07/01/10

La morte del Capitalismo



Cosa dobbiamo fare con tutte le belle parole di ottimismo, di Napolitano che chiede alle opposizioni liberali di rinunciare a fare opposizione in nome di una non meglio precisata Unità Nazionale, di Brunetta che vuole che si lavori tutti insieme per cambiare, a cominciare dal primo articolo della costituzione. Che cosa vorrebbe dire, che la repubblica non è più fondata sul lavoro?

La realtà è che se fingiamo che questa crisi globale sarà presto superata grazie alle numerose iniezioni di ottimismo (ipocrita ed iperliberista), non potremo mai renderci conto di come si sia innalzata la soglia della prevaricazione del più forte sul più debole e di come la politica rappresenti soltanto interessi particolari. Anzi, né saremo complici. Complici di un sistema iniquo che si chiama “CAPITALISMO”.
Non si tratta più di fermarsi a cercare colpe individuali: singoli manager, banche, multinazionali, finanziarie, assicurazioni, speculatori, affaristi. Qui ci vuole la consapevolezza che per uscire dalla crisi bisogna superare l’ideologia del capitalismo. Questa crisi è sistemico-strutturale. Il modo di produzione mondiale si basa in gran parte su di un’economia fallita, su di un mercato che non ha più mercato, in cui l’offerta supera di gran lunga la domanda, in cui solo una piccola parte della popolazione può permettersi di accedere ai beni essenziali. Un capitalismo difficilmente sanabile che sta creando la sua crisi storica e che rischia la bancarotta.

Il declino del capitalismo è un fatto oggettivo reso ancor più evidente in questa crisi epocale che ha determinato un ciclo di sviluppo produttivo e di accumulazione smisurata di profitti economici privati ed un impoverimento sociale vertiginoso. Basti pensare, che da studi governativi statunitensi, nell'ultimo anno, nella patria mondiale del capitalismo (il paese più ricco del mondo, gli USA), il numero delle persone malnutrite è salito a 17 milioni! Una famiglia su cinque non ha abbastanza denaro per permettersi un'adeguato approviggioamento alimentare.
Al contrario di quando si auspicava, il liberismo, negli ultimi anni, non ha fatto progressi. Non ha dato né più benessere né meno sfruttamento. si è dimostrato al contrario un aumento indiscriminato della pressione sulla forza lavoratrice e salariata, costretta a lavorare di più e con ritmi, orari e livelli di sicurezza che vanno oltre qualsiasi regola democratica. A livello planetario, si è ottenuto come unico risultato, un aumento della precarietà, del sottosviluppo, della miseria, della guerra, imponendo livelli sempre più bassi del costo del lavoro.

Tutto questo porterà ad un drastico e continuo calo dei consumi aumentando la recessione in atto. Disoccupazione, precarietà, ulteriore indebolimento e degrado della società e nel mondo del lavoro. Si innescherà un meccanismo vizioso che autoalimenterà la caduta economica, fino al tracollo e al definitivo fallimento del sistema produttivo globale.

Già Marx prevedeva e spiegava (nel crollo periodico del saggio o tasso) che quando i salari si riducono troppo, calano inevitabilmente i consumi delle masse lavoratrici e tale processo incide sui profitti capitalistici che precipitano in caduta libera determinando crisi spaventose, che si palesano anche con l' impoverimento e proletarizzazione di vasti strati della piccola e media borghesia, generando fenomeni di crescente conflittualità tra le potenze capitalistiche esistenti.

Per evitare una pericolosa corsa al riarmo, una riconversione bellica dell’industria e quindi ad uno sbocco bellico-imperialistico alla crisi, per evitare che l'imperialismo economico utilizzi vaste aree del globo come semplici riserve di manodopera a basso costo dove attuare nuove forme di sfruttamento, “dobbiamo uscire definitivamente e totalmente dal sistema capitalistico borghese”. Questa è l’unica vera prospettiva, sempre più realistica e concreta, di cui il capitalismo e i suoi servi hanno paura e non poco. Infatti le invenzioni economiche del capitalismo sono state concepite per realizzare ingenti profitti economici sui mercati e non per soddisfare le esigenze vitali e primarie delle persone.

Il compito dei sindacati e dei partiti cosiddetti di sinistra, non è quello di rilanciare e incoraggiare la competitività tra le imprese private e tra paesi diversi, ma dimostrare il fallimento ed il collasso di un sistema capitalistico invivibile e inaccettabile per tutti i lavoratori.

Benché sia una lotta impari, presto le masse si uniranno e dovranno farlo prima che la situazione odierna collassi ed i governi comincino ad esprimere forme reazionarie e repressive sempre più forti, che da qualche anno si stanno riaffacciando pericolosamente un po' in tutto il mondo occidentale.

La transizione verso la rivoluzione socialista deve iniziare fin da subito. Chiediamo a tutte le sinistre e sindacati di portare avanti le aspettative dei lavoratori, che vanno verso l’essere umano e che non si ripeta, come insegna sempre più spesso la storia, (anche recentissima) il verificarsi di baratti sulle spalle di chi lavora per accaparrarsi qualche poltrona. La convergenza politica col liberismo borghese significa il tradimento, ancora una volta, delle proprie basi sociali.
Soltanto una mobilitazione di massa, radicale e prolungata, attorno ad un programma comune di rivendicazioni sociali, unificando attorno a sé i più ampi strati popolari, può incidere realmente sui rapporti di forza e creare un’alternativa a questo sistema.

Forze passerà ancora qualche tempo, ma i disperati sforzi che i padroni del mondo faranno per arrestare la ruota della storia, non serviranno ad altro se non a mostrare alle masse, con maggiore chiarezza, che la crisi si è estesa a tutta l'umanità, e può essere risolta solo dalla “non” subalternità a questa cultura suicida della corsa al profitto ed a quello che loro chiamano progresso.

Per fare questo bisogna armarsi di strumenti politici di raccordo e coordinamento internazionale, radicali ed indipendenti, che rappresentino senza nessuna ambiguità gli interessi della classe lavoratrice e quindi della stragrande maggioranza degli abitanti della Terra. Noi ci stiamo già pensando e solo in quel senso va la nostra più convinta adesione al processo di ricostruzione della IV Internazionale Comunista.


Youri Venturelli
Partito Comunista dei Lavoratori
(Sez.Ancona-nucleo montano)

Nessun commento: