solo come denominazione, ma per il resto sarà come al solito un grande rimpasto. E’ inutile creare nuove liste o associazioni con simboli rinnovati visto che è ben chiaro che le persone candidate saranno sempre le stesse! Ma con questa mossa non potranno cancellare il loro passato politico che è stato molto incoerente, visto che buttandosi da una lista all’altra sono corresponsabili del declino sociale e non solo di Cerreto d’Esi.
Noi del PCL rimarremo fuori da questo teatrino,presentando una lista indipendente, chiaramente schierata a sinistra,portando al centro della nostra politica un vero e proprio cambiamento culturale e sociale del nostro paese. Partiamo dal presupposto che la storia ci insegna che la concertazione tra noi comunisti e liberisti non è affatto possibile,per questo respingeremo con forza e trasparenza qualsiasi corteggiamento e proposta di alleanza , in primis con i partiti che rappresentano la borghesia locale del centro-sinistra ed in secundis con vecchi desaparecidos che in passato si sono presentati come uomini di sinistra e che invece si sono via via accodati ai giochi politici delle coalizioni allargate,per magari ottenere posizioni di comodo,aiuti nel mondo lavorativo ecc. ecc.
Il programma
Detto questo dobbiamo sottolineare che questa competizione elettorale cade in un periodo di crisi industriale nel territorio che sta mettendo in ginocchio le famiglie del nostro comprensorio e del nostro paese, colpito in maniera devastante dalla chiusura di molte aziende, che mettono in cassa integrazione e che in molti casi aprono la mobilità e licenziano.
Per questi motivi vi è bisogno di un vero e proprio cambiamento politico che dia la spinta e che aiuti le famiglie più disagiate e più in difficoltà che non riescono ad arrivare a fine mese.
Noi ci batteremo per un’equa redistribuzione delle ricchezze, aiuti per le persone e le famiglie che perdono il posto di lavoro, aiuti agli anziani costretti a pagare nella nostra casa di riposo rette già prestabilite e non in base al reale reddito, per rette dell’asilo anch’esse proporzionali al reddito fino all’eliminazione nei casi più disagiati. Proponiamo la conversione, tramite selezione dei grandi proprietari o di gruppi immobiliari, con indennizzo minimo, delle innumerevoli case invendute e terze case sfitte che si trovano nel territorio del nostro comune, per adibirle ed assegnarle alle famiglie più in difficoltà.
Questi sono solo alcuni punti del nostro programma che presenteremo ai nostri concittadini e che svilupperemo in maniera oculata e dettagliata nei nostri prossimi giornalini e volantini.
Dove trovare i soldi per l’attuazione di questo programma?
Le risorse da investire passano per la tassazione dei grandi patrimoni immobiliari,industriali (che devono pagare più dell’operaio che guadagna in busta paga poco più di mille euro) e anche dal taglio delle spese per le consulenze esterne (sempre più inutili). In questo periodo così delicato, i soldi vanno indirizzati non per le Strade (se pur necessarie ma non prioritarie), non per le rotatorie ,non per i semafori intelligenti o per le telecamere a circuito chiuso che controllano il nostro centro storico. Tutto questo in passato non si è mai potuto o pensato di fare perché a partire dalle vecchie giunte comunali, proseguendo per quelle più recenti (da Migatti e Porcarelli) fino ad arrivare a quella attuale di Alessandroni, hanno dovuto rendere conto alle famiglie padronali locali ed ai loro interessi,a discapito delle reali necessità dei nostri concittadini.
Infine Sembra che Cerreto sia un’avanguardia (negativa) come paese sotto il profilo dell’edilizia, visto che da anni ha un Piano Regolatore che prevede e (abbiamo ragione di credere) prevederà un enorme sviluppo edile ed industriale senza dimenticare una crescita spropositata del numero di cittadini. A breve sarà attuato infatti il nuovo Piano Regolatore. Noi crediamo che anche se sarà un pò diverso il fine sarà sempre lo stesso e cioè quello di sfruttare il territorio in modo selvaggio: basti pensare che vogliono abbattere lo stadio comunale per farci delle case! Questa però è una critica che svilupperemo in futuro quando
avremo il nuovo progetto da visionare. Per noi è chiaro che la futura commissione edilizia dovrà essere totalmente rinnovata visto che negli ultimi dieci anni gira e rigira alcune persone sono sempre le stesse, creando in alcuni casi un vero e proprio conflitto di interessi. Inoltre l’ultima parola su ogni nuova concessione edilizia dovrebbe spettare secondo noi al consiglio comunale ,visto che è il massimo organo decisionale a livello locale democraticamente eletto dai cittadini e non dai vertici dei partiti che guadagnano visibilità e potere anche nell’amministrare gli interessi di un piccolo comune come il nostro.
Mauro Goldoni - Marco Zamparini
Da -Cafè Revolution- n.28
Il giornalino di Cerreto d’Esi
10/02/09
Per Eluana solo lacrime di coccodrillo
Il loro Dio, che tanto invocano, è stato più clemente di loro ed ha voluto porre fine al calvario di quella povera creatura e di chi, insieme a lei, portava la sua croce. D’altronde l’aveva già chiamata a sé diciassette anni fa e solo l’ottusaggine e l’ipocrisia del potere l’avevano, attraverso una vera e propria imbalsamazione, condannata a questo limbo senza fine per lei ed i suoi familiari.
Il loro Dio è più intelligente di chi lo adora e non si è lasciato convincere dalle lacrime di coccodrillo di chi ieri, dentro il Parlamento, ha inscenato la pantomima del minuto di silenzio (mai successo prima per fatti del genere) per una sfortunatissima donna che è morta in seguito ad un incidente (come purtroppo accade ogni giorno a decine di persone) e che ha finalmente smesso di soffrire.
Eppure quegli stessi occhi porcini di Gasparri & co. non si erano ugualmente riempiti di lacrime tutte le volte che hanno decretato la morte di migliaia di uomini, donne e bambini votando reiteratamente il loro appoggio militare a tutte le guerre imperialiste degli ultimi anni!
Ora dobbiamo resistere al ritorno dell'oscurantismo che ciclicamente quell'enorme vaso di pandora che è il nostro paese rigurgita. La legge che sta approvando la maggioranza con il plauso di autorevoli esponenti del PD e qualcuno dell'IDV, deve essere respinta con tutta la forza possibile. E' una legge che non prevede nessun rispetto per le volontà del malato e della propria famiglia, ma obbligherà moltissimi di noi ad una lentissima ed innaturale agonia, facendo obbligo, sempre e comunque, di somministrare respirazione, alimentazione, idratazione forzata anche al più disperato dei casi, in nome di un "obbligo" alla vita di matrice Teocratica.
Contro ogni falso moralismo e per una più ampia libertà di pensiero e di azione, il PCL torna a chiedere a gran voce una legge sul Testamento Biologico, che metta al centro della prassi medica la volontà del malato, sancendo, sotto propria esplicita dichiarazione testamentale, quando e dove l'accanimento debba fermarsi e lasciare spazio ad una più dignitosa morte (prevedendo, se necessario, anche forme di vera e propria eutanasia). La speranza è che l'appello venga raccolto da tutte quelle forze che, in questi giorni, stanno conducendo una battaglia tutta arroccata sul costituzionalismo e nella difesa del Presidente della Repubblica, perdendo di vista il vero ruolo della Sinistra: quello di una battaglia senza quartiere per liberare il corpo e la mente degli uomini dalla dittatura di pochi sui tanti.
Il loro Dio è più intelligente di chi lo adora e non si è lasciato convincere dalle lacrime di coccodrillo di chi ieri, dentro il Parlamento, ha inscenato la pantomima del minuto di silenzio (mai successo prima per fatti del genere) per una sfortunatissima donna che è morta in seguito ad un incidente (come purtroppo accade ogni giorno a decine di persone) e che ha finalmente smesso di soffrire.
Eppure quegli stessi occhi porcini di Gasparri & co. non si erano ugualmente riempiti di lacrime tutte le volte che hanno decretato la morte di migliaia di uomini, donne e bambini votando reiteratamente il loro appoggio militare a tutte le guerre imperialiste degli ultimi anni!
Ora dobbiamo resistere al ritorno dell'oscurantismo che ciclicamente quell'enorme vaso di pandora che è il nostro paese rigurgita. La legge che sta approvando la maggioranza con il plauso di autorevoli esponenti del PD e qualcuno dell'IDV, deve essere respinta con tutta la forza possibile. E' una legge che non prevede nessun rispetto per le volontà del malato e della propria famiglia, ma obbligherà moltissimi di noi ad una lentissima ed innaturale agonia, facendo obbligo, sempre e comunque, di somministrare respirazione, alimentazione, idratazione forzata anche al più disperato dei casi, in nome di un "obbligo" alla vita di matrice Teocratica.
Contro ogni falso moralismo e per una più ampia libertà di pensiero e di azione, il PCL torna a chiedere a gran voce una legge sul Testamento Biologico, che metta al centro della prassi medica la volontà del malato, sancendo, sotto propria esplicita dichiarazione testamentale, quando e dove l'accanimento debba fermarsi e lasciare spazio ad una più dignitosa morte (prevedendo, se necessario, anche forme di vera e propria eutanasia). La speranza è che l'appello venga raccolto da tutte quelle forze che, in questi giorni, stanno conducendo una battaglia tutta arroccata sul costituzionalismo e nella difesa del Presidente della Repubblica, perdendo di vista il vero ruolo della Sinistra: quello di una battaglia senza quartiere per liberare il corpo e la mente degli uomini dalla dittatura di pochi sui tanti.
Titto Leone
E' nato il PATTO di BASE
Dalla Seconda Assemblea Nazionale di CUB – CONFEDERAZIONE COBAS e SDL INTECATEGORIALE, tenutasi a Roma il 7 febbraio 2009, a cui ho partecipato, nasce il “Patto di Base”.
Le tre organizzazioni di base, che già lo scorso settembre avevano dato vita al patto di consultazione permanente, e che hanno portato con successo allo sciopero del 17 ottobre 2008, hanno deciso di dare nuovo slancio alla costruzione del percorso unitario che veda le stesse operare in modo sempre più omogeneo sia dal punto di vista dell’iniziativa sindacale, sia dell’utilizzo di pratiche e strumenti condivisi. Il Patto di Base, infatti, non è solo una differenza che sta nella denominazione, ma nella necessità e nella volontà di perseguire obiettivi comuni e utilizzare strumenti organizzativi e di coordinamento sempre più incisivi.
Questi in sintesi i punti fondamentali che caratterizzano il nuovo patto contenuti nella relazione introduttiva:
v Il Patto di Base ha l’obiettivo di intensificare e facilitare l’unità d’azione tra le tre organizzazioni sindacali, portando a un più stretto e organico rapporto generale.
v Il Patto di Base rappresenta lo sviluppo naturale del Patto di Consultazione e ne assorbe contenuti e finalità e si prevede, per gestire efficacemente mobilitazioni e iniziative di lotta comuni, la realizzazione di sedi unitarie di dibattito, convegni, seminari ed elaborazioni di documenti.
v Inizialmente avrà organicità a livello nazionale e regionale, per procedere, nei tempi concordemente definiti, sul piano categoriale, territoriale e di posti di lavoro. Prevede quindi riunioni periodiche a livello nazionale e territoriale nel corso delle quali si cercherà di giungere in ogni occasione ad iniziative unitarie.
Di fronte al tentativo di far pagare ancora una volta la crisi ai lavoratori sono stati indicati con chiarezza gli obiettivi che si intendono rappresentare in ogni azienda e in ogni luogo di lavoro ossia una piattaforma contro la crisi: perché non siano i salariati, i pensionati, i giovani, i settori popolari a pagare la crisi al posto dei responsabili.
Ecco sinteticamente i punti centrali:
1. Blocco dei licenziamenti.
2. Riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario.
3. Aumenti consistenti di salari e pensioni, introduzione di un reddito minimo garantito per chi non ha lavoro.
4. Aggancio dei salari e pensioni al reale costo della vita.
5. Cassa integrazione almeno all’80% del salario per tutti i lavoratori/trici, precari compresi, continuità del reddito per i lavoratori “atipici”, con mantenimento del permesso di soggiorno per gli immigrati/e.
6. Nuova occupazione mediante un Piano straordinario per lo sviluppo di energie rinnovabili ed ecocompatibili, promuovendo il risparmio energetico e il riassetto idrogeologico del territorio, rifiutando il nucleare e diminuendo le emissioni di CO2.
7. Piano di massicci investimenti per la messa in sicurezza dei luoghi di lavoro e delle scuole, sanzioni penali per gli omicidi sul lavoro e gli infortuni gravi.
8. Eliminazione della precarietà lavorativa attraverso l’assunzione a tempo indeterminato dei precari e la re-internalizzazione dei servizi.
9. Piano straordinario di investimenti pubblici per il reperimento di un milione di alloggi popolari, tramite utilizzo di case sfitte e mediante recupero, ristrutturazione e requisizioni del patrimonio immobiliare esistente; blocco degli sfratti, canone sociale per i bassi redditi.
10. Diritto di uscita immediata per gli iscritti/e ai fondi-pensione chiusi.
Per sostenere la piattaforma e contrastare la crisi sono stati indicati i seguenti momenti di mobilitazione e di lotta:
Ø in occasione della riunione dei ministri del welfare del G14 in cui discuteranno a livello mondiale di come far fronte alla crisi e considerato che sceglieranno di farvi fronte nell’unico modo di cui sono capaci, scaricandone i costi sui salari, l’occupazione, le pensioni, la pressione fiscale, sabato 28 marzo è stata indetta una manifestazione nazionale a Roma a cui chiamare tutti i lavoratori e le lavoratrici, le forze sociali, gli studenti e tutti coloro che intendono battersi contro l’evidente tentativo del capitale di uscire rafforzato dalla crisi scaricandola sui ceti popolari. Tale manifestazione coincide con la giornata mondiale anti G20 decisa a Belem e che vedrà svolgersi in Europa e nel mondo nella stessa giornata una miriade di iniziative analoghe da parte di altre organizzazioni sindacali alternative.
Ø Partecipazione nelle forme più adeguate alla mobilitazione mondiale del 4 aprile, che culminerà nella manifestazione europea di Strasburgo, in occasione del 60° anniversario della NATO, per lo scioglimento di questo micidiale strumento di guerra, anche nella prospettiva dell’organizzazione delle giornate contro il G8 in Sardegna dall’8 al 10 luglio.
Ø In considerazione che il blocco della produzione nei luoghi di lavoro è il modo più giusto di sostenere le parole d’ordine, è stato proclamato uno sciopero generale con manifestazioni regionali, indicativamente per il 23 aprile.
IL VENTO SOFFIA ANCORA!
Crescenzo Papale (RdB/CUB Marche)
Le tre organizzazioni di base, che già lo scorso settembre avevano dato vita al patto di consultazione permanente, e che hanno portato con successo allo sciopero del 17 ottobre 2008, hanno deciso di dare nuovo slancio alla costruzione del percorso unitario che veda le stesse operare in modo sempre più omogeneo sia dal punto di vista dell’iniziativa sindacale, sia dell’utilizzo di pratiche e strumenti condivisi. Il Patto di Base, infatti, non è solo una differenza che sta nella denominazione, ma nella necessità e nella volontà di perseguire obiettivi comuni e utilizzare strumenti organizzativi e di coordinamento sempre più incisivi.
Questi in sintesi i punti fondamentali che caratterizzano il nuovo patto contenuti nella relazione introduttiva:
v Il Patto di Base ha l’obiettivo di intensificare e facilitare l’unità d’azione tra le tre organizzazioni sindacali, portando a un più stretto e organico rapporto generale.
v Il Patto di Base rappresenta lo sviluppo naturale del Patto di Consultazione e ne assorbe contenuti e finalità e si prevede, per gestire efficacemente mobilitazioni e iniziative di lotta comuni, la realizzazione di sedi unitarie di dibattito, convegni, seminari ed elaborazioni di documenti.
v Inizialmente avrà organicità a livello nazionale e regionale, per procedere, nei tempi concordemente definiti, sul piano categoriale, territoriale e di posti di lavoro. Prevede quindi riunioni periodiche a livello nazionale e territoriale nel corso delle quali si cercherà di giungere in ogni occasione ad iniziative unitarie.
Di fronte al tentativo di far pagare ancora una volta la crisi ai lavoratori sono stati indicati con chiarezza gli obiettivi che si intendono rappresentare in ogni azienda e in ogni luogo di lavoro ossia una piattaforma contro la crisi: perché non siano i salariati, i pensionati, i giovani, i settori popolari a pagare la crisi al posto dei responsabili.
Ecco sinteticamente i punti centrali:
1. Blocco dei licenziamenti.
2. Riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario.
3. Aumenti consistenti di salari e pensioni, introduzione di un reddito minimo garantito per chi non ha lavoro.
4. Aggancio dei salari e pensioni al reale costo della vita.
5. Cassa integrazione almeno all’80% del salario per tutti i lavoratori/trici, precari compresi, continuità del reddito per i lavoratori “atipici”, con mantenimento del permesso di soggiorno per gli immigrati/e.
6. Nuova occupazione mediante un Piano straordinario per lo sviluppo di energie rinnovabili ed ecocompatibili, promuovendo il risparmio energetico e il riassetto idrogeologico del territorio, rifiutando il nucleare e diminuendo le emissioni di CO2.
7. Piano di massicci investimenti per la messa in sicurezza dei luoghi di lavoro e delle scuole, sanzioni penali per gli omicidi sul lavoro e gli infortuni gravi.
8. Eliminazione della precarietà lavorativa attraverso l’assunzione a tempo indeterminato dei precari e la re-internalizzazione dei servizi.
9. Piano straordinario di investimenti pubblici per il reperimento di un milione di alloggi popolari, tramite utilizzo di case sfitte e mediante recupero, ristrutturazione e requisizioni del patrimonio immobiliare esistente; blocco degli sfratti, canone sociale per i bassi redditi.
10. Diritto di uscita immediata per gli iscritti/e ai fondi-pensione chiusi.
Per sostenere la piattaforma e contrastare la crisi sono stati indicati i seguenti momenti di mobilitazione e di lotta:
Ø in occasione della riunione dei ministri del welfare del G14 in cui discuteranno a livello mondiale di come far fronte alla crisi e considerato che sceglieranno di farvi fronte nell’unico modo di cui sono capaci, scaricandone i costi sui salari, l’occupazione, le pensioni, la pressione fiscale, sabato 28 marzo è stata indetta una manifestazione nazionale a Roma a cui chiamare tutti i lavoratori e le lavoratrici, le forze sociali, gli studenti e tutti coloro che intendono battersi contro l’evidente tentativo del capitale di uscire rafforzato dalla crisi scaricandola sui ceti popolari. Tale manifestazione coincide con la giornata mondiale anti G20 decisa a Belem e che vedrà svolgersi in Europa e nel mondo nella stessa giornata una miriade di iniziative analoghe da parte di altre organizzazioni sindacali alternative.
Ø Partecipazione nelle forme più adeguate alla mobilitazione mondiale del 4 aprile, che culminerà nella manifestazione europea di Strasburgo, in occasione del 60° anniversario della NATO, per lo scioglimento di questo micidiale strumento di guerra, anche nella prospettiva dell’organizzazione delle giornate contro il G8 in Sardegna dall’8 al 10 luglio.
Ø In considerazione che il blocco della produzione nei luoghi di lavoro è il modo più giusto di sostenere le parole d’ordine, è stato proclamato uno sciopero generale con manifestazioni regionali, indicativamente per il 23 aprile.
IL VENTO SOFFIA ANCORA!
Crescenzo Papale (RdB/CUB Marche)
08/02/09
La Favola de "l'indisponibilità del bene vita"
L’argomentazione usata in questi giorni dagli affaristi della P2, della Mafia e del Vaticano (che purtroppo ci governano) per giustificare di fronte alle masse il loro atteggiamento oscurantista nella questione “Englaro”, è, non solo non condivisibile, ma del tutto pretestuoso! In realtà quello che sta accadendo è che Lor Signori, che si sono recentemente svelati per quello che sono - ovvero oppressori senza scrupoli, disposti a negare le cure mediche agli extracomunitari usando le minacce -, stanno cercando di accreditarsi alle burocrazie ecclesiastiche ed alla parte più retrograda e bigotta del paese attraverso una questione che, al contrario di molte altre, non costa nulla all’oligarchia dominante né in termini economici né ideologici.
Al contrario di quello che vogliono farci credere la loro Carità Cristiana non è inamovibile, ma anzi molto duttile a seconda delle convenienze contingenti! Sulla Guerra in Iraq ed in Afghanistan, sui continui omicidi di civili - in particolare bambini - a Ghaza, e sull’atteggiamento verso gli extracomunitari, i Rom, i Clochard, il Governo non ha certo ascoltato la voce di Dio (a volte neanche quella del Papa) e non si è fatto certo scrupoli etici. E’ più facile, per loro, svolgere il ruolo di moralizzatori a spese di una povera donna, ormai ridotta a vegetale, ed alla sua famiglia. Questo, tra l’altro, ci deve far riflettere sulla falsità di alcune dottrine ultraliberiste, in voga ancora oggi in alcuni ambienti radicali o della sinistra, che vedono la Religione ed il Capitalismo come due poteri contrastanti, con il primo che cerca di predominare il secondo, da difendere a spada tratta. Ci appare palese come invece la “sovrastruttura religiosa” sia connaturata alla “struttura” capitalistica, che anzi cerca questo connubio servendosene quando ne ha più bisogno.
Quando ci dicono che la vita è un bene indisponibile commettono, coscientemente, un banale errore tautologico: loro intendono infatti indisponibile per chi la vive, ma non per Preti, Politicanti e Propagandisti borghesi! Il padre, la madre, gli amici di Eluana non hanno diritto di parlare. Le sue stesse volontà - accertate in sede giudiziaria da tre gradi di giudizio - non contano nulla. Al contrario quello che dicono il Papa e i suoi scagnozzi, uno sparuto gruppo del Movimento per la Vita, il Giornale di Berlusconi ed il Foglio di Ferrara, diventano in poche ore Decreto Legge per imporre la non-morte a quella povera creatura. E siccome il Presidente della Repubblica, per la prima volta da quando ricopre la sua carica, decide di fare il suo lavoro e non firma, ora si andrà in aula e si porrà la fiducia per velocizzare i tempi, azzerare il dibattito parlamentare e abbattere i “Falchi Tiratori”.
Di fatto la legge che vogliono promulgare non sarà una legge sul Testamento Biologico (atto da compilare quando si è ancora in salute, in cui ognuno di noi potrebbe esprimere inequivocabilmente la propria volontà di sottostare o no a determinati accanimenti terapeutici), ma una legge che mette in mano a Governo e Clero il futuro di chiunque venisse a trovarsi in condizioni simili a quelle della Englaro. Si andrà quindi contro la Costituzione italiana e la Dichiarazione Universale dei Diritti del Malato, che sanciscono entrambe la possibilità di scelta senziente di rifiuto di particolari terapie da parte del paziente. Il tutto è piuttosto inquietante: non so voi, ma io preferirei affidarmi ai miei amici o familiari, piuttosto che a protocolli medici forzati decisi dal Cardinale Ruini di concerto con Gasparri e La Russa!
Altra dissertazione fittizia è quella classica della “naturalità”, usata già molte volte contro i diritti dei LGBT e contro la libertà sessuale dei giovani. Loro, che prendono in considerazione la “natura” solo quando serve a farli arricchire sfruttandola e distruggendola, sostengono che nel caso in questione non si tratta di cure mediche ma di sostenere “naturalmente” funzioni vitali basiche come cibo, acqua, respirazione. Cosa c’è di “naturale” nel tenere una persona, con diagramma cerebrale piatto, in vita per diciassette anni attraverso un’alimentazione e un’idratazione forzata? Addirittura meno degli altri assurdi precetti a cui ci abitua quotidianamente la chiesa Cattolica.
Perciò la Favola de ”l’indisponibilità del bene vita” finisce qui e porta con se una morale piuttosto evidente: nel regime capitalistico/imperialista/clericale vigente oggi nel nostro paese, non solo non abbiamo alcuna possibilità di autodeterminazione, ma non siamo padroni delle nostre vite neppure quando queste hanno definitivamente abbandonato o stanno per abbandonare il nostro corpo!
Titto Leone
05/02/09
Per la Nazionalizzazione delle Aziende in crisi e/o che licenziano. Per la nazionalizzazione delle banche. Testo pubblico per una campagna nazionale
La grande crisi economica internazionale si sta abbattendo sulle condizioni di vita dei lavoratori. In tutto il mondo, industriali e banchieri che per vent'anni hanno imposto ai lavoratori sacrifici immensi con la promessa di un futuro benessere, chiedono oggi alle proprie vittime di pagare il costo della propria crisi. E' inaccettabile. In Italia, migliaia di aziende, a partire dalle più grandi (Fiat, Telecom, Alitalia…), stanno procedendo alla liquidazione complessiva di un milione di posti di lavoro. E' un processo a valanga che investe tutti i settori produttivi e i servizi. Si allargano a macchia d'olio chiusure aziendali e licenziamenti collettivi, più o meno mascherati. 400 mila precari vengono buttati su una strada senza alcuna reale protezione sociale. Le sole domande di cassa integrazione ordinaria conoscono nel dicembre 2008 un aumento del 525%. Eppure le stesse imprese e banche che procedono a licenziamenti, chiusure, dismissioni, e che addirittura annunciano la prospettiva di una propria "inevitabile" scomparsa ( Fiat), continuano a chiedere allo Stato (e a ottenere dallo Stato) una nuova montagna di risorse pubbliche; che si aggiungono alle enormi regalie di cui hanno già beneficiato negli ultimi vent'anni. I lavoratori sono così colpiti due volte: come lavoratori e come contribuenti. Con un solo beneficiario: i loro padroni. Che sono, oltretutto, secondo dati OCSE, i principali evasori fiscali in Italia. Basta pensare a Telecom: tre miliardi di evasione accertata ( quasi totalmente condonati). Il caso Alitalia è stato al riguardo un emblematico apripista: 10000 posti di lavoro cancellati, a partire dai precari; criteri disumani di riassunzioni individuali per i lavoratori sopravvissuti, con la cancellazione dei diritti contrattuali acquisiti; debiti di oltre 4 miliardi scaricati sui contribuenti ( in cambio di un servizio ridotto e più costoso). Il tutto per premiare una cordata di industriali e banchieri senza scrupoli, pronti a fare le valigie con il bottino alla prima opportunità. Un apposito provvedimento del governo rende oggi estendibile questo precedente, per vari aspetti, a tutte le situazioni di crisi:per cui un cambio di proprietà, connesso a crisi aziendali, può comportare, oltre alla riduzione dei dipendenti, la cancellazione del loro contratto. L'accordo tra governo-confindustria-CISL-UIL, non a caso, generalizza il principio di deroga al contratto nazionale. Eppure, nonostante l'enormità dell'attacco subito, continua a mancare, per responsabilità sindacali, una risposta di lotta generale e unificante. In migliaia di aziende i lavoratori si trovano a difendere il posto di lavoro in ordine sparso, senza un'azione comune, senza un'obiettivo unificante, in un quadro di disgregazione e disperazione, Lungo un piano inclinato di cui non si vede la fine. Così non può andare avanti. E' necessaria una svolta. E la svolta dev'essere radicale, come radicale è l'attacco portato contro i lavoratori. LICENZIARE I LICENZIATORI SENZA INDENIZZO E SOTTO IL CONTROLLO DEI LAVORATORI E' necessario, naturalmente, in primo luogo, respingere l'accordo tra governo-confindustria-CISL-UIL sulle regole contrattuali e definire una piattaforma di rivendicazioni immediate che fronteggi l'emergenza: a partire dal blocco dei licenziamenti, dall'estensione del diritto alla cassa integrazione a tutti i lavoratori con copertura dell'80% del salario (indipendentemente dalle dimensioni dell'azienda e dal tipo di contratto), dalla definizione di un salario minimo intercategoriale di 1300 euro netti mensili. Una piattaforma di lotta per una vertenza generale del mondo del lavoro, dei precari, dei disoccupati, che rompa definitivamente con la concertazione. Ma non basta. Occorre uscire dalla difensiva. E mettere in discussione finalmente i privilegi della" proprietà" di tanti padroni bancarottieri, sempre pronti a privatizzare i profitti e a socializzare le perdite. Proponiamo a tutto il mondo del lavoro, a tutte le sue espressioni di base, a tutte le organizzazioni dei lavoratori disponibili a battersi per le loro ragioni, una battaglia comune per la nazionalizzazione delle aziende in crisi e/o che licenziano, senza indennizzo per i grandi azionisti, sotto il controllo dei lavoratori; e per la nazionalizzazione delle banche, vera "associazione a delinquere" (con la difesa del piccolo risparmio). E' una rivendicazione che risponde a un principio elementare: finirla con l'assistenzialismo pubblico verso le imprese e le banche, a danno di chi vi lavora e dell'interesse generale della società. Se si spendono risorse pubbliche per salvare un'azienda, pubblica dev'essere la sua proprietà e il suo controllo. Si nazionalizzino le imprese, non i loro debiti. I padroni che dopo aver sfruttato i lavoratori e intascato soldi pubblici, oggi chiedono altri soldi per distruggere i posti di lavoro – dentro una crisi causata dalla voracità dei loro profitti- devono andarsene a casa. Chi ha fallito deve lasciare il campo. Non possono essere i lavoratori a pagare la crisi dei capitalisti e del loro sistema. Proponiamo che la nazionalizzazione escluda l'indennizzo per i grandi azionisti: perché questi si sono già indennizzati a sufficienza con anni o decenni di superprofitti, lucrati su bassi salari e precariato, e oliati dalle risorse pubbliche.Sarebbe assurdo che la nazionalizzazione fosse a carico dei contribuenti e dei lavoratori. Al contrario: la nazionalizzazione delle aziende in crisi deve significare l'abbattimento degli sprechi scandalosi di soldi pubblici regalati a speculatori e padroni senza scrupoli.Soldi che si libererebbero per i salari, le pensioni, la sanità, la scuola, l'ambiente. Proponiamo che la nazionalizzazione avvenga sotto il controllo dei lavoratori. Non vogliamo carrozzoni burocratici e clientelari, tipo vecchia IRI. Vogliamo che siano i lavoratori ad avere una parola determinante sull'organizzazione del lavoro, sulla trasparenza dei bilanci, su eventuali riconversioni della produzione. Perché siano i lavoratori i garanti della difesa del proprio posto di lavoro e i protagonisti di una nuova organizzazione dell'economia, dettata dalle esigenze della società, non del profitto. Sappiamo che una battaglia per la nazionalizzazione delle aziende in crisi e delle banche, aprirebbe uno scontro sociale e politico di grande portata. Perchè metterebbe in discussione la struttura più generale della società: indicherebbe l'esigenza di un piano economico definito dai lavoratori, a partire dal collegamento tra le aziende nazionalizzate, e porrebbe la prospettiva di un governo dei lavoratori e quindi di un cambio di comando alla testa della società. Ma se le vecchie classi dominanti hanno fallito non è colpa del mondo del lavoro. E non è il mondo del lavoro che deve temere un'alternativa. Di più: l'esperienza ci insegna che solo battendosi per un'alternativa di fondo, è possibile, cammin facendo, difendere vecchi diritti, strappare conquiste parziali, ottenere risultati concreti. IL padronato è disponibile a concedere qualcosa solo quando ha paura di perdere tutto. E viceversa, senza un orizzonte di alternativa, si continuerà solo ad arretrare, sotto la frusta di padroni e governi sempre più forti e arroganti. In altri paesi, di fronte alla crisi, settori d'avanguardia del mondo del lavoro hanno avanzato la rivendicazione della nazionalizzazione delle aziende in crisi. Talvolta combinandola con l'occupazione delle aziende e l'esercizio diretto della gestione operaia della produzione( Argentina). Spesso con risultati positivi di difesa dei posti di lavoro. In ogni caso spostando in avanti rapporti di forza e terreno di confronto: sia verso il padronato e i governi, sia all'interno dello stesso movimento operaio e sindacale. Proponiamo che una battaglia in Italia per la nazionalizzazione delle aziende in crisi e delle banche si colleghi alle esperienze dei lavoratori e di altri paesi: dentro la necessità di una risposta globale alla crisi globale del capitalismo. Proponiamo per aprile un incontro nazionale tra le realtà di lavoro che concordano con l'esigenza di questa comune battaglia.
04/02/09
Contro il Sionismo e l'Antisemitismo, fermiamo il massacro!
Equidistanti. Non possiamo che definirci tali parlando di religione islamica ed ebraica a proposito dell’ultima escalation di violenze in Palestina. Non possiamo appoggiare né le ragioni dei fondamentalisti islamici né quelle degli ebrei ortodossi, che per noi sono e rimangono delle aberrazioni della razionalità e dell’intelletto da combattere a tutti i costi.
Non riusciamo a rimanere però imparziali di fronte all’ennesima aggressione israeliana che in questi giorni sta insanguinando la striscia di Gaza.
Al contrario dei benpensanti della nostra politica (sia di centrodestra sia di centrosinistra), che, facendo a gara a chi si dimostra più riverente nei confronti del sionismo internazionale, considerano un crimine bruciare una bandiera simbolo dell’ oppressione dei popoli mentre accettano tacitamente lo sterminio sistematico di bambini palestinesi, noi ci schieriamo apertamente in difesa di questi ultimi.
Come in ogni angolo del globo in cui un popolo, per la sua autodeterminazione e diritto ad esistere, si trova a lottare contro i giganti dell’imperialismo mondiale che mirano a sottometterlo e distruggerlo, la nostra scelta non può che essere al fianco dei più deboli e degli oppressi.
In generale proprio perchè non abbiamo interessi economici, né di partito, da difendere, come invece capita al governo ed all’opposizione (quella ufficiale almeno) in Italia, tali da giustificare alcuna guerra di occupazione imperialista. Figuriamoci una vera e propria “pulizia etnica” come quella in atto in Palestina.
In particolare perché la situazione a Gaza è paradossale e non più tollerabile, né per i palestinesi né per gli israeliani che abbiano un po’ di buon senso.
La premeditata cancellazione da parte di media, diplomatici ed ideologi borghesi, delle ragioni storiche della guerra non potrà farci cambiare idea.
I palestinesi sono e rimangono un popolo che dal 1948 vive sotto occupazione militare da parte di uno stato nato dal nulla ed a tavolino, dopo la seconda guerra mondiale. In parte per ragioni politiche e sociali, in altra basandosi addirittura sulle sacre scritture.
Sono stati oggetto di terrorismo antiarabo da parte del movimento sionista fin dall’inizio del XX secolo.
Sono stati cacciati dalle loro terre da una ristretta minoranza ebrea che ha voluto costruire una nazione teocratica, costituita da cittadini che non erano nati né vissuti in Palestina, ma in cui l’unico requisito di appartenenza è la religione e l’unico diritto vantato su quelle terre è spesso riscontrabile solo nei testi religiosi ebraici.
L’unica colpa del popolo arabo palestinese è di non godere degli appoggi internazionali su cui invece Israele può contare, di non suscitare nelle forze neoimperialiste europee e statunitensi gli stessi interessi economico-commerciali, di vivere nella terra appartenuta un tempo ai fondatori dell’ebraismo, i cui fedeli, dopo la terrificante persecuzione subita negli anni precedenti il 1948, meritavano una sorta di indennizzo.
Oggi, gli obiettivi di cui spesso parla il governo israeliano e che spesso compaiono nelle esortazioni degli alleati (tra cui il governo italiano) a proseguire con le incursioni, sono chiari a tutti: le scuole, le abitazioni private, le sedi dell’Onu, gli edifici della Stampa internazionale. Quello che forse non è ancora chiaro a tutti è l’obiettivo finale di questi feroci stermini: l’annientamento ed il soggiogamento completo dei pochi palestinesi che ad oggi sopravvivono ancora a Gaza ed in Cisgiordania, stipati in triangoli di terra tra i più popolosi al mondo.
Il governo israeliano uccide i membri del governo palestinese (che seppur criticabile è stato regolarmente eletto) e non risparmia i civili (ricorrendo persino ad armi non consentite come le bombe al fosforo e l’uranio impoverito). Impedisce il rientro dei milioni di profughi palestinesi resi tali da quasi un secolo di diaspora. Discrimina gli arabi presenti in Israele con leggi razziste e discriminazioni religiose. Monopolizza le risorse naturali dell’intero territorio palestinese e sfrutta ferocemente la mano d’opera araba. Calpesta i trattati internazionali, non accetta nessuna trattativa con le altre forze diplomatiche né le risoluzioni, pur sbilanciate a proprio favore, dell’Onu. Continua a favorire, più o meno apertamente, l’insediamento delle colonie di occupazione paramilitare degli ebrei ultraortodossi nei territori ancora occupati dagli arabi. Continua a reprimere, con metodi militaristici ed intimidatori, ogni forma di dissenso interno.
Lo stato d’Israele ed il suo governo sono il problema non la soluzione della crisi mediorientale.
Invece di stupirsi della deriva fondamentalistica e terroristica che rischia di prendere oggi la nuova resistenza palestinese, bisognerebbe essere meno ipocriti e ammettere che è proprio questo atteggiamento a favorirla. La Palestina oggi somiglia più ad un enorme campo di concentramento, dove sono stipati milioni di palestinesi, senza possibilità di muoversi liberamente, formato da frammenti di territorio isolati dalla frapposizione di zone sotto controllo israeliano, a cui sono state sottratte tutte le risorse, soprattutto quelle idriche, in cui le organizzazione politiche e militari di matrice laica e progressista sono state sistematicamente decapitate con omicidi ed arresti politici o con manovre atte ad insediare fantocci dell’imperialismo come Abu Mazen. Come si può pensare che in un paese in queste condizioni non fiorisca il germoglio di uno dei peggiori mali dei nostri tempi: l’odio tra i popoli e tra le religioni.
L’unico modo per fermare questa guerra è ora allargare la mobilitazione a tutti i paesi occidentali, facendo pressione sui governi, europei e statunitensi in particolare, perché interrompano immediatamente il commercio delle armi, i rapporti diplomatici ed i sodalizi commerciali di qualsiasi genere con Israele. E’ indubbia inoltre la necessità di creare, (come in tutto il mondo e come sta già cercando di fare il Partito Comunista dei Lavoratori che ha in Palestina una piccola sezione della propria organizzazione internazionale) un’opposizione di classe in Israele e Palestina stessi, che possa funzionare come punto di riferimento planetario del movimento dei lavoratori per uscire dalla crisi in quell’area. Bisogna infine ripensare radicalmente l’assetto geografico dello stato d’Israele e dell’intero mediooriente, come scriveva, già nel ’48, il Gruppo Trotskista di Palestina, dobbiamo lottare per l’unificazione della Palestina e dell’oriente in generale in una federazione socialista del Medio Oriente.
Noi come al solito siamo per la pace. Siamo per l’unica soluzione possibile. Siamo orgogliosamente antisionisti, al fianco della migliore tradizione ebraica. Solo la prospettiva di una Palestina Libera, unita, laica, socialista, rispettosa dei diritti di tutte le minoranze etniche e religiose, potrà dare pace agli arabi ed agli ebrei. Chiudendo finalmente quelle pagine del colonialismo da cui nacque dal terrore lo stato di Israele.
"Infamia e disonore su coloro che seminano l'odio contro gli ebrei" dichiarava Lenin, e oggi questi “coloro” sono proprio i responsabili del genocidio palestinese.
Non riusciamo a rimanere però imparziali di fronte all’ennesima aggressione israeliana che in questi giorni sta insanguinando la striscia di Gaza.
Al contrario dei benpensanti della nostra politica (sia di centrodestra sia di centrosinistra), che, facendo a gara a chi si dimostra più riverente nei confronti del sionismo internazionale, considerano un crimine bruciare una bandiera simbolo dell’ oppressione dei popoli mentre accettano tacitamente lo sterminio sistematico di bambini palestinesi, noi ci schieriamo apertamente in difesa di questi ultimi.
Come in ogni angolo del globo in cui un popolo, per la sua autodeterminazione e diritto ad esistere, si trova a lottare contro i giganti dell’imperialismo mondiale che mirano a sottometterlo e distruggerlo, la nostra scelta non può che essere al fianco dei più deboli e degli oppressi.
In generale proprio perchè non abbiamo interessi economici, né di partito, da difendere, come invece capita al governo ed all’opposizione (quella ufficiale almeno) in Italia, tali da giustificare alcuna guerra di occupazione imperialista. Figuriamoci una vera e propria “pulizia etnica” come quella in atto in Palestina.
In particolare perché la situazione a Gaza è paradossale e non più tollerabile, né per i palestinesi né per gli israeliani che abbiano un po’ di buon senso.
La premeditata cancellazione da parte di media, diplomatici ed ideologi borghesi, delle ragioni storiche della guerra non potrà farci cambiare idea.
I palestinesi sono e rimangono un popolo che dal 1948 vive sotto occupazione militare da parte di uno stato nato dal nulla ed a tavolino, dopo la seconda guerra mondiale. In parte per ragioni politiche e sociali, in altra basandosi addirittura sulle sacre scritture.
Sono stati oggetto di terrorismo antiarabo da parte del movimento sionista fin dall’inizio del XX secolo.
Sono stati cacciati dalle loro terre da una ristretta minoranza ebrea che ha voluto costruire una nazione teocratica, costituita da cittadini che non erano nati né vissuti in Palestina, ma in cui l’unico requisito di appartenenza è la religione e l’unico diritto vantato su quelle terre è spesso riscontrabile solo nei testi religiosi ebraici.
L’unica colpa del popolo arabo palestinese è di non godere degli appoggi internazionali su cui invece Israele può contare, di non suscitare nelle forze neoimperialiste europee e statunitensi gli stessi interessi economico-commerciali, di vivere nella terra appartenuta un tempo ai fondatori dell’ebraismo, i cui fedeli, dopo la terrificante persecuzione subita negli anni precedenti il 1948, meritavano una sorta di indennizzo.
Oggi, gli obiettivi di cui spesso parla il governo israeliano e che spesso compaiono nelle esortazioni degli alleati (tra cui il governo italiano) a proseguire con le incursioni, sono chiari a tutti: le scuole, le abitazioni private, le sedi dell’Onu, gli edifici della Stampa internazionale. Quello che forse non è ancora chiaro a tutti è l’obiettivo finale di questi feroci stermini: l’annientamento ed il soggiogamento completo dei pochi palestinesi che ad oggi sopravvivono ancora a Gaza ed in Cisgiordania, stipati in triangoli di terra tra i più popolosi al mondo.
Il governo israeliano uccide i membri del governo palestinese (che seppur criticabile è stato regolarmente eletto) e non risparmia i civili (ricorrendo persino ad armi non consentite come le bombe al fosforo e l’uranio impoverito). Impedisce il rientro dei milioni di profughi palestinesi resi tali da quasi un secolo di diaspora. Discrimina gli arabi presenti in Israele con leggi razziste e discriminazioni religiose. Monopolizza le risorse naturali dell’intero territorio palestinese e sfrutta ferocemente la mano d’opera araba. Calpesta i trattati internazionali, non accetta nessuna trattativa con le altre forze diplomatiche né le risoluzioni, pur sbilanciate a proprio favore, dell’Onu. Continua a favorire, più o meno apertamente, l’insediamento delle colonie di occupazione paramilitare degli ebrei ultraortodossi nei territori ancora occupati dagli arabi. Continua a reprimere, con metodi militaristici ed intimidatori, ogni forma di dissenso interno.
Lo stato d’Israele ed il suo governo sono il problema non la soluzione della crisi mediorientale.
Invece di stupirsi della deriva fondamentalistica e terroristica che rischia di prendere oggi la nuova resistenza palestinese, bisognerebbe essere meno ipocriti e ammettere che è proprio questo atteggiamento a favorirla. La Palestina oggi somiglia più ad un enorme campo di concentramento, dove sono stipati milioni di palestinesi, senza possibilità di muoversi liberamente, formato da frammenti di territorio isolati dalla frapposizione di zone sotto controllo israeliano, a cui sono state sottratte tutte le risorse, soprattutto quelle idriche, in cui le organizzazione politiche e militari di matrice laica e progressista sono state sistematicamente decapitate con omicidi ed arresti politici o con manovre atte ad insediare fantocci dell’imperialismo come Abu Mazen. Come si può pensare che in un paese in queste condizioni non fiorisca il germoglio di uno dei peggiori mali dei nostri tempi: l’odio tra i popoli e tra le religioni.
L’unico modo per fermare questa guerra è ora allargare la mobilitazione a tutti i paesi occidentali, facendo pressione sui governi, europei e statunitensi in particolare, perché interrompano immediatamente il commercio delle armi, i rapporti diplomatici ed i sodalizi commerciali di qualsiasi genere con Israele. E’ indubbia inoltre la necessità di creare, (come in tutto il mondo e come sta già cercando di fare il Partito Comunista dei Lavoratori che ha in Palestina una piccola sezione della propria organizzazione internazionale) un’opposizione di classe in Israele e Palestina stessi, che possa funzionare come punto di riferimento planetario del movimento dei lavoratori per uscire dalla crisi in quell’area. Bisogna infine ripensare radicalmente l’assetto geografico dello stato d’Israele e dell’intero mediooriente, come scriveva, già nel ’48, il Gruppo Trotskista di Palestina, dobbiamo lottare per l’unificazione della Palestina e dell’oriente in generale in una federazione socialista del Medio Oriente.
Noi come al solito siamo per la pace. Siamo per l’unica soluzione possibile. Siamo orgogliosamente antisionisti, al fianco della migliore tradizione ebraica. Solo la prospettiva di una Palestina Libera, unita, laica, socialista, rispettosa dei diritti di tutte le minoranze etniche e religiose, potrà dare pace agli arabi ed agli ebrei. Chiudendo finalmente quelle pagine del colonialismo da cui nacque dal terrore lo stato di Israele.
"Infamia e disonore su coloro che seminano l'odio contro gli ebrei" dichiarava Lenin, e oggi questi “coloro” sono proprio i responsabili del genocidio palestinese.
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