21/11/10

Sciopero maledetto. La storia dei Trotskisti rinchiusi nei Gulag stalinisti


Unità sul programma, centralismo democratico e libertà di espressione politica, sono i tre principi fondamentali, tra loro inscindibili, della nostra organizzazione.

Soltanto una presa di coscienza di classe, in un contesto anticapitalista, può risollevare le sorti di un Paese la cui classe dirigente ha come unico interesse quello di smantellare a “colpi di legge” la Costituzione e la democrazia, già fragili, che tutti sbandierano. Che cosa ci rimane oggi come unica forma di lotta se non uno “sciopero generale ad oltranza” che possa riportare le ragioni dal versante dei lavoratori e non da quello degli interessi del “capitale “ e delle sue politiche antisociali?

Voglio qui riportare un esempio storico ed un elogio alle battaglie dei “trotskisti”, i quali, nel 1936 riuscirono a dare vita a degli scioperi persino all'interno dei "gulag", i campi di lavoro forzato istaurati dal più grande “assassino di comunisti” della storia: Stalin.

Trotsky denunciava che non solo i “mezzi di produzione” ma tutta “l’economia pianificata”, grazie alla burocrazia instaurata da Stalin, stava ritornando in mano a pochi privilegiati, figli e nipoti dei funzionari stalinisti che si trasformarono in burocrazia oligarchica, gettando la terra dell’Otttobre in un nuovo medioevo di barbarie e devastazioni. Stalin e la casta privilegiata che rappresentava non potevano perdonare Trotsky per averli smascherati come usurpatori e affossatori della Rivoluzione. Il lavoro di Trotsky e dei suoi collaboratori rappresentava una minaccia mortale per la burocrazia che rispose con una campagna massiccia di omicidi, persecuzioni e calunnie. Persecuzioni degne della Santa Inquisizione, dove uno per uno i trotskisti vennero messi a tacere dai boia di Stalin. Compagni, amici e intere famiglie finirono nei gulag.

Anche in questi inferni i trotskisti resistettero. Solo loro tra gli avversari di Stalin mantennero un’organizzazione e la disciplina. Riuscendo in qualche modo a seguire i problemi internazionali, organizzarono assemblee e gruppi di discussione marxisti e si batterono per i propri diritti. Organizzarono manifestazioni e scioperi della fame, come lo sciopero del campo di Peciora nel 1936 che durò 136 giorni. “Gli scioperanti protestavano contro il trasferimento dai precedenti luoghi di deportazione e la loro condanna senza un processo. Chiedevano una giornata lavorativa di otto ore, lo stesso cibo per tutti gli internati (sia che raggiungessero gli obbiettivi di produzione o meno), la separazione dei prigionieri politici da quelli comuni, il trasferimento degli invalidi, delle donne e degli anziani dalle regioni subpolari in località con climi più moderati. La decisione di scioperare fu presa in un’assemblea aperta. Prigionieri malati e anziani erano esentati, ma questi rifiutarono categoricamente l’esclusione. In quasi tutte le baracche ci furono dei prigionieri non trotskisti che risposero all’appello, ma solo nei tuguri dei trotskisti lo sciopero fu completo.

L’amministrazione, temendo che l’azione si diffondesse, trasferì i trotskisti in baracche rovinate e abbandonate a decine di chilometri dal campo. Di mille scioperanti, diversi morirono, ma solo due si arresero e questi non erano trotskisti. Nel marzo del 1937, su ordine di Mosca, l’amministrazione cedette su tutti i punti e lo sciopero finì” (da Isaac Deutscher, il profeta esiliato).

Anche oggi noi critichiamo la concertazione ed avanziamo la richiesta di uno sciopero generale prolungato che rivendichi la piena autonomia del movimento operaio fuori dalle logiche marchionniane del PD e del centrosinistra. Contro tutti e tutto, ma nella convinzione di lottare per tutti i lavoratori italiani e del mondo, continueremo a lottare (nel nostro piccolo come i trotskisti dei gulag), per i nostri diritti e contro l'ordine mondiale esistente.

Youri Venturelli
Partito Comunista dei Lavoratori
Sez.Ancona-Nucleo Montano.

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